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sabato 22 febbraio 2020

Il vescovo Schneider analizza il testo del papa sull’Amazzonia e le sue carenze

Nonostante la posizione espressa dalla Querida Amazonia sul celibato sacerdotale abbia suscitato in alcuni sollievo, peraltro non scevro da interrogativi, il documento contiene “spiacevoli ambiguità ed errori dottrinali”, scrive il Vescovo Athanasius Schneider nella sua esclusiva dettagliata analisi. Sappiamo tuttavia quanto sia non così promettente [qui] quello che lui definisce, a proposito di alcune espressioni mitigate e del celibato, 'barlume di speranza'. Riportiamo di seguito il testo integrale del suo lavoro nella nostra traduzione da LifeSiteNews.
Potete consultare il nutrito indice degli articoli sul Sinodo per l'Amazzonia.

Querida Amazonia: un barlume di speranza nel mezzo della confusione imperante
Vescovo Athanasius Schneider

La maggioranza degli osservatori concorderanno nel considerare che la pubblicazione dell’esortazione apostolica Querida Amazonia abbia provocato un terremoto spirituale. Al suo interno, Papa Francesco non ha aperto le porte all’ordinazione sacerdotale di uomini sposati, i cosiddetti viri probati. Il papa ha anche respinto la proposta di introdurre l’ordinazione sacramentale delle donne al diaconato permanente, proposta che era stata approvata dalla maggioranza dei voti al Sinodo per l’Amazzonia. Tanto i mass media come le potenti reti di cardinali, vescovi, teologi e burocrati prezzolati – le cui menti si sono adeguate allo spirito scettico e relativista del mondo – sono rimasti inizialmente scioccati e hanno successivamente reagito con frustrazione manifesta o repressa.

Nel programma quotidiano Tagesthemen [Temi del giorno, N.d.T.] del 13 febbraio 2020, la catena televisiva pubblica tedesca ARD ha permesso che il commentatore ufficiale criticasse Papa Francesco con queste parole: “Papa Francesco ci ha sorpresi tutti con la sua decisione di interpretare il celibato in modo rigoroso. Il mondo era apparentemente pronto e dalla sua parte. Non è più un segreto il fatto che la posizione personale del papa argentino sia a favore di un alleggerimento della legge cattolica sulla continenza del clero. Secondo molti credenti un cauto alleggerimento della legge sul celibato sarebbe stato un primo passo sensato, come è stato suggerito anche dal Sinodo per l’Amazzonia. Ancora più grave del suo ‘no’ all’alleggerimento del celibato è la decisione del Capo della Chiesa sul ruolo delle donne, cui continuerà ad essere in gran parte negata l’opportunità di fare carriera all’interno della Chiesa”.

Il presidente del Comitato Centrale dei Cattolici Tedeschi (Zentralkommittee der Deutschen Katholiken) ha affermato: “Sfortunatamente, Papa Francesco non ha avuto il coraggio sufficiente per introdurre riforme autentiche sui temi dell’ordinazione di uomini sposati e del ministero liturgico delle donne, temi che pure sono stati dibattuti per 50 anni”. Un’altra reazione sorprendentemente veemente contro Papa Francesco è arrivata dal Padre Paulo Suess, un teologo tedesco che vive in Brasile e che è stato un partecipante di spicco del Sinodo per l’Amazzonia. Suess ha affermato che in alcune parti dell’esortazione il punto di vista di Papa Francesco sulla Chiesa in Amazzonia rappresenta un vero e proprio incubo.

Queste reazioni rendono evidente che tutti questi gruppi e individui erano sicuri di spuntarla e attendevano con fiducia la realizzazione dell’obiettivo che perseguivano da molto tempo, vale a dire l’abolizione del celibato sacerdotale e l’approvazione dell’ordinazione delle donne. Nel suo articolo di fondo del 13 febbraio intitolato Habemus Coelibatum!!!, il blog tedesco Im Beiboot Petri [Sulla barca di Pietro, N.d.T.] ha fatto questa interessante osservazione: “Che giornata! I giornalisti del mondo occidentale hanno cominciato ad assediare il Vaticano sin dall’alba per poter essere i primi ad annunciare la sensazionale e attesa notizia: ‘Finalmente l’ultimo bastione è stato abbattuto’. Questo sarebbe stato il risultato logico, perché nel mese di ottobre la ‘maggioranza’ lo aveva deciso, e né Dio né il papa avrebbero potuto opporsi. La stampa progressista militante, conosciuta anche con lo pseudonimo mainstream media, aveva già redatto articoli che erano pronti nei suoi computer: appena fosse stato diffuso l’annuncio ufficiale, non avrebbero dovuto fare nient’altro che premere il tasto ‘invio’ per essere i primi a dare la notizia sensazionale al mondo. Ma le cose sono andate in un altro modo”.

La norma apostolica del celibato sacerdotale e la verità rivelata da Dio secondo cui l’ordinazione sacramentale è riservata al sesso maschile rappresentavano l’ultimo bastione del cattolicesimo romano, e le reti secolarizzate e protestantizzate presenti nella Chiesa non erano mai riuscite ad abbatterlo. Sì, erano riuscite a danneggiare seriamente il bastione della legge perenne della preghiera, la lex orandi, per mezzo di elementi protestantizzanti nella forma e nei contenuti delle celebrazioni liturgiche. Erano riuscite, con la prassi, ad introdurre il divorzio per mezzo dell’approvazione papale di norme locali sull’ammissione alla Santa Comunione di cattolici che vivono all’interno di unioni adultere. Erano riuscite a legittimare gli atti omosessuali all’interno della Chiesa facendo sì che i cardinali e i vescovi che hanno dato il loro appoggio esplicito alle manifestazioni del Gay Pride e agli attivisti dei cosiddetti gruppi LGBT non fossero puniti. Erano riuscite ad allontanare la gerarchia della Chiesa cattolica, e concretamente il Papa, dal primato del sovrannaturale e dell’eterno nella missione della Chiesa, in modo da conferire uguale importanza alla missione dedicata alla cura di realtà materiali e temporali – come per esempio il clima, l’ambiente, il bioma amazzonico – equiparando in tal modo il naturale al sovrannaturale e dissacrando il sovrannaturale. Erano riuscite a relativizzare la verità della fede cattolica come unica vera religione voluta da Dio per mezzo di teorie e pratiche ecumeniche relativiste e del dialogo interreligioso. Erano riuscite ad abolire il Primo Comandamento del Decalogo per mezzo dell’atto senza precedenti storici della venerazione cultuale in Vaticano (nel cuore del cattolicesimo) di una statua della Pachamama, un simbolo eminente della religione pagana atavica dei popoli indigeni del Sudamerica.

Alla luce di tali e tanti attacchi mirati e ben orchestrati contro il Deposito della Fede e contro tutto quanto sia genuinamente cattolico, il rifiuto di Papa Francesco di indebolire o cambiare la legge del celibato sacerdotale e di approvare l’ordinazione sacramentale al diaconato delle donne è un evento di portata storica e merita di essere accolto con gratitudine da tutti i veri figli e tutte le vere figlie della Chiesa. La posizione del Papa ha frustrato molti partecipanti influenti al Sinodo per l’Amazzonia. La loro rabbia rivela il fatto che non avevano alcun interesse per la situazione dei popoli amazzonici e per la loro autentica evangelizzazione, bensì che stavano utilizzando tali popoli per raggiungere in modo spietato i loro obiettivi di politica ecclesiastica. In questo modo avevano inscenato una commedia di cinico clericalismo. Il teologo viennese Jan-Heiner Tück ha definito la posizione del papa “un rifiuto provocatorio”. Dando sfogo alla sua frustrazione, Tück ha vuotato il sacco dichiarando: “A che è servito il considerevole sforzo profuso per quattro settimane a Roma, se alla fine non è cambiato nulla?”.

Dopo la pubblicazione della Querida Amazonia, Papa Francesco ha manifestato a un gruppo di vescovi statunitensi la sua delusione causata dalle reazioni alla sua esortazione apostolica. Il Vescovo William A. Wack di Pensacola-Tallahassee ha riferito le seguenti parole di Papa Francesco: “Ha affermato che alcuni dicono che non è coraggioso perché non ascolta lo Spirito. ‘Per cui, non ce l’hanno con lo Spirito, ce l’hanno con me che sto qui in basso. Alcuni si preoccupavano solo per il celibato e non per l’Amazzonia’, ha dichiarato il papa”. Il Vescovo Wack ha aggiunto. “La costernazione [di Papa Francesco] era evidente”.

Nella loro frustrazione, chierici e laici che hanno ricevuto le loro cariche grazie all’influenza della nomenklatura ecclesiastica orientata al mondo stanno ora cercando disperatamente di limitare i danni. Le loro pie speranze fanno loro ripetere come dei mantra frasi del tipo: “Non è ancora detta l’ultima parola”. “Il dibattito andrà avanti”. “Le carte sono ancora sul tavolo”. Il Cardinal Christoph Schönborn ha seminato ulteriore confusione dichiarando: “Le decisioni del Sinodo per l’Amazzonia possono maturare ulteriormente; le porte aperte non sono state chiuse di nuovo”.

Altri si consolano con l’idea secondo la quale il documento finale del Sinodo per l’Amazzonia farebbe parte del magistero ordinario del Papa, ma vari rappresentanti della Santa Sede hanno respinto questo punto di vista. Nel corso della conferenza stampa durante la quale è stata presentata la Querida Amazonia il Cardinal Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, ha reso chiaro che nell’esortazione apostolica Papa Francesco parla della “presentazione”, non dell’“approvazione” del documento finale del sinodo. Il portavoce del Vaticano Matteo Bruni ha dichiarato: “L’esortazione apostolica [Querida Amazonia] è magistero. Il documento finale non è magistero”.

Con la pubblicazione della Querida Amazonia siamo stati testimoni di un evento in un certo qual modo simile – nelle circostanze e nelle reazioni – alla pubblicazione dell’enciclica Humanae Vitae da parte di Papa Paolo VI nel 1968. La posizione di Papa Francesco sulla legge del celibato sacerdotale e sull’ordinazione delle donne suscita sollievo in tutti i veri cattolici, tanto nei consacrati come nei laici. La roccia di Pietro, che nel corso dell’attuale pontificato è stata quasi sempre circondata da una fitta nebbia, è divenuta almeno per una volta una roccia che si erge sul mare e che resiste alle minacce dei flutti che si abbattono contro di essa, illuminata dai raggi della divina promessa di Cristo.

Ringraziando sinceramente Papa Francesco per aver resistito alle pressioni che esigevano l’alleggerimento della legge sul celibato sacerdotale e l’approvazione dell’ordinazione sacramentale delle donne, si deve anche onestamente sottolineare il fatto che il testo della Querida Amazonia rappresenta nel suo insieme un miglioramento rispetto al documento finale del Sinodo per l’Amazzonia. Per citare solo pochi esempi: la Querida Amazonia parla di “conversione interiore” (n. 56), laddove il documento finale presenta interi capitoli raggruppati sotto il titolo “conversione integrale” e “conversione ecologica” in cui si parla persino della “conversione ecologica della Chiesa e del pianeta” (n. 61). Il tema “casa comune” viene discusso in modo esteso nel documento finale, mentre è menzionato una sola volta nella Querida Amazonia, in una citazione. L’espressione “cambiamento climatico” e l’aggettivo “climatico” sono assenti nella Querida Amazonia, mentre il documento finale li usa due volte e parla persino delle “emissioni di diossido di carbonio (CO2)” (n. 77). Il termine “ecologia” viene utilizzato 27 volte nel documento finale e quasi sempre all’interno dell’espressione “ecologia integrale”, mentre l’espressione “ecologia umana” è assente. La Querida Amazonia utilizza invece solo una volta l’espressione “ecologia integrale” e parla tre volte di “ecologia umana” (n. 41) nel senso proposto da Papa Benedetto XVI.

Il documento finale non parla dei limiti della cultura e dello stile di vita dei popoli indigeni, laddove la Querida Amazonia li menziona due volte, in senso morale (vedi n. 22 e n. 36). La Querida Amazonia mette in guardia contro un chiuso “indigenismo”, laddove il documento finale tace su questo tema. La seguente affermazione della Querida Amazonia è degna di citazione: “Non è perciò mia intenzione proporre un indigenismo completamente chiuso, astorico, statico, che si sottragga a qualsiasi forma di meticciato [mestizaje]. Una cultura può diventare sterile quando ‘si chiude in se stessa e cerca di perpetuare forme di vita invecchiate, rifiutando ogni scambio e confronto intorno alla verità dell’uomo’” (n. 37). Il documento finale parla esclusivamente di “trasformazione sociale”, mentre la Querida Amazonia parla più di una trasformazione spirituale, in particolare della necessità che la cultura sia trasformata dall’opera dello Spirito Santo: “Lo Spirito Santo ne feconda la cultura con la forza trasformante del Vangelo” (n. 68). Il documento finale si guarda bene di parlare di un necessario atteggiamento critico nei confronti delle diverse culture, mentre la Querida Amazonia formula questa adeguata dichiarazione: “Le sfide delle culture invitano la Chiesa a ‘un atteggiamento di vigile senso critico, ma anche di attenzione fiduciosa’” (n. 67). Nel documento finale le parole “immanenza” e “vuoto” morale sono del tutto assenti, laddove la Querida Amazonia ammonisce in modo realista: “E quanto ci unisce è ciò che ci permette di essere nel mondo senza che ci divorino l’immanenza terrena, il vuoto spirituale, il comodo egocentrismo, l’individualismo consumista e autodistruttivo” (n. 108).

I termini “diritto” e “diritti” vengono usati nel documento finale in senso prevalentemente umanista. Il documento parla in modo insistente e con un obiettivo manifestamente ideologico del “diritto fondamentale” alla celebrazione dell’Eucarestia e dell’accesso ad essa (n. 109). La Querida Amazonia non parla del “diritto all’Eucarestia”, bensì del diritto dei popoli indigeni di ricevere il Vangelo (cfr. n. 64), un tema su cui il documento finale tace, evitando di parlare anche del danno che rappresenterebbe una comunità ecclesiastica trasformata in una ONG. La Querida Amazonia, al contrario, formula la seguente dichiarazione: “Senza questo annuncio appassionato, ogni struttura ecclesiale diventerà un’altra ONG, e quindi non risponderemo alla richiesta di Gesù Cristo: ‘Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura’ (Mc 16, 15)” (n. 64).

Il termine “adorazione” è assente dal documento finale, mentre è menzionato nella Querida Amazonia, che invece di parlare di “teologia inculturata” (documento finale), parla di “spiritualità inculturata”. Il documento finale utilizza solo due volte la parola “grazia”, e in modo antropocentrico, laddove la Querida Amazonia parla dieci volte di grazia in un senso più teologico, come si può constatare per esempio nelle seguenti formule: “Cristo è la fonte della grazia” (n. 87); nei sacramenti “la natura è elevata per essere luogo e strumento della grazia” (n. 81); la presenza di Dio per mezzo della grazia (nota n. 105). L’indispensabile citazione biblica di 1 Cor 9, 16 sulla chiamata missionaria della Chiesa è assente nel documento finale, mentre la Querida Amazonia parla in termini molto chiari di questa chiamata con la citazione completa di 1 Cor 9, 16: “Ma come cristiani non rinunciamo alla proposta di fede che abbiamo ricevuto dal Vangelo. Pur volendo impegnarci con tutti, fianco a fianco, non ci vergogniamo di Gesù Cristo. Per coloro che lo hanno incontrato, vivono nella sua amicizia e si identificano con il suo messaggio, è inevitabile parlare di Lui e portare agli altri la sua proposta di vita nuova: ‘Guai a me se non annuncio il Vangelo!’ (1 Cor 9, 16)” (n. 62). Il documento finale non parla del senso autentico della Tradizione della Chiesa, laddove la Querida Amazonia parla di Tradizione come radice di un albero che cresce costantemente. Citando la famosa formula di San Vincenzo di Lerino, essa dichiara che “la dottrina cristiana è consolidata dagli anni, ingrandita dal tempo, raffinata dall’età” [“Ut annis scilicet consolidetur, dilatetur tempore, sublimetur aetate”, N.d.T.] (Commonitorium, 23, citato nella nota 86).

Ma pur notando i miglioramenti presenti nella Querida Amazonia, non si può rimanere silenti a proposito delle spiacevoli ambiguità dottrinali e degli errori che essa contiene, né delle sue pericolose tendenze ideologiche. È per esempio assai problematico l’appoggio implicito offerto dalla Querida Amazonia alla spiritualità panteistica e pagana quando parla della terra materiale in termini di “mistero sacro” (n. 5); dell’entrare in comunione con la natura: “entriamo in comunione con la foresta” (n. 56); del bioma amazzonico come “luogo teologico” (n. 57). Le affermazioni secondo cui il Rio delle Amazzoni sarebbe “l’eternità segreta” (n. 44) e “solo la poesia, con l’umiltà della sua voce, potrà salvare questo mondo” (n. 46) sono molto prossime al panteismo e al paganesimo. Un cristiano non può aderire a tali idee e a tali espressioni.

Agli ebrei e ai cristiani non è stato mai permesso di “recepire […] in un certo modo” simboli religiosi indigeni e pagani. Dio proibì al Suo popolo eletto di adottare i simboli indigeni del vitello d’oro e di Baal. Quando appiccarono il fuoco al porto di Iamnia (vedi 2 Mac 12, 7-8), i soldati di Giuda Maccabeo ritennero possibile “recepire” simboli indigeni “in un certo modo” senza necessariamente considerare che ciò fosse un atto di idolatria, poiché si trattava semplicemente di offerte votive presenti nei templi (cfr. 2 Mac, 12, 40). Tuttavia, Dio condannò questa “adozione – in un certo modo – di simboli indigeni”, come tutti poterono osservare in modo evidente, dato che a causa di ciò i soldati vennero massacrati. L’intera comunità fece atti di espiazione per questo peccato: “Ricorsero alla preghiera, supplicando che il peccato commesso fosse pienamente perdonato. Il nobile Giuda […], fatta una colletta, […] l[a] inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio espiatorio” (2 Mac 12, 42-43).

Gli apostoli non avrebbero mai permesso l’adozione “in un certo modo” dei simboli indigeni della società greco-romana, come per esempio la statua di Artemide o Diana ad Efeso (vedi At 19, 13 e seguenti). San Paolo “ha convinto e sviato [sono parole dell’argentiere Demetrio, ovviamente ostili nei confronti dell’apostolo perché dal commercio di artefatti pagani dipendeva il suo guadagno economico, N.d.T.] una massa di gente, […] affermando che non sono dèi quelli fabbricati da mano d’uomo” (At 19, 26). I nativi di Efeso protestarono contro la posizione inflessibile di San Paolo contro l’adozione di simboli indigeni e dissero: “C’è il pericolo […] che il santuario della grande dea Artèmide non venga stimato più nulla e venga distrutta la grandezza di colei che l’Asia e il mondo intero adorano” (At 19, 27). Seguendo San Paolo dovremmo affermare: “Quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli” e con i simboli religiosi indigeni (cfr. 2 Cor 6, 16)? San Vladimiro non adottò i simboli indigeni utilizzati nella religione pagana che aveva professato, né lo fece San Bonifacio in Germania. In questo modo essi obbedirono al comandamento di Dio presente nella Sacra Scrittura e all’insegnamento degli apostoli. Certamente, nessuno degli apostoli o dei santi missionari potrebbe rimanere in silenzio e accettare tranquillamente l’affermazione della Querida Amazonia secondo cui “è possibile recepire in qualche modo un simbolo indigeno senza necessariamente qualificarlo come idolatrico” (n. 79).

Anche la definizione della Beata Vergine Maria come “madre di tutte le creature” (n. 111) è altamente problematica da un punto di vista teologico. La Beata e Immacolata Madre di Dio non è la madre di tutte le creature, ma solo di Gesù Cristo, il Redentore dell’umanità, e pertanto è anche la madre spirituale di tutte le persone redente dal Suo divino Figlio. Si può trovare l’espressione “madre della creazione” o “madre delle creature” nelle religioni pagane, per esempio nel culto della Pachamama e nei movimenti New Age, come si può evincere dalla seguente descrizione: “Nelle religioni di carattere primitivo antiche e moderne, la Madre Terra è la fonte eternamente feconda di ogni cosa. È semplicemente la madre; nulla è separato da lei. Tutto procede da lei, tutto ritorna a lei, tutto è lei. La forma più arcaica di ‘Madre Terra’ è una Madre Terra che produce tutto, in modo inesauribile, da se stessa” (Enciclopedia Britannica). Gli inni vedici parlano di Aditi, la dea primordiale del panteon induista, come della “madre di tutte le creature”. Sant’Anselmo fornisce la definizione e la terminologia più appropriate affermando: “Dio è il Padre del mondo creato e Maria la madre del mondo ri-creato. Dio è il Padre per mezzo del Quale tutte le creature hanno ricevuto la vita, e Maria è la madre di Colui per mezzo del Quale tutte le creature hanno ricevuto nuova vita. Poiché Dio ha generato il Figlio, per mezzo del Quale tutte le cose sono state create, e Maria Gli ha dato la luce come Salvatore del mondo. Senza il Figlio di Dio, niente potrebbe esistere; senza il Figlio di Maria, niente potrebbe essere redento” (Oratio 52). Maria è la “Regina del cielo, la regina coeli” e la “Regina della creazione”, ma non è la “madre di tutte le creature”.

Alcune delle principali tendenze erronee presenti nella Querida Amazonia sono la sua promozione del naturalismo, i sottili echi panteisti e un velato pelagianesimo. Tali tendenze possono essere individuate nell’eccessiva enfasi e nell’eccessivo valore conferiti alla premura per la natura, per la terra e per le realtà temporali. Un siffatto riduzionismo confina l’esistenza delle creature e del genere umano precipuamente all’interno della sfera naturale. Questa tendenza naturalista e neo-pelagiana è di fatto la malattia spirituale che maggiormente ha caratterizzato e danneggiato la vita della Chiesa a partire dal Concilio Vaticano Secondo. La Querida Amazonia è una prova dell’esistenza di tale tendenza, anche se al suo interno essa presenta una forma più mite rispetto al documento finale del Sinodo per l’Amazzonia.

La tendenza eccessiva a esaltare e promuovere le realtà temporali e naturali indebolisce in modo considerevole il mandato della Chiesa, conferitole dal suo divino Redentore nel seguente, chiaro insegnamento presente nella Sacra Scrittura: “E strada facendo predicate che il regno dei cieli è vicino” (Mt 10, 7); “Nel Suo Nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati” (Lc 24, 47); “Cercate prima il regno di Dio e la Sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6, 33); “Voi siete di quaggiù, Io Sono di lassù; voi siete di questo mondo, Io non sono di questo mondo” (Gv 8, 23); “Non è giusto che noi trascuriamo la Parola di Dio per il servizio delle mense[.] […] Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della Parola” (At 6, 2.4); “Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini” (1 Cor 15, 19); e: “Passa la scena di questo mondo!” (1 Cor 7, 31). È in atto un’opera di distorsione del significato principale e autentico della predicazione del Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo per dirottarla verso una direzione mondana. La missione principale di Gesù Cristo, il Redentore dell’umanità, non fu quella di prendersi cura del benessere materiale del pianeta o del bioma amazzone, bensì quello di salvare anime immortali per la vita eterna nel cielo: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3, 16). Gesù Cristo non ha detto: “Dio ha dato il Suo Figlio unigenito perché questo pianeta e tutte le sue parti – come per esempio il bioma amazzone – non muoia, ma abbia abbondante vita naturale”. Né ha detto: “Andate e proclamate che il regno della Madre Terra è vicino”.

Il creato materiale soffre proprio a causa della mancanza della vita sovrannaturale procedente dalla grazia di Cristo nelle anime degli uomini. Il Verbo di Dio ci insegna questo: “La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità – non per suo volere, ma per volere di colui che l'ha sottomessa – e nutre la speranza di essere essa pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Poiché nella speranza noi siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se visto, non è più speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe ancora sperarlo?” (Rm 8, 19-24). Quanto più nei giorni attuali la Chiesa indebolisce la sua missione e la sua attività primarie e sovrannaturali, tanto più essa compromette anche, agli occhi di Dio e dell’eternità, la redenzione e la santificazione del creato materiale.

L’attuale cambio di paradigma nella vita della Chiesa (e purtroppo anche da parte della Santa Sede e del papa), orientato verso la promozione di ciò che è naturale e temporale a detrimento del sovrannaturale e di ciò che è eterno, può essere adeguatamente rappresentato utilizzando le parole di uno dei più grandi papi della storia, San Gregorio Magno, il quale affermò che la polvere degli affanni terreni acceca gli occhi della Chiesa (terrena studia Ecclesiae oculos pulvis caecat): “Fintantoché gli affanni terreni occuperanno le menti dei pastori, la polvere accecherà gli occhi della Chiesa” (Regula pastoralis II, 7). Ponendo un accento eccessivo sulle realtà terrene e dedicandosi eccessivamente ad esse – fino al punto di indulgere in materie scientifiche, tecniche ed economiche che non le competono, così come non le competono le questioni riguardanti il clima o la flora o la fauna di un determinato bioma – la Chiesa dei nostri giorni sta oltrepassando i limiti del suo potere e allo stesso tempo sta commettendo l’errore di cadere in un nuovo tipo di clericalismo. A tal proposito è di ausilio l’insegnamento di Papa Leone XIII: “L’Onnipotente ha affidato la cura della razza umana a due poteri, quello ecclesiastico e quello civile. Il primo è stato posto a carico delle cose divine, il secondo di quelle umane. Ciascuno dei due, a modo suo, è supremo, entrambi hanno limiti prefissati all’interno dei quali sono contenuti, limiti che sono definiti dalla natura e dall’oggetto speciale della sfera di ciascuno, dimodoché possiamo dire che esista un’orbita tracciata all’interno della quale l’azione di ciascuno dei due viene messa in gioco dal suo diritto originale” (Enciclica Immortale Dei, 13).

La deviazione attuale della Chiesa in direzione di un velato pelagianesimo e verso il naturalismo provoca ingenti danni al bene e alla salvezza delle anime. Di nuovo, risultano di grande attualità le seguenti parole di San Gregorio Magno: “I fedeli soggetti ai pastori non sono in grado di percepire la luce della verità quando gli affanni materiali occupano le menti dei pastori: polvere sollevata dai venti della tentazione che acceca gli occhi della Chiesa. […] Ma nessuna polvere può offuscare la vista che si innalza verso l’alto per cercare i passi che conducono al cielo. […] L’ornamento della Chiesa, ossia i pastori, avrebbero dovuto possedere la libertà necessaria a penetrare i misteri interiori nei luoghi segreti del tabernacolo, e invece cercano le vaste strade delle cause secolari esteriori” (Regula pastoralis II, 7).

Sant’Ireneo ha affermato che la gloria di Dio è l’uomo pienamente vivo. Tuttavia, la vita autentica dell’uomo non è naturale ma sovrannaturale, e consiste nella visione di Dio. L’Uomo più autentico è Gesù Cristo, il Figlio Incarnato di Dio: “Gloria enim Dei vivens homo, vita autem hominis visio Dei” (Adversus haereses IV, 20). La seguente affermazione della Querida Amazonia, al contrario, esalta eccessivamente il valore delle creature materiali: “Per causa nostra, migliaia di specie non daranno gloria a Dio con la loro esistenza né potranno comunicarci il proprio messaggio. Non ne abbiamo il diritto” (n. 54). Questa affermazione sembra ignorare la cruda realtà della morte spirituale di così tante anime umane, create a immagine e somiglianza di Dio (vedi Gn 1, 27), le quali – con la loro vita di peccato e di ignoranza – non dànno gloria a Dio, bensì Lo offendono. Gli esseri umani che offendono Dio e che non Gli dànno gloria sono così numerosi a causa del peccato di omissione commesso dalla Chiesa dei nostri giorni, che diluisce la proclamazione della divina Rivelazione tollerando ambiguità dottrinali ed eresie. Di conseguenza, molte persone non conoscono né l’unicità di Gesù Cristo e della Sua opera redentrice, né la santa volontà di Dio, e pertanto non Gli dànno più gloria. La situazione in cui la Chiesa contemporanea ha lasciato l’umanità e il mondo può essere appropriatamente riassunta dalle parole di San Paolo: “[Corrono] come chi è senza meta, [fanno il pugilato] come chi batte l’aria” (1 Cor 9, 26).

Costellata com’è di molte espressioni teologiche problematiche, dubbie e ambigue, la Querida Amazonia contiene però anche affermazioni di valore, come per esempio quella sui sacerdoti: “Questa è la sua grande potestà, che può essere ricevuta soltanto nel sacramento dell’Ordine sacerdotale. Per questo lui solo può dire: ‘Questo è il mio corpo’. Ci sono altre parole che solo lui può pronunciare: ‘Io ti assolvo dai tuoi peccati’. Perché il perdono sacramentale è al servizio di una degna celebrazione eucaristica. In questi due Sacramenti c’è il cuore della sua identità esclusiva” (n. 88); “Il Signore ha voluto manifestare il suo potere e il suo amore attraverso due volti umani: quello del suo Figlio divino fatto uomo e quello di una creatura che è donna, Maria” (n. 101); “Crediamo fermamente in Gesù come unico Redentore del mondo, coltiviamo una profonda devozione verso sua Madre” (n. 107); “Ci unisce la convinzione che non si esaurisce tutto in questa vita, ma che siamo chiamati alla festa celeste” (n. 109). Al termine della Querida Amazonia, Papa Francesco offre un punto di vista sovrannaturale e piamente cattolico pregando: “Madre, fa’ che il tuo Figlio nasca nei loro cuori” (n. 111); “Madre, regna tu in Amazzonia insieme al tuo Figlio” (n. 111).

Ciò di cui la Chiesa dei nostri giorni e le autorità della Santa Sede a Roma hanno bisogno non è la conversione a realtà mondane, bensì la conversione alle realtà sovrannaturali della grazia di Cristo e della Sua opera redentrice. Affermando che “tale conversione interiore è ciò che potrà permetterci di piangere per l’Amazzonia e di gridare con essa al Signore” (n. 56), la Querida Amazonia sembra non percepire o sottovalutare l’urgente necessità di un’autentica conversione a Dio. L’intera Chiesa, e soprattutto e per primo il papa, non dovrebbero piangere per l’Amazzonia, bensì per la morte spirituale di così tante anime immortali a causa del loro rifiuto della divina Rivelazione e della divina volontà così come essa è rivelata nei comandamenti di Dio e nella legge naturale. Il papa, i vescovi e l’intera Chiesa dovrebbero piangere a causa degli orrendi peccati di apostasia, per il tradimento di Cristo, per le blasfemie e i sacrilegi perpetrati da non pochi cattolici e membri del clero e persino delle gerarchie ecclesiastiche. Il papa, i vescovi e l’intera Chiesa dovrebbero anche piangere in modo particolare per l’inenarrabile e orrendo genocidio di bambini innocenti non nati.

La conversione più urgente non è quella ecologica, non è una conversione al pianto per il bioma amazzone. La conversione più urgente è la conversione a Dio, al Suo regno, alla Sua grazia. Il papa e i vescovi sono i primi che dovrebbero pregare con le lacrime agli occhi: “Facci ritornare a te, Signore, e noi ritorneremo; rinnova i nostri giorni come in antico” (“Converte nos, Domine, ad Te, et convertemur, sicut a principio”) (Lam 5, 22). Il Signore dice anche: “Convertitevi a Me, e io Mi rivolgerò a voi” (“Convertimini ad Me, et convertar ad vos”) (Zc 1, 3). Quanto sono belle e consolanti le parole del Salmo 84, che nella forma costante del Rito Romano, nell’uso più antico del Rito Romano (usus antiquior), il sacerdote e i fedeli pregano all’inizio di ogni Santa Messa: “Deus, Tu conversus vivificabis nos, et plebs Tua laetabitur in Te” (“Volgiti a noi, o Dio, dacci la vita e il Tuo popolo gioirà in Te”).

Considerando i drammatici attacchi spirituali contro la roccia di San Pietro, la pubblicazione della Querida Amazonia – con la posizione di Papa Francesco che conferma la norma del celibato sacerdotale e la divina verità dell’ordinazione sacerdotale riservata al sesso maschile – è, nonostante i suoi limiti e i suoi errori teologici, un barlume di speranza nel mezzo della confusione imperante.

Che tutti i piccoli all’interno della Chiesa – tutti quelli che sono stati messi al margine dall’establishment mondano ecclesiastico – preghino ora affinché questo barlume diventi un raggio luminoso, e affinché Papa Francesco proclami con la più alta autorità magisteriale, ossia ex cathedra, la verità rivelata da Dio, cui il Magistero universale della Chiesa ha sempre creduto e che ha sempre messo in pratica: ossia, che il Sacramento dell’Ordine Sacro, nei suoi tre gradi (diaconato, presbiteriato ed episcopato), è per divina istituzione riservato al sesso maschile.

Una luce così abbagliante che brilla dalla roccia di Pietro diverrebbe ancora più intensa qualora Papa Francesco pubblicasse una dichiarazione sulla norma apostolica del celibato sacerdotale che corrisponda alla posizione mantenuta da tutti i pontefici romani. Giacché, nonostante le tante pressioni in direzione di un alleggerimento della legge del celibato, tutti i pontefici romani hanno sempre resistito e sono rimasti saldi. Una dichiarazione del genere sarebbe simile a quella fatta da Papa Benedetto XV, il quale affermò: “Essendo uno degli ornamenti principali del clero cattolico e la fonte delle più alte virtù, la legge del celibato dev’essere mantenuta inviolata nella sua purezza; e la Santa Sede non la abolirà e non la mitigherà mai” (Allocuzione Concistoriale, 16 dicembre 1920).

Ascoltiamo tutti queste parole così attuali che Nostro Signore rivolse a Santa Brigida: “O Roma, se sapessi cosa ti aspetta piangeresti sicuramente invece di gioire. Nei giorni antichi Roma era come una tappezzeria tinta coi più bei colori e tessuta coi più nobili fili. Il tappeto sul suo suolo era tinto di rosso, ossia dal sangue dei martiri, e intessuto dalle ossa dei santi. Ora le sue porte sono abbandonate, poiché i suoi difensori e i suoi guardiani si sono dati all’avarizia. Le sue mura sono rase al suolo e lasciate incustodite, poiché a nessuno importa che le anime si perdano. Al contrario, i sacerdoti e il popolo, che sono le mura di Dio, si sono dispersi per dedicarsi ad opere di profitto carnale. Sono venduti con disprezzo i sacri calici in cui i sacramenti di Dio vengono amministrati per ricevere favori mondani” (Libro delle rivelazioni, 3, 27).

E queste sono le parole di Cristo rivolte al papa, al Suo Vicario sulla terra: “Comincia a riformare la Chiesa che Io ho acquistato col Mio Sangue affinché potesse essere redenta e riportata spiritualmente al suo stato di santità primordiale” (Libro delle rivelazioni, 4, 142).

Storicamente, la fonte principale delle varie crisi disastrose della Chiesa romana è sempre stato l’allontanamento del papa e della curia romana dal primato del sovrannaturale e dagli oneri spirituali per dedicarsi a realtà temporali e terrene. La curia romana attuale sta attraversando un’enorme crisi a causa di una nuova eccessiva dedizione agli affari temporali e terreni, a tal punto che la Santa Sede è diventata – secondo alcuni commentatori – una sorta di succursale delle Nazioni Unite. In effetti, la Santa Sede viene attualmente utilizzata come strumento efficace per l’introduzione di un’ideologia unica, globale e naturalista mascherata dietro il concetto di “Fratellanza Umana”. Il Signore interverrà sicuramente e purificherà Roma e il papato, come ha fatto tante altre volte in passato.

Possiamo avere fiducia nel fatto che le preghiere, i sacrifici e la fedeltà alla fede cattolica dei piccoli all’interno della Chiesa otterranno la grazia di cui Papa Francesco ha bisogno per compiere almeno i due atti indispensabili di ministero petrino summenzionati, per il maggior onore del sacerdozio di Cristo e per la santificazione della sacra gerarchia, poiché ogni autentica riforma della Chiesa deve cominciare dalla testa e poi pervadere l’intero corpo.

“Che Dio preservi il Romano Pontefice e non permetta che sia preda della volontà dei suoi nemici” (“Dominus conservet eum et non tradat eum in animam inimicorum eius”).
18 febbraio 2020
+ Athanasius Schneider, Vescovo Ausiliare di Santa Maria in Astana
[Traduzione per Chiesa e post-concilio di Antonio Marcantonio]
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6 commenti:

  1. Mentre nella Chiesa si consuma un dramma e vengono a mancare le risorse spirituali che sostengono il mondo, è questo che succede?

    In questi tempi di corona-virus, questa intervista del 2009 di Jaques Attali, quello che aveva ipotizzato l'eutanasia di stato per eliminare i "vecchi" troppo costosi e fra i principali architetti dell'Unione Europea, fa molto riflettere. Avevamo bisogno di Jacques Attali per pensarci! Nella sua rubrica della rivista l’L’Express del 3 maggio 2009, il vecchio sherpa di François Mitterrand rivela alcuni intimi fantasmi del mondo oligarchico. [

    https://scenarieconomici.it/jacques-attali-una-piccola-pandemia-permettera-di-instaurare-un-governo-mondiale/

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  2. Nonostante le (secondo me) forzature devianti della prima parte, nell'intento di salvare un salvabile che è comunque veleno, intressante la seconda, da cui estraggo questo passaggio, che tuttavia è sommerso dal resto:
    "Questa tendenza naturalista e neo-pelagiana è di fatto la malattia spirituale che maggiormente ha caratterizzato e danneggiato la vita della Chiesa a partire dal Concilio Vaticano Secondo. La Querida Amazonia è una prova dell’esistenza di tale tendenza, anche se al suo interno essa presenta una forma più mite rispetto al documento finale del Sinodo per l’Amazzonia."

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  3. Mic 9:40

    Secondo lo schema: "chi conosce il futuro? Chi lo prepara!"

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  4. Quella di Mons Schneider è una "visione troppo ottimistica", per usare un eufemismo, anche perchè Bergoglio invita a leggere e fare proprio il documento finale del sinodo che in fatto di celibato ecclesiastico lo nega.

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  5. Dedicato ad Jacques Attali e agli altri.

    Bisogna cominciare a distinguere i pensieri.
    1)la prima regola è la riscoperta in ambito laico dell'ORA ET LABORA.Per evitare il crescente numero di pensatori segaioli, bisogna prevedere, per ogni ordine e grado di studi, dalle elementari al master, una buona fetta del tempo dedicata al lavoro manuale obbligatorio.

    2)La pratica del lavoro manuale dovrà coprire anche parte della carriera lavorativa, anche dei presidenti della repubblica per intenderci.

    3)Fino alla terza media tutti dovranno esercitare la manualità nei lavori fondamentali in cicli semestrali/annuali.

    4)Nelle classi superiori si entrerà in una certa specializzazione dove ognuno, con l'aiuto degli educatori metterà a fuoco il suo 'mestiere secondo' ed in questo piano piano si specializzerà. Così sarà anche all'università.

    Internet, non rientra in questo apprendimento del 'mestiere secondo'. Come non vi rientrano le arti e lo sport, che avranno i loro spazi d'obbligo.

    Nella certezza che un sano lavoro manuale esercitato con passione durante tutta la vita aiuti, in particolare, coloro che sono chiamati ad un lavoro di pensiero a non cadere preda dei loro demoni, a distinguere cioè un pensiero rispondente alle necessità reali da un pensiero segaiolo, avulso dal reale, che riguarda solo la loro parte malata, da curare e non da assecondare. Il sudore della fronte lava a ciascuno quello che vi è stato scritto sopra.(G.K.Gibran, citato a memoria)

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  6. Mah....cioè ci sono cose salvate e cose affossare,che sono cattoliche, così il Vicario di Cristo parla con il ni,da Gesù dichiarato appartenente al Maligno.E se non farà ciò che auspica,affonderà col pastorale,ormai sganciato dal dogma col concilio, e cioè farà con la prassi.Chi sono io per giudicare....

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