Ho notato che ultimamente l’“assalto mediatico” al Vaticano è aumentato di intensità. Tutti avranno visto, per esempio, l’ultimo film di Nanni Moretti, Habemus Papam, che porta sullo schermo uno delle più assurde fantasie del laicismo contemporaneo: le “dimissioni” di un pontefice.
Da questo primo attacco “cinematografico” è scaturita addirittura una serie televisiva, Pope Francis (firmata da un altro regista italiano, Paolo Sorrentino), della quale proprio ieri si è conclusa la prima stagione.
Ora, già il fatto che lo sceneggiato di Sorrentino parta esattamente dal punto in cui si conclude Habemus Papam, ovvero dalle dimissioni del precedente pontefice (chiamato “Benedetto XVI” probabilmente in onore di uno dei racconti della leggendaria collana Urania, Il dilemma di Benedetto XVI), mi fa pensare che tutto questo faccia parte di un “piano” coordinato da chissà chi.
Quello che però mi preoccupa maggiormente è la spudoratezza con cui Sorrentino ha voluto rappresentare il suo Papa immaginario, un gesuita argentino che si fa chiamare “Francesco” interpretato dall’attore gallese Jonathan Pryce. Il Papa di Sorrentino ne combina di tutti i colori sin dalla prima puntata: rifiuta di indossare i paramenti tradizionali, afferma che “non bisogna giudicare i gay”, si fa i selfie ecc…
Devo ammettere che soltanto con grande impegno e infinita pazienza ho potuto seguire la serie fino in fondo, perché obiettivamente si tratta di una delle cose più demenziali che abbia mai visto.
La trama, infatti, è un susseguirsi di contraddizioni e incongruenze: per dirne una, nella quarta puntata “Francesco” per celebrare la sua prima enciclica “ecologista” (e già questo la dice lunga sull’ingenuità degli sceneggiatori!) fa proiettare immagini di babbuini, pesci e leoni sulla facciata di San Pietro… Capisco che Sorrentino si senta il nuovo Fellini, ma certe cose potrebbe risparmiarcele: tutto ciò non è “grottesco cinematografico”, è grottesco e basta.
La trama, infatti, è un susseguirsi di contraddizioni e incongruenze: per dirne una, nella quarta puntata “Francesco” per celebrare la sua prima enciclica “ecologista” (e già questo la dice lunga sull’ingenuità degli sceneggiatori!) fa proiettare immagini di babbuini, pesci e leoni sulla facciata di San Pietro… Capisco che Sorrentino si senta il nuovo Fellini, ma certe cose potrebbe risparmiarcele: tutto ciò non è “grottesco cinematografico”, è grottesco e basta.
Nella sesta puntata, “Francesco”, dopo aver predicato misericordia e tolleranza, si rifiuta di incontrare il Dalai Lama per non irritare le autorità cinesi e poi va in Armenia ad accusare i turchi di genocidio. Ma chi è che ha scritto ’sta roba? Sembra uno di quei feuilleton con protagonista Rocambole o Fantômas.
La qualità della sceneggiatura, come ho detto, è scarsissima, non solo per l’insopportabile sensazionalismo, ma anche per le continue incongruenze: a parte la storia del “Papa misericordioso” che non regge nemmeno due puntate (“Francesco” a un certo punto comincia a prendersela, oltre che con i tibetani e i turchi, con i cardinali, i fedeli, i politici…), la serie dipinge il Pontefice come una specie di “santo mediatico”, osannato da tutti i giornali e le televisioni. Uno dei momenti più imbarazzanti di Pope Francis è quando “Francesco” sceglie come suo portavoce non ufficiale un giornalista interpretato dall’attore Giulio Bosetti, che ne Il Divo (il film che Sorrentino ha dedicato ad Andreotti) impersonava Eugenio Scalfari. Dovremmo forse aspettarci che un giorno Scalfari possa diventare il decano dei vaticanisti? Ma per piacere...
Nella puntata di fine stagione, “Francesco” si reca in Svezia a chiedere scusa per la scomunica di Lutero. Basta, Sorrentino, basta!
È incredibile come oggi si possano offendere bellamente milioni di fedeli senza suscitare una qualche reazione. Questo ci fa capire che il nostro amato Pio XIII è sotto attacco. Del resto c’era da aspettarselo: l’entusiasmo iniziale per un pontefice giovanissimo e –soprattutto– americano, si è subito attenuato (per poi sparire del tutto) quando Papa Belardo ha iniziato a rimettere in sesto la nostra povera Chiesa. Guarda caso, non appena ha preso a dire che in questa epoca abbiamo trasformato il peccato in un diritto e a condannare apertamente l’aborto e l’omosessualità, i giornali hanno tentato di buttarla sullo scandalo, pubblicando “scoop” ridicoli come “Il Papa fuma”.
È incredibile come oggi si possano offendere bellamente milioni di fedeli senza suscitare una qualche reazione. Questo ci fa capire che il nostro amato Pio XIII è sotto attacco. Del resto c’era da aspettarselo: l’entusiasmo iniziale per un pontefice giovanissimo e –soprattutto– americano, si è subito attenuato (per poi sparire del tutto) quando Papa Belardo ha iniziato a rimettere in sesto la nostra povera Chiesa. Guarda caso, non appena ha preso a dire che in questa epoca abbiamo trasformato il peccato in un diritto e a condannare apertamente l’aborto e l’omosessualità, i giornali hanno tentato di buttarla sullo scandalo, pubblicando “scoop” ridicoli come “Il Papa fuma”.
Ma lasciamo andare. Pio XIII resta sempre e comunque un grande pontefice, e anche un grande uomo: dal primo momento in cui ho potuto ammirarlo, mi ha ricordato per il portamento Pio IX e per il tono di voce ovviamente l’amato Giovanni Paolo II, del quale si è già dimostrato degno successore. Soprattutto grazie a questo Papa sono stati spazzati via in un solo istante tutti gli errori e le ambiguità prodotte negli ultimi decenni dalle indebite e distorte interpretazioni del Concilio Vaticano II.
Anche i laici dovrebbero volere un po’ più di bene a Pio XIII: prima di tutto, per il modo in cui ha vanificato tutti i tentativi di trasformare la sua persona in un “divo”, poi per la chiarezza con cui espone regolarmente la dottrina cattolica, senza giri di parole né ambiguità; infine, anche per il suo ruolo internazionale, che ha contribuito a allentare un clima fattosi rovente, dopo il repentino spostamento a destra di tutte le democrazie occidentali. Pensiamo solo a quando ha ammonito la presidente francese Marine Le Pen sul dovere di accogliere i migranti, oppure quando ha invitato i più importanti leader europei (Silvio Berlusconi, Nigel Farage, il cancelliere David Hasselhoff) alla solidarietà e fratellanza tra popoli appartenenti a una stessa comunità.
Un altro motivo, all’apparenza secondario, per cui dovremmo amarlo è che con la sua parlata cristallina Pio XIII ha finalmente obbligato i politici italiani a studiare sul serio l’inglese e smetterla di fingere di saperlo: ditemi se è poco!
Un altro motivo, all’apparenza secondario, per cui dovremmo amarlo è che con la sua parlata cristallina Pio XIII ha finalmente obbligato i politici italiani a studiare sul serio l’inglese e smetterla di fingere di saperlo: ditemi se è poco!
Quindi invito tutti a non smettere mai di amare e difendere il nostro Pio XIII, ricordando sempre le parole del Salvatore: «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me» (Gv 15, 19).
(articolo di Roberto Manfredini
pubblicato il 19 novembre 2016
sul blog Materialismo sacro)
Grazie ad esistenzalmente periferico che ha ripreso questo articolo, pensavo che fosse la solita boiata anticlericale invece scopro che la fiction su Pio XIII è ben fatta e procurerò di guardarla!
RispondiElimina"Il dilemma di Benedetto XVI" è del 1977. Pensavo a questi casi letterari o filmici, di sempre. La fantasia dell'autore? Dello sceneggiatore? Del regista? Premonizioni letterarie? Intuizioni? Visioni profetiche? Direi che a tutto si può rispondere di sì,senza sapere però quale capacità fu in azione ed in quale percentuale rispetto ad un fatto ancora non avvenuto o avvenuto in un posto e luogo sconosciuto all'artista creatore di quel racconto, di quelle immagini, di quel film. E' un fatto che un normale passaggio di pensieri avviene tra coloro che vivono insieme, è facile che i bambini dicano ad alta voce quello che i genitori pensano, poi cresciuti birbanti li prevengono anche nei fatti. I pensieri non si mettono sottochiave. Vanno. Si captano nel raccoglimento e nel silenzio. Di solito questa è la condizione nella quale l'artista lavora. Ogni artista, vai a vedere, cosa intercetta e perchè e come. Il titolo e la trama di questo romanzo, come di film più recenti mi ha richiamato alla memoria questi fatti, di cui tutti, in maniere diverse. siamo testimoni. In particolare, mettiamo intorno agli anni 1970/77, quali pensieri, senza sapere, può aver captato la "fantasia" dell'autore?
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RispondiEliminaÈ interessante il fatto che qualcuno non è riuscito a cogliere il senso di questo articolo a causa della pandemia di miopia intellettuale - quella che impedisce di vedere al di là del proprio naso ed esige testi in bianco e nero dove i buoni vengono lodati, i cattivi condannati, e nient'altro viene detto - ma per questo dovremmo prendercela con la scuola italiana che si è stufata di insegnare ad astrarre. Perfino nella Fattoria degli animali fu necessario spiegare ripetutamente lo slogan del «quattro zampe, buono; due zampe: cattivo».
@ Esistenzialmente Periferico
RispondiEliminaCioè?
"Cioè" cosa?
RispondiEliminaLa fattoria degli animali è un noto romanzo di Orwell (cfr. wikipedia).
RispondiEliminahttps://cronicasdepapafrancisco.wordpress.com/2016/11/27/avvento-vespri-non-vi-conosco/
RispondiEliminahttp://www.maurizioblondet.it/ritratto-bergoglio-paleo-marxista/
RispondiElimina@ Esistenzialmente Periferico 22:30
RispondiEliminaRisposta acuta, di alto livello.
«L’ANTICOMUNISTA È UN CANE» DICEVA SARTRE.
RispondiEliminaPER QUESTO IL LIBRO DI JUANITA, SORELLA DI FIDEL, NESSUNO LO LEGGE
di Francesco Agnoli
http://www.iltimone.org/35365,News.html
Un unico appunto: Pio XIII parlerà latino.
RispondiEliminaRoberto