L’intervento di Alberto Melloni ... sembra solo il ripetersi di una ideologia ormai definitivamente superata. Quando si fa storia occorre un grande realismo e l’assenza di pregiudizi.
Il 4 gennaio scorso Alberto Melloni, esimio esponente della Scuola di Bologna, fondata ed ispirata da Giuseppe Dossetti, ha scritto un articolo su Repubblica. In quell’articolo, in sintesi, Melloni, oltre a scrivere cose che dal punto di vista storico sono discutibili ed anche offensive, afferma che l’Università Cattolica fino ad un certo punto della sua storia, ha “fornito al paese un pregiato e ristretto nucleo di giuristi, economisti, filosofi, storici con un ritmo costante. Tutto finì nel 1983, quando Giovanni Paolo II decise che doveva iniziare l’egemonia di CL, con poche concessioni ad altri movimenti: quel passaggio che voleva portare un supplemento di muscolarità al posto delle mediazioni, ha invece segnato l’inizio della sterilità della Cattolica che dura da un terzo di secolo. Con un danno al paese incalcolabile. Negli oltre tre decenni che abbiamo alle spalle l’Italia ha assistito alla semina di incultura: risentimenti, pedagogia del disprezzo, denigrazione metodica delle istituzioni, sdoganamento del turpiloquio che è sempre fascista, ebrezza da disintermediazione, manipolata vicinanza alla ‘gente’”.
Come si vede, uno scritto venato da una violenza senza precedenti, quella stessa violenza che Melloni nel suo articolo attribuisce e rimprovera ad altri.
A questo articolo, hanno risposto alcuni, compreso mons. Luigi Negri (vedi in NOTA). Tra questi mi ha colpito quello che ha scritto sul Sussidiario Agostino Giovagnoli (che insegna “Storia contemporanea” proprio presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) poiché, anziché ribattere nel merito, confutando da storico le falsità scritte dall’altro storico, Melloni, ha preferito approfondire un aspetto importante della questione, quello della “identità Cattolica”.
Giovagnoli, in sintesi, scrive che per un certo periodo della storia d’Italia, e dunque della Università Cattolica, l’aggettivo “Cattolico” è stato pleonastico poiché in quel periodo era chiaro cosa significava essere cattolici o meno. Essere cattolici “implicava una robusta appartenenza da cui discendevano molte e visibili conseguenze”. Oggi, invece, “ci si chiede persino se [la parola “cattolico”] abbia una consistenza concreta e quale sia”. Tra il primo periodo e quello attuale “c'è stato un tempo intermedio in cui il senso dell'aggettivo ‘cattolica’ non è più apparso scontato e ci è divisi sul modo di intenderlo riguardo a questa università. E' stato il tempo della polemica tra i cattolici della presenza [Comunione e Liberazione, ndr] e quelli della mediazione [Azione Cattolica, ndr], che si sono contrapposti anche sul modo di intendere l'identità cattolica dell'Università Cattolica”.
Prosegue Giovagnoli: “Oggi queste polemiche non sono più attuali, anche se ne restano alcune tracce”. E poi si chiede: “Si può ancora parlare di identità cattolica?” La risposta di Giovagnoli è: “C'è un significato antico di identità che è tramontato e che è inutile rincorrere. Oggi il problema posto dall'aggettivo ‘cattolica’ non va declinato in senso identitario ma storico, non riguarda un abito o una corazza da indossare ma un cammino da percorrere”. Occorre guardare fuori, “rifiutare tentazioni di autoreferenzialità, mettersi in sintonia con una ‘Chiesa in uscita’”.
In un certo senso, e paradossalmente, Giovagnoli, parlando di “corazza” e “autoreferenzialità”, usa le stesse coordinate critiche usate da Melloni, pur senza usare i medesimi toni. Infatti, a parere di Giovagnoli, i rischi di autoreferenzialità (passate e presenti) nascono dalla “corazza” identitaria, la quale si contrappone alle “mediazioni”, le quali oggi discendono da una posizione che mette al centro il concetto di “Chiesa in uscita”.
E qui si arriva al punto. Si persiste nel denigrare il concetto di “identità cattolica”, oggi ancor più che nel passato, perché, si dice, il mondo è attraversato da un profondo cambiamento storico. Un cambiamento che ha generato una società largamente scristianizzata, e che per questo impone, quando si incontra il prossimo, di avere un approccio il più possibile “amorfo”, privo cioè di una identità definita perché considerata ostativa o di impedimento ad un vero e proficuo incontro. È invalso quindi il mandato di essere il più possibile non “divisivi”.
Tutto questo è il risultato di una malintesa interpretazione del concetto di identità cattolica. Infatti, essa non è, e non può essere, un abito o una corazza da indossare in vista di un combattimento dialettico nei confronti di “infedeli”, ma, al contrario, il frutto involontario, eppure reale, di uno sforzo di intelligenza della fede, di un cosciente e appassionato affronto del rapporto tra fede e ragione, che fa sì che l’avvenimento della fede diventi un fatto unitario di mente, cuore e braccia, cioè di tutta la persona unitariamente considerata.
È il compiersi del rapporto tra fede e ragione che permette un giudizio riguardante le mille sfaccettature della realtà (ad esempio, sulla vita, con il rifiuto dell’aborto e dell’eutanasia, sulla famiglia, con il rifiuto del matrimonio omosessuale, sulla educazione con il rifiuto del gender, sulla politica, sull’economia… ecc.). È proprio la posizione umana che naturalmente discende da quel giudizio che contribuisce a creare quella “identità” (cattolica, in questo caso) che si esplicita filosoficamente in una particolare ed originale antropologia.
Non è un caso che don Giussani si esprimesse in questi termini: “Noi ci presentiamo con una identità netta, consapevole e decisa… una tale identità non può essere facilmente strumentalizzata e manipolata da chi ha il potere”.
Per questo, non si sottolineeranno mai abbastanza i danni provocati da una posizione che volesse fare a meno della giusta e necessaria “identità”. A tal proposito, un esempio lampante lo abbiamo avuto quando si è invitato il mondo cattolico a non partecipare ai Family Day perché considerati divisivi. Quegli inviti si sono configurati come una sorta di “pedagogia negativa” che ha spinto le persone a non affrontare la realtà, a partire dalla personale fede, con gli estemporanei strumenti che la particolare circostanza offriva. Un “pedagogia negativa” che è stata prodromica alla disastrosa approvazione della legge sulle DAT, l’eutanasia italiana, che è avvenuta nel più assoluto silenzio, insensibilità e indifferenza del mondo cattolico. Mondo cattolico che, senza coscienza e senza volerlo, ha contribuito alla diffusione di una deriva culturale pervicacemente voluta dalle forze del potere.
Non ci si accorge che proprio quando si mette tra parentesi, o addirittura si nega, la propria identità con la pia illusione di poter meglio incontrare i “lontani” e “dialogare con il mondo”, proprio allora si sta preparando il proprio “suicidio” poiché ci si sta predisponendo ad assorbire la mentalità del mondo e a correre il rischio di essere succubi del potere di turno.
Tutto questo è il frutto di una lettura riduttiva (ed a volte ideologica) del concetto di “Chiesa in uscita”. Infatti, correttamente inteso, esso altro non è che un altro modo di dire la parola di sempre: “missione”. Una missione che, attenzione, non è appena spirituale, ma totalmente carnale, abbracciante cioè tutta la realtà con tutte le sue e nostre contraddizioni.
Spiace che il Sussidiario, il Sussidiario di Giorgio Vittadini, di fronte ad un attacco di tale virulenza alla nostra storia scatenato da Alberto Melloni, abbia risposto, almeno fino a questo momento, con un articolo come quello scritto da Agostino Giovagnoli.
Sabino Paciolla - domenica 7 gennaio 2018
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NOTA
LA CATTOLICA E LA GRANDE PROSPETTIVA DI VITA E DI CULTURA DI GIOVANNI PAOLO II NONOSTANTE MELLONI
di mons. Luigi Negri, arcivescovo emerito di Ferrara e Comacchio
Metto in comune con La Verità la lontananza che ho provato leggendo il contributo di Alberto Melloni sulla Repubblica circa l’influsso negativo della presenza di Comunione e Liberazione nella vita dell’università Cattolica.
Melloni ritiene che l’egemonia di Cl voluta (o imposta?) da Giovanni Paolo II abbia segnato l’inizio della “sterilità” della Cattolica che dura da un terzo di secolo.
Siccome l’ideologia si contrasta con l’esperienza, dico con umiltà la mia.
Sono entrato in Cattolica nell’ottobre 1960 e ne sono uscito nel marzo del 2005, quando il Santo Padre Giovanni Paolo II mi preconizzò a vescovo di San Marino-Montefeltro.
Gli anni dei miei studi in Cattolica sono stati caratterizzati dagli incontri con i grandi maestri della Cattolica di allora: Gustavo Bontadini, Mario Apollonio, Sofia Vanni Rovighi, Emmanuele Severino, Virgilio Melchiorre.
Già alla fine dei miei studi era percepibile in Cattolica come un sottile ma diffuso dualismo fra il riferimento alla fede cattolica e la ricerca intellettuale e scientifica e così andava in crisi l’autentica eredità della Cattolica. Fu allora che intervenne in maniera imponente ed efficace San Giovanni Paolo II. Ricordo ancora, perché ero presente, l’udienza del Papa dell’8 dicembre 1978 all’intera università Cattolica, in cui egli ripropose in modo pertinente e attualissimo la continuità fra fede e cultura e la sinergia tra queste realtà. Secondo il Papa la fede era la forma della ricerca e la ricerca illuminata dalla fede, si muoveva secondo una modalità che ne salvaguardava pienamente l’autonomia di contenuto e di metodo.
Questa è stata l’esperienza della presenza di Comunione e Liberazione di quegli anni in Cattolica.
Abbiamo vissuto, ed io ero presente come docente, la grande prospettiva di vita e di cultura che ci era suggerita da Giovanni Paolo II e in essa la nostra ricerca culturale. Scientifica trovava proprio nella fede continui spunti di svolgimento.
Furono anni fervidi di opere in cui il nostro desiderio di approfondire la Fede si coniugava efficacemente con il nostro desiderio di battere strade sempre nuove di ricerca.
Questa è stata la Cattolica per me per oltre 40 anni, e con me per generazioni intere di studenti che hanno percepito e vissuta una fede capace di illuminare la ricerca, e la ricerca, proprio perché illuminata, diveniva ogni giorno sempre più profonda e più umana.
Per questo l’intervento di Alberto Melloni mi sembra solo il ripetersi di una ideologia ormai definitivamente superata. Per questo vorrei ricordare che quando si fa storia occorre un grande realismo e l’assenza di pregiudizi.
da La Verità del 6-1-2018 - Fonte
Riprendo questa perfetta - e sfido chiunque a contestarne l'assoluta veridicità - sintesi di un sacerdote riportata poco fa da Piero Mainardi:
RispondiElimina"Il cattolico degli anni 30 e 40 si proponeva la conquista. Dopo la guerra ha ripiegato sulla testimonianza. Con i preti operai ha tentato la presenza. Dopo il Vaticano II ha scoperto il dialogo. Poi ha cominciato a dire che voleva limitarsi ad accompagnare. E adesso teorizza la necessità dell'assenza. Così il cerchio si è chiuso, finendo nel nulla." (Padre Louis Bouyer).
E aggiungo: ora che si è detto che "tutte le religioni conducono alla salvezza" e quindi è inutile e anche stupido portare Cristo e che "Dio non è cattolico", si è andati oltre il nulla.
Dopo la "pars destruens", si è cominciata la "pars costruens", seguendo l'insegnamento di uno dei più grandi iniziati di tutti i tempi.
Si è infatti passati a "costruire" materialmente il nuovo regno della Nuova Era. E la riprova materiale è l'appoggio incondizionato e costante all'invasione e quindi alla nuova razza unica per una nuova religione unica del mercato unico dell'unica repubblica universale.
... E tutti continuavano a vivere felici e contenti... Arrabbiati solo quando qualcuno si permetteva di denunciare il pericolo della nuova costruzione e ne denunciava gli artefici e complici. Allora finivano la tolleranza e l'amore e iniziavano il disprezzo e l'odio.
Così si dirà un giorno.
Come da programma.
(Massimo Viglione)
Ben misera conquista quella degli anni 30-40 se era associata a feroci dittature, in realtà non serve né conquista, né presenza, né dialogo e tanto meno assenza ma solo TESTIMONIANZA. L'Incarnazione ci chiama ad "incarnare", ad essere cioè testimoni attivi della "Buona Novella", solo l'esempio è capace di convertire, esempio e condivisione etiam spes contra spem et usque ad finem.
RispondiEliminaDue semplici citazioni ci fanno capire come oggi nella Chiesa Cattolica ci sia di tutto ed il contrario di tutto :
RispondiElimina1) Mons. Luigi Negri (vescovo emerito di Ferrara) , parlando di immigrazione islamica avverte “ci stiamo arrendendo all’anticristianesimo, c’è il rischio concreto di eliminazione della società” (cristiana occidentale, evidentemente);
2) mons. Lauro Tisi, arcivescovo d Trento, dal canto suo, è invece di parere molto diverso, dato che afferma testualemente “Dio è migrante, la Trinità è migrante, come lo devono essere tutti i cristiani, che non devono avere una casa”
Cosa non si fa per la carriera, eh? per compiacere il padrone di turno? e poi, quell’insistenza sul “devono”, mi suona tanto di imposizione : piaccia o non piaccia, dovete accettare l’invasione islamica, e niente proteste (ricordate il cartello “vietato lamentarsi” apparso tempo fa a Santa Marta?).
Questa sparata di mons. Tisi mi ricorda tanto le parole sentite dalla Boldrini, quando disse che noi italiani dobbiamo prepararci ad assumere lo stile di vita dei musulmani clandestini che arrivano nel nostro “Bel Paese” (bello ancora per poco, purtroppo), precisando che gli immigrati ci mostrano lo stile di vita che sarà presto quello di tutti noi poveri italiani.
Serve altro per smascherare i segreti piani (provenienti da dove? dalle élites massoniche mondiali che manovrano governi e Chiesa?) di questi signori, insediatisi ai posti di comando della società civile e religiosa?
Ho appena finito di ascoltare su RadioKolbe l'intervento del Prof. Guido Vignelli nella rubrica - "Approfondimenti sulle notizie " –
RispondiEliminaa cura di Pierluigi Bianchi Cagliesi in onda Mercoledì alle 10:20 .( Replica alle 18:30 , 23:25 )
Ho preso appunti per poi rileggere tutta la intervista con calma , non ve la riassumo affinche' possiate gustarla per intero .
Vi assicuro che e' molto , molto , interessante e infonde speranza , non la speranza che tutto finira' bene ma la speranza che viene dal singolo serio che si rende protagonista della buona battaglia e non spettatore ( ha portato l'esempio degli Angeli che rimangono ammirati quando vedono l'uomo , piccola creatura , che partecipa , che si da da fare per la gloria di Dio ). Chi non combatte e' vero che non subisce sconfitte ma non fa neanche nulla per la gloria di Dio . Come diceva il buon Padre Zoffoli : "L'importante e' combattere , il risultato finale lo scrivera' Dio " . L'intervista si conclude con l'invito del Prof. Vignelli ad approfondire il ruolo provvidenziale avuto dalla Santa Vergine , fin dalle origini della cristianita', nelle fasi cruciali della Chiesa .
Se vorrete ascoltare sintonizzatevi qui :
http://www.radiokolbe.it/podcast/
“Noi abbiamo un solo proposito: “Rinnovare tutte le cose in Cristo”, affinché sia “Tutto e in tutti Cristo”. Vi saranno certamente taluni che, applicando alle cose divine una misura umana, tenteranno di spiare le Nostre riposte intenzioni e di volgerle a scopi terreni e ad interessi di parte. Per togliere a costoro ogni vana speranza, Noi affermiamo con grande determinazione che Noi altro non vogliamo essere — e con l’aiuto di Dio lo saremo nella società umana — che ministri di Dio, il quale Ci ha investito della sua autorità. Le ragioni di Dio sono le ragioni Nostre; è stabilito che ad esse saranno votate tutte le Nostre forze e la vita stessa. Perciò se qualcuno chiederà quale motto sia l’espressione della Nostra volontà, risponderemo che esso sarà sempre uno solo: Rinnovare tutte le cose in Cristo.“ (san Pio X – enc. E Supremi – 4.10.1903)
RispondiEliminahttp://itresentieri.it/il-papa-e-i-maestri-cattolici-alcune-riflessioni-giuste-e-pacate/
ancora a proposito delle farneticazioni incredibili di mons. Tisi, propongo l'interessante analisi che ne fa Francesco Lamendola in http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/cultura-e-filosofia/la-contro-chiesa/3726-l-ultima-blasfemia; siamo veramente alla galleria degli orrori, il clero sta perdendo il ben dell'intelletto ogni giorno di più, non riesce più nemmeno a mettere in fila un discorso logico sena includervi frasi sconnesse, asserzioni che si contraddicono l'un l'altra, o comunque affermazioni senza alcun senso logico, che possono essere accolte solo da chi vuol rimanere cieco e sordo e farsi fare il lavaggio del cervello da un clero sempre più apertamente al servizio della massoneria satanica che vuol controllare il mondo intero, politicamente e religiosamente. il tempo del redde rationem si avvicina a grandi passi, temo che molto presto ne vedremo delle belle, anzi delle brutte, ma a vederle e subirle saranno principalmente questi falsi religiosi che ci vogliono fare il lavaggio del cervello. Vadano retro !
RispondiElimina" Tra questi mi ha colpito quello che ha scritto sul Sussidiario Agostino Giovagnoli (che insegna “Storia contemporanea” proprio presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) poiché...".
RispondiEliminaCara Mic,
Voglio ricordare qualcosa che può diventare la questione un po in più interessante. Se tratta di un'altra polemica di pocchi anni fa, quando Roberto de Mattei ha scritto l'articolo "Liquefazione della Chiesa". Dove ha scritto sul movimento Comunione e Liberazione e di D. Giussani:
"Perché i difensori più accaniti del Vaticano II, ed oggi i critici più severi di Gnocchi e Palmaro, provengono dall’area culturale di Comunione e Liberazione? Non è difficile rispondere se si ricordano le origini di Cl e le radici del pensiero del suo fondatore, don Luigi Giussani. L’orizzonte ciellino era, ed è rimasto, quello della “nouvelle théologie” progressista".
E:
""La “nouvelle théologie” progressista ebbe i suoi principali esponenti nel domenicano Marie-Dominique Chenu e nel gesuita Henri de Lubac. Non a caso Chenu fu il maestro di Giuseppe Alberigo e De Lubac, il punto di riferimento dei discepoli di don Giussani. E non a caso, tra i primi testi ufficiali di Comunione e Liberazione, agli inizi degli anni Settanta, risulta lo studio del teologo Giuseppe Ruggieri intitolato La questione di cristianesimo e rivoluzione. Ruggieri, che allora dirigeva la collana teologica di Jaca Book oggi dirige Cristianesimo nella storia ed è, con Alberto Melloni, l’esponente di punta della “scuola di Bologna”. Non c’è incoerenza nel suo itinerario intellettuale, presentato dallo stesso Melloni nel volume Tutto è grazia (Jaca Book, Milano 2010), così come non c’è incoerenza nelle posizioni di ieri e di oggi di alcuni (non tutti) esponenti di Comunione e Liberazione. Ciò che accomuna la teologia di Cl a quella della scuola di Bologna è la “teoria dell’evento”, il primato della prassi sulla dottrina, dell’esperienza sulla verità, che Cl situa nell’incontro con la persona di Cristo e la scuola di Bologna nell’incontro con la storia. Liquefazione della Chiesa - https://www.ilfoglio.it/articoli/2013/11/12/news/liquefazione-della-chiesa-56337/
RispondiEliminaAll'articolo del professore Roberto de Mattei a risposto Massimo Borghesi con l'articolo*:
La modernità non modernista del Concilio e di Giussani
http://www.rosminipadova.it/la-modernita-non-modernista-del-concilio-e-di-giussani/
Cambiando un po la questione, il titolo dell'articolo di Massimo Borghesi ricorda la recente diffesa di Joseph Ratzinger fatta per Antonio Caragliu:
Joseph Ratzinger teologo. Non "modernista" ma moderno
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/?refresh_ce
Quindi, abbiamo due grande personalità accusate di modernismo per essere dei aderenti alla "Nouvelle Théologie" e abbiamo due diffese di chi il loro pensiero non è modernista ma moderno. Così ciò che sembra è che per questo autori la "Nouvelle Théologie" non ritorna al modernismo, come aveva detto il P. Garrigou Lagrange, ma introduce la Chiesa nella modernità. Però, ciò che vediamo è stato il trionfo del modernismo prima attraverso la Nouvelle Théologie, adesso sotto il nome di modernità. Ciò che me domando è:
I diffensori di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI e D. Giussani conoscono la “nouvelle théologie” e ciò che è accaduto in quelo tempo?
Un’altro ricordo che me vieni in mente sul tempo del Concilio è di un'autore insospetto come Jacques Maritain che ha scritto nel suo libro Le Paysan de la Garonne:
"Il modernismo dal tempo di S. Pio X, paragonato alla febbre neomodernista moderna, è stato appena un raffredore"
Il puncto dolens di tutto quanto se parla del Concilio e del post-concilio è la "Nouvelle théologie". Oggi è più importante sapere che cosa è stata la Nouvelle Théologie che il modernismo. In verità sappiamo molto sul modernimo e poco di questa teologia che ha trionfato con il Concilio. Attraverso la conoscenza di questa teologia se può capire ciò che sta indietro all’insegnamenti del proprio Papa. Ad esempio, quando Bergoglio ha detto «preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti» la dottrina che sta indietro a questo è quella della chiesa concepita come casta meretrix.
Sulla Nouvelle Théologie non sappiamo molto, ma il po che sappiamo diventano molte cose chiare...
* Roberto de Mattei ha risposto Massimo Borghesi con l'articolo:
Processo ai nuovi modernisti
http://www.robertodemattei.it/2013/11/27/processo-ai-nuovi-modernisti/
In suprema sintesi:
RispondiEliminaAlla fine tutte queste problematiche, la modernità, il modernismo, la nouvelle theologie, la fede sì, la fede no, cosa denunciano? Che i primi a non avere una vera, sana vita interiore, cioè una Fede salda, fonte di vita spirituale, sono i sacerdoti.
I quali invece di masturbarsi mentalmente su quello che il prossimo deve abbandonare, deve conservare, deve aggiornare, avrebbero dovuto e dovrebbero occuparsi della LORO fede, in TEORIA ed in PRATICA. Cinquanta anni di masturbazioni intorno, appunto, a qualcosa che non c'è. Anche la chiesa non c'è più. Menomale, molti non amano essere presi per i fondelli.
Melloni Alberto ormai è un disco rotto.
RispondiEliminaSempre la solita lagna...
Uffa e uffa.