Roberto de Mattei ha scritto un recente articolo su Il Foglio [qui], nel quale ripropone un'aggiornata Summa del nostro ormai pluridecennale excursus sull'evolversi della situazione ecclesiale alla luce del Concilio Vaticano II e della sua ermeneutica applicata e non, sfociata in una arbitraria e paradossale dogmatizzazione dell'ultima Assise conciliare, assurta a mito, le cui finalità erano invece de-dogmatizzanti.
L'analisi parte dai recenti nodi sulla famiglia, annessi e connessi, che investono l'etica e, in definitiva la perdita del suo fondamento nella Verità non più richiamato perché di fatto rinnegato; il che la scioglie da ogni vincolo normativo per immergerla nel contesto storico-culturale, ovvero nell’etica della situazione.
Si torna a parlare - con significative puntualizzazioni - del concilio, del paraconcilio e del tentativo di Ratzinger di porre rimedio ad un supposto "tradimento" del concilio stesso. Fu lo stesso de Lubac a riconoscere che, in realtà, il cosiddetto concilio mediatico ha di fatto influenzato temi quali il primato pontificio e il rapporto della Chiesa con il mondo. Significativi i richiami all'influsso dei soliti noti novatori inopinatamente protagonisti dell'Assise (Chenu, Congar, Rahner) insieme alle menate degli ideologi della scuola di Bologna ed all'azione di fronda dell'“Alleanza europea” (l'“Alleanza renana” del discorso del febbraio 2013 di Benedetto XVI). Interessanti i riferimenti ad aspettative dissolte riconosciute già all'epoca, in itinere, da altri protagonisti, come Henri de Lubac e Hans Urs von Balthazar, coinvolti, questi ultimi, nel tentativo di Joseph Ratzinger del 1972, di contrapporsi, attraverso la rivista internazionale Communio, a Concilium, su cui scrivevano e diffondevano le loro idee Karl Rahner, Yves Congar, Edward Schillebeeckx. De Mattei ricorda che fu von Balthazar a coniare, nel 1985, l'espressione ottimismo americano: l'ottimismo definito a priori da Bernard Dumont [qui] e l'ottimismo ingenuo di mons. Gherardini [1], ormai riconosciuto dagli analisti meno allineati.
Come ricordato dallo stesso de Mattei su Corrispondenza Romana [qui], non a caso, oggi, è proprio Concilium e ciò che rappresenta ad assurgere a nuova efficace attualità. Il fascicolo di febbraio scorso, infatti, titola: Dall’“anathema sit” al “Chi sono io per giudicare?”, prendendo le mosse dalla famosa frase di Bergoglio sull’omosessualità: «chi sono io per giudicare», detta sull'aereo ai giornalisti, nel luglio 2013. Dalla nuova vulgata ivi esposta - che ormai sostituisce all'ortodossia una prassi sempre innovata e innovatrice - si deduce che le formule e i dogmi non possono comprendere l’evoluzione storica, ma ogni problema va collocato nel suo contesto storico e sociopolitico. Il concetto di ortodossia va superato, o quanto meno ridimensionato, perché, viene utilizzato come “punto di riferimento per soffocare la libertà di pensiero e come arma per sorvegliare e punire”... L'ortodossia è definita come “una violenza metafisica”. Ed è per questo che al primato della dottrina va sostituito quello della prassi pastorale[2].
Sulla posizione di Benedetto XVI che ribadisce la tesi secondo cui un Concilio virtuale, imposto dagli strumenti di comunicazione, avrebbe tradito il Concilio reale, De Mattei richiama sia il celebre discorso alla curia del 22 dicembre 2005 [qui], sia l’ultimo, non meno significativo, del 14 febbraio 2013 al clero romano [qui, da noi ripreso qui a proposito della Liturgia], ricordando che è su questa stessa linea che si muove Mons. Agostino Marchetto, definito da Papa Francesco come “il miglior ermeneuta” del Vaticano II; ma osservando che questa linea manifesta ogni giorno di più la sua debolezza. E tuttavia l’opera di revisione storica e teologica avviata negli ultimi anni del pontificato di Benedetto XVI avrebbe aperto una nuova pista storico-ermeneutica. Sta di fatto che, dal fronte francese, don Laurent Jestin (Catholica 117/Autunno 2012), nel sollevare la questione del Punto morto delle ermeneutiche [qui], riconosce che il discorso di Benedetto XVI ha prodotto effetti liberatori, ma richiede di essere vieppiù precisato e risolto non solo teoricamente perché la posta in gioco è molto alta.
A questo riguardo mi stupisco come mai sia de Mattei che gli altri studiosi da lui citati, così attenti nelle analisi storiche e anche teologiche, su questo punto continuino ad ignorare una reiterata valutazione, che ritengo una ineludibile chiave di lettura, senza la quale non è possibile comprendere appieno quanto sta accadendo e ogni giorno si dipana, nuovo e dirompente, sotto i nostri occhi.
Riporto qui, riproponendola, una riflessione sviluppata reiteratamente su queste pagine.
Attualmente il problema non è solo ermeneutico, è molto più profondo, perché vede di fronte due concezioni diverse del magistero, frutto di una vera e propria rivoluzione copernicana, collegata con una nuova concezione di Chiesa nata dal concilio, che ha spostato il fulcro di ogni cosa dall’oggetto al soggetto. In fondo è una delle molte facce ed espressioni della nuova antropologia introdotta dal concilio, passata dal teocentrismo all'antropocentrismo [Gaudium et spes -qui- un testo di Mons. Gherardini]: un uomo centrato su se stesso e non più fontalmente orientato a Dio con le innumerevoli implicazioni, anche in campo liturgico, sviluppate altrove. Frutto dello storicismo, del personalismo e di ogni altra spinta modernista, che hanno nutrito la Nouvelle Théologie che la sta facendo tuttora da padrona, in una Chiesa non più docente ma dialogante. La nuova concezione emerge anche nell'affermazione del citato discorso del 22 dicembre che contrappone all'ermeneutica della discontinuità «l'“ermeneutica della riforma”, del rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa».
Una breve premessa e considerazioni conseguenti[3].
Una breve premessa e considerazioni conseguenti[3].
- Il Magistero bimillenario della Chiesa può dirsi ‘vivente’ nel senso di vivo e vitalizzante perché trasmette secondo i bisogni di ogni generazione - curandone l'integrità nella sostanza: eodem sensu eademque sententia - il Depositum fidei della Tradizione Apostolica, fondamento oggettivo, dato per sempre, pur se sempre ulteriormente approfondito e chiarito nelle sue innumerevoli ricchezze;
- il magistero attuale si dice invece vivente, in senso storicistico, perché portatore dell'esperienza soggettiva della Chiesa di oggi (che sarà diversa in quella di domani) essendo sottoposta all'evoluzione determinata dalle variazioni contingenti legate alle diverse epoche.
Il ruolo del magistero – ha detto Benedetto XVI oggi Papa emerito – è di garantire la continuità di una esperienza, è lo strumento dello Spirito che alimenta la comunione «assicurando il collegamento fra l'esperienza della fede apostolica, vissuta nell'originaria comunità dei discepoli, e l'esperienza attuale del Cristo nella sua Chiesa». E ancora: «...Concludendo e riassumendo, possiamo dunque dire che la Tradizione non è trasmissione di cose o di parole, una collezione di cose morte. La Tradizione è il fiume vivo che ci collega alle origini, il fiume vivo nel quale sempre le origini sono presenti »[4]. L'enunciato è tratto da una stupenda catechesi; ma il problema sta nel fatto che le cose o parole definite “collezione di cose morte”, nella vulgata modernista vengono riferite al “magistero perenne” che sarebbe diventato “cosa morta” da sostituire col magistero “vivente”, identificato con quello attuale. In tal modo viene conferita al magistero una prerogativa che non gli è propria: quella di essere sempre riferito al “presente”[5], con tutta la mutevolezza e precarietà propria del divenire, mentre la sua peculiarità è quella di essere, nel contempo, passato e presente, trasmettendo una Verità rivelata che, pur inverata nell’oggi di ogni generazione, appartiene all’eternità. Altrimenti cosa trasmette la Chiesa a questa generazione e a quelle future: solo un’esperienza soggettiva? Mentre le è proprio esercitare una funzione sempre in vigore, il cui atto è definito attraverso l'oggetto, ovvero attraverso le verità rivelate e tramandate.
Insomma è cambiato il cardine su cui si fonda la Fede e la sua trasmissione, spostato dall'oggetto-Rivelazione al soggetto-Chiesa/Popolo di Dio[6] pellegrina nel tempo e di fatto trasferito dall'ordine della conoscenza a quello dell'esperienza, evidenziato dal primato del sentimento, o addirittura della sensazione o del sensazionalismo, sull'intelletto. Il cuore umano è diventato sentimento: nulla a che fare con il cuore biblico, cioè con l'interiorità profonda, il 'luogo' delle scelte fondamentali e, oggi, in nome del vangelo tutto diventa sdolcinato sentire, emozione, percezione soggettiva. Da conseguenza a punto di partenza. È il frutto della dislocazione della Santissima Trinità, come illustra 'sapientemente' Romano Amerio: « Alla base del presente smarrimento vi è un attacco alla potenza conoscitiva dell’uomo, e questo attacco rimanda ultimamente alla costituzione metafisica dell’ente e ultimissimamente alla costituzione metafisica dell’Ente primo, cioè alla divina Monotriade. [...] Come nella divina Monotriade l’amore procede dal Verbo, così nell’anima umana il vissuto dal pensato. Se si nega la precessione del pensato al vissuto, della verità alla volontà, si tenta una dislocazione della Monotriade »[7]. Intuibile il sovvertimento della realtà che ne deriva -qui-.
Il problema della continuità, vista nell'unico soggetto-Chiesa e non nell'oggetto-Rivelazione inverato dalla Chiesa di ogni tempo, appare in tutta la sua gravità, proprio decriptando l'assunto del fondamentale discorso del 22 dicembre 2005. Occorre, invece, portare l'eternità in ogni presente della storia e non sottrarre la storia all'oggettiva feconda pregnanza della Verità eterna, che è da sempre e per sempre e non si evolve, ma ci è data perché siamo noi a doverci evolvere.
Ed è proprio da qui che nasce e per questo continua - apparentemente senza esiti (finora) - il dialogo tra sordi, perché gli interlocutori usano griglie di lettura della realtà diverse: il concilio, cambiando il linguaggio [qui], ha cambiato anche i parametri di approccio alla realtà. E capita di parlare della stessa cosa alla quale, tuttavia, si danno significati diversi. Tra l'altro la caratteristica principale dei gerarchi attuali è l'uso di affermazioni apodittiche, senza mai prendersi la briga di dimostrarle o con dimostrazioni monche e sofiste. Ma di dimostrazioni non hanno neppure bisogno, perché il nuovo approccio e il nuovo linguaggio hanno sovvertito tutto ab origine. E il non dimostrato dell'anomala pastoralità priva di principi teologici definiti è proprio ciò che ci toglie la materia prima del contendere. È l'avanzata del fluido cangiante dissolutore informe, in luogo del costrutto chiaro, inequivocabile, definitorio, veritativo: l'incandescente perenne saldezza del dogma contro i liquami e le sabbie mobili del neo-magistero transeunte. (Maria Guarini)
___________________________Ed è proprio da qui che nasce e per questo continua - apparentemente senza esiti (finora) - il dialogo tra sordi, perché gli interlocutori usano griglie di lettura della realtà diverse: il concilio, cambiando il linguaggio [qui], ha cambiato anche i parametri di approccio alla realtà. E capita di parlare della stessa cosa alla quale, tuttavia, si danno significati diversi. Tra l'altro la caratteristica principale dei gerarchi attuali è l'uso di affermazioni apodittiche, senza mai prendersi la briga di dimostrarle o con dimostrazioni monche e sofiste. Ma di dimostrazioni non hanno neppure bisogno, perché il nuovo approccio e il nuovo linguaggio hanno sovvertito tutto ab origine. E il non dimostrato dell'anomala pastoralità priva di principi teologici definiti è proprio ciò che ci toglie la materia prima del contendere. È l'avanzata del fluido cangiante dissolutore informe, in luogo del costrutto chiaro, inequivocabile, definitorio, veritativo: l'incandescente perenne saldezza del dogma contro i liquami e le sabbie mobili del neo-magistero transeunte. (Maria Guarini)
1. Brunero Gherardini, Il Vaticano II. Alle radici di un equivoco, Lindau 2012, pag.195
2. Concilium, 2/2014, p. 11
3. Maria Guarini, La chiesa e la sua continuità. Ermeneutica e istanza dogmatica dopo il Vaticano II, Ed. DEUI, 2012 - Estratto dal punto 3. Cap.4.
4. Benedetto XVI, La comunione nel tempo: la Tradizione, Catechesi del 26 aprile 2006 [qui]. Citato da don Michel Gleize, membro della commissione della Fraternità S. Pio X per le discussioni con Roma. In: Una questione cruciale: il valore magisteriale del Concilio Vaticano II [qui]
5. Vedi anche l'affermazione del papa attuale: «Il Vaticano II è stato una rilettura del Vangelo alla luce della cultura contemporanea» (Intervista rilasciata a La Civiltà Cattolica/sett.2013 [qui]. Pensiero ripreso, tra l'altro, anche per le implicazioni riguardanti il disprezzo per il Rito Antico qui)
6. Questa definizione, generica, – di conio tutto Conciliare e dal sapore vetero-testamentario – di “popolo di Dio”, tende a sostituire quella più forte, specifica e identitaria di “Corpo mistico di Cristo”.
7. Romano Amerio, Iota unum. Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX [qui], Lindau 2009, pag.315
La tese del Concilio mediatico ci fa domandare:
RispondiEliminaQuale il magistero "vivente", il magistero della Chiesa o il "magisterio" dei mass media?
Pio IX ha capito bene i pericoli dei mass media nel suo tempo, per questo ha fondato la rivista "La Civiltà Cattolica". Infatti, in quello tempo i mass media non avevano la potenza che hanno oggi, ma anche la Chiesa ce i suoi mass media. In quello tempo da solo, la rivista "La Civiltà Cattolica" ha fatto troppo nella diffesa della Chiesa. Ma e il Concilio Vaticano II, che gli ha diffeso? La rivista "Communio"?
Sarebbe interessante (e forse importante) leggere un lavoro sul rapporto tra la Chiesa e i mass media, prima e doppo il Concilio. Perchè non me sembra che la Chiesa prima del Concilio non ha avuto lo stesso problema con i mass media, come non me sembra che ha tacciuto come ha fatto doppo il Concilio. Quello che me vienne in mente è che prima del Concilio aveva la polemica e doppo la Chiesa ha cominciato a fare del buon Samaritano nel modo sbagliato del Concilio...
È magistero dei mass media e magistero dei teologi, e il magistero "vivente" della Chiesa, dove se trova? Solo nei testi del Concilio?
Curioso che De Lubac parla di paraconcilio e Mons. Guido Pozzo ha parlato della para-ideologia conciliare. Quindi, siamo davanti a solo una costante repetizioni (o approfondamenti) di diagnosi senza trovare soluzioni per i problemi?
RispondiEliminaSarebbe interessante (e forse importante) leggere un lavoro sul rapporto tra la Chiesa e i mass media, prima e doppo il Concilio.
RispondiEliminaL'analisi è stata fatta dal prof. Dumont su Catholica
http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2012/10/il-conflitto-irrisolto.html
Sintesi eccellente che mette in luce diversi punti caldi.
RispondiEliminaA me pare che il Concilio per antonomasia sia ben avviato sulla china che, in campo civile, stanno seguendo eventi come il 25 Aprile, il 2 Giugno o, a suo tempo, il 4 Novembre, non per nulla a un certo punto cancellato: ovvero, rimane ancora la celebrazione, il culto esteriore, ma come elemento formale, un guscio vuoto che interessa sempre meno perfino a quelli che in teoria dovrebbero essere i suoi sacerdoti. La stragrande maggioranza della gente nemmeno sa più bene che cosa si festeggi in quelle giornate. E' in fondo un processo naturale, i fatti storici rimangono, sono importanti per chi studia la storia, ma la loro "presa" sull'attualità diminuisce a mano a mano che si allontanano nel tempo. Per il Concilio sta avvenendo appunto questo: paradossalmente, a occuparsene e a conoscerne i contenuti sono rimasti soprattutto i tradizionalisti. Provate a chiedere al modernista medio qualcosa intorno a un documento conciliare: nel 99,9% dei casi vi accorgerete che i testi non li ha mai letti e non sa nemmeno all'ingrosso di che cosa parlino. Dietro il concetto di Concilio come mito fondativo della Nuova Chiesa è rimasto ben poco. Più che una discussione sul Concilio e sulla sua interpretazione (che ormai è roba per storici) è auspicabile l'arrivo di qualcuno che autorevolmente confermi la dottrina tradizionale della Chiesa.
RispondiEliminaDefinizione su PF :'Da omnia instaurare in Christo a omnia instaurare in homine'.....icastica, c'è tutto lui.....
RispondiEliminaCaro Turiferario,
RispondiEliminadi fatto le nuove generazioni ne stanno subendo gli effetti dissolutori, senza conoscerne le cause, che rischiano di rimanere sommerse per la damnatio memoriae cui dono dtati spttpposte le prime 'sentinelle' e a causa del silenziamento e dell'emarginazione cui veniamo sottoposti noi.
L'agorà telematica è uno dei pochi fronti di denuncia, affermazione e confronto ancora rimasti. Finché un miracolo non riporti un restauratore sol Trono più alto.
Se parlo di miracolo è perchè non vedo più intorno a lui un tessuto tale da collocarcene uno...
Ringrazio Anonimo 8:44
RispondiEliminaSpero che la riflessione sia utile e non resti senza riscontri.
Il fatto di aver constatato il "dialogo tra sordi", insieme ai segnali che vengono dalla gerarchia egemone, non lascia molti margini... Ma continuare a parlarne, e soprattutto rendersi conto dei "nodi" su cui intervenire, può se non altro essere un indicatore di speranza. E, soprattutto, è un'istanza del cuore e della coscienza.
Forse (se ho inteso bene Turiferario) il Concilio "evento" e' destinato a scomparire progressivamente dalla memoria collettiva. Ma le sue conseguenze dannose sono ormai state interiorizzate dalla Chiesa contemporanea.
RispondiElimina"L'agorà telematica è uno dei pochi fronti di denuncia, affermazione e confronto ancora rimasti"
RispondiEliminaSAN PIO X- Dalla Lettera Enciclica “E SUPREMI”
“I tempi infatti ESIGONO L’AZIONE; ma questa deve essere TUTTA RIVOLTA A RISPETTARE INTEGRALMENTE E SANTAMENTE LE LEGGI DIVINE E LE PRESCRIZIONI DELLA CHIESA”
Sulla frase poi dell’Anonimo delle 09.26 “'Da omnia instaurare in Christo a omnia instaurare in homine” che si può estendere un po’ a tutti i “protagonisti” del cinquantennio e non solo all’attuale vdr (anche se gli accenti forse più forti li abbiamo sentiti in Paolo VI), si può far rispondere ancora a
San PIO X, sempre dalla Enciclica “E SUPREMI”:
“[…]E invero, con un atteggiamento che secondo lo stesso Apostolo è proprio dell’“Anticristo”, L’UOMO, CON INAUDITA TEMERITA’, PRESE IL POSTO DI DIO, elevandosi “al di sopra di tutto ciò che porta il nome di Dio”; fino al punto che, pur non potendo estinguere completamente in sé la nozione di Dio, rifiuta tuttavia la Sua maestà, e DEDICA A SE STESSO, COME UN TEMPIO, QUESTO MONDO VISIBILE E SI OFFRE ALL’ADORAZIONE DEGLI ALTRI. “Siede nel tempio di Dio ostentando se stesso come se fosse Dio”[…]
Dobbiamo dunque rivolgere il nostro impegno a questo, al fine di ricondurre il genere umano sotto l’impero di Cristo; raggiunto tale fine, l’uomo ritornerà a Dio medesimo”.
Mic,
RispondiEliminaGrazie per l'analisi puntuale...
Ricordo questa tema nel libro sul svuolto antropologico di Rahner, scritto dal Cardinale di Genoa, ma non ricordo il titolo del libro dopo tanti anni...
Lo ricordi?
Romano
http://www.traditioninaction.org/HotTopics/f082_Mattei-1.htm
RispondiEliminada California
Caro Romano,
RispondiEliminaper provvidenziale generosità di un amico genovese, ho un ormai introvabile esemplare di Getsemani.
Nello sviluppo centrale: "Alterazione della Storia e liberazione eterna" (pag.122), trovo un accenno a Rahner, che le trascrivo:
""Un'altra prova della vastità e della penetrazione del criterio della sensibilità storicista nella cerchia della teologia cattolica è costituita dagli scritti di Karl Rahner. Ecco una considerazione, fra tante altre, che in fondo predica la storicità assoluta nella conoscenza:
«Noi viviamo nella storia e solamente nel suo progredire possediamo l’eterna verità di Dio che è la nostra salvezza. In questa storia essa è sempre la stessa ma pur ha avuto e ha ancora una storia. Tale univocità esiste sempre, ma non permette mai che la separiamo dalle sue forme storiche per poter cos’, almeno nella nostra conoscenza della verità, uscire dal moto continuo e dal flusso storico, per mettere piede sulla ferma riva dell’eternità. Nella storia possediamo quel che di eterno questa verità presenta, ma appunto lo possediamo soltanto se ci affidiamo al suo continuo progredire». (Karl Rahner, Sulla storicità della teologia, in “nuovi Saggi III”, ed Paoline, Roma 1969, pp.109-110 ""
Un non raro caso di "serendipity": ho guardato l'indice degli autori riportato alla fine di Getsemani, per cercare un riferimento a Rahner; ma scopro che non c'è. Mi colpisce il nome di Gabriel Marcel, un filosofo a suo tempo approfondito al tempo della facoltà di teologia.
Vado a quella pagina e trovo l'unico riferimento a Rahner dell'intero testo... :)
Michela,
RispondiEliminauno dei relatori di quel testo, Massimo Borghesi, negli anni '80 è stato mio docente di estetica.
Esaminerò il testo, ma difficilmente penso potrà essere uno dei miei pilastri.
Le motivazioni credo siano ampiamente presenti su queste pagine.
In particolare, riguardo ad accenni che ho intravisto a Nostra Aetate, ti rimando qui
http://www.chiesaepostconcilio.blogspot.it/p/modifica-della-dottrina-della.html
Il presunto pontificato di Jorge Bergoglio è il giusto e duro castigo per la nostra passività davanti all'imperio mondiale di Sodoma. Abbiamo dimenticato la mortificazione, fulcro della vita cristiana, centrata sulla trascendenza e sulla Croce.
RispondiEliminaCerto, la "Chiesa 2.0" va avanti per la sua strada, sempre più sicura di sé, questo è indubbio. Come indubbio è che questa Chiesa si considera nata con il Concilio (per la verità nasce prima, ma è vero che il Concilio è stato un punto di svolta). Quel che intendevo dire è che ormai questo mitico Concilio e perfino il suo "spirito" grazie al quale si poteva legittimare tutto e il contrario di tutto stanno di fatto per essere lasciati alle spalle dalla stessa Chiesa 2.0. A me quella sul Concilio pare a questo punto una battaglia di retroguardia, il VII è l'aritmetica di una Chiesa 2.0 che ormai è arrivata al calcolo infinitesimale. E' interessante per capire il processo che ci ha portati dove siamo oggi, ma non credo che si possa interrompere questo processo attraverso un'ermeneutica ortodossa del VII.
RispondiEliminaMic,
RispondiEliminaLa ringrazio per la citazione...
era forse il libro del Vescovo di Augsburgo
http://www.libreriauniversitaria.it/anthropological-turn-losinger-anton-fordham/book-uk/9780823220670
http://www.alibris.com/Der-anthropologische-Ansatz-in-der-Theologie-Karl-Rahners-Anton-Losinger/book/1569983?matches=1
che ricordavo...
Romano
Il discorso alla Curia di Benedetto XVI non è storicista. L'esempio per definire lo storicismo nella Chiesa è sbagliato. Lo stesso discorso alla Curia di Benedetto XVI è la base di partenza, tra l'altro, per la critica al Concilio portata avanti dal Padre Lanzetta nel suo ultimo lavoro.
RispondiEliminaCaro Stefano,
RispondiEliminanon ho ancora il testo di padre Lanzetta.
Ho già detto che lo snodo di tutto è quel discorso del 22 dicembre. E che padre Lanzetta lo prenda come base di partenza per la critica al concilio, posso ipotizzare sia perché Benedetto vi rifiuta esplicitamente la discontinuità. Ma mi riesce incomprensibile non riconoscere nella sua affermazione la visione di tradizione "vivente" in senso storicista.
Mi pare che ogni volta che ne ho parlato, sia tu a non volerla vedere...
In ogni caso mi riservo di parlarne appena possibile con padre Lanzetta.
Mi pare che ogni volta che ne ho parlato, sia tu a non volerla vedere...
RispondiEliminaQuando ti contesto l'errore di definire il discorso di Benedetto XVI alla curia (e parlo SOLO DI QUELLO!) come storicista, ti indico DOVE quel discorso NON E' STORICISTA. Vi sono DUE PASSAGGI CHIARI in cui benedetto XVI fa una differenza NODALE tra la Tradizione COSTITUTIVA E FONDANTE LA CHIESA, la RIVLEAZIONE DI NOSTRO SIGNORE, che lo stesso Benedetto XVI definisce IMMUTABILE, e lo Sviluppo legittimo della Chiesa nei secoli, che deve essere "in continuità" in relazione alle sue radici. Questo discorso è perfettamente plausibile è non è affatto storicista. Perché infatti la chiesa di Trento è "sviluppata" rispetto alla Chiesa degli Apostoli. O no?
Come dicevo in un altro blog, secondo me l'ermeneutica della continuità è una favola, inventata per far accettare l'inaccettabile, e cioè la rottura del CVII con la tradizione ed il magistero bimillenari della Chiesa Cattolica, anticamera del rinnegamento dei dogmi (lo vedremo ad ottobre nel sinodo) e di NSGC stesso. Basti leggere i libri di Kasper, che già negli anni 70 riteneva invenzioni (sia pur a fin di bene) i racconti dei miracoli di Gesù, la Sua Resurrezione e la Sua Ascensione (come pure la nature divina di Gesù e, quindi, la Trinità stessa). E adesso Bergoglio si circonda di questi strani tipi: Braz de Aviz, Maradiaga, kasper, e ricorre a veri e propri mastini (Fidenzio Volpi, Fernanda Barbiero) per mettere a tacere i dissenzienti (a tal fine ricorre anche a epurazioni, emarginazioni, destituzioni, ecc.), ben spalleggiato dai vescovi modernisti (quasi tutti, ormai), come quello di Novara che osa sbugiardare pubblicamente un suo sacerdote. vergogna, vergogna e ancora vergogna !!!
RispondiEliminacontinui ad ignorare che nei discorsi di Benedetto XVI ci sono splendide luci e affermazioni tradizionalissime. Ma è dalle pieghe e dalle sottigliezze che va enucleato il 'baco' che purtroppo talvolta non manca.
RispondiEliminaContinua a bearti dei proclami e a non chiederti come mai sia mons. Gherardini che mons. Schneider, per citare solo i più autorevoli, non si contentino di una continuità solo dichiarata e non dimostrata.
Secondo te, da dove salta fuori la rivoluzionaria prassi di Bergoglio, se non dalla concreta applicazione, senza più maschere, della tradizione vivente storicista riferita al solo presente?
RispondiEliminaDallo stesso "luogo" teologico e pirituale, forse e se non ci sono altre cause che non conosciamo, delle dimissioni, ingravescente aetate, come per un vescovo qualunque dell'era post Paolo VI...
Il discorso del 14 febbraio 2013 e l'alleanza renana ivi citata apertamente non ti dicono nulla?
Continua a bearti dei proclami e a non chiederti come mai sia mons. Gherardini che mons. Schneider, per citare solo i più autorevoli, non si contentino di una continuità solo dichiarata e non dimostrata.
RispondiEliminaE questo che c'entra con la materia del discorso? Io non mi "beo" in niente, ma evidenzio dei fatti. Visto che non hai ancora letto il lavoro di critica di Lanzetta, prima leggilo e poi magari cerca di revisionare certe posizioni.
Sembra che se non si concorda sullo storicismo di quel discorso per te non ci sia più nulla da dire! Ma ti ho evidenziato le parti che ne fanno un caso a sé. E quel discorso non ha "luci e ombre", è un discorso coerente che si sviluppa secondo una certa linea. Poi è chiaro che l' "ermeneutica" è stata "solo dichiarata". Ma questo che c'entra?
Se si vuole fare una analisi, e se si vuole aprirsi ad ogni strumento che possa portare un contributo alla Verità, senza preconcetti, non si può ragionare così. In quel discorso ci sono degli spunti grandiosi per mettere in discussione il dogma-concilio, e quello stesso discorso l'ha messo in discussione. NON E' VERO che è stato un discorso storicista, perché ha affermato CON CHIAREZZA la distinzione nei termini e il fatto che la Rivelazione è un dato IMMUTABILE, allo stesso tempo definendo lo "sviluppo" nel modo appropriato.
Che ci si sia fermati qui è indubbio, ed è il motivo per cui si sono svolti lavori come quelli del Teologo Lanzetta. Ma cosa c'entri quello che hai scritto con quello che ho scritto io non lo so.
Secondo te, da dove salta fuori la rivoluzionaria prassi di Bergoglio, se non dalla concreta applicazione, senza più maschere, della tradizione vivente storicista riferita al solo presente?
RispondiEliminaE che c'entra con il discorso alla Curia di Benedetto XVI?
Anche De Mattei, in una recente polemica sui FFI, ha evidenziato che è EVIDENTE la diversità di "ermeneutica" tra Bergoglio e Ratzinger, e che non si può affermare di essere sostenitore del MP, e della "continuità", e comportarsi come fa lui. Lo storicismo è effettivamente il metro di applicazione della pastorale di oggi, ma non è presente in QUEL discorso.
Prima ho postato alcuni stralci (non so se saranno pubblicati, ma riprendevano il discorso dell'ALLEANZA RENANA citata da mic) dell'intervento di Benedetto XVI al clero romano di un anno e mezzo fa, ad annuncio "dimissioni" avvenuto..e in particolare la sua stringata, ma entusiastica, sintesi di come il Concilio si era posto l'obiettivo di "rinnovare" uno dopo l'altro i cardini, i mattoni dell'edificio Chiesa; e tra questi il primo, cioè la LITURGIA.
RispondiEliminaEcco l'editoriale di settembre scorso di "Radicati nella fede" che si occupa proprio di questo. Interessante rivisitare l'affermazione del "recuperato" dai pontefici ultimi (e quasi canonizzato ormai) Martin Lutero, che pare veramente abbia fatto centro: "NON PERDETE TEMPO AD ATTACCARE IL PAPATO, COMBATTETE LA MESSA CATTOLICA E IL PAPATO CROLLERA' CON ESSA...", e infatti ormai, come volevasi dimostrare da Lutero, prima si è stravolta vergognosamente la Messa e dopo un quarantennio o poco più il papato come da sempre è stato esercitato è stato mandato in pensione e ridotto ad ufficio qualsiasi che si può abbandonare per ogni motivo contingente - compresa l'ingravescente età -, fondando pure un papato emerito che a me pare piuttosto un emerito papato...
"È avvenuto uno spaventoso mutamento nella fede e nel vissuto di quasi tutti i cattolici, e si chiama protestantizzazione: come dicevano i Cardinali Ottaviani e Bacci a Paolo VI nel loro Breve esame critico:
“il Novus Ordo Missæ, considerati gli elementi nuovi, suscettibili di pur diversa valutazione, che vi appaiono sottesi ed implicati, rappresenta, sia nel suo insieme come nei particolari, un impressionante allontanamento dalla teologia cattolica della Santa Messa, quale fu formulata nella Sessione XXII del Concilio Tridentino, il quale, fissando definitivamente i «canoni» del rito, eresse una barriera invalicabile contro qualunque eresia che intaccasse l’integrità del magistero.”
Anche qui è ribadito ciò che è stato detto da Dom Chautard: il centro del cattolicesimo è l'Eucarestia, è la MESSA; il Concilio di Trento fissando definitivamente i canoni del rito AVEVA ERETTO UNA BARRIERA per salvare l'integrità del magistero…
Così è drammaticamente avvenuto che toccando i canoni del rito tutto è andato insieme, nulla sta più in piedi nel “nuovo” cattolicesimo. Martin Lutero lo aveva detto, non perdete tempo ad attaccare il papato, combattete la Messa cattolica e il papato crollerà con essa.
Per questo, per amore alla Chiesa tutta, della sua dottrina e della sua disciplina, per amore del Papa Vicario di Cristo in terra, siamo chiamati semplicemente a custodire il rito della Messa così come fissato da Trento e da San Pio V. Non c'è nulla di più urgente perché la Chiesa, il Papa, possano vivere"
..ho trattenuto in tastiera il link all'editoriale di Radicati nella fede di settembre 2013 di cui ho inserito appena ora degli stralci:
RispondiEliminahttp://radicatinellafede.blogspot.it/2013/08/se-tocchi-la-messa-crolla-il-papato.html
Quando avremo tutti i vescovi come quello di Novara, continuremo ancora a definirli successori degli Apostoli? ed allora gli Olivieri i Burke i Ranjit ecc. Come dobbiamo definirli? ma i primi, secondo voi, trasmettono la stessa Dottrina Cattolica come i secondi?
RispondiEliminaLuis,
RispondiEliminaCerca la mortificazione, Papa Ratzinger ha detto:
Quella cristiana ''e' una religione della felicita', non una ricerca morbosa della mortificazione, come a volte si e' creduto''. Lo afferma Papa Ratzinger in un videomessaggio a un incontro internazionale di sacerdoti in corso a Ars, la cittadina di San Giovanni Maria Vianney, il parroco alla cui spiritualita' e' ispirato l'Anno Sacerdotale.
http://paparatzinger2-blograffaella.blogspot.com.br/2009/09/il-papa-il-cristianesimo-e-religione-di.html
Mic,
RispondiEliminaLa Communio non è stata fondata nel tempo in che Ratzinger era ancora progressista?
Altri articoli da la rassegna di oggi
RispondiEliminahttp://dropcanvas.com/01ikz
Quella cristiana ''e' una religione della felicita', non una ricerca morbosa della mortificazione, come a volte si e' creduto''.
RispondiEliminaGederson,
su questa frase non mi formalizzerei più di tanto: parla di ricerca morbosa della mortificazione. Qualunque cosa morbosa, prim'ancora di non essere cristiana, non è nemmeno sana...
altri articoli che possono interessare a noi cattolici
RispondiEliminahttp://dropcanvas.com/3ug37
Acutissime sottolineature di Mic del 15 luglio 2014 13:01.
RispondiEliminaLa ringrazio vivamente.
Cara Mic,
RispondiEliminaQuesto Benetto XVI ha parlato nell'anno sacerdotale, dove il Cura d'Ars doveva essere proclamato il patrono dei sacerdoti. Lei sà che lui era un campeone della mortificazione. Qui ti domando:
C'era una volta nella Chiesa dove se è creduto nella ricerca morbida della mortificazione?
Inoltre a questo conosciamo tantissimi storia di Santi, dove Gesù e la Madonna hanno promesso la felicità non in questo mondo, ma nell'altro che sta per venire. Il cristianesimo conciliare fa felici solo quelli cristiani che hanno chiuso gli occhi.
E la questione della mortificazione, non sarebbe nell'ottica ratzingeriana, una questione di pelagianesimo?
Ricordo un branno di Ratzinger che se è apparso insieme alla polemica sollevata per Francesco e i pelagiani:
L'accenno al mondo tradizionalista ha subito provocato la reazione indignata di qualche censore sedicente ratzingeriano, che ha immediatamente notato sul web la discontinuità con Benedetto XVI. I censori però sono in errore, perché fu proprio l'allora cardinale Joseph Ratzinger a parlare per primo del «pelagianesimo dei pii». Ratzinger durante un corso di esercizi spirituali tenuti nel 1986 (pubblicati nel 2009 con il titolo «Guardare Cristo: esempi di fede, speranza e carità» dall'editrice Jaca Book) aveva affermato: «L'altra faccia dello stesso vizio è il pelagianesimo dei pii. Essi non vogliono avere nessun perdono e in genere nessun vero dono di Dio. Essi vogliono essere in ordine: non perdono ma giusta ricompensa. Vorrebbero non speranza ma sicurezza. Con un duro rigorismo di esercizi religiosi, con preghiere e azioni, essi vogliono procurarsi un diritto alla beatitudine. Manca loro l'umiltà essenziale per ogni amore, l'umiltà di ricevere doni a di là del nostro agire e meritare. La negazione della speranza a favore della sicurezza davanti a cui ora ci troviamo si fonda sull'incapacità di vivere la tensione verso ciò che deve venire e abbandonarsi alla bontà di Dio. Così questo pelagianesimo è un'apostasia dall'amore e dalla speranza, ma in profondità anche dalla fede»". Francesco, Ratzinger e il rischio del «pelagianesimo» - http://vaticaninsider.lastampa.it/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/francesco-francis-francisco-benedetto-xvi-benedict-xvi-benedicto-xvi-25586/
Caro Gederson,
RispondiEliminamorbida è una cosa = blanda cedevole...
morbosa un'altra = eccessiva, ma nel senso di non equilibrata...
Cara Mic,
RispondiEliminaLo so bene che cosa significa la parola morbida, ma lei può me rispondere quello che io ho domandato?
Mic,
RispondiEliminaMe scusa, scrivo da un tablet. Ma rifaccio la domanda:
C'era una volta nella Chiesa dove se è creduto nella ricerca morbosa della mortificazione?
Signor Falcometa,
RispondiEliminaSi, c'èra un epoca in cui molti hanno considerato la ricerca morbosa di mortificazione l'essenza di santità...si chiama l'era di Jansenismo...
in Francia, nell'epoca in cui viveva il Santo di Ars, Jansenismo era commune e molto diffuso...
Romano
Gederson,
RispondiEliminanella frase virgolettata di Ratzinger sul pelagianesimo, non vedrei un attacco alla Tradizione, ma ad un certo tipo di "tradizionalismo moralista", quello dei proclami: la legge e le regole (pur giuste e sacrosante) sbattute in faccia.
E' l'altra faccia del "lassismo progressista.
Ora riconosco che quelle che ho appena indicato sono etichette.
Penso che Ratzinger si riferisse agli eccessi.
Non credo che il suo "pelagianesimo dei pii" si riferisca al giusto rigore, ma al rigorismo.
Non mi torna, però, il suo atteggiamento sulla Liturgia, nel senso che anche nei suoi scritti risulta eliminato il concetto di sacrificio "propiziatorio" (cioè espiatorio): ha definito l'espiazione un concetto "doloristico". E questo francamente mi ha delusa.
Anche lui, secondo l'andazzo generale, ha posto l’accento solo sulla Risurrezione, con il pretesto che la visione di Trento era troppo “doloristica” e si metteva troppo l’accento sulla Croce... Semmai possono averlo fatto alcune spiritualità che si sono soffermate su singoli momenti della Passione del Signore; ma è solo una accentuazione di qualche congregazione religiosa che ne rappresenta il carìsma, che per alcuni e in alcuni casi può essere diventata una devozione non equilibrata, che può scadere nel devozionismo, da cui tuttavia la Chiesa ha sempre insegnato a rifuggire.
A questo proposito riporto dalle mie osservazioni sulla Lumen fidei (sua o a quattro mani che sia)
RispondiEliminan. 20... Cristo è disceso sulla terra ed è risuscitato dai morti; con la sua Incarnazione e Risurrezione, il Figlio di Dio ha abbracciato l’intero cammino dell’uomo e dimora nei nostri cuori attraverso lo Spirito Santo. La fede sa che Dio si è fatto molto vicino a noi, che Cristo ci è stato dato come grande dono che ci trasforma interiormente, che abita in noi, e così ci dona la luce che illumina l’origine e la fine della vita, l’intero arco del cammino umano.
Dov'è la Passione redentrice, che è la sola che libera e salva e introduce nella Risurrezione? È questo il grande vulnus della teologia e della Ecclesiologia odierne: hanno espulso il Sacrificio di Cristo Signore sul Golgota (riprodotto su ogni Altare fino alla fine dei tempi per Sua consegna fin dall'Ultima Cena), che è il vero culmine e fonte di tutto. Se ne parla, ma quasi sfiorandolo, senza più affermare e fondarsi sulla sua vis espiatrice e redentrice. Non si parla più di peccato originale, non si parla più di liberazione dal peccato che porta alla morte spirituale perché è separazione da Dio e dal suo piano di salvezza per noi. La Croce è ritenuta addirittura un concetto doloristico con grande enfasi sul "Mistero pasquale", fulcro della nostra fede che sembra quasi una riscoperta del concilio e presentato come l’anima della riforma liturgica postconciliare
[vedi nuova enfasi sul Mistero pasquale qui]
http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2013/08/enfasi-su-una-nuova-concezione-del.html
Maria, che ne dici di fare un articolo che faccia l'analisi critica del discorso alla Curia del 2005, dibattendo sui punti-chiave? Riproduciamo integralmente il discorso della famosa e solo proclamata "ermeneutica della riforma nella continuità", ne tracciamo le linee guida, e poi ne facciamo analisi critica INTEGRALE, senza pregiudizi. Che ne dici?
RispondiElimina“Il discorso del 14 febbraio 2013 [di BENEDETTO XVI al clero romano] e l'ALLEANZA RENANA ivi citata apertamente non ti dicono nulla?”
RispondiEliminaRipropongo più brevemente, partendo dalla frase di mic, nella speranza che dia almeno un'idea, anche se non mi metterò a riportare gli stralci più o meno apertamente compiaciuti del papa emerito circa la genesi della Nostra Aetate sul dialogo interregioso, che sappiamo tutti quanti e quali danni ha arrecato. A mio avviso anche solo in queste poche righe (non posso inserirne di più, evidentemente) riprese dal discorso al clero romano del 14 febbraio 2013 da parte di BENEDETTO XVI, c’è già una sintesi di quello che poi si dimostrò effettivamente il programma del CVII, con cui poi è stato smontato (anche se qui si usa la parola “CREATIVITA’ del CVII e “RIFORMA”) pezzo per pezzo tutto l’edificio Chiesa, di cui oggi siamo oramai stupiti testimoni:
“Nel corso del primo periodo - mi pare nel novembre ’62 – SONO STATO NOMINATO ANCHE PERITO UFFICIALE DEL CONCILIO.
E questo era tipico, poi, per tutto il Concilio: piccoli incontri trasversali. Così ho conosciuto GRANDI FIGUREe come Padre DE LUBAC, DANIELOU, CONGAR,eccetera.[…]
I più preparati [del Concilio Vaticano II], diciamo quelli con intenzioni più definite, erano l’EPISCOPATO FRANCESE, TEDESCO, BELGA, OLANDESE, la cosiddetta “ALLEANZA RENANA”.
E, nella prima parte del Concilio, ERANO LORO CHE INDICAVANO LA STRADA; poi si è velocemente allargata l’attività e tutti sempre più hanno partecipato nella CREATIVITA’ DEL CONCILIO. I francesi ed i tedeschi avevano diversi interessi in comune, anche con sfumature abbastanza diverse.
LA PRIMA, INIZIALE […] INTENZIONE era
la RIFORMA DELLA LITURGIA, che era già cominciata con Pio XII, il quale aveva già riformato la Settimana Santa;
la seconda, l’ECCLESIOLOGIA;
cla terza, la PAROLA DI DIO, LA RIVELAZIONE;
e, infine, anche l’ECUMENISMO.
IO TROVO ADESSO, RETROSPETTIVAMENTE, CHE E’ STATO MOLTO BUONO COMINCIARE CON LA LITURGIA, così appare il primato di Dio, il primato dell’adorazione.
[…] è stato, diciamo, realmente un ATTO DI PROVVIDENZA che agli inizi del Concilio stia la liturgia, stia Dio, stia l’adorazione.
Poi c’erano dei principi: l’intelligibilità, INVECE DI ESSERE RINCHIUSI IN UNA LINGUA NON CONOSCIUTA, NON PARLATA, ed anche la PARTECIPAZIONE ATTIVA”.
Cara Mic,
RispondiEliminaIl problema è come Ratzinger pone il problema. Quelli che vogliono il perdono e qualcuno dono di Dio, deve essere in ordine per ricevere la grazia e quelli che vogliono la sicurezza, vogliono la speranza, perchè qualcuno cristiano non può trovare sicurezza senza trovare speranza. Cose che non se escludono, lui presenta come escludente.
Certamente esistono gli eccessi, ma questi non sono facile da giudicare. S. Girolamo ha riiprovato una santa per l'eccessiva pratica della mortificazione e gli monaci di S. Benedetto hanno voluto avenerlalo giusto per giudicare eccessivi gli esecizi religiosi, gli preghiera e forse anche l'azioni. Il proprio Cura d'Arns praticava una dura mortificazione.
Nel proprio pelagianesimo dei pii, Ratzinger voglie parlare di pratiche religiosi morbose, ma come se vede nel branno cittato, loro sono mezzi e non fine. Quindi, come nel discorso ai sacerdoti, la mortificazione diventa un fine in si stessa?
Non me sembra che in qualcuna epoca se credeva che il cristianesimo era la ricerca morbosa per la mortificazione. Parlare così è un eccesso, perchè la mortificazzione sempre è stata regolata dai direttore spirituale. Ma nel caso del discorso ai sacerdotti, in uno contesto dove se presenta il Cura d'Arns agli altri sacerdoti come esempio, se doveva parlare della mortificazione avendo come punto di partenza la pratica del proprio sacerdote che se tiene come modelo. Non parlare semplicimente che il cristianesimo è la religione della felicità e non di una ricerca morbosa della mortificazione. Almeno il giornale "La stampata" ha capito questo come un "No mortificazione" ehttp://www.lastampa.it/2009/09/30/blogs/oltretevere/no-mortificazione-7YTyg8vwegndq6rU1VYsHO/pagina.html
Un saluto dal Brasile
"Riproduciamo integralmente il discorso della famosa e solo proclamata "ermeneutica della riforma nella continuità.."
RispondiEliminaStefano78,
Paolo VI parlava di questa ermeneutica, per questo e per altre che possiamo parlare di un magistero costante di diagnosi. Fino a Paolo VI se fa diagnosi, ma non se pone rimedio...
Un saluto dal Brasile
Mic,
RispondiEliminaContinuando...
Se Ratzinger parla del lassismo progressista e del rigorismo, deve parlare anche della giusta misura. Lei ha letto il libro? Può parlare quello che lui parla?
Per me nel giusto rigore se trova tutte le cose buona che Ratzinger ha contrapposto al rigorismo o sia ordine, sicurezza, perdono e dono di Dio, ecc. Nella contrapposizione fatta per Ratzinger al rigorismo doveva stare il giusto rigore, ma non sta. Posso sbagliare, ma me sembra che sta la sola fides luterana per chi tutto rigore è rigorismo...
lo so, era troppo medievale il mio post che inneggiava al cilicio, ma anke se non pubblicato lo rivendico!
RispondiEliminaLa società di oggi rifugge la sofferenza ed al primo imprevisto si ammazza nel peggior dei casi o si droga per non pensar...lo spirito va forgiato. Solo le bestie sono lascive; o meglio, solo le bestie erano lascive ora noi uomini siam divenuti peggio!
E qui un tristissimo articolo di Alessandro Gnocchi su un nuovo abuso perpetrato dal Commissario del. Popolo sui FI. Non ci sono piu' parole...
RispondiEliminahttp://www.riscossacristiana.it/francescani-dellimmacolata-nuovi-abusi-del-commissario-di-alessandro-gnocchi/
Vorrei evitare che la discussione diventi il processo o la difesa di Ratzinger.
RispondiEliminaIl nucleo del discorso su cui ho cercato di focalizzare l'attenzione è la ragione del perché di fatto nella chiesa c'è questa situazione di dialogo tra sordi, che è una drammatica ormai ineludibile dicotomia. È la ragione, credo, che ha posto fine ai colloqui con la FSSPX, purtroppo non resi pubblici come si dovrebbe. Anche se quanto è trapelato lascia intuire molte cose. Mi riferisco al dibattito Ocariz-Gleize... Mi riprometto di tornarci su. E la vedo dura.
@AICI. “Solo le bestie sono lascive; o meglio, solo le bestie erano lascive, ora noi uomini siam divenuti peggio!”.
RispondiEliminaSpiace contraddirla, ma le bestie non sono per niente lascive, poiché essendo governate dagli istinti, rispondono in modo rigido agli stimoli.
E’ l’uomo che non ha istinti e quindi non presenta risposte rigide agli stimoli. In presenza di uno stimolo sessuale l’uomo può scegliere se concedersi a tutte le perversioni, da cui gli animali sono evidentemente esonerati, o abbandonare il fine sessuale per concentrarsi su una meta di tipo non sessuale, per creare ad esempio un’opera d’arte, una poesia, una sonata, un dipinto, in risposta a una pulsione sessuale.
Guardate il sito riscossa cristiana. L'ennesima porcata del commissario pontificio nei confronti di p. Manelli. Veramente si tratta di un episodio che mi ha stimolato il vomito.
RispondiEliminaCara Mic,
RispondiEliminaSono d'accordo con te, la questione della mortificazione è un'altra questione, paralela al tema del post.
Un saluto dal Brasile
Il prof. De Mattei afferma che l'espressione "ottimismo americano" venne coniata da Von Balthasar. Benissimo, ma forse ci si dimentica che già nel 1899 papa Leone XIII aveva avvertito sui pericoli dell'"Americanismo" nella lettera apostolica "Testem benevolentiae nostrae" indirizzata ufficialmente al cardinale di Baltimora James Gibbons ( la si trova tra i documenti di "Una Vox" ). Sembra scritta... prima dell'11 febbraio 2013. Sintesi dalla "Storia delle religioni" diretta da padre Tacchi Venturi: "1) che la Chiesa deve adattarsi alle esigenze dei tempi, mitigando la rigidezza della sua disciplina, non solo, ma anche del dogma; 2) ha da concedere maggiore spirito di libertà all'individuo, anche nelle cose di fede e di morale, non insistendo su la necessità della direzione spirituale, ma lasciando fare allo Spirito Santo, oggidì più largo dei suoi doni ai fedeli... 3) le virtù naturali sono da preferirsi alle soprannaturali, come più consone ai tempi; le virtù attive da anteporsi alle "passive", come l'obbedienza; la vita secolare libera dai voti a quella degli Ordini e delle Congregazioni religiose, le quali non sarebbero più fatte per i nostri tempi."
RispondiEliminaChe ne pensa suor Barbiero, "visitatrice delle suore FI?
@ Mic. Mi consta che l'intero testo di "Getsemani" del card. Siri sia su Internet. Cercherò riferimenti più precisi.
Quì siamo a la grammatica spiccia-->Figura retorica: Iperbole!
RispondiEliminaComunque questa è la prima e l'ultima volta ke mi metto a risspondere ad 1 anonimo, anzi esco a fare due passi verso la piazza
@Anonimo: ma da casa sua a la piazza è 1kg ke corrisponde a n° passi...
PS: se l'uomo imparasse a reprimere i propri istinti con la disciplina(intesa come strumento di penitenza); tante aberraggini oggi non vi sarebbero!
No bisognera' indossare il cilicio, ma anch' io ritengo, come AICI, che un po' di mortificazione non farebbe male. I digiuni per seguire l' insegnamento della Chiesa no, ma per dimagrire per estetica si ? sottoporsi a fatiche su fatiche in palestra si, ma fare un pellegrinaggio a piedi di K m no ?
RispondiEliminaAl primo dolorino, giu' una pillola, e dopo averne prese a camionate: - dottore, io non mi sento ancora bene...- Ed il medico che volentieri direbbe che bisogna anche imparare a convivere col dolore, il fastidio, la stanchezza, ecc., ma non puo', perche se lo fa, perde il paziente.
Qunate persone soffrono fisicamente e moralmente pene indicibili? Ma se alzano lo sgurado al crocefisso, possono rincuorarisi: - Lui ce l' ha fatta, ha vinto il dolore e la morte e graziea aLui, al Suo sacrificio,a nch' io, se ho Fede, posso farcela-.
Eliminiamo il Crocefisso, facciamo credere che tutto e' gioia ed allegria, sempre Pasqua, mai un Venerdi Santo, e la gente si suicidera' o ammazzera'.
Inoltre: sbaglio, ma non sono proprio i luterani ed i puritani ad essere " fissati" con la mortificazione, l' austerità, la severita' ecc.la Merkel, in fondo, e' la figlia di un pastore luterano.
R.R.
Ecco i FI sono vietati di celebrare la Messa...
RispondiEliminaLa cosa suona del FSSPX e la loro persecuzione ingiustissima tra i decadi...
Romano
Personalmente non m' interessa vivisezioanre un discorso di nove anni faf di BXVI, anche per evitare sofferenze ai suoi orfani( tra i quali io).
RispondiEliminaOr siamo aFrancesco. Se anche BXvi fosse morto, o se anche avesse ripudiato il se stesso del Concilio, ora avremmo comunque Bergoglio. E' con lui che abbiamo a che fare.
Non si tratta piu' di ermeneutiche ( probabilmente il porteno non sa manco cosa vuol dire) , ma di avere a che fare con uno che non sembra neanche un Vescovo di Roma, ma un misto di assistente sociale, politicante marxista- peronista, illuso e colluso, che crede che tutto il mondo sia come Baires, che ha inviato tre, diconsi tre, messaggi per un Mondiale, mentre in Ucraina, Siria, Irak ed ora Palestina si ammazzano. Credo che nessun papa prima fosse cosi fissato con il calcio, pur con tutta l' importanza economica, politica e sociale che ha.
Per parlare dei ragazzini che cercano di entrare illegalmente in USa ha trovato il tempo, per tuonare contro le mariage pour tous, i programmi scolastici progender, ...., NO.
Del resto uno che continua a parlare con un novantenne prossimo al trapasso come Scalfari, che molti giovani manco sanno chi e', e non si rende conto che 2%= 1 su 50, una cifra ENORME per un fenomeno come la pedofilia, che poi in realta' e' la vecchia pederastia, tanto cara agli omosessuali maschi di sempre !
R.R.
R.R., grazie per aver enucleato al meglio il mio pensiero
RispondiEliminaIo comunque aggiungo che nell'ultimo anno la disciplina in canapa ed il cilicio mi sono stati d'aiuto ma in effetti sono strumenti non per tutti e da usare in modo opportuno.
Sono uno che per forma mentis ma anche x responsabilità lavorative, pretende molto dagli altri ma per far ciò bisogna chiedere il massimo in primis se stessi e questi strumenti insieme al digiuno e la preghiera costante mi hanno instradato molto!
" È la ragione, credo, che ha posto fine ai colloqui con la FSSPX, purtroppo non resi pubblici come si dovrebbe."
RispondiEliminaMic,
Per quanto mi ricordo, i colloqui hanno finito troppo rapido e si è passato veloce al preambulo dottrinale. Se non me ricordo male, Roma ha fatto troppa pressione nella FSSPX, me domando, facendo una congettura:
Non sarà che da parte de Roma, i cardinali che tratravano con la FSSPX, sapevano della rinuncia di Benedetto XVI?
AICI mi stupisce un po' il tuo disinvolto parlare di forme di mortificazione che ritengo non usuali e che mi lasciano perplessa, soprattutto se senza la guida di un padre spirituale.
RispondiEliminaGederson,
RispondiEliminaforse non lo sapremo mai.
Il problema, realisticamente sta nell'incomunicabilità -della quale si conoscono cause e rimedi ma manca chi se ne occupi autorevolmente - tra tradizione e progresso senza rete...
Il progresso, di per sé è nell'ordine naturale delle cose; ma se non segue l'alveo della verità diventa regresso con la maschera della novità.
Sono d'accordo con te, la questione della mortificazione è un'altra questione, paralela al tema del post.
RispondiEliminaaltre molti altri interventi che hanno fortemente esondato dal nucleo del discorso.
Non sempre riesco ad attuare una vera moderazione ;)
"AICI mi stupisce un po' il tuo disinvolto parlare di forme di mortificazione che ritengo non usuali e che mi lasciano perplessa, soprattutto se senza la guida di un padre spirituale."
RispondiEliminaIn realtà mi è stato insegnato che le penitenze non vanno enunciate, anzi non è una buona persona quella che se ne vanta. Ma io volevo solo far trasparire che a me sono utili certe forme di mortificazione e rimqango convinto che potrebbero essere d'aiuto a molte persone.
Ovvio che nel vivere quotidiano non dico a chicchessia che di tanto in tanto uso il cilicio ma quì mi sembrava giusto dire che certi strumenti usati nel modo corretto non sono sintomo di persona invasata.
Leonardo Boff, El pacto de Catacumbas del Papa Francisco
RispondiEliminaPor una Iglesia sierva y pobre (Francesco realizza il "Patto delle catacombe" per una Chiesa povera del 1965).
http://www.periodistadigital.com/religion/opinion/2014/07/11/el-pacto-de-catacumbas-del-papa-francisco-religion-iglesia-leonardo-boff.shtml
Antonio V.
Fare penitenza si deve, meglio sotto la direzione di un sacerdote, credo comunque che già il cercare di far bene il proprio dovere quotidiano sia già una penitenza adeguata e Dio certamente non ci fa mancare le pene da sopportare. A volte si preferisce far penitenza in modi scelti da noi stessi e poi quando c'è da esercitare un po' di pazienza in cose impreviste e che non hanno nulla di glorioso, scalciamo. Credo che fare il propio dovere abbia già le sue pene, se poi il nostro direttore spirituale ci consiglia qualcosa di più, affidiamoci alla sua guida.
RispondiEliminaQuando avremo tutti i vescovi come quello di Novara, continuremo ancora a definirli successori degli Apostoli? ed allora gli Olivieri i Burke i Ranjit ecc. Come dobbiamo definirli? ma i primi, secondo voi, trasmettono la stessa Dottrina Cattolica come i secondi?
RispondiElimina"The Gutemberg Galaxy, di Marshall Mac Luhan, fa emergere che il nuovo potere dei media ha introdotto un salto qualitativo. Il comunismo persegue le sue azioni malefiche attraverso il mondo e rivaleggia nella corsa agli armamenti con la superpotenza rivale..." Bernard Dumont, Il conflitto irrisolto
RispondiEliminaCara Mic,
Interessante il testo. In ciò che dice rispetto alla relazionemtra Chiesa e i media, una cosa che meriterebbe un commento, è l'Index. Questo è stato un bastione in questa relazione, non solo perchè faceva la proibizione dei libri, ma perchè faceva un controle di qualità per i cattolici. L'Index poteva esserr aggiornato per fare la coppertura dei altri mass medie e avvrebbe potuto evitare il Concilio dei mass media. Ma era veramente un bastione, e come volevano abbatterlo...
La mancanza dell'Index se può sentire in un discorso di Benedetto XVI sull'opere che sono stati prodotta sul Concilio. In quello discorso Benedetto ha parlato della sola letttura dei testi conciliare e noi abbiamo commentato qui, come un'assolutizzazione dei testi Conciliare. Se ancora esistisse l'Index, Benedetto non aveva bisogno di avere fatto questo discorso.