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lunedì 26 settembre 2011

Note su Benedetto XVI, Erfurt e Lutero

Abbiamo assistito ad un evento particolarissimo. Cinque secoli dopo il pellegrinaggio di Lutero a Roma, Roma va da Lutero nella persona del Papa tedesco che, si dice, desiderava terminare la sua vita come monaco e si è ritrovato invece Papa.

Abbiamo visto il Papa camminare nel chiostro in cui Lutero ha meditato, entrare nella sala capitolare dove è risuonata la sua voce, pregare nella chiesa dove fu ordinato sacerdote, ha celebrato la messa, ha confessato... e parlare ai suoi seguaci di oggi, ai quali egli chiede di ritrovare la loro fedeltà ai fondamenti di Lutero, cioè la fedeltà al protestantesimo delle origini. E la chiave del discorso, in quel particolare luogo di incontro in cui Lutero ha vissuto, ha lottato con se stesso, con i suoi scrupoli, con l'amore di Dio, è Lutero come uomo di fede, che viveva con grande angoscia a livello personale il problema della salvezza dell'anima, che lui ancora si poneva...

Si deve arguire che è a questa inquietudine interiore a cui il Papa si richiama e la sua attenzione è centrata sulla grande domanda: «Come posso avere un Dio misericordioso?» che attraversava il cuore di Lutero ed era sullo sfondo di tutte le sue ricerche teologiche nonché della sua lotta interiore, una lotta con Dio, in relazione con Lui.

E però il Papa riapre il problema del peccato e della grazia: un problema, che fu il punto di innesto della riforma e ne costituì il DNA finché non si impose la teologia liberale tedesca del XIX secolo, ma che il protestantesimo nato da Lutero sembra aver messo da parte. E' interessante seguire un tratto di questo passaggio:
«"Come posso avere un Dio misericordioso?”. Che questa domanda sia stata la forza motrice di tutto il suo cammino mi colpisce sempre nuovamente nel cuore. Chi, infatti, si oggi si preoccupa ancora di questo, anche tra i cristiani? Che cosa significa la questione su Dio nella nostra vita? Nel nostro annuncio? La maggior parte della gente, anche dei cristiani, oggi dà per scontato che Dio, in ultima analisi, non si interessa dei nostri peccati e delle nostre virtù. [...] No, il male non è un’inezia. Esso non potrebbe essere così potente se noi mettessimo Dio veramente al centro della nostra vita. La domanda: Qual è la posizione di Dio nei miei confronti, come mi trovo io davanti a Dio? – questa scottante domanda di Lutero deve diventare di nuovo, e certamente in forma nuova, anche la nostra domanda, non accademica, ma concreta. Penso che questo sia il primo appello che dovremmo sentire nell’incontro con Martin Lutero.»
Dobbiamo perciò riconoscere che il Lutero che il Papa ama è colui che con Gesù non era indifferente, ma coltivava un suo appassionato personale rapporto.
«Il pensiero di Lutero, l’intera sua spiritualità era del tutto cristocentrica: “Ciò che promuove la causa di Cristo” era per Lutero il criterio ermeneutico decisivo nell’interpretazione della Sacra Scrittura. Questo, però, presuppone che Cristo sia il centro della nostra spiritualità e che l’amore per Lui, il vivere insieme con Lui orienti la nostra vita.»
In quest'altro passaggio, però, lo stesso Papa che ha apprezzato la spiritualità cristocentrica di Lutero, certamente ribalta la diluizione della Divinità di Cristo presente nell'umanesimo protestante:
«E poi è importante: Dio, l’unico Dio, il Creatore del cielo e della terra, è qualcosa di diverso da un’ipotesi filosofica sull’origine del cosmo. Questo Dio ha un volto e ci ha parlato. Nell’uomo Gesù Cristo è diventato uno di noi – insieme vero Dio e vero uomo
E dunque Joseph Ratzinger indulge a suggestioni luterane? Non possiamo affermare una cosa simile, ma egli dimostra di condividere ciò che fu al cuore della inquietudine e della lotta interiore di Lutero, certo non delle sue conclusioni: se il Papa sottolinea alcune affinità nel prendere sul serio la gravità del peccato e la debolezza dell'uomo, di certo non condivide con Lutero l'assoluta incapacità dell'uomo di rispondere all'amore di Dio.

L'affinità vien fuori dal fondamento Agostiniano e Paolino in comune. E' normale quindi che il Papa, nelle pieghe esplicite del suo discorso, riconduca i protestanti verso la spiritualità che Lutero ha attinto dai due grandi maestri; il che, tuttavia, non può non essere in contrapposizione all'ideologia che Dio è tanto Misericordioso da salvare tutti gli uomini senza necessità della loro conversione. Infatti non possiamo dimenticare che la salvezza, per Lutero, richiede semplicemente una fede fiduciale, col noto fraintendimento sulle "opere della fede" di San Paolo: quelle che il Signore rende possibili da compiere ad ogni credente, perché le 'iscrive' in ogni cuore redento con la sua Grazia e che quindi si inverano nella vita. Son proprio quelle che per i protestanti risultano, invece, impossibili da compiere: basta la fede ed è Gesù che 'copre' il nostro peccato. Questa, insieme alla questione liturgica (cena e non sacrificio), è la grande frattura che tuttora separa il cattolicesimo dal luteranesimo. Non sono cose di poco conto, perché radicalmente diverse ne risultano l'antropologia e, quindi, la storia che si scrive in base a ciò in cui si crede.

Il Papa ha poi evocato la secolarizzazione e la tentazione che essa rappresenta per i cristiani perché spinge a mitigare il messaggio per renderlo appetibile agli uomini del nostro tempo:
«non è l’annacquamento della fede che aiuta, bensì solo il viverla interamente nel nostro oggi».
Alla fin fine è proprio questo il punctum dolens del protestantesimo moderno, ma anche della Chiesa post-conciliare, del resto: l'adattamento al mondo. Giusto un anno fa, il Papa aveva detto agli Anglicani di non cedere all'inclusivismo, quella ideologia che pretende che i cristiani accolgano le scelte e le opinioni della moderna società.
«Dio “vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità” (1 Tm 2,4), e quella verità è nient’altro che Gesù Cristo, l’eterno Figlio del Padre, che ha riconciliato tutte le cose mediante la potenza della sua croce [...] Fedeli alla volontà del Signore, espressa in questo versetto della Prima Lettera di san Paolo a Timoteo, riconosciamo che la Chiesa è chiamata ad essere inclusiva, ma mai a scapito della verità cristiana. Qui si colloca il dilemma che sta davanti a tutti coloro che sono genuinamente impegnati nel cammino ecumenico» (Discorso al Lambeth Palace del 17 settembre 2010)
Una domanda, drammatica, si impone: nella nostra Chiesa, oggi, l'inclusivismo è davvero improntato a scelte mai a scapito della verità?

Tornando ad Erfurt, credo che il Papa per essere diplomatico e rispettoso alla fine rischi di diventare equivoco. In ogni caso penso abbia voluto sottolineare un fondamento comune perché, in tempi di secolarizzazione e prodromi di caos, il sempre più diluito protestantesimo conservi ancora quei 'germi' di verità che possono aiutare ad evitare il peggio.

Il problema vero è venuto fuori quando, nel concreto, si chiedeva di favorire la communicatio in sacris (poter fare la comunione nelle rispettive celebrazioni liturgiche) per le coppie miste, che non condividono la stessa liturgia e quindi non condividono la stessa fede, al di là del denominatore e delle origini comuni: una mensa rispetto ad un Altare fa di certo la differenza. A quel punto le differenze restano e allora si può collaborare nel sociale; ma la sfera del sacro è purtroppo lacerata...

Comunque quel denominatore comune che il Papa mette sempre in campo, con non sufficienti espliciti 'distinguo', rischia di allinearci al protestantesimo liberale, che tanto ha influenzato e influenza la società occidentale, riducendo il cristianesimo ad una sorta di umanitarismo filantropico-buonistico, che lascia sullo sfondo, ma molto sullo sfondo, la forza dirompente e tutta la potenza morale e spirituale che viene da Cristo Signore.

Anche la disattenzione alla Liturgia, che non appartiene al Papa ma al resto della Chiesa, va proprio in questo senso. Del resto non è proprio la Liturgia la fonte e il culmine della nostra fede?

14 commenti:

  1. DANTE PASTORELLI26 settembre, 2011 13:17

    Verba volant. Anche quelle del Papa, ahimé, quando non afferiscono in modo autorevole alla Fede ed ai costumi.
    E volano anche le parole di tal don Carusi che, in un articolo di qualche tempo fa su Disputationes Theologicae("lefebvriani" pentiti, dato il frequentemente espresso astio verso la Fraternità S. Pio X?) s'appella alla posizione del Card. Ottaviani per sostener la legittimità e validità del NO. Ma dimentica di dire che il compianto grande difensore della Fede giudicava il NO un impressionante allontanamento dalla teologia della Santa Messa fissata a Trento. Memoria corta o astuzia indefinibile?

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  2. Caro Dante, ho letto con molta delusione l'articolo di Disputationes Theologicae.

    E, purtroppo, è anche il secondo in poco tempo.

    Francamente non capisco questa poco cristiana e disdicevole rivalità nei confronti della FSSPX.
    O meglio, è comprensibile, ma solo su un piano molto ma molto umano, non cristiano...

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  3. Per quel che riguarda Erfurt e Lutero, non ho visto la diretta, ho letto il discorso del Papa, leggo le analisi ditirambiche dei vari commentatori, ma ho sopratutto l`eco di amici tedeschi che mi parlano di un "omaggio" reso a Lutero, come mi parlavano prima di un pellegrinaggio del Papa sui passi di Lutero.
    Ebbene continuo a pensare che quel genere di incontri contribuisce ad alimentare la confusione, i malintesi, le speranze deluse, quelle dei protestanti che non aspettano altro che il riconoscimento delle chiese protestanti, della cena protestante, dei pastori protestanti, insomma una convergenza su posizioni comuni, ma anche di certi ambienti cattolici, guardiamo ciò che ci unisce e facciamo l`impasse su ciò che ci separa, questo non lo ha detto il Papa ma questo è ciò che succede sul terreno dell`ecumenismo fai da te che non sarà che rinvigorito dopo Erfurt.
    Insomma un omaggio reso a colui che ha inferto alla Chiesa di Cristo la ferita che conosclamo, mi sconcerta, non si tratta di un dibattito fra teologi ma della salvezza delle anime.

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  4. dico autem vobis quoniam omne verbum otiosum quod locuti fuerint homines reddent rationem de eo in die iudicii (Mt 12:36)
    Per quanto concerne Don Carusi l'ho conosciuto, è lo stesso astio che gli infedeli hanno con i cattolici è il verme che rode dentro, vedono la Verità ma non la vogliono!
    Citare Ottaviani poi....
    La sua preparazione teologica mi ha già lasciato perplesso altre volte.
    CVCRCI

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  5. DANTE PASTORELLI26 settembre, 2011 15:18

    La sua preparazione. Di Carusi o di Ottaviani?
    Scherzo, naturalmente.
    Confesso un mio grosso limite: la diffidenza verso i neoconvertiti, i neofiti. Si sentono, spesso senza formazione adeguata, i portatori della verità assoluta, indiscutibile. Sia che abbandonino posizioni tradizionali, sia che diventino tradizionali all'improvviso, e ne conosco tanti, pericolosissimi per il loro fanatismo. Attendo sempre che le loro anime si aprano al soffio di Dio che è anche "ragione", non solo sentimento. Decantazione che auspico, prima che ricambino posizione.

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  6. Interessante e istruttiva la tua 'lettura', Dante!
    Il fenomeno è molto diffuso anche in altri contesti.

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  7. Così conclude Famiglia cristiana sul tema dell'articolo:

    "...Ma avverte che nelle moderne società secolarizzate, é forte per i cristiani la “pressione” a cedere a un “annacquamento della fede” per diventare più “moderni”. E questa è una tentazione a cui non bisogna cedere perchè oggi “la cosa più necessaria per l’ecumenismo” é non perdere “inavvertitamente le grandi cose che abbiamo in comune, che di per sé ci rendono cristiani e che ci sono restate come dono e compito”: “Questo un compito ecumenico centrale”. "

    la solita melassa postconciliare, dice qualcosa in cui puoi ricomprendere tutto e il contrario di tutto e magari trascurare proprio l'essenziale!

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  8. Ce l'aveva con me o con Carusi?
    CVCRCI

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  9. DANTE PASTORELLI26 settembre, 2011 16:39

    Scherzavo con te, Stettino.
    Ti sembra che Carusi sia un tipo con cui scherzare? Son forse alla sua altezza?

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  10. Non che sia altissimo, statura media direi, tendente al basso.....

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  11. “In molti punti, gli eretici sono con me, in qualche altro no; ma a causa di questi pochi punti in cui si separano da me, non serve loro a nulla di essere con me in tutto il resto” (S. Agostino, In Psal. 54, n. 19; PL 36, 641).

    Lo stesso San Tommaso ci insegna che nelle false dottrine anche se ci fosse un'unica menzogna quella renderebbe l'intera dottrina eretica, perchè quelle verità sarebbero a servizio dell'unica menzogna che alla fine conduce alla rovina (per il luteranesimo ci sono bestialità a iosa): non è mai esistito per Dio e per la sua Chiesa il più o meno errore, o lo è tutto o non lo è per niente.

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  12. DANTE PASTORELLI26 settembre, 2011 21:57

    Ma oggi quel che divide non conta.

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  13. Presenza reale, verginità della Madonna, sacramento della penitenza, matrimonio indissolubile ecc, ecc. che volete che siano di fronte alla macerazione interiore di Lutero. Nella chiesa conciliare sono più le cose che uniscono che quelle che dividono. Allora avanti a tutta forza. Presto si aprirà la causa di beatificazione di Lutero anche percè a Benedetto XVI non importa niente del primato petrino.

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  14. "credo che il Papa per essere diplomatico e rispettoso alla fine rischi di diventare equivoco. "

    Cara Mic, come ho scritto altrove credo che sia questo uno dei drammi peggiori del Papato contemporaneo (non mi riferisco soltanto all'ultimo papa): hanno paura dei fischi e delle contestazioni, e quindi hanno adottato il mondanissimo politically correct.
    Camminante

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