+ Giampaolo Crepaldi
Cappella del Vescovado, 24 gennaio 2019
Cari giornalisti e operatori della comunicazione,
sono lieto di darvi un cordiale benvenuto nella Cappella del Vescovado per questo incontro eucaristico che ci consente di fare devota memoria di san Francesco di Sales, vostro patrono. Nella considerazione della sua avvincente biografia, in questa circostanza sono a invitarvi a soffermarvi su alcuni aspetti della sua vita, perché da essi giungono a noi alcune preziose lezioni di cui fare tesoro.
- La prima lezione riguarda il posto di Dio nella nostra esistenza. Cresciuto in pieno clima in cui predominava il concetto di predestinazione, egli si sentiva amato da Dio, ma indegno, per cui riteneva di essere escluso dal suo Regno. Mentre si trovava a Parigi scoppiò in lui una profonda crisi religiosa che durò molte settimane, durante le quali pianse in continuazione, si ammalò e non mangiò, né dormì. La svolta fu quella di affidarsi alla Madonna e all’infinita bontà del Padre, al quale rivolse una preghiera commuovente: “Qualunque cosa abbiate deciso, Signore.. io vi amerò.. almeno in questa vita, se non mi è concesso di amarvi nella vita eterna”. Poi passò all’azione, cercando di recuperare più anime possibili, che nel frattempo avevano abbracciato idee calviniste. Ecco, amici, questo spaccato di vita di San Francesco di Sales è lì a interpellarci sul posto che Dio occupa nella nostra vita. I contesti teologici e culturali attuali sono certamente molto diversi da quelli del Santo ginevrino, ma il nocciolo della questione resta uguale: Dio – il Dio rivelatoci da Cristo con la sua incarnazione, morte in croce e risurrezione – è una presenza accessoria e secondaria, oppure è il punto di riferimento centrale della mia vita? Che posto ha Dio nella mia vita? Con Dio o senza Dio tutto cambia.
- La seconda lezione riguarda la bontà e la mitezza. Sappiamo che san Francesco di Sales è patrono degli scrittori, degli autori in genere e dei giornalisti. Perché? Considerato lo scarso successo che aveva dal pulpito, si ingegnò pubblicando foglietti “volanti”, che egli stesso affiggeva ai muri o faceva scivolare sotto le entrate delle case calviniste, che proprio non volevano saperne del suo annuncio. La sua pazienza però, seppur non immediatamente, diede i suoi frutti, anche perché unita ad una bontà d’animo fuori dal comune: “Se sbaglio – diceva – voglio sbagliare piuttosto per troppa bontà che per troppo rigore”. Bontà e mitezza che tuttavia non erano per lui doti innate. A chi pensava questo rispondeva infatti: “Volete che in un quarto d’ora io perda quel poco di mitezza che mi sono acquistato in vent’anni a prezzo di tante fatiche?”. Bontà e mitezza che venivano alimentate soprattutto dal tempo trascorso in confessionale, a contatto con le miserie altrui. Fattosene costruire uno vicino alla porta d’ingresso della sua chiesa, ripeteva spesso: “È dal confessionale che si cambia una persona, una parrocchia, una Diocesi!”. Ecco, cari amici, anche voi – non nel confessionale, ma nelle redazioni dei vostri mezzi di comunicazione – avete a che fare spesso con le miserie altrui. Chiedo: è meglio trattarle con accanimento scandalistico o come ci insegna san Francesco di Sales con bontà e mitezza? È possibile comunicare e scrivere la verità dei fatti e, nello stesso tempo, comunicarla e scriverla con bontà e mitezza?
- La terza lezione riguarda la coltivazione di relazioni feconde di amicizia. È risaputo il grande legame di san Francesco di Sales con un’altra santa, Giovanna di Chantal. Incontratisi poco dopo la sua vedovanza, tra i due nacque subito un rapporto speciale, che sfociò nella fondazione dell’ordine religioso delle Visitandine, che in pochi anni ebbe un’espansione incredibile. Francesco morì proprio mentre si trovava in uno dei loro conventi, a Lione. Oltre all’Istituto della Visitazione vide nascere l’albero “Salesiano”, che nel tempo si è arricchito di tante famiglie religiose, femminili e maschili. Una di queste la ricorderemo tra qualche giorno, celebrando la memoria di un altro santo: Giovanni Bosco. Quella di san Francesco è quindi anche una storia di relazioni e di amicizie, belle e feconde. Chiedo: una società come quella attuale segnata in maniera tragica dalla filosofia dell’homo hominis lupus e dalla morale mors tua vita mea, cioè una società come la nostra – iperconflittuale, ipercompetitiva e che ha raschiato il fondo del barile di ogni valore di socialità e di solidarietà – che fini di futuro e di bene potrà mai raggiungere? Ecco, cari amici, da san Francesco di Sales ci giunge l’invito – significativo sul piano personale, ma anche su quello politico e culturale – a coltivare relazioni che costruiscano il bene e siano feconde di amicizia personale e civile. Ecco, amici, anche la vostra vita è piena di relazioni. Mi chiedo e vi chiedo: i vecchi mass-media e i nuovi social network che costituiscono il vostro ambiente di lavoro sono strumenti di amicizia o di inimicizia, sono strumenti di umanizzazione o di disumanizzazione? Ci stanno rendendo migliori o peggiori? - Fonte
nel Calendario tradizionale, San Francesco di Sales ricorre il 29 di gennaio. Oggi si festeggia San Timoteo, Vescovo, Martire e Collaboratore/ Corrispondente di San Paolo.
RispondiEliminaTra i “seguaci” di Cristo regna un silenzio assordante.
RispondiEliminaMoriranno bambini al nono mese di gravidanza e noi laici dobbiamo gridare ai quattro venti che l’aborto è un omicidio.
Che la Chiesa parli, ora!
Monsignore, la sua riflessione è bella, vera, e mi piace. Mi permetta di dire però che, pur essendo rivolta a dei giornalisti perciò imperniata sulla comunicazione, il tacere del tutto l'attività di "Riformatore tridentino contro l'eresia calvinista" di san Francesco di Sales sia fargli un torto che, se ritornasse, lo rattristerebbe certamente. Soprattutto poi in questi nostri tempi nei quali (malauguratamente) si definisce "Riformatore" Lutero e si tacciono i numerosi Santi e Fondatori Religiosi che, loro sì, come lui, hanno fatto la vera riforma della Chiesa. Quella fondata sui sacramenti, vita della grazia, rinnovamento morale, non quella fondata sull'abolizione di cinque sacramenti e della vita monastico-religiosa. Quanto poi al dialogo ecumenico, ci insegnerebbe ad essere miti ma anche fermi nella fede e nella dottrina, senza ricorrere a quel "tacere ciò che divide", "mettersi d'accordo", "trovarsi a metà strada", che si nota troppo spesso oggi. Comunque, grazie per le sue parole
RispondiEliminaMa essere bianchi è diventata una colpa? Non so se avete seguito la storia dei ragazzi di Covington, in America. Sintetizzo. Un gruppo di studenti bianchi e cattolici, alcuni col cappellino “Make America Great Again”, in un primo momento era circolata la storia che a Washington avessero dileggiato un attivista nativo col tamburello. Sono stati minacciati di morte, accusati dei peggiori crimini morali, tacciati di essere feccia trumpiana, offesi in ogni modo, degni di “essere eliminati” con quelle loro “facce da schiaffi”. I famosi “Due Minuti di Odio” di Orwell. I media di tutto il mondo - dalla Cnn ai tg Rai - hanno diffuso questa versione. Anche quei bolliti di vescovi cattolici hanno ripreso i propri studenti. Poi è emerso un secondo più ampio video, in cui si vede chiaramente che non soltanto i ragazzi non avevano offeso nessuno, ma che erano stati loro offesi da un gruppo di attivisti afroamericani e nativi. “Bianchi, tornatevene in Europa da dove venite”, “Froci, sporchi buchi di culo bianchi” etc.. I media che li hanno dati in pasto all’opinione pubblica si sono scusati. Ma le scuse non le vede nessuno. I media mainstream stanno diventando i più prolifici creatori di fake news. Poi i giornali si domandano perchè perdono copie. Il politicamente corretto li sta annientando.
RispondiEliminaGiulio Meotti
https://www.city-journal.org/covington-nick-sandmann-masculinity
RispondiEliminaPadre Antonio Nuara precisa con sapienza in che senso San Francesco di Sales e il patrono dei giornalisti – segnalatomi da Giusi Quaranta.
RispondiElimina“Oggi la Chiesa onora San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. Naturalmente di quei giornalisti che scrivono la “verità”.
È logico che non può esserlo di chi si “inventa” la verità. E credo che ai nostri tempi avrà pochi devoti. Appare sempre più chiaro che i giornalisti proclamano la verità che conviene al gruppo editoriale di appartenenza.
Nelle Dittature si parlava di “stampa di regime”, cioè asservita al dittatore di turno. Poi è venuta la stampa di partito, ora abbiamo quella dei gruppi industriali che ne detengono il possesso. Non c’è più etica. Diventa perciò, sempre più difficile leggere, sentire o vedere “cose vere”.
Chi in vario modo manipola la verità è contro l’uomo e il suo sviluppo. Il nostro sogno: giornali e giornalisti a servizio della “verità”. Solo così avrebbe un senso avere un santo come protettore”.