Padre Scalese ha ripreso a scrivere sul suo blog Querculanus.
Giusto rilevare, a proposito del suo pur valido e coraggioso articolo, alcuni punti di dissenso:
1. Ci furono altri Concili ecumenici pastorali nel lontano passato, se pur rari. Il Vaticano II colpisce non solo per la pastoralità ma anche e soprattutto per il carattere anomalo della sua pastoralità, intesa allo aggiornamento ai valori del mondo. Quando mai la Chiesa aveva ragionato così?
2. Si giustificano i Papi, da Giovanni XXIII in poi, come se fossero stati vittime ingenue dei teologi modernisti. Tale immagine dovrebbe esser abbandonata una buona volta, non corrisponde affatto alla realtà dei fatti, ormai ben noti in tanti particolari. Perché questa verità fatica tanto a farsi strada? Per paura di esser isolati come "nemici del Papa"? Sono verità scomode e persino terribili ma non possiamo tacerle.
Giusto rilevare, a proposito del suo pur valido e coraggioso articolo, alcuni punti di dissenso:
1. Ci furono altri Concili ecumenici pastorali nel lontano passato, se pur rari. Il Vaticano II colpisce non solo per la pastoralità ma anche e soprattutto per il carattere anomalo della sua pastoralità, intesa allo aggiornamento ai valori del mondo. Quando mai la Chiesa aveva ragionato così?
2. Si giustificano i Papi, da Giovanni XXIII in poi, come se fossero stati vittime ingenue dei teologi modernisti. Tale immagine dovrebbe esser abbandonata una buona volta, non corrisponde affatto alla realtà dei fatti, ormai ben noti in tanti particolari. Perché questa verità fatica tanto a farsi strada? Per paura di esser isolati come "nemici del Papa"? Sono verità scomode e persino terribili ma non possiamo tacerle.
A quanto è stato riferito, il 19 marzo scorso il Papa avrebbe firmato l’esortazione apostolica post-sinodale contenente i risultati degli ultimi due Sinodi dei Vescovi: la III assemblea generale straordinaria su “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione” (5-19 ottobre 2014) e la XIV assemblea generale ordinaria su “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo” (4-25 ottobre 2015). La pubblicazione è attesa per la metà di aprile.
Il 14 marzo il Card. Walter Kasper, nel corso di una conferenza tenuta a Lucca, ha annunciato: «Tra pochi giorni uscirà un documento di circa duecento pagine in cui Papa Francesco si esprimerà definitivamente sui temi della famiglia affrontati durante lo scorso sinodo e in particolare sulla partecipazione dei fedeli divorziati e risposati alla vita attiva della comunità cattolica. Questo sarà il primo passo di una riforma che farà voltare pagina alla Chiesa dopo 1700 anni». A leggere questo annuncio bomba del Cardinale tedesco, sembrerebbe di capire che l’esortazione apostolica costituirà uno “strappo” alla tradizione in materia di matrimonio e famiglia.
Il 19 marzo, vale a dire il giorno stesso della presunta firma del documento, il Prof. Alberto Melloni ha pubblicato su Repubblica un editoriale sull’argomento. L’esponente della “Scuola di Bologna” sembrerebbe rassicurarci: «Nessuna spaccatura. Ma una sintesi, tra rigoristi e progressisti. Francesco disorienta ancora una volta chi sperava di “incastrarlo” nel dibattito sinodale sulla famiglia e sulla comunione ai divorziati. O chi pensava di mettere in contraddizione, dentro il sinodo e nella platea dei fedeli, la supposta rigidità di una “dottrina” con una “apertura” che il Papa sintetizza nell’espressione “misericordia”. L’Esortazione post-sinodale su cui oggi Francesco apporrà la sua firma, conterrà proprio questa combinazione di elementi. E l’operazione di chi puntava su uno strappo è clamorosamente fallita». Si potrebbe eccepire: ma il Prof. Melloni che ne sa? Ma lasciamo perdere: da che mondo è mondo, c’è sempre stato qualcuno che, senza averne i titoli, risulta piú informato degli altri. Limitiamoci alle sue affermazioni, che sembrano fondarsi su una conoscenza non approssimativa del documento papale: non ci sarà alcuna rottura, ma ci troveremo di fronte a una superiore sintesi fra le diverse posizioni. Ah, beh, beh! Possiamo tirare un sospiro di sollievo: la rivoluzione è rimandata.
Se però proseguiamo nella lettura, il Professore aggiunge: «Il Pontefice, coerentemente con la riforma del linguaggio del pastorale e del dottrinale che è al cuore del concilio Vaticano II, pensa che una dottrina che non includa la misericordia sia solo una ideologia. E che una “apertura” che non abbia la pretesa di dire la verità che è la persona di Gesú Cristo, sia solo una operazione di marketing. Ha allora superato lo scoglio chiamando a responsabilità i vescovi a cui restituisce poteri effettivi, segnando, come ha detto il cardinale Kasper, una vera e propria “rivoluzione”». Sembrava che Melloni prendesse le distanze dalle anticipazioni di Kasper, e invece ecco che le conferma, arrivando al punto di parlare di una vera e propria “rivoluzione”. Sembrerebbe di capire che la rivoluzione consista nel restituire ai Vescovi “poteri effettivi”. Che significa? Che sulla questione dell’ammissione dei divorziati risposati alla comunione saranno i singoli Vescovi a decidere? È possibile; ma ciò non giustifica la frase del Cardinale: «Questo sarà il primo passo di una riforma che farà voltare pagina alla Chiesa dopo 1700 anni». Perché proprio millesettecento anni? Forse che millesettecento anni fa erano stati tolti ai Vescovi “poteri effettivi”? Non mi risulta. Se sottraiamo a 2016 millesettecento, otterremo 316, una data non particolarmente significativa. Nel 313 c’era stato l’Editto di Milano. Ma allora che voleva dire Kasper? Che finalmente è terminata l’era costantiniana? Non vedo che cosa c’entri. O non sarà forse un riferimento al 325, anno in cui si svolse il primo concilio ecumenico, quello di Nicea? Sí, ma che c’entra?
Rileggiamo con attenzione l’inizio del secondo paragrafo dell’editoriale del Prof. Melloni: «Il Pontefice, coerentemente con la riforma del linguaggio del pastorale e del dottrinale che è al cuore del concilio Vaticano II...». Ah, ecco, abbiamo forse trovato il bandolo della matassa: il Professore fa riferimento al Concilio e alla sua pretesa “riforma del linguaggio del pastorale e del dottrinale”. Il Vaticano II è stato il primo concilio pastorale della Chiesa; fino ad allora i concili erano stati o dottrinali o disciplinari. Certamente il primo di essi, il Concilio di Nicea, fu un concilio dottrinale. Ecco allora che si incomincia a capire perché dopo millesettecento anni la Chiesa volterà pagina: perché finalmente abbandonerà l’attitudine dottrinale, assunta a Nicea, per assumerne una nuova, completamente pastorale. Sí, ma questa svolta non era già avvenuta cinquanta anni fa, appunto con la celebrazione del primo concilio pastorale? No, perché quello fu solo un tentativo. Fallito. Si voleva fare un nuovo tipo di concilio, pastorale appunto, per rompere con la tradizione plurisecolare della Chiesa; Papa Giovanni, ingenuamente, senza rendersi conto della manovra, abboccò; ma provvidenza volle che non potesse portare a termine il Concilio; il testimone passò a Paolo VI, il quale, senza sconfessarne l’iniziale fisionomia pastorale, diede al Concilio una chiara impronta dottrinale, seppure un po’ sui generis.
La svolta, che doveva avvenire — ma non avvenne — cinquant’anni fa, a quanto pare, si realizzerà con l’esortazione apostolica post-sinodale di Papa Francesco: al centro di essa evidentemente non saranno piú le questioni dottrinali, come era avvenuto finora, ma esclusivamente l’attenzione, tutta pastorale, per la situazione concreta in cui si trovano gli uomini del nostro tempo. Se cosí è, si può parlare di una vera e propria “rivoluzione”? Sarebbe una rivoluzione se si manomettesse la dottrina; ma, visto che la dottrina non viene toccata, che male c’è a fissare l’attenzione sui problemi concreti della vita di ogni giorno?
E invece si tratta proprio di una rivoluzione, perché non tocca questo o quel punto della dottrina (in tal caso sarebbe, semplicemente, un’eresia), ma consiste in un cambio radicale di atteggiamento, di prospettiva: una vera e propria “rivoluzione copernicana”. È vero che la dottrina non viene toccata; ma semplicemente perché non interessa piú: è inutile; peggio, dannosa. Avete sentito il Prof. Melloni: «Il Pontefice … pensa che una dottrina che non includa la misericordia sia solo una ideologia». La dottrina è tendenzialmente ideologica; la dottrina divide, provoca le guerre di religione; la dottrina è l’arma di cui si servono i dottori della legge, gli scribi e i farisei per giudicare e condannare. Meglio dunque preoccuparsi della vita concreta, incontrare le persone nella loro condizione reale, cercare ciò che unisce, collaborare con tutti, a prescindere dalle differenze che ci distinguono. Questo atteggiamento può essere definito, appunto, “pastorale”.
Bisognerebbe che qualcuno, prima o poi, si decidesse a fare la storia di questo nuovo orientamento della Chiesa. Giustamente Mons. Brunero Gherardini, nella sua conferenza al convegno sul Vaticano II (16-18 dicembre 2010), paragona la pastorale all’Araba Fenice (“che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa”), ma poi non ricostruisce l’origine e il successivo sviluppo storico del nuovo approccio pastorale della Chiesa. A me sembra, ma potrei sbagliarmi, che esso sia in qualche modo connesso con l’influsso della filosofia moderna sulla teologia cattolica, in modo particolare da parte dell’idealismo e del marxismo. Questo è particolarmente evidente nella teologia della liberazione e nella teologia politica, dove viene chiaramente dichiarato il primato dell’ortoprassi sull’ortodossia (su tale contrapposizione si vedano l’istruzione della CDF su alcuni aspetti della “teologia della liberazione” Libertatis nuntius del 6 agosto 1984, parte X, n. 3, e la conferenza del Card. Joseph Ratzinger tenuta in Messico nel maggio 1996, in particolare il quinto paragrafo); ma potrebbe aver determinato anche il nuovo orientamento pastorale. L’argomento, ovviamente, andrebbe approfondito. In ogni caso, un dato è certo: non ci troviamo di fronte a un atteggiamento ideologicamente neutro e spiritualmente innocuo; esso è portatore di una carica fortemente ideologica. La dottrina può, certo, trasformarsi in ideologia (quando, da descrizione oggettiva della realtà, quale dovrebbe essere, si risolve in teoria astratta che tenta di imporsi alla realtà); il primato dell’ortoprassi sull’ortodossia è, in sé, ideologia allo stato puro.
Non sta a me emettere giudizi, ma ho l’impressione che ci troviamo di fronte all’ultimo tentativo di assalto alla Chiesa da parte del modernismo. Finora il modernismo non era riuscito a imporsi, perché si era sempre mosso su un piano dottrinale, e su questo piano risultava relativamente facile alla Chiesa individuare le eresie e condannarle. Ecco allora che, nel corso del Novecento, il modernismo ha cambiato strategia (evolvendosi cosí in “neomodernismo”): se continuiamo ad attaccare la dottrina, non andremo da nessuna parte; la dottrina lasciamola cosí com’è; semplicemente, ignoriamola; perseguiamo i nostri obiettivi percorrendo un’altra strada, la via pastorale. Per motivi pastorali, è possibile fare tutto ciò che la dottrina proibisce. Una volta ammesso ciò che finora era proibito, a poco a poco, diventerà scontato e pacificamente accettato da tutti; la dottrina rimarrà un’anticaglia del passato, da conservare in museo, sotto una campana di vetro. E la rivoluzione è fatta. Senza spargimento di sangue.
sull'idea della chiesa costantiniana e dei 1700 anni di chiesa che tra le righe si desidera cestinare, avevamo parlato già qui in parte, è un leitmotiv
RispondiEliminahttp://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2014/11/un-magistrale-contributo-di-josh-ricco.html
Aspettiamo il documento e poi commenteremo. Al momento qualsiasi discorso in merito è aria fritta.
RispondiEliminaDunque , pastorale delegata bypassando, per dogma, Mosè, Gesù Cristo e pochi altri,lungo 1700 anni, divisivi cioè diabolici.
RispondiEliminaLa responsabilità di chi valuta la vocazione degli aspiranti al sacerdozio si sta rivelando al mondo intero in tutte le sue tragiche conseguenze.
Nessun commento su gli studiosi:se la mente diventa mestiere si perde nei meandri del committente.
Ma son sicuri di avere così tanto tempo a disposizione?Tentativi velleitari e puerili che si risolveranno in un nulla di fatto.bobo
RispondiEliminaSe l`anonimo ha ragione quando dice di aspettare il documento prima di commentare
RispondiEliminaforse che Kasper si sarebbe lasciato andare, con una sicumera da brividi, ad affermare che
"Questo sarà il primo passo di una riforma che farà voltare pagina alla Chiesa dopo 1700 anni»,
prospettando una rivoluzione senza ritorno possibile, se non avesse la certezza che così sarà?
E non solo Kasper ma tutti i consiglieri di Bergoglio che si sono ampiamente espressi sui media hanno evocato quella riforma che, se evidentemente non potrà formalmente modificare la Dottrina, lo farà sul terreno con abili e subdoli stratagemmi tutti visti e applicati come segni della misericordia, quella della "chiesa di Francesco", si parlerà di partecipazione, di integrazione alla vita della chiesa, di cammino di conversione, di potere dato e lasciato ai vescovi , insomma di quel che Kasper aveva già annunziato nella sua prolusione al primo Sinodo.
Se tutto quel che è annunciato dagli amici e consiglieri di Bergoglio si verificherà ciò vorrà semplicemente dire che quei due Sinodi non avranno servito a nulla, che tutto era già stato deciso nelle camere oscure del potere.
Ricordo anche, oltre alle giuste riflessioni di Querculanus, e a quel che avevamo messo insieme tempo fa, c'è un altro aspetto più terra terra:
RispondiEliminadire di desiderare rottamare 1700 anni di chiesa definita 'costantiniana' e quindi istituzionale, implica anche desiderare ritornare a come si era 1700 anni fa; per un verso, come detto, c'è Nicea e i Concilii Dottrinali, ma c'è anche il 313, la data del Cristianesomo religione permessa e poi ufficiale dell'Impero.
Se si desidera dunque tornare a "prima", significa anche far tornare il Cristianesimo un culto minoritario e forse clandestino tra tanti, senza alcun riconoscimento sociale e politico: si desidera cioè tornare alle catacombe.
Tra laicisti, radicali, atei e postilluministi, marxisti e islamisti
sono in molti a voler far tornare il Cristianesimo nelle catacombe, e in certe parti del mondo già avviene, per merito di una "religione" in particolare.
Che lo desiderino anche cardinali stimati dal papa, segna un punto di non ritorno.
Chissà se sarà permessa nemmeno la preghiera privata nelle case....
@anonimo 29 marzo 2016 06:28
RispondiElimina"Aspettiamo il documento e poi commenteremo. Al momento qualsiasi discorso in merito è aria fritta."
No guardi, non è aria fritta: per il documento finale è chiaro che bisogna aspettare di averlo sotto mano.
Per la parte di concetti già ampiamente espressi e presentati, sono 3 anni che vengono ripetuti più volte, possono quindi esser meditati visto che sono diffusi da tempo.
Dice Melloni:
RispondiElimina«Il Pontefice … pensa che una dottrina che non includa la misericordia sia solo una ideologia». La dottrina è tendenzialmente ideologica; la dottrina divide, provoca le guerre di religione; la dottrina è l’arma di cui si servono i dottori della legge, gli scribi e i farisei per giudicare e condannare. Meglio dunque preoccuparsi della vita concreta, incontrare le persone nella loro condizione reale, cercare ciò che unisce, collaborare con tutti, a prescindere dalle differenze che ci distinguono. Questo atteggiamento può essere definito, appunto, “pastorale”.
Non solo Bergoglio lo pensa ma lo dice, lo martella e agisce in conseguenza, ci ha mostrato la sua antipatia viscerale per i Dottori della legge, i teologi, gli specialisti del Logos, i cristiani ideologici, i rigidi eticisti senza cuore , statue da museo e incartapecoriti ( ipse dixit), ecc. ecc, che allora è logico che si possa pensare e temere che l`Esortazione postsinodale sia la concretizzazione di quelle sue idee e spalanchi le porte ad una pastorale slegata dalla Dottrina.
il punto è che non è mai esistita una "dottrina (cattolica) che non includa la misericordia" nemmeno nei 1700 anni di "chiesa costantiniana".
RispondiEliminaCome sempre la misericordia (di Dio) accosta potenzialmente tutti, certo sì. La si può accogliere o rifiutare. Ma dopo aver accostato tutti, aver aperto le porte a tutti, la grazia domanda di cambiare i cuori e snatificare interiorità e condotte. (Romani 6, 1-2 "Rimarremo nel peccato affinchè abbondila grazia?! Non sia...")
Esempio: Gesù e la prostituta. Il caso della Maddalena. Ovvio che Gesù guarda il cuore.. le insegna un amore più grande. E diviene una santa.
Non continua cioè a fare la prostituta. E non solo per sopraggiunti limiti di età.
la misericordia, anche in casi meno eclatanti, è sempre in funzione del ravvedimento, e non del lasciapassare ai peccati. Ma questo nessuno può cambiarlo.
sulla "dottrina" che sarebbe "divisiva":
RispondiEliminaEbrei 4,12
"Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore."
Rifiutare la presunta "divisività" della dottrina, dal momento che la parola di Dio è spada a 2 tagli, è come rifiutare Dio e il consiglio di Dio e il giudizio di Dio sull'uomo peccatore e bisognoso di redenzione.
Gesù stesso, Verbo Incarnato, era "divisivo".
Perchè "dividere anima e spirito"...? per mostrare ciò che non va e sanarlo, fino a santificarsi, perchè è un Dio che libera e guarisce.
Oggi invece pare si voglia un Dio (immaginario) che lascia la gente nei suoi errori ed orrori, benedicendoglieli pure, senza conversione alcuna.
La rivoluzione auspicata da Kasper e, tra le righe da Melloni, è quella spiegata dall'articolista: passare da Chiesa Maestra, (anche con i Concili disciplinari e dottrinari) ad una Chiesa solo pastorale, dove "solo" è il risultato dell'obnubilamento del munus docendi.
RispondiEliminaIn questo modo il focus viene spostato dall'oggetto della Fede al soggetto recepente. Ma se l'Oggetto è immutabile per sua propria essenza, il soggetto è finito, limitato e variabile. Allora una Chiesa focalizzata su ciò che è variabile porta ad una fede adattabile alle situazioni contingenti le più disparate e per di più evolventi; una Chiesa focalizzata sulla dottrina portava invece il discente a sforzarsi di adeguarsi a questa, in un percorso ascetico, diverso a seconda delle inclinazioni di ognuno, ma unidirezionale per tutti. E se a tutti era indicata la via da seguire, anche la società era informata da questo spirito che in tutto si respirava.
Kasper dice che questo sarà il primo passo di questa rivoluzione: il primo passo conterrà già tutto questo ma forse non in modo completamente svelato, i successivi (quali ? sacerdozio uxorato ? intercomunione ? ... ? ) espliciteranno ed intensificheranno questo abbandono del ruolo di Maestra ?
La Chiesa, Sposa di Cristo, suo Mistico Corpo non può però rinunciare ad essere nel tempo ciò che il suo Divin Fondatore è stato nel suo peregrinare in Palestina 2000 anni fa, Egli è stato Maestro, Lei deve essere Maestra.
Noto che l'articolista indulge a magnanimità con i Papi del Vaticano II: Giovanni XXIII "ingenuo" e vittima di una "manovra" ; Paolo VI avrebbe invece riportato il Concilio ad una impostazione dottrinale (si riferisce forse alla Nota Praevia ?). Una lettura che trova ostacoli nei riscontri con le testimonianze emerse negli anni. Parafrasando Kasper quelli furono i primi passi di una rivoluzione avente di mira il papato come istituzione e oggi vediamo che di passi ne sono stati compiuti parecchi.
http://www.spoletonorcia.it/1157-gioved%C3%AC-santo-2016-a-spoleto.html
RispondiEliminahttp://www.spoletonorcia.it/1157-gioved%C3%AC-santo-2016-a-spoleto.html
Riprendendo ciò che ha riportato Josh circa la "divisività" anche di Gesù (da un certo punto di vista) ecco infatti le parole di Cristo stesso:
RispondiElimina"Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada.
Sono venuto infatti a separare
il figlio dal padre, la figlia dalla madre,
la nuora dalla suocera:
36e i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa".
(Mt 10,34-35)
Ma il problema, Josh, è che la lettura e l'approfondimento della Parola di Dio è cosa che comporta impegno e fatica, e molti preferiscono ormai affidarsi al "fai-da-te", al "per me Gesù è così e cosà...". Lo sappiamo, no?
La tragica differenza semmai rispetto a prima è che da decenni (con accelerazioni negli ultimi anni) pure tra coloro che dovrebbero essere pastori, anche supremi, vige tale atteggiamento, che viene per di più pure propalato a quello che dovrebbe essere il gregge loro affidato. Quanto in buona e quanto in non buona fede? Questo non saprei dirlo, ma il fatto rimane. Ed è grave.
RispondiElimina@ Lo sviluppo rivoluzionario (se confermato) ha di mira il Primato e l'introduzione di "aperture" contrarie alla dottrina grazie ad una prassi lasciata all'iniziativa dei vescovi
Questo e' appunto quello che si capisce dalle sapienti indiscrezioni di Kasper e Melloni. Si prosegue pertanto (forse con qualche correzione non pero' decisiva) nella direzione gia' apparsa nei due famosi Sinodi sulla Famiglia. Il riferimento di Kasper ai 1700 anni e' stato ben spiegato da chi e' gia' intervenuto: l'obiettivo e' abbattere la c.d. "Chiesa costantiniana", bestia nera dei modernisti, perche' basata sul Primato di PIetro e quindi sulla gerarchia, con i vescovi relativamente indipendenti nelle loro diocesi ma sub Petro quanto al potere di giurisdizione su tutta la Chiesa, e quindi anche su di loro, spettante tale potere per mandato divino solo al Papa, primo custode del Deposito della Fede, sempre per mandato divino. La collegialita' spuria ed equivoca introdotta dal Vaticano II (LG 22) permette appunto di conferire maggiore autonomia ai vescovi, delegando loro la responsabilita' delle "aperture" verso divorziati risposati, coppie di fatto etc. tenacemente volute dalla fazione neomodernista della Gerarchia. Le 200 pagine del documento saranno probabilmente il consueto "pastone" involuto e ripetitivo (stile VAticano II) nel quale non sara' possibile rintracciare esplicite eresie e che tuttavia instaurera' una prassi "decentrata" che permetta di aggirare il Deposito della Fede per quanto riguarda la morale cristiana (famiglia e matrimonio). Il Papa diventera' ancor piu' "vescovo di Roma" tra i vescovi.
Ma proprio in questo "metodo" (ripeto, se confermato dal documento) apparira' la conferma dell'esistenza di una nuova dottrina: che consiste nel teorizzare la possibilita' di una prassi pastorale intrinsecamente contraria alla dottrina di sempre, che impediva "l'inserimento" degli irregolari del matrimonio et similia nelle attivita' pastorali della Chiesa, pur senza formalmente negarla.
Giusto poi rilevare, a proposito del pur valido e coraggioso articolo di P. Scalese, alcuni punti di dissenso: 1. Ci furono altri Concili ecumenici pastorali nel lontano passato, se pur rari. Il Vaticano II colpisce non solo per la pastoralita' ma anche e soprattutto per il carattere anomalo della sua pastoralita', intesa allo "aggiornamento" ai valori del mondo. Quando mai la Chiesa aveva ragionato cosi'? 2. Si giustificano i Papi, da Giovanni XXIII in poi, come se fossero stati vittime ingenue dei teologi modernisti. Tale immagine dovrebbe esser abbandonata una buona volta, non corrisponde affatto alla realta' dei fatti, ormai ben noti in tanti particolari. Perche' questa verita' fatica tanto a farsi strada? Per paura di esser isolati come "nemici del Papa"? Sono verita' scomode e persino terribili ma non possiamo tacerle. parvus
Querculanus nel suo blog, in un articolo sul CV2, non indulge in magnanimità solo con i Papi conciliari, ma anche sul Concilio stesso e i "frutti" che sul piano dottrinale, bontà sua, avrebbe portato.
RispondiEliminaCito l'autore dell'articolo:
"Nel mio articolo del 2009 citavo la necessità di riprendere e portare a termine il lavoro iniziato nel Concilio Vaticano I. Il merito di questo “completamento” del Vaticano I va ascritto principalmente a Paolo VI, il quale ha trasformato quello che era nato come un concilio puramente pastorale in un concilio dottrinale, con un’attenzione particolare all’ecclesiologia. E direi che proprio su questo piano dottrinale possono essere individuati i frutti piú duraturi del Concilio, a prescindere dai risultati piú o meno felici delle sue riforme disciplinari o delle sue analisi pastorali".
Ancora:
"Mi pare che il Concilio Vaticano II sia servito proprio a questo, a fare un discernimento sul modernismo, per vedere che cosa ci fosse in esso di buono, che potesse in qualche modo essere ritenuto, e che cosa invece andava definitivamente respinto. Questo è ciò che ha fatto la Chiesa, cioè la Sposa di Cristo guidata dallo Spirito Santo, attraverso la riflessione dei suoi Pastori sotto la guida del Successore di Pietro, una riflessione sfociata nell’approvazione dei documenti conciliari, che esprimono, senza ombra di dubbio, il giudizio autorevole della Chiesa in campo dottrinale, disciplinare e pastorale".
..."L’ambiguità di alcuni testi conciliari (inevitabile quando si trattava di trovare un accordo tra posizioni contrapposte) permetteva di dare un’interpretazione “modernista” del Vaticano II; interpretazione contrastata dai Pontefici che si sono succeduti sulla cattedra di Pietro in questi cinquant’anni (Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI), ma che ha continuato a diffondersi subdolamente nella Chiesa a tutti i livelli, fino a riemergere in maniera manifesta (e direi in qualche caso arrogante) in questi ultimi anni.
..." Non si possono però mettere in discussione le sue principali acquisizioni( del Concilio ), non solo in campo dottrinale, ma anche disciplinare e pastorale. Se è vero che il Concilio non ha dato i risultati sperati, ci si dovrebbe chiedere, innanzi tutto, se questo incontestabile fallimento è da attribuirsi al Concilio stesso o non piuttosto a una sua eventuale mancata applicazione".
Mi pare che basti!
Se il documento lascia ai vescovi il mandato di "integrare" è chiaro che ci si muove su un piano pastorale, dunque neomodernista. Che significa integrare una coppia di divorziati risposati o di omosessuali se non il loro porsi come modello di possibilità all'interno della comunità? Cosa arriverebbe ai giovani come messaggio? La pastorale parte dalla dottrina e conduce alla dottrina: si assisterebbe ad un cambiamento radicale della dottrina morale.
RispondiEliminaQuesto è il link:
RispondiEliminahttp://querculanus.blogspot.it/2016/03/concilio-e-spirito-del-concilio-20.html
Per quanto mi riguarda i "semiariani" sono più pericolosi degli "ariani" stessi.
Chi ha orecchi per intendere...
"intesa allo aggiornamento ai valori del mondo. Quando mai la Chiesa aveva ragionato così?"
RispondiEliminaBasta leggere le Provinciali di Pascal per trovare l'aggiornamento conciliare negli scritti dei casuisti molinisti da lui denunciati. Letteralmente, dicono che i principi dei Padri non servono più perchè i tempi sono altri. È tutto li, e se il bergoglismo comincia con Luis de Molina and Friends, il Tradizionalismo nasce in Port-Royal.
RispondiEliminaAllucinante Cantalamessa!
http://www.scuolaecclesiamater.org/2016/03/leresia-regna-sovrana-nella-casa.html
Dal sito: disputationes-theologicae ( la Verità che tanto disturba i "progressisti distruttori alla Kasper" ):
RispondiElimina"Il 24 gennaio 2001, dopo lunga analisi e con parole che non mancano di trovare scusanti soggettive per l’autore, per ordine di Papa Giovanni Paolo II, il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede all’epoca Card. Ratzinger, “con l’intento di salvaguardare la dottrina della fede cattolica da errori, ambiguità o interpretazioni pericolose” - si legge nel Preambolo -, firma la Notificazione a proposito del libro del P. Jacques Dupuis, s.j., “Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso”.
La Notificazione con toni abbastanza chiari (i grassetti sono nostri) afferma dapprima che “Deve essere fermamente creduto che Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, crocifisso e risorto, è l’unico e universale mediatore della salvezza di tutta l’umanità” (n. 1). In seguito - gli errori del père Dupuis alterando, più o meno indirettamente, anche la dottrina dell’unione ipostatica e della Divinità di Cristo - ribadisce: “Deve essere pure fermamente creduto che Gesù di Nazareth, Figlio di Maria e unico Salvatore del mondo, è il Figlio e il Verbo del Padre. Per l’unità del piano divino di salvezza incentrato in Gesù Cristo, va inoltre ritenuto che l’azione salvifica del Verbo sia attuata in e per Gesù Cristo, Figlio incarnato del Padre, quale mediatore della salvezza di tutta l’umanità. È quindi contrario alla fede cattolica non soltanto affermare una separazione tra il Verbo e Gesù o una separazione tra l’azione salvifica del Verbo e quella di Gesù, ma anche sostenere la tesi di un’azione salvifica del Verbo come tale nella sua divinità, indipendente dall’umanità del Verbo incarnato” (n. 2).
Si dichiara che non v’è nessuna complementarietà delle altre religioni nella via della salvezza poiché : “la rivelazione storica di Gesù Cristo offre tutto ciò che è necessario per la salvezza dell’uomo e non ha bisogno di essere completata da altre religioni” e che è “contrario alla fede della Chiesa sostenere che la rivelazione di/in Gesù Cristo sia limitata, incompleta e imperfetta” (n.3).
Come pure è anche “contrario alla fede cattolica considerare le varie religioni del mondo come vie complementari alla Chiesa in ordine alla salvezza” (n.6). Né tantomeno “ha alcun fondamento nella teologia cattolica ritenere queste religioni, considerate come tali, vie di salvezza, anche perché in esse sono presenti lacune, insufficienze ed errori, che riguardano le verità fondamentali su Dio, l’uomo e il mondo” (n. 8).
Né si può parlare di un “soffio dello Spirito Santo” che oltrepassa il Vangelo e va “oltre” Gesù Cristo e le Sue parole di vita eterna: “ La fede della Chiesa insegna che lo Spirito Santo operante dopo la risurrezione di Gesù Cristo è sempre lo Spirito di Cristo inviato dal Padre, che opera in modo salvifico sia nei cristiani sia nei non cristiani. È quindi contrario alla fede cattolica ritenere che l’azione salvifica dello Spirito Santo si possa estendere oltre l’unica economia salvifica universale del Verbo incarnato” (n.5).
Un testo ingombrante
E’ risaputo che i nemici della Notificazione sul libro del Dupuis non amano nemmeno la Dominus Jesus, ma la Notificazione, per alcune laconiche condanne di ciò che è “contrario alla fede cattolica” e per certe affermazioni circoscritte di ciò che “deve essere fermamente creduto”, rimane per essi il testo forse più odioso degli ultimi anni."
Segnalo:
RispondiElimina"Come il cardinale Müller rilegge il papa"
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351260
Sufficiet aver a disposizione testi ingombranti e altri non ingombranti, da usare ad hoc
RispondiEliminaGrazie Luisa.
RispondiEliminaMagister sarebbe da riprendere integralmente!
Pur con tutto il rispetto per il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e pur condividendone sostanzialmente le affermazioni non posso , tuttavia, non rilevare la difesa acritica che fa, sia delle affermazioni del Papa e sia dei documenti del VC2.
RispondiElimina1) Le frasi di Bergoglio sono sempre estrapolate dal contesto ed equivocate ma, chissà perché, lui non ha mai responsabilità per questi "equivoci", né si premura di chiarirli.
2) Nella " Unitatis Renditegrazio", citata dal Cardinal Muller, secondo R.Amerio,(Iota Unum) ed io condivido in pieno, si introduce una "variazione" nella dottrina tradizionale della Chiesa. Due i punti su cui si sofferma maggiormente: Il "Reditus" e il "Subsistit in".
Il punto è, secondo me, che sino a quando non ci sarà un Papa che abbia il coraggio di affermare ex cathedra che i documenti, per altro non infallibili e dunque non irreformabili del CV2, sono ambigui ed erronei in alcuni passaggi, non se ne verrà fuori.
A proposito del fallimento dell'ermeneutica della continuità segnalo un interessante articolo, del Prof. De Mattei:
http://www.corrispondenzaromana.it/le-apprensioni-dei-cattolici-alla-vigilia-dellesortazione-post-sinodale/
Il punto è, secondo me, che sino a quando non ci sarà un Papa che abbia il coraggio di affermare ex cathedra che i documenti, per altro non infallibili e dunque non irreformabili del CV2, sono ambigui ed erronei in alcuni passaggi, non se ne verrà fuori.
RispondiEliminaNe siamo perfettamente consapevoli e molto ne abbiamo scritto, affermato e discusso. E' infatti questo il nodo centrale ed è anche ciò che non si riesce a far ammettere apertis verbis, per le possibilità non solo dialettiche ma anche realizzative che ne conseguirebbero, neppure da parte dei nostri punti di riferimento più validi nel contesto ecclesiale (ad esempio il card. Burke e mons. Schneider, che pure parlano chiaro)
A proposito del fallimento dell'ermeneutica della continuità segnalo un interessante articolo, del Prof. De Mattei:
http://www.corrispondenzaromana.it/le-apprensioni-dei-cattolici-alla-vigilia-dellesortazione-post-sinodale/
E' un articolo ripreso e discusso proprio in questi giorni...
Il Papa Benedetto XVI l'ha già detto, e non solo, ma ha anche proposto una soluzione generale per il problema, con la sua ermeneutica della continuità, e soluzioni particolari per le più gravi di questi errori e ambiguità, come il subsistit e la libertà religiosa. Il rpoblema è che nessuno lo ascolta, sia a destra, sia a sinistra.
RispondiEliminaScusa Mic, hai ragione, ma avevo letto l'articolo del Prof. De Mattei direttamente da Corrispondenza Romana.
RispondiEliminaMi duole che i nostri "punti di riferimento" non abbiano il coraggio di andare fino in fondo.
Ci vorrebbe un San Atanasio!
L’articolo del padre Scalese m’è piaciuto.
RispondiEliminaQuesto è il nostro problema di fondo: il pastoralismo, che rifiuta o mette tra parentesi la dottrina come cosa staccata dalla vita. Naturalmente, codesta mentalità non è solo di tanti uomini di Chiesa, è l’aria che respiriamo tutti: è l’essenza stessa del posmoderno.
E qui, osserverei che, più che all’eghelismo e al marxismo (sistemi tipicamente moderni, non posmoderni, epperò oggi non certo in voga né l’uno né l’altro, a parte qualche ritardatario), la colpa va data al prammatismo, filosofia molto più volgare che, ulteriormente trivializzata, ha impregnato di sé la mentalità corrente, il “senso comune” di manzoniana memoria (quello che caccia di nido il buon senso): la verità, probabilmente non esiste; mappoi, quand’anche esistesse, non c’importa, perché è un’astrazione: l’unica “verità” che c’interessa è quella che ha un’efficacia, quella che “funziona”.
Codesto modo di ragionare ha sempre caratterizzato in ispecie la Compagnia di Gesù: nei migliori gesuiti prendeva forme accettabili e anche buone (realismo, prudenza, sforzo onesto – in sé giusto e doveroso – di farsi intendere dai contemporanei, dialogando colla loro mentalità e usando, nei limiti del possibile, il loro linguaggio); nei peggiori, era, è, qualcosa di molto pericoloso.
Il signor Luiz dice una cosa affascinante: ho passato anni a studiare (da dilettante) il giansenismo e le polemiche ardentissime sulla grazia, la predestinazione, i sistemi morali: ne ho anch’io ricavato l’impressione che ci sia un’analogia tra il molinismo, il probabilismo e il lassismo morale, in generale la mentalità gesuitica, e, in epoca successiva, il modernismo (in senso largo) e il progressismo; come pure tra l’agostinismo, il tomismo, la morale rigorosa se non rigorista e il tradizionalismo (sempre in senso largo) dei nostri tempi. Certo il quadro è sfumato, ma le analogie balzano agli occhi. Tant’è vero che l’antigesuitismo, giusto o sbagliato che sia, riemerge ai nostri tempi come un fiume carsico: la Chiesa non aveva mai avuto un papa gesuita, e “non sine quare”.
Maso
Guarda Luiz che anche Benedetto XVI in termini di libertà religiosa, ecumenismo e rapporto con le altre religioni prosegue nella scia degli altri Papi conciliari e postconciliari.
RispondiEliminaL'articolo di De Mattei mette in risalto proprio il fallimento dell'ermeneutica della continuità, leggilo se non l'hai ancora fatto.
Ecco ciò che scrive il cardinale Ratzinger nel suo libro, a proposito del testo della Chiesa nel mondo (Gaudium et spes), col titolo: “Il Vangelo e il mondo riguardo alla questione della ricezione del secondo Concilio del Vaticano.” Egli sviluppa le sue argomentazioni su più pagine e precisa: «Se si cerca una diagnosi globale del testo, si potrebbe dire che esso è (in connessione con i testi sulla libertà religiosa e sulle religioni nel mondo) una revisione del Sillabo di Pio IX, una sorta di contro-Sillabo (Dignitatis Humanæ)».
Naturalmente è solo uno dei tanti esempi che si potrebbero fare.
Segnalo questo brano tratto da una conferenza tenuta da Mons. Lefebre.
RispondiEliminaParla di Ratzinger.
http://1233studiocriticovaticanoii.blogspot.it/2013/04/le-tappe-di-una-battaglia-lefebvre.html
RispondiElimina@ L'argomento delle donne-soldato portato contro il celibato ecclesiastico? Ma che c'entra?
Si e' letto, nelle repliche del card. Mueller ai contestatori del celibato riportate da Magister nel suo ultimo intervento, che i contestatori adducono un singolare argomento a sostegno della loro tesi: le donne-soldato avrebbero dimostrato di essere "pienamente atte a un compito considerato tradizionalmente maschile. Non succedera' lo stesso col celibato? Non e' un inveterato costume del passato che bisogna rivedere?".
L'accostamento appare singolare, sarebbe stato piu' logico l'avessero fatto quelli che invocano il sacerdozio femminile. Comunque...Risposta del card. Mueller:"mentre il sacerdozio e' in intima connessione con il celibato, la sostanza della vita militare, a parte alcune questioni di carattere pratico, non esige che chi la esercita appartenga a un determinato sesso". Certo, a sparare e ammazzare sono buone anche le donne, su questo non c'e' dubbio. Anzi, sembra che abbiano per natura una mira migliore di quella degli uomini. Se pero'si vuole fare la guerra per bene, allora bisogna dire che le forze armate non sono posti per donne, in primo luogo per evidenti limiti fisici. L'introduzione massiccia delle donne in tutti i ruoli delle forze armate occidentali e' stata un fatto totalmente negativo, sotto molteplici aspetti. Vedi il saggio dello storico militare e studioso di strategia di fama internazionale Marin van Creveld, "Le donne e la guerra. Ieri,oggi,domani", tr. it., Libreria Editrice Goriziana, 2007, pp. 295. historicus
Noto che qualcuno continua ad insistere col giansenismo, Pascal &C come esempi da seguire ed imitare.
RispondiEliminaVorrei allora ricordare semplicemente che il giansenismo è un'ERESIA, come tale individuata e condannata dalla Chiesa.
Papa Clemente XI nella Costituzione 'Vineam Domini Sabaoth' (16 luglio 1705) così lo condanna:
"Affinché in futuro sia totalmente tolta di mezzo qualsiasi occasione di errore, e tutti i figli della Chiesa Cattolica imparino ad ascoltare la Chiesa stessa ... Noi, con questa Nostra Costituzione che avrà vigore in perpetuo definiamo, dichiariamo, decretiamo e ordiniamo, in forza della medesima autorità apostolica ... che il senso condannato nelle cinque proposizioni prima dette del libro di Giansenio ... deve essere respinto E CONDANNATO COME ERETICO DA TUTTI I FEDELI CRISTIANI, non solo con la bocca ma anche con il cuore..." (cfr. Denzinger-Hunemann 2390).
Dunque qualunque presunta correlazione tra i giansenisti eretici e noi tradizionalisti cattolici romani è falsa ed ingannevole. Spero sia chiaro, una volta per tutte.
A la basilique Saint-Vincent de Metz, en France, un exemple intéressant de "rivoluzione pastorale", avec la bénédiction de l'évêque du lieu :
RispondiEliminahttp://www.egaliteetreconciliation.fr/Metz-la-basilique-se-transforme-en-festival-electronique-38591.html
Comme dit l'un des intervenants : « C’est une forme de résurrection pour cet endroit où il n’y a plus de vie »… Oh yeah !
Mappoi, codesta storia dell’atteggiamento “pastorale” che sarebbe concreto, mentre la dottrina sarebbe un’astrazione, è una truffa, un imbroglio bell’e buono.
RispondiEliminaSiamo concreti, appunto. Pensiamo a un omosessuale, per esempio, oppure a una coppia di fidanzati che hanno rapporti sessuali, o a una coppia di sposi che ricorrono ai metodi contraccettivi artificiali.
E immaginiamo un pastore, o comunque un cristiano, che gli dica: “I vostri comportamenti sono peccato, e peccato mortale. Io non vi giudico, perché so quanto possono le passioni e soprattutto l’ignoranza. Io non vi condanno. Io vi amo; e, ministro di quel Signore che ha versato il sangue per noi peccatori (perché anch’io sono un peccatore!), sarei felice di dar la vita per voi. E, proprio perché vi amo, e come fratelli vi stimo, vi dico la verità: giacché v’hanno riempito, vi riempiono, il capo di bugie. La verità è che, comportandovi così, voi, oltre a offender Dio, fate del male a voi stessi. Non è questa la natura della sessualità umana, come potete riconoscere anche voi se solo riflettete con mente sgombra da passioni e pregiudizi: i vostri comportamenti vi portano all’infelicità, alla solitudine, v’involgariscono, v’avviliscono, vi rendono sempre meno uomini, sempre meno capaci d’amare. Non è facile, dite voi, comportarsi diversamente. È vero; ma la grazia di Cristo è onnipotente, e fa di noi delle creature nuove: pregate, abbiate fede! Il Signore scriverà la sua légge nei vostri cuori: nulla è impossibile a Dio. La fede sposta le montagne”.
E ora immaginiamo un altro pastore, o un altro cristiano, che ai nostri tre peccatori non parli punto o quasi di peccato, o solo in generale, senza nessun riferimento alle loro specifiche situazioni di peccato; che abbia sempre in bocca la misericordia, ma senza mai dire su che cosa s’eserciti la misericordia; la salvezza e il perdono, ma senza chiarire da che cosa siamo salvati e perdonati.
Tra il primo cristiano, dottrinale per così dire, e il secondo, almeno presuntamente pastorale, qual è il concreto e qual è l’astratto? Quale affronta la concreta, tragica, situazione esistenziale dei tre, e quale l’ignora, facendo finta di non vedere? Quale li conosce, come il buon pastore conosce le sue pecorelle, e quale no? Quale dà la vita per loro, e quale fugge davanti ai lupi? Quale è disposto a andare in croce, e quale ha paura della croce?
Sarebbe ora di finirla di contar balle, sulla pastorale “concreta” e la dottrina “astratta”.
Maso
Per “Sacerdos quidam”.
RispondiEliminaSe lègge quel che ho scritto, vedrà che la mia simpatia non va al giansenismo, ma all’ “agostinismo”, soprattutto al “tomismo”, e alla “morale rigorosa”.
Tutti, credo, condanniamo come eretiche le cinque proposizioni di Giansenio, il cui senso riprovato la Chiesa ha solennemente dichiarato presente nell’ “Augustinus”.
Questo non toglie che, ragionando da storici, si notino delle analogie tra il partito, diciamo così per semplificare, antigesuita (di cui i giansenisti non erano che l’ala estrema) e i tradizionalisti dei giorni nostri. In questo, per me, non c’è nulla di disonorevole per i tradizionalisti: tutt’altro!
Preghi per me, e mi benedica.
Maso
Condivido, ci sono tutti gli elementi per farsi un'idea già prima del documento.
RispondiEliminaLe frasi di Bergoglio e Kasper sono più che eloquenti.
Come si dice nell'articolo, nell'ambito della grande eresia modernista, Bergoglio & C. sembrano in effetti esponenti della "teologia della liberazione" nella versione riveduta e corretta anno 2016 e il fatidico documento sarà un capolavoro di ambiguità modernista.
Un'eresia vilmente mascherata, basta rammentare il vigoroso 'cazziatone' di San Giovanni Paolo II al teologo marxista marxista Ernesto Cardenal, esponente della “teologia della liberazione”
Rileggiamoci cosa disse il Santo Padre (quello si che lo era) nell’omelia della Santa Messa a Managua (Nicaragua) il 4 marzo 1983:
“Quando il cristiano, qualunque sia la sua condizione, preferisce qualsiasi altra dottrina o ideologia all’insegnamento degli Apostoli e della Chiesa, quando si fa di codeste dottrine il criterio della nostra vocazione, quando si prova a reinterpretare secondo le loro categorie la catechesi, l’insegnamento religioso, la predicazione, quando si instaurano ‘magisteri paralleli’ come dissi nella mia allocuzione inaugurale della Conferenza di Puebla, allora si debilita l’unità della Chiesa, si rende più difficile l’esercizio della sua missione di essere ‘sacramento di unità’ per tutti gli uomini. L’unità della Chiesa significa ed esige da noi il superamento radicale di tutte queste tendenze alla dissociazione; significa ed esige la revisione della nostra scala di valori; significa ed esige la sottomissione delle nostre concezioni dottrinali e dei nostri progetti pastorali al Magistero della Chiesa, rappresentato dal Papa e dai Vescovi.”
Parole sante! Musica per le nostre bistrattate orecchie!
La differenza e' che per il Santo, il Magistero era intoccabile e i papi e vescovi, pur essendone rappresentanti, vi si dovevano sottomettere, mentre per Bergoglio il papa, " dopo 1700 anni", può cambiarlo per adeguarlo al mondo.
Chiaro come il sole ma guai a dirlo... 'ne vuoi sapere più del papa?'
Pace e bene.
Affermare che nelle specie eucaristiche è realmente e sostanzialmente presente il Corpo, il Sangue, l'Anima e la Divinità di Nostro Signore Gesù Cristo è considerata una fissità dottrinale. Mentre se il papa afferma che i luterani hanno un modo "diverso" di vedere le cose è pastorale. Dire che due concubinari adulteri sono pubblici peccatori e come tali indegni di ricevere la Comunione, è un'adesione ad un'ideologia, mentre ammetterli "caso per caso" è pastorale. E poi c'è chi osa tacciarci di fariseismo! Se non è un comportamento da farisei questo...
RispondiEliminaTorno al mio precedente commento dopo aver letto gli altri, in particolare quello di Josh.
RispondiEliminaIl diavolo separa con una o più non-verità, calunniatore è l'esatto suo significato.
Nostro Signore Gesù Cristo divide, separa la carne, i rapporti più stretti con la spada della Verità, stessa spada che ritorna a due tagli uscendo dalla bocca: parola vera, concetto vero.
La Verità è Il Signore Nostro,noi possiamo arrivare alla Verità su noi stessi, su quelli che amiamo e su tutti gli altri solo se sostenuti da Cristo stesso, perchè la Verità è terribile, da soli o con l'aiuto di altri uomini comuni possiamo arrivare forse ad un molto verosimile.
La Verità ci rende liberi, è la luce che illumina la tenebra che ci avvolgeva dandoci la libertà di procedere, rispettando noi stessi e l'altro, al seguito di NSGC, Maestro nostro.
Il cammino è lungo, doloroso ma, liberante e ci rende capaci di un amore e di un rispetto reciproco prima a noi stessi sconosciuto.
P.S. Tutto questo parlare sinodale, tutto questo scrivere corposi documenti, a mio parere, è da un lato ammissione davanti a Dio e agli uomini che non si è in grado di educare, guidare, proteggere il gregge; dall'altro è un titanismo penoso che presuppone di ordinare quello che in realtà è già passato nè mai più ritornerà perchè ogni caso è un caso a sè, proprio per la sua irripetibile unicità .
Segnalo gli auguri dei commissari dei FFI e il commento di don Morselli:
RispondiEliminahttp://blog.messainlatino.it/2016/03/quegli-strani-auguri-dei-padri.html#more
Per ampliare il panorama e scoprire paralleli:
RispondiEliminaMaurizio Blondet, Erasmus Generation:l'ultima "privatizzazione".
RispondiElimina@ L'omelia di Giovanni Paolo II citata
Nel passo citato Giovanni Paolo II disse che "la missione della Chiesa e'essere 'sacramento di unita' per tutti gli uomini". Questo concetto di missione viene dal Vaticano II, dall'art. 1 della costituzione Lumen Gentium. Ma che significa esattamente? Lo spiegano mai? uesta nozione di "missione" non e' comunque giusta: la missione della Chiesa, stabilita dal suo divin fondatore, e' quella di convertire il maggior numero possibile di anime a Cristo, strappandole al Principe di questo mondo. Non e' quella di realizzare 'l'unita' di tutti gli uomini', cioe' del genere umano, e senza convertirli, alla quale sta invece lavorando la attuale Gerarchia con il sincretistico e fallimentare "ecumenismo" che ben conosciamo, in piena contraddizione con la vera e autentica missione della Chiesa cattolica. Tant'e' vero che adesso il Papa ha addirittura stabilito di andare a celebrare il 500centenario di Lutero, uno dei peggori eresiarchi di tutti i tempi, nemico efferato del cattolicesimo!
GPII (l'hanno ben dimostrato le analisi dello scomparso teologo tedesco J. Doermann) credeva davvero che nel Concilio si fosse avuta una Nuova Pentecoste, i cui "doni" sarebbero stati le nuove dottrine sull'Incarnazione (GS 22), sulla liberta' religiosa, sul "dialogo", sul nuovo modo di intendere la missione della Chiesa etc. parvus
I card.Burke e Scheidner vivono un cattolicesimo ancora cattolico e nelle loro diocesi lo fanno applicare, presumo, ma NON capiscono PERCIò che cosa sono le altre diocesi in balia del neo-modernismo. E' un'altra chiesa non cattolica: di questo non si preoccupano? E' possibile che perchè uno è nato in una diocesi sia salvato dall'apostasia e chi nasce in una neomodernista vi soggiaccia non avendo le armi teologiche per difendersi? E' lecito per loro quindi rifiutarsi di prendere provvedimenti "realizzativi"?
RispondiEliminahttp://www.maurizioblondet.it/bruxelle-parigi-lopra-del-grande-illusionista/
RispondiElimina
RispondiElimina@ La cosa tragica e' che non si rendono conto
Temo che i summenzionati card. Burke, vescovo Schneider e altri (il card. Sarah, qualche altro vescovo), nonostante le loro coraggiose prese di posizione in difesa del dogma su questioni fondamentali della morale cristiana, non si rendano tuttavia conto del problema di fondo, non lo vedano. Non capiscano, cioe', che il male viene dal Concilio, da certi errori ed ambiguita' che vi sono penetrati (quelli del risorgente modernismo) e che avvelenano la Chiesa da 50 anni. Errori che in modo diverso e con diversa intensita' si ritrovano poi nella pastorale dei Papi postconciliari, nessuno escluso. Il Concilio non si tocca. Finche' non capiranno che bisogna mettere in discussione il Concilio non si uscira' dalla crisi.
Ma all'orizzonte non vedo al momento nessuno che lasci intravedere una possibilita' in questo senso. Tra i teologi, il solo mons. Gherardini ha avuto il coraggio di affrontare criticamente il Concilio; tra i giovani P. Lanzetta, la rivista dei FFI. Il primo e' stato rapidamente isolato, i secondi distrutti. L'imbalsamazione del Concilio l'ha fatta tuttavia Benedetto XVI con il suo dictum della "riforma nella continuita'", vero e proprio dogma ermeneutico, postulato cui si devono attenere aprioristicamente tutti coloro che vogliono parlare del Concilio. E questo, dopo che lui stesso aveva accennato a due critiche nei confronti del Concilio. parvus
Nella Chiesa Cattolica da tempo e' tutto in movimento e questo movimento con Francesco ormai è fuori controllo.E' inoltre cosa ottima che ci siano ancora dei vescovi ed anche dei semplici preti che non seguono la moda imperante e che dicono pubblicamente quel che pensano. Riguardo alla rivoluzione auspicata da Kasper , che dovrebbe essere attuata Bergoglio, permettetemi di essere scettico.Io questi più che rivoluzionari li considero degli sprovveduti non di primo pelo.....bobo
RispondiEliminahttp://it.aleteia.org/2016/03/23/ogni-giorno-alla-tavola-di-santeustachio/
RispondiEliminaRiporto un paio di concetti presi dall'Erasmus generation di Blondet che calzano, a mio parere, con tutta questa tiritera maxi- documento- sinodale- delegato partorito dalla chiesa- bergogliana- kasperiana- aggiornata:
RispondiElimina"un rinnovato processo di privatizzazione della politica" a cui qui corrisponde una privatizzazione della pastorale e della dogmatica, lasciate entrambe alla attuazione e alla interpretazione privata.
"desovranizzazione dello Stato" a cui qui corrisponde una deregalitatizzazione, desantificatizzazione, dedocentizzazione della Chiesa.
non credo siano esatti i tre "tizzazione".Aiuto.
RispondiElimina