Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 26 maggio 2017

Robert Sarah e la forza del silenzio

Ampi stralci della riflessione del Cardinale Robert Sarah al termine della presentazione del suo libro ” La forza del silenzio” nella edizione tedesca della casa editrice FE- Medienverlag.
Era presente Mons. Gänswein, che ha detto: "Stamane ho ricevuto in Vaticano e ho dato il benvenuto al Presidente degli Stati Uniti d'America... E tuttavia per me un onore più grande leggervi ora la Prefazione nella quale il Papa emerito riesce nel paradosso di rompere il suo silenzio per lodare il rimanere in silenzio e quel silenzio che il cardinale Sarah nel suo libro tanto esalta".

Prima di tutto devo ringraziare. Ringrazio ciascuno di voi che siete qui: con la vostra presenza numerosa indicate che il silenzio non è un tema del passato, ma resta di importanza cruciale anche oggi; con la vostra presenza dite che il silenzio non riguarda solo la vita monacale, anzi anche noi abbiamo bisogno di silenzio.
Ringrazio il Pontificio Istituto di Santa Maria dell’Anima, e in particolare il suo Rettore, mons. Brandmayr, che ha offerto gli spazi per presentare al pubblico questo volume. Ringrazio infine l’editore, FE- Medienverlag e in specie, il signor Bernhard Müller, per avere voluto assumersi l’onere della pubblicazione del libro “La forza del silenzio”, che avete ora in mano.

L’edizione tedesca del mio primo libro Dieu ou rien ha avuto una bella accoglienza. Spero che anche in questo caso il pubblico apprezzi le riflessioni che offro, nella “Forza del silenzio”. Infatti, il silenzio è un tema universale e attraverso di esso ci si spalancano quegli orizzonti che ci permettono di entrare nella verità della nostra vita.

Questo libro infatti nasce dalla vita. Nasce dalla esperienza mia personale e di persone care che ho conosciuto e che, nel silenzio e proprio per il loro silenzio, hanno portato frutti immensi di santità e di carità. Penso in particolare a fratel Vincent-Marie de la Résurrection, un canonico dell’abbazia di Sainte Marie di Lagrasse che ho conosciuto nel 2014. Il fratello soffriva di una sclerosi multipla che lo ha condotto alla morte nel 2016, all’età di 37 anni. Fratel Vincent non poteva parlare: tra di noi è nata una bellissima relazione spirituale fatta non di parole, ma di sguardi, di silenzi, di preghiera cui fratel Vincent partecipava muovendo le labbra. Questa dimensione umana e mistica del silenzio di fratel Vincent mi ha segnato in maniera del tutto speciale. Posso dire che il libro che oggi presentiamo nasce nella camera di un malato, di un giovane religioso che attendeva il cielo con un corpo sempre più marcato dalla sofferenza, ma – vorrei dire – già trasceso perché inabitato dalla luce sopravveniente della resurrezione.

Per me, poi, il silenzio, fa parte di una esperienza personale che mi ha scavato nei primi anni del mio episcopato a Conakry, quando vivevo molto isolato e controllato per le note vicende politiche di cui ho trattato anche nel mio precedente volume. L’isolamento esterno ha dilatato in me – ed è stato un grande dono di Dio – quegli spazi interiori in cui Dio viene ad abitare, a parlare e a consolare.

Sono queste esperienze che aiutano anche ad avere un discernimento più profondo su quanto ci circonda oggi, in un ambiente culturale dove si evita sistematicamente di stare soli con se stessi per guardarsi dentro. Il frastuono, la chiacchiera e le tecnologie che li veicolano mascherano il vuoto di un uomo che non sa più per cosa vivere. Ma ancor più doloroso per me è constatare come questa superficialità, questa empietà ingiuriosa verso Dio e verso la persona umana sia entrata anche nella Chiesa. Non posso negare infatti che questo libro nasce anche dalla mia esperienza di prefetto della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti. Posso affermare che è la liturgia quella dimensione della vita della Chiesa che più soffre della riduzione secolaristica che avviene anche dentro la Chiesa. Cerco di spiegarmi.

Non è un mistero  – e lo dico con grande sofferenza – che il nostro mondo moderno viva di fatto un allontanamento pratico da Dio. Non dobbiamo pensare a questo solo in termini intellettuali, perché questo allontanamento è un vissuto. È la vita quotidiana di milioni di persone nella sua concretezza ad essere marcata dal  vuoto originato dall’assenza di Dio. Ma, se manca Dio, l’uomo deve disperatamente cercare qualcosa che gli faccia una promessa di assoluto, e deve purtroppo constatare nel contempo che niente di ciò che è semplicemente umano può riempire completamente il suo  cuore. Il problema è che ci ostiniamo a cercare esattamente in soluzioni puramente umane le risposte al nostro destino. Di fronte ai grandi innegabili problemi, invece che alzare il cuore e le mani a Dio, ci ostiniamo a cercare nei mezzi umani le nostre soluzioni.

A volte ho l’impressione che questa secolarizzazione sia entrata anche nella Chiesa e consiste esattamente nel ridurre la fede alla nostra misura umana. Invece che ad aprire l’uomo alla iniziativa di Dio, che è inaspettata, dirompente, liberante, si pensa che l’uomo di oggi possa credere meglio se gli proponiamo una fede che non si fonda tanto sulla rivelazione di Cristo e la tradizione della Chiesa, ma sulle esigenze dell’uomo moderno, sulle sue possibilità e sulla sua mentalità.

Questa secolarizzazione si manifesta anche nella liturgia. Il Concilio Vaticano II ha detto che la liturgia è fonte e culmine della vita cristiana. Direi ancora di più. La liturgia è un luogo sponsale, dove si consuma un atto di amore totale di Cristo verso la sua Chiesa e dove il cristiano può entrare in una comunione piena, anima e corpo, con il suo Signore. Proprio per questa centralità della liturgia, essendo il punto più sensibile della vita della Chiesa, la riduzione della fede a una misura puramente umana si fa particolarmente sentire in tutta la sua gravità, sia nelle parole che nei gesti. Come si rileva nel libro, sentiamo mai parlare di fede, di vita eterna, di comunione con la persona di Cristo, di peccato come rottura e ribellione contro Dio nelle nostre omelie? E non si tenta forse di cancellare tutti quei gesti che non sembrano “comprensibili” all’uomo di oggi sostituendoli con un fiume di parole che trasformano le nostre eucarestie più che in celebrazioni, in grandi happening, al cui centro c’è un uomo chiuso nei suoi problemi e nei suoi criteri di giudizio per risolverli? Una celebrazione dell’uomo piuttosto che una celebrazione di Dio e della Chiesa?

È da questa apparente assenza di Dio –  mi si passi il termine – nella liturgia, che nasce il mio libro sul silenzio, proprio per ridare a Dio il suo primato. Non ne va evidentemente di un silenzio fine a se stesso, ma di un silenzio in cui Dio possa parlare ed essere ascoltato. Il primato di Dio, la centralità di Dio, l’adorazione di Dio e la santificazione dell’uomo costituiscono il cuore e la sostanza della liturgia cristiana.

Il Concilio ci ha lasciato una grande eredità, proprio nel cuore della Costituzione sulla liturgia e del rinnovamento liturgico: la santificazione di ogni battezzato. Questo è un aspetto da riscoprire. La santificazione passa esattamente dall’incontro con Colui che nella liturgia invochiamo: Santo, Santo, Santo. Ma come possiamo incontrarlo se siamo pieni di noi stessi e in noi non c’è spazio per lui? Come poter lasciarci riempire della sua divina presenza, della sua parola di vita, del suo messaggio confortante di morte e resurrezione, se siamo pieni di parole e suoni e messaggi puramente umani? Questa considerazione vale per il singolo fedele, ma vale per tutta la comunità quando celebra: se al centro della celebrazione siamo noi stessi, come può una comunità sperimentare l’azione dello Spirito Santo che la vivifica?

La sfida del silenzio è una grande sfida perché ci porta al senso vero della esistenza umana: il rapporto dell’uomo con Dio, e forse meglio ancora: il rapporto di Dio con l’uomo.

Ritorno con la mente ad un versetto biblico che forse ci aiuta ad aprire gli occhi sulla prospettiva divina della fede. “Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose e la notte era a metà del suo rapido corso, la tua parola onnipotente, dal cielo, dal tuo trono regale, guerriero implacabile, si lanciò in mezzo a quella terra di sterminio portando, come spada affilata, il tuo decreto irrevocabile” (Sap 18, 14-15).

Quando la creazione sa mettersi in silenzio, Dio fa sentire la sua voce. Questa voce è la sua Parola incarnata, è Gesù Cristo, il Verbo, ed è proprio il mistero dell’incarnazione a fare luce sul rapporto divino-umano. Ed è in questa luce che si illumina anche il senso della liturgia. Essa è l’irruzione del divino nell’umano. Un fascio di luce che scende a noi e rischiara tutte le nostre tenebre.

Come dicevo, il silenzio non è fine a se stesso, ma è una condizione necessaria: il silenzio crea quel clima che rende possibile l’accoglienza della incarnazione. Ma direi ancora di più, come suggerisce Benedetto XVI nella sua introduzione, Gesù è silenzio e parola, e la Chiesa nelle sue espressioni è silenzio e parola che si fecondano reciprocamente. Così si evidenziano almeno due considerazioni che vorrei fare a proposito della liturgia, considerando la natura della incarnazione, cioè del fatto che, è Dio a farsi uomo, il divino ad assumere l’umano, l’eterno a farsi temporale, e non viceversa. Ribadisco questo non per disprezzare l’umano, non per sminuire la dignità dell’uomo, verso cui Dio invece si è chinato, ma perché dobbiamo avere uno sguardo lucido sul fatto che l’iniziativa primaria è di Dio, perché l’uomo da solo non può scalare il cielo. Questa logica incarnatoria vale assolutamente per la liturgia, che è opus divinum, pur manifestato in linguaggio umano. Due allora le considerazioni che vorrei svolgere e che potrete trovare, tra le altre, anche nel libro che oggi presentiamo.

La questione dell’inculturazione non è primariamente la questione di come possiamo rendere più africana o più asiatica o più aborigena la liturgia. Il divino irrompe nell’umano non per farsi incatenare dall’umano, ma per aprirlo, per purificarlo, per liberarlo, per trasformarlo, per divinizzarlo. Ho troppe volte l’impressione che ci occupiamo più di come rendere più “adatta” la liturgia che di come offrire tutta la sua ricchezza. E’ evidente che la liturgia deve rivolgersi alla persona concreta e deve trovare le forme per parlare alla persona concreta, così come Dio si è fatto uomo per parlare con noi, ma non per ridurre il divino a ciò che di esso si può “capire”, ma piuttosto per aprire l’umano all’irrompere della salvezza che Dio gli vuole offrire. Non possiamo imprigionare il divino nelle categorie umane. E’ significativo che nel suo incontro con la cultura pagana il cristianesimo antico prima che assumere forme sacrificali “pagane”, ha fatto passare la sua ricchezza, anche liturgica, ereditata in gran parte dalla rivelazione giudaica, ai pagani che si convertivano.

Una seconda considerazione riguarda il rispetto per Dio. La Sacra Scrittura è piena di riferimenti al “timore per Dio”: initium sapientiae timor Domini. E il timor di Dio è uno dei sette doni dello Spirito santo. Questo timore non è paura, perché, come dice san Giovanni, la carità scaccia la paura, ma è rispetto e venerazione filiale. Rispetto per le cose di Dio, che è molto più grande dell’uomo. Lui è Creatore, noi siamo creature. L’intimità con Dio non cancella il rispetto per Lui. La dignità nell’atteggiamento in liturgia, nella disposizione dell’arredamento liturgico, nel comportamento dentro il tempio di Dio sono l’espressione che Dio non è a nostra disposizione. La citazione del libro della Sapienza che prima riportavo indica che il decreto di Dio è come una spada affilata. Ed è la stessa immagine che la lettera agli Ebrei utilizza per definire la Parola, che, come spada affilata, penetra fino nel profondo di noi stessi (cfr. Ebr 4,12). Se non c’è rispetto per Dio, non possiamo neppure prendere sul serio la sua Parola salvifica, farci interrogare ed illuminare da essa.

Il silenzio è il clima interiore, l’atteggiamento interiore, la disponibilità interiore che consente tutto questo e rende feconda la parola della Chiesa. Ad una Chiesa che rischia di impoverirsi perché può chiudersi in metri di giudizio puramente umani, io mi permetto con grande umiltà di indicare la strada del silenzio perché ogni fedele, ma anche ogni comunità celebrante, si apra alla iniziativa di Dio e accolga tutta la grazia che viene da Lui. In conclusione, vorrei proporre alla vostra riflessione la stupenda affermazione di A. M. Triacca, nel suo libro “Spirito Santo e Liturgia”. “Il silenzio nella liturgia non è una cerimonia; è piuttosto una sospensione di ogni gesto, parola, rito. Non è una sosta dal celebrare, quanto invece un entrare nel cuore della celebrazione. Non è un punto morto perché è un momento culmine; sta ad indicare lo Spirito Santo: la sua presenza, la sua azione che porta alla contemplazione […]. Il silenzio liturgico è richiamo alla disponibilità dell’Azione dello Spirito. Egli parla nel silenzio: per sentirlo bisogna far silenzio”.

Vi ringrazio perché, ciascuno nel proprio ambito, può contribuire ad aprire questo spazio.

21 commenti:

Anonimo ha detto...

La società che propone Ariana Grande, Lady Gaga, la Ciccone e compagnia cantante, è la stessa che tollera al suo interno la sharia e i tribunali islamici. Le due cose sono strettamente legate. Più una civiltà va "a puttane" (qui nel senso non solo figurato del termine) più è disposta a farsi invadere e dominare. da altri. Più si dedica al Dio denaro, alla sguaiatezza, alla volgarità e all'oscenità gratuita, più è incapace di difendersi. Più il capitale, la finanza e il circo barnum dello spettacolo acquistano spazio e rilevanza, più si avvicina il suo punto zero, perchè perde se stessa. Sono i frutti di quella "morte di Dio" che il geniale folle coi baffoni aveva individuato più di cento anni fa, di quell'"oblio dell'essere" che un altro celebre tedesco aveva associato alla "notte del mondo" e alla "civilizzazione universale". Non siamo più popoli ma masse, non abbiamo più anima nè orgoglio, nè dignità. "Ormai soltanto un Dio ci può salvare", diceva l'altro grande tedesco. Io non credo in "un Dio", ma nel Dio di Gesù Cristo. Ormai soltanto Dio ci può salvare.
(Martino Mora su Fb)

Anonimo ha detto...

http://www.totustuus.it/modules.php?name=News&file=article&sid=5275

Ripartire dal monachesimo , ha detto...

Un popolo che non sa chi è, facilmente può cadere nelle mani altrui. L'opera storica di San Beda è simile a quella di tanti altri monaci e missionari cattolici che raccolsero i trascorsi di altri popolo europei, a est come a ovest. Solo così queste genti poterono garantirsi un futuro e solo grazie alla Chiesa Cattolica si potè salvare la loro memoria.
http://www.campariedemaistre.com/2017/05/san-beda-il-dottore-anglosassone.html

Anonimo ha detto...

Notizie dai quattro Cardinali? Nell'oblio generale sembra ormai superata anche la tattica di cercare di metterli gli uni contro gli altri ("Burke è un cowboy ma Caffarra è un fine teologo", la seconda affermazione è quella parte di verità necessaria per digerire il tutto, nessuno ne dubita salvo forse qualche marginale).

Anonimo ha detto...

S. Nicola in Russia: "E' il frutto di Fatima"
di Andrea Zambrano

Migliaia di persone in fila anche per 5 km per venerare la reliquia di San Nicola. Succede a Mosca, dove si assiste ad una rinascita spirituale miracolosa. Secondo il vescovo Schneider è il frutto della consacrazione al cuore Immacolato di Maria fatta da Giovanni Paolo II nel 1984. «In soli 25 anni in Russia sono state costruite 20mila chiese e riaperti 1000 monasteri. Questa rinascita testimonia la conversione richiesta dalla Madonna. Ma perché la conversione sia perfetta ora bisogna consacrare pubblicamente la Russia».
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-snicola-in-russia-e-il-fruttodi-fatima-19960.htm

Anonimo ha detto...


La reliquia di S. Nicola è in prestito temporaneo in Russia o è stata ceduta agli "ortodossi" in via definitiva?

Anonimo ha detto...

No, tornerà in autunno, a meno di sconquassi bellici, non si è più sicuri di nulla ormai.....

marius ha detto...

"... E tuttavia per me un onore più grande leggervi ora la Prefazione nella quale il Papa emerito riesce nel paradosso di rompere il suo silenzio per lodare il rimanere in silenzio e quel silenzio che il cardinale Sarah nel suo libro tanto esalta"

Parafrasando:
è un onore per me constatare che:

il papa emerito rompe il silenzio
con una prefazione sul silenzio
per il libro "La forza del silenzio".
ossia
il papa emerito rompe il silenzio
per esaltare il silenzio.

Qui c'è qualcuno che sembra voler dare una speranza agli orfani inconsolabili del papa emerito,
quasi che, non potendo realisticamente essere un riferimento quale guida di quella porzione di popolo cattolico,
egli indichi con entusiastica enfasi un suo alter ego nella persona del cardinale Sarah,
al quale detto popolo amante della riforma della riforma potrà riferirsi, e quindi non più sentirsi abbandonato,
e in tal modo egli possa tornare a quel silenzio al quale in fondo è tenuto
e che ha rotto una tantum solo a questo preciso scopo.

Così il cardinale Sarah tutto contento raccoglie il testimone del papa emerito.

Anonimo ha detto...

Non alimentiamo le divisioni , Non deridiamoci l'un l'altro in continuazione , Chiediamoci se con le nostre parole non aggiungiamo peccati a peccati , Ognuno pensi al propio trave o alla propria pagliuzza . Ci sia di esempio la Vergine Madre che proclamiamo di amare : preghiera e riparazione...e silenzio .
La Chiesa e' di Dio , sia fatta la Sua Volonta' su tutta la terra e su coloro che la abitano .
Amen

tralcio ha detto...

Tutti, anche Francesco, raccomandano il discernimento.

Il Card. Sarah le occasioni di silenzio quali "esperienze che aiutano anche ad avere un discernimento più profondo su quanto ci circonda oggi, in un ambiente culturale dove si evita sistematicamente di stare soli con se stessi per guardarsi dentro. Il frastuono, la chiacchiera e le tecnologie che li veicolano mascherano il vuoto di un uomo che non sa più per cosa vivere. Ma ancor più doloroso per me è constatare come questa superficialità, questa empietà ingiuriosa verso Dio e verso la persona umana sia entrata anche nella Chiesa", liturgia inclusa.

Se per tutti resta sempre un mistero l'azione di Dio nella storia, "non è un mistero –e lo dico con grande sofferenza– che il nostro mondo moderno viva di fatto un allontanamento pratico da Dio. Non dobbiamo pensare a questo solo in termini intellettuali, perché questo allontanamento è un vissuto. È la vita quotidiana di milioni di persone nella sua concretezza ad essere marcata dal vuoto originato dall’assenza di Dio".

"Il problema è che ci ostiniamo a cercare esattamente in soluzioni puramente umane le risposte al nostro destino. Di fronte ai grandi innegabili problemi, invece che alzare il cuore e le mani a Dio, ci ostiniamo a cercare nei mezzi umani le nostre soluzioni.
A volte ho l’impressione che questa secolarizzazione sia entrata anche nella Chiesa e consiste esattamente nel ridurre la fede alla nostra misura umana. Invece che ad aprire l’uomo alla iniziativa di Dio, che è inaspettata, dirompente, liberante, si pensa che l’uomo di oggi possa credere meglio se gli proponiamo una fede che non si fonda tanto sulla rivelazione di Cristo e la tradizione della Chiesa, ma sulle esigenze dell’uomo moderno, sulle sue possibilità e sulla sua mentalità".

Ossigeno puro...
E infatti, come ha notato Marius, Benedetto XVI (che resta papa) rompe il silenzio in cui ha scelto di mantenersi papa (in un'epoca in cui il papa è divenuto parte dello "star system" gettando ponti terra-terra) per indicare e salvaguardare il ponte -l'unico che ci salva- tra la terra e il Cielo. Parla per elogiare chi indica la via del silenzio adorante Dio, invece delle verbosità tutte intese ad allisciare l'uomo nel mondo. E se a qualcuno fischiano le orecchie, l'acufene è un sintomo non la malattia! A forza di ascoltare le grancasse mondane e non il sussurro di Dio, il nervo acustico alla fine si irrita.

Se poi i fischi non li senti solo "interiori", ma anche salire -metaforicamente- dalle piazze, è giunta l'ora di guardare la realtà.

Luisa ha detto...

Qui la conferma dei licenziamenti arbitrari alla CdF, secondo Bergoglio l`ufficiale licenziato era stanco e voleva tornare in patria, ma la verità sembra sia un`altra:

non emnra che sia http://www.marcotosatti.com/2017/05/27/il-papa-ha-licenziato-senza-motivo-tre-ufficiali-alla-dottrina-della-fede-lo-conferma-il-card-muller/

E qui sempre Müller su Amoris Laetitia et la teologia che, Spadaro dixit, non sempre è 2+2 = 4 ma che può anche essere 2+2=5 :

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-muller-stoppa-il-papa-sui-divorziati-risposati-19979.htm

Anonimo ha detto...

Come mai che non è stato pubblicato qui il post di Don Elia che ora si legge sul sito di Blondet??
Eppure era già visibile in anteprima in feedreader proprio su questo blog???!!!


mic ha detto...

E' programmato per domattina. E' rimasto visibile perché è apparso automaticamente nella data di redazione, finché non mi sono accorta di aver dimenticato di inserire la data di pubblicazione effettiva...

marius ha detto...

in riferimento a quanto ho scritto sopra alle 26 maggio 2017 20:26 ecco qua:

"È quanto mai urgente, quindi, consacrarla [la Russia] al Cuore Immacolato di Maria, così che possa svolgere il compito assegnatole dal Cielo. A farlo potrebbe essere un papa spirituale, quell’uomo di silenzio e di preghiera che il Pontefice dimissionario ha di recente caldamente elogiato nel testo scritto per l’ultimo libro del Cardinale guineano... un’indicazione in codice per il prossimo conclave? Robert Sarah potrebbe piacere ai nostri fratelli orientali proprio perché umile e profondo uomo di Dio; riprendendo nella liturgia il filo interrotto della riforma della riforma, che tanto ha contribuito al riavvicinamento, potrebbe prenderli per il verso giusto, mostrando anche a noi cattolici il primato di Dio e della trascendenza. Sogni ad occhi aperti? Non è mai detto..."

estratto dall'ultimo articolo de LA SCURE DI ELIA

tralcio ha detto...

C'è un silenzio che dice tutto: l'adorazione del Ss.mo Sacramento, credendo e amando Lui.
La comunione che possiamo fare con Lui nella liturgia quando lo Spirito santo transustanzia le offerte.
La riparazione che possiamo offrire alla Ss.ma Trinità attraverso il corpo, sangue, anima e divinità di Cristo, per i meriti del suo Sacro Cuore, attraverso il Cuore immacolato di Maria. E così sperare, per noi e per ogni peccatore, malgrado offese, oltraggi e indifferenze.

Nel magistero liquido d’oggidì si può anche fare dell’ironia sulla Santissima Trinità che a porte chiuse discute e talora litiga, per presentare all’esterno la decisione raggiunta unanimemente o a maggioranza qualificata dei due terzi.

Nel vangelo Gesù invece è molto più semplice e diretto: non faccio la mia volontà, ma quella del Padre che è nei Cieli. Io vado e voi non dovete essere tristi, perché vado a prepararvi un posto nella casa del Padre. E’ necessario che io, come carne, mi separi da voi, perché venga a voi lo Spirito di verità che vi farà comprendere ciò che per ora ancora non potete. Ed Egli convincerà il mondo su di me (Gv 16)!

Lo Spirito quindi “procede”, ma non nel senso di incamminarsi per una via inesplorata da aprire tra tesi, antitesi e sintesi di molti geniali spiriti, nel divenire delle mutevoli sorti magnifiche e progressive. Il prefisso pro indica a favore di, mentre il latino cedere è traducibile anche e soprattutto con il farsi da parte, insomma un diverso modo, tutto spirituale, di essere con noi di Dio, sempre per fare la volontà del Padre, proprio come Gesù. Non quindi un camminare per conquistare, ma un testimoniare a beneficio altrui.

Il Paraclito, Spirito di verità, testimonia Cristo e Cristo testimonia il Padre. Lo Spirito di verità convincerà il mondo sulla testimonianza resa da Gesù, quanto al peccato, al giudizio e alla giustizia. I discepoli non devono essere preoccupati che Gesù li lasci, andandosene, perché ciò che più conta è dove ci attende!

Ma per essere protesi verso il Regno dei Cieli, bisogna cessare di essere attratti dalle cose della carne, per volgersi a quelle dello Spirito. La “processione” di cui è protagonista la Persona della Trinità alla quale Gesù ci consegna, non è quella di un popolo in cammino, ma esiste già in sé, nel proprio “stare per”. Non è un processo come serie di azioni umane miranti a produrre un qualcosa di inedito (magari “abolendo il peccato”), bensì è la procedura necessaria a realizzare in verità, secondo la volontà di Dio, ciò che Dio ci chiede per compiere noi stessi ritornando al Padre misericordioso, da figli ravveduti e che erano perduti!

Il Padre non è nato, il Figlio è nato, lo Spirito procede, testimoniando la verità in Cristo, Verbo incarnato. Lo Spirito santo non è un creativo che premia i più fantasiosi, ma un testimone di Gesù, cui tutto è stato consegnato dal Padre. Lo Spirito non “rende superato Gesù”, ma lo dice necessario, crocifisso e risorto. Testimonia la verità delle parole di Gesù: “senza di me non potete fare nulla”, dialogo interreligioso o no.

Lo Spirito di Verità convincerà il mondo incredulo circa il Cristo e lo farà sul tema del peccato, mostrando Cristo giusto e la giustizia nel Suo salire al Padre per stare seduto alla Sua destra: la procedura che la processione dello Spirito ci testimonia, serve agli uomini a servire con giustizia il processo della volontà di Dio. Il giudizio sul principe di questo mondo è già stato scritto. E lo Spirito santo ne convincerà i più scettici.

Andiamo verso la Pentecoste con lo Spirito di verità che convincerà il mondo.

Anonimo ha detto...

@tralcio ha detto

GRAZIE!

mic ha detto...

Grazie alla tua contemplazione, carissimo tralcio, mi fai vedere quel pro-cedere in due accezioni di un dinamismo tutto particolare:
- cedere, muoversi a favore di... mi evoca anche il πρὸς τὸν θεόν (pròs ton Theòn) del Prologo di Giovanni (Il Verbo 'rivolto' verso Dio : conoscenza, amore, comunione infiniti)
- e anche cedere, nel senso di lasciar andare qualcosa di sé, a favore...

Anonimo ha detto...


Sulla "adorazione di Dio in silenzio", supposto rimedio alla presente decadenza della liturgia

Se Nostro Signore e gli Apostoli avessero praticato soprattutto "il silenzio adorante di Dio" invocato dal cardinale Sarah invece di andare per le piazze e le strade a predicare senza posa la Parola del Verbo, affrontando ostilità e pericoli di ogni genere, sfidando il Demonio in faccia, sino a morire alquanti di loro di una morte crudele, sull'esempio del Divino Maestro, quante persone avrebbero convertito alla vera fede?
Cosa disse san Paolo: "Guai a me se non predicassi!". Non disse: "Guai a me se non adorassi Dio in silenzio". Il Signore e gli Apostoli adoravano certamente Dio anche "in silenzio" nelle loro preghiere private. Ed è giusto che noi cerchiamo di imitarli anche in questo. Ma l'essenza della loro missione non era certamente in quell'adorazione.

Il cardinale Sarah, dispiace doverlo constatare ancora una volta, continua a trovar buona la riforma liturgica messa in cantiere dal Concilio. Purtroppo, non si rende conto che le attuali deviazioni per così dire antropocentriche nella liturgia hanno la loro origine proprio in certi errati principi introdotti da quella riforma, a cominciare da quelli della creatività e dell'inculturamento, della sperimentazione, contrari a tutta la Tradizione della Chiesa.
Più ancora che della pratica dell'adorazione di Dio in silenzio, abbiamo bisogno di ritornare in massa alla Messa dell'Ordo Vetus, alla Liturgia sicuramente cattolica, sicuramente ortodossa sul piano dogmatico.
Non sono questi tempi di "adorazione in silenzio": sono tempi di tradimento, d'ira e di sangue. Essi impongono di gridare certe verità anche dai tetti. PP

mic ha detto...

Non sono questi tempi di "adorazione in silenzio": sono tempi di tradimento, d'ira e di sangue. Essi impongono di gridare certe verità anche dai tetti. PP

Ritengo che il Card. Sarah non intenda assolutizzare "l'adorazione in silenzio", ma sottolineare che tutto, anche la predicazione, parte da lì e lì converge.
Convengo che la 'riforma della riforma' non tiene conto delle nefaste deviazioni...

tralcio ha detto...

Cara Mic, grazie a te per i numerosi spunti che offri a tutti noi in questo spazio.
Cerco di farne occasione di preghiera e poi lì, a volte, succede il resto.
Il Card. Sarah è sicuramente un pastore che ci sta guidando in queste nebbie e come pecora gliene sono grato. Quanto al "fuoco amico", beh, ormai c'è da mettere in conto anche quello.

marius ha detto...

Più ancora che della pratica dell'adorazione di Dio in silenzio, abbiamo bisogno di ritornare in massa alla Messa dell'Ordo Vetus, alla Liturgia sicuramente cattolica, sicuramente ortodossa sul piano dogmatico.

La pratica dell'adorazione di Dio in silenzio ovviamente ci sta benissimo in sé.
Piuttosto che tentare di inserire il silenzio adorante tra le pieghe dell'attivismo di un rito compromesso conviene davvero tendere e proporre in modo sempre più determinato alla Messa dell'Ordo Vetus.

Ha perfettamente ragione PP a dire, sembra provocatoriamente, "più ancora della pratica dell'adorazione di Dio in silenzio".
Noto che vi è una proliferazione di cosiddette adorazioni.
Perché?
Semplice: visto che durante la Messa non si adora ma si fa festa, occorre trovare uno spazio adeguato per esprimere questa insopprimibile esigenza dell'animo umano verso il proprio Dio.
Ma i risultati ahimè sono assai deludenti:

1) le adorazioni in voga si riducono a reiterare lo stile della Messa moderna già ben conosciuto, dove il silenzio orante non si sa cosa sia, tanto è la chitarra che la fa da padrona con pedanti ritornellate di canti ritmati, terminati i quali essa prolunga all'infinito i suoi 3 giri armonici, secondo il collaudato stile pentecostale. Su questo noioso tappeto sonoro tosto cominciano e si alternano le preghiere spontanee di risonanza ad alta voce, e poi via con la prossima canzone, e così per 4 o 5 volte...
Estenuante!

2) Le adorazioni in voga possono però essere davvero silenziose: il prete ad un determinato orario di un giorno prefissato espone il SS.Sacramento sull'altare a mensa e poi se ne va per i fatti suoi.
L'adorazione è veramente silenziosissima: infatti spesso accade che in chiesa non ci sia anima viva.

Conclusione:
se si riscoprisse la vera autentica Messa Cattolica la gente troverebbe lo spazio del silenzio orante durante la celebrazione stessa, nonché attraverso la pratica del Ringraziamento personale dopo la Messa (invece di cominciare il bazar delle chiacchiere introdotte dal saluto finale (che sembra scritto sul messale) del presidente: "e buona settimana a tutti!" a cui segue un distratto e poco convinto "Grazie anche a Lei". Ovviamente per prepararsi adeguatamente al Santo Sacrificio conviene entrare silenziosamente in chiesa prima della Messa, cosa che non è necessaria se essa è concepita come raduno festoso.