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martedì 23 novembre 2010

Il Concilio Vaticano II: un concilio pastorale. Analisi storico-filosofico-teologica

Il Seminario Teologico “Immacolata Mediatrice”, dei Francescani dell’Immacolata, organizza un convegno di studi sul Concilio Ecumenico Vaticano II, nei giorni 16-17-18 dicembre 2010, presso l’Istituto Maria SS. Bambina, via Paolo VI, 21 – 00193 Roma

Mossi dal discorso del S. Padre alla Curia Romana (22 dicembre 2005), in cui il Pontefice rilevava che nel post-concilio due ermeneutiche si erano tra loro scontrate: quella vera della «continuità nella riforma» e quella che ha seminato confusione perché privilegiante lo spirito, il fattore “evento”, a scapito della lettera, quella cioè della «rottura», ci si prefigge di esaminare il Vaticano II e di mettere in luce la sua natura e il suo fine peculiari, entrambi di carattere pastorale. Certo, non per fare del Vaticano II un concilio “di serie B”, ma al fine di mettere meglio in luce quest’unicum che caratterizza per la prima volta un Concilio Ecumenico: non voler dichiarare nuovi dogmi o insegnare in modo definitivo ed infallibile, ma prefiggersi di dire la dottrina di sempre al mondo di oggi; con accenti nuovi, espressioni nuove, ma la fede di sempre.

Così si espresse Giovanni XXIII nel Discorso di apertura del Concilio (11 ottobre 1962):
«Quel che più di tutto interessa il Concilio è che il sacro deposito della dottrina cristiana sia custodito e insegnato in forma più efficace».

Il Vaticano II, indubitabilmente, come conviene ad un concilio, ha portato notevoli progressi nel campo dogmatico: nel suo svolgersi, soprattutto con l’impronta ecclesiologica datagli da Paolo VI, si formularono asserti magisteriali “nuovi”, nella continuità dell’unica Tradizione. Basti rammentare il concetto di collegialità inserito nel contesto della Chiesa comunione, un maggiore approfondimento degli elementa Ecclesiae, per i quali le altre confessioni cristiane sono ordinate all’unica Chiesa di Cristo, la Chiesa cattolica, ecc.

Spesso, però, magari presi dal fervore del nuovo, quando non addirittura da un accecamento storicista, si dimentica di considerare che il Vaticano II non si identifica con la Tradizione della Chiesa, non è il suo fine: questa è più grande, mentre il Concilio ne è un momento espressivo e solenne; si dimentica poi il suo carattere magisteriale ordinario, sebbene espresso in forma solenne dall’Assise conciliare, e l’assenza di pronunciamenti definitivae tenenda; si dimentica, infine, che i documenti del Vaticano II – a differenza di Trento e del Vaticano I, ad esempio – sono distinti in Costituzioni, Dichiarazioni e Decreti, e pertanto non hanno tutti il medesimo valore dottrinale, rimanendo pur sempre chiara e fontale l’attitudine generale del Concilio, di insegnare in modo autentico ordinario.

Paolo VI, infatti, nell’Udienza Generale del 12 gennaio 1966, ricordava che «bisogna fare attenzione: gli insegnamenti del Concilio non costituiscono un sistema organico e completo della dottrina cattolica; questa è assai più ampia, come tutti sanno, e non è messa in dubbio dal Concilio o sostanzialmente modificata; ché anzi il Concilio la conferma, la illustra, la difende e la sviluppa…». Richiamandosi poi alle Notificazioni del Segretario Generale del Concilio, del 16 novembre 1964, aggiungeva: «…dato il carattere pastorale del Concilio, esso ha evitato di pronunciare in modo straordinario dogmi dotati della nota di infallibilità; ma esso ha tuttavia munito i suoi insegnamenti dell’autorità del supremo magistero ordinario il quale magistero ordinario e così palesemente autentico deve essere accolto docilmente e sinceramente da tutti i fedeli, secondo la mente del Concilio circa la natura e gli scopi dei singoli documenti».

Dove si annida, però, quella volontà di far risultare il Vaticano II come «un nuovo inizio a partire dal nulla», sì da diventare un «superdogma», mentre esso in verità «escogitò di rimanere in un livello modesto, come un semplice concilio pastorale» (Cardinale J. Ratzinger, Discorso ai Vescovi del Cile, 13 luglio 1988)?

A nostro modo di vedere, e come si tenterà di far emergere dai lavori del convegno, una della cause è lo stesso lemma “pastorale”, che nella stagione post-conciliare ha subito notevoli trasformazioni: un ricco approfondimento accanto però ad una voluta equivocità. Si è verificata un’inversione: la pastorale è divenuta la vera dogmatica, mentre la dogmatica è stata superata in nome della pastorale. Non stiamo certo con Otto Hermann Pesch che parla di un «significato rivoluzionario» del Vaticano II, stiamo con la Chiesa e nella Chiesa: solo Ella è portatrice della Tradizione. Ma si tenterà di capire perché, di fatto, sembra che una rivoluzione ci sia stata.

p. Serafino M. Lanzetta, FI
[Fonte:www.mediatrice.net]

Programma

16 dicembre 2010
ore 9,15 Inaugurazione dei lavori
ore 9,30 Conferenza: Rev.do Prof. Brunero Gherardini (Pont. Università Lateranense): Sull’indole pastorale del Vaticano II: una valutazione
10,30 Pausa
ore 11,00 Comunicazione: Rev.do Prof. Rosario M. Sammarco (Sem. T. Immacolata Mediatrice): La formazione permanente del Clero alla luce della Presbyterorum ordinis
ore 11,30 Conferenza: Rev.do Prof. Ignacio Andereggen (Pont. Università Gregoriana):
La modernità: un’analisi filosofica
ore 16,00 Conferenza: Prof. Roberto de Mattei (Università Europea di Roma):
La Chiesa nel XX secolo. Immagini di un repentino cambiamento
ore 17,00 Conferenza: Prof. Yves Chiron (Direttore del Dictionnaire de biographie française):
Dal Vaticano I al Vaticano II. I Pontefici dinanzi ad un possibile concilio
ore 18,00 Dibattito con i relatori intervenuti

17 dicembre 2010
ore 9,30 Conferenza: Rev.do Prof. Paolo M. Siano (Sem. Teologico Immacolata Mediatrice):
Alcuni personaggi, fatti e influssi al Concilio Vaticano II (1962-1965)
ore 10,30 Pausa
ore 11,00 Comunicazione: Rev.do Prof. Giuseppe M. Fontanella (Sem. T. Immacolata Mediatrice):
Il Perfectae caritatis e la vita religiosa. Dove hanno condotto gli esperimenti pastorali?
ore 11,30 Sua Ecc.za Mons. Atanasio Schneider (Vescovo ausiliare di Karaganda):
La teologia pastorale: sviluppi alla luce del Vaticano II per leggere correttamente il Concilio
ore 16,00 Conferenza Rev.do Prof. Serafino M. Lanzetta (Sem. T. Immacolata Mediatrice): Approccio teologico al Vaticano II. Status quaestionis
ore 17,00 Conferenza: Rev.do Dott. Florian Kolfhaus (Segreteria di Stato):
Annuncio di un insegnamento pastorale – motivo fondamentale del Vaticano II. Ricerche su Unitatis redintegratio, Dignitatis humanae e Nostra aetate
ore 18,00 Dibattito con i relatori intervenuti

18 dicembre 2010
ore 9,30 Conferenza: Sua Ecc.za Mons. Agostino Marchetto:
Rinnovamento all’interno della Tradizione
ore 10,30 Pausa
ore 11,00 Conferenza: Rev.do Prof. Don Nicola Bux (Istituto Ecumenico di Bari):
La Sacrosanctum Concilium e la sua esecuzione postconciliare: dagli adattamenti all'inosservanza dello ius divinum nella liturgia
ore 12,00 Chiusura dei lavori: intervento di Sua Em.za Card. Velasio de Paolis (Presidente della Prefettura degli Affari Economici della S. Sede):
Il diritto nell’edificazione della Chiesa
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Per informazioni: (055) 2398700
email: fifirenze@immacolata.ws
(0776) 3560272 email: fficassino@immacolata.ws
www.catholicafides.blogspot.com

martedì 16 novembre 2010

Concilio e Postconcilio dalla nuova edizione di "Memorie e digressioni di un italiano cardinale" di Giacomo Biffi

Il card Giacomo Biffi è stato arcivescovo di Bologna dal 1984 al 2003. Nel 2007 pubblicò "Memorie e digressioni di un italiano cardinale" intrecciando, con l'ironia e la franchezza che gli sono note dati biografici toccanti e i fatti salienti della nostra epoca, che fanno di lui un testimone autorevole sul dipanarsi di eventi che hanno lasciato il segno, molti dei quali possono aiutarci nella nostra ricerca di verità anche scomode, che vengono bypassate o negate dalla cultura egemone che ha impregnato la nostra Chiesa.

In questi giorni esce l'edizione rinnovata e ampliata del volume, arricchita di molte riflessioni più recenti. Pubblico queste pagine tratte dal Capitolo Concilio e Postconcilio, particolarmente in tema con le nostre ricerche e riflessioni, per trarne spunti e ulteriori elementi di approfondimento.

CONCILIO E "POSTCONCILIO" (pp. 191-194)

A fare un po’ di chiarezza nella confusione che ai nostri giorni affligge la cristianità, è incombenza preliminare e ineludibile distinguere con ogni cura l’evento conciliare dal clima ecclesiale che ne è seguito. Sono due fenomeni diversi ed esigono un apprezzamento differenziato.

Paolo VI sinceramente credette nel Concilio Vaticano II e nella sua positiva rilevanza per l’intera cristianità. Ne fu un decisivo protagonista, seguendone con attenzione quotidiana i lavori e le discussioni, aiutandolo a superare le ricorrenti difficoltà dei suoi percorsi.

Egli si aspettava che, in virtù del comune impegno sia di tutti i titolari del carisma apostolico sia del successore di Pietro, un’epoca benedetta di accresciuta vitalità e di fecondità eccezionale dovesse da subito beneficare e allietare la Chiesa.

Invece il “postconcilio”, in molte sue manifestazioni, lo preoccupò e lo deluse. Allora con ammirevole schiettezza rivelò il suo accoramento; e l’appassionata lucidità delle espressioni colpì tutti i credenti; quelli almeno la cui vista non fosse troppo obnubilata dall’ideologia.

Il 29 giugno 1972, nella festa dei santi Pietro e Paolo, parlando a braccio, arriva ad affermare "di avere la sensazione che da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio. C’è il dubbio, l’incertezza, la problematica, l’inquietudine, l’insoddisfazione, il confronto. Non ci si fida della Chiesa… Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di buio, di ricerca, di incertezza… Crediamo in qualche cosa di preternaturale (il diavolo) venuto nel mondo per turbare, per soffocare i frutti del Concilio Ecumenico e per impedire che la Chiesa prorompesse nell’inno di gioia di aver riavuto in pienezza la conoscenza di sé". Sono parole dolenti e severe sulle quali non bisogna stancarsi di riflettere.

Come è potuto succedere che dai pronunciamenti legittimi e dai testi del Vaticano II sia derivata una stagione così diversa e lontana?

La questione è complessa e le ragioni sono multiformi; ma senza dubbio ha avuto il suo peso anche un processo (per così dire) di aberrante “distillazione”, che dal “dato” conciliare autentico e vincolante ha estratto una mentalità e una moda linguistica del tutto eterogenee. È un fenomeno che nel “postconcilio” affiora qua e là, e continua a riproporsi più o meno esplicitamente.

Potremo, per farci capire, avventurarci a indicare il procedimento schematico di tale curiosa “distillazione”.

La prima fase sta in un accostamento discriminatorio del dettato conciliare, che distingua i testi accolti e citabili da quelli inopportuni o almeno inutili, da passare sotto silenzio.

Nella seconda fase si riconosce come prezioso insegnamento del Concilio non quello in realtà formulato, ma quello che la santa assemblea ci avrebbe elargito se non fosse stata intralciata dalla presenza di molti padri retrogradi e insensibili al soffio dello Spirito.

Con la terza fase si insinua che la vera dottrina del Concilio non è quella di fatto canonicamente formulata e approvata, ma quella che sarebbe stata formulata e approvata se i padri fossero stati più illuminati, più coerenti, più coraggiosi.

Con una metodologia teologica e storica siffatta – non enunciata mai in forma così palese, ma non per questo meno implacabile – è facile immaginare il risultato che ne deriva: quello che viene in maniera quasi ossessiva addotto ed esaltato non è il Concilio che di fatto è stato celebrato, ma (per così dire) un “Concilio virtuale”; un Concilio che ha un posto non nella storia della Chiesa, ma nella storia dell’immaginazione ecclesiastica. Chi poi si azzarda pur timidamente a dissentire, è segnato col marchio infamante di “preconciliare”, quando non è addirittura annoverato coi tradizionalisti ribelli o con gli esecrati integralisti.
E poiché tra i “distillati di frodo” dal Concilio c’è anche il principio che ormai non c’è errore che possa essere più condannato entro la cattolicità a meno di peccare contro il dovere primario della comprensione e del dialogo, diventa oggi difficile, tra i teologi e i pastori, il coraggio di denunciare con vigore e con tenacia i veleni che stanno progressivamente intossicando l’innocente popolo di Dio.

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Il libro: Giacomo Biffi, "Memorie e digressioni di un italiano cardinale", nuova edizione ampliata, Cantagalli, Siena, 2010, pp. 688, euro 25,00.