Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 22 novembre 2011

Universae Ecclesiae. Osservazioni sulle traduzioni dal testo latino, che falsificano o attenuano il senso di alcune prescrizioni

La riflessione che segue riguarda alcuni punti della Istruzione Universae Eccelsiae, attuativa del Motu Proprio Summorum Pontificum che ha liberalizzato il Rito Romano nell'usus Antiquior, individuati percorrendo il testo latino e la traduzione in lingua vernacolare che ne connota le applicazioni, fino ad oggi quasi ovunque disattese dai vescovi e da molti sacerdoti che si dicono fedeli al Papa e invece non ne attuano le precise volontà. Ovviamente l'analisi estrae solo i punti che, ad un primo esame, sono apparsi più controversi e mettono in luce, nella traduzione, una mens orientata ad applicazioni decisamente restrittive; il che è purtroppo esattamente corrispondente alla realtà che il Corpo Mistico di Cristo subisce in tutte le diocesi del mondo, compresa quella del Papa.

Nel fare il raffronto con i testi tradotti nelle altre lingue sempre in riferimento ai punti presi in considerazione, se le mie osservazioni sono esatte, le traduzioni appaiono pedissequamente corrispondenti al testo italiano più che a quello latino e quindi dotate della stessa "coloritura" di fondo più involutiva che incoraggiante...

Ve le propongo in tutta semplicità, aspettandomi le vostre riflessioni e se del caso, anche correzioni.


ISTRUZIONE sull’applicazione della Lettera Apostolica Motu Proprio data Summorum Pontificum di S.S. BENEDETTO PP. XVI

[...] Esso [il Motu proprio] si propone l’obiettivo di:
  1. offrire a tutti i fedeli la Liturgia Romana nell’Usus Antiquior, considerata tesoro prezioso da conservare;
  2. garantire e assicurare realmente a quanti lo domandano, l’uso della forma extraordinaria, nel presupposto che l’uso della Liturgia Romana in vigore nel 1962 sia una facoltà elargita per il bene dei fedeli e pertanto vada interpretata in un senso favorevole ai fedeli che ne sono i principali destinatari;
  3. favorire la riconciliazione in seno alla Chiesa.
[...]
7. ... Tra l’altro Papa Benedetto XVI afferma [monet= ammonisce, è più che afferma]: "Non c’è nessuna contraddizione tra l’una e l’altra edizione del Messale Romano. Nella storia della liturgia c’è crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può [il testo latino dice non licet non è lecito, non è permesso, quindi solo di conseguenza non è possibile] essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso".
7. ... Inter cetera monet Benedictus XVI: "Inter duas Missalis Romani editiones nulla est contradictio. In historia liturgiae incrementum et progressus inveniuntur, nulla tamen ruptura. Id quod maioribus nostris sacrum erat, nobis manet sacrum et grande, et non licet ut repente omnino vetitum sit, neque ut plane noxium judicetur".
[...]
17. § 1. Per decidere in singoli casi, il parroco o il rettore, o il sacerdote responsabile di una chiesa, si regolerà secondo la [sua] prudenza, lasciandosi guidare da zelo pastorale e da uno spirito di generosa accoglienza. [Da notare che il verbo agat= agisca regge comportamenti che sono tutti sullo stesso piano, compresa la prudenza che non è la sua personale, ma quella di una mente prudente, che equivale a "prudenza", ma del "sua" non c'è traccia. Come non c'è traccia del "lasciarsi guidare" attribuito alla "sua prudenza", e né caritate e urbanitate" carità e garbo, nulla hanno a che vedere con "generosa accoglienza", che sa più di "favore acquiescente" che di "carità gentile". Infatti la frase è molto lineare: agat regge sia la prudenti mente che lo zelo pastorale suffultus (sorretto sostenuto puntellato) da carità e garbo.]
17. § 1. Ut de singulis casibus iudicium feratur, parochus aut rector, aut sacerdos qui ecclesiae curam habet, prudenti mente agat, pastorali zelo, caritate et urbanitate suffultus.

19. I fedeli che chiedono la celebrazione della forma extraordinaria non devono in alcun modo [in alcun modo, nel testo latino non c'è. Semmai quoquo modo= comunque mi pare collegato ai gruppi ostili al Romano Pontefice, consociazionibus... quae... quoquo modo sint infensae, termine tra l'altro molto forte... In questo caso la traduzione usa termini meno 'forti' rispetto al testo latino e condensa in un'unica forma "si manifestano contrari" due verbi: impugnent= (si oppongano, contestino) e sint infensae (siano ostili)] sostenere o appartenere a gruppi che si manifestano contrari alla validità o legittimità della Santa Messa o dei Sacramenti celebrati nella forma ordinaria e/o al Romano Pontefice come Pastore Supremo della Chiesa universale.
19. Christifideles celebrationem secundum formam extraordinariam postulantes, auxilium ne ferant neque nomen dent consociationibus, quae validitatem vel legitimitatem Sanctae Missae Sacrificii et Sacramentorum secundum formam ordinariam impugnent, vel Romano Pontifici, Universae Ecclesiae Pastori quoquo modo sint infensae.

21. Si chiede [enixe= energicamente fortemente] agli Ordinari di offrire al clero la possibilità [occasionem, di certo è più che possibilità] di acquisire una preparazione adeguata alle celebrazioni nella forma extraordinaria. Ciò vale anche [potissimum= "in particolare", non "anche"] per i Seminari, dove si dovrà provvedere che i futuri sacerdoti [siano adeguatamente formati instituantur convenienter] con lo studio del latino e [non se le esigenze pastorali lo suggeriscono, ma a adiunctis id postulantibus= a coloro che uniti lo chiedono. Da notare che questa dizione del testo latino ammette il caso che ci si siano gruppi di seminaristi desiderosi di apprendere e si riferisce specificamente ai seminaristi sacrorum alumni non a generiche e non meglio identificate esigenze pastorali che dovrebbero consentirlo!!!!], offrire la possibilità di apprendere la forma extraordinaria del Rito.
21. Ordinarii enixe rogantur ut clericis instituendis occasionem praebeant accommodatam artem celebrandi in forma extraordinaria acquirendi, quod potissimum pro Seminariis valet, in quibus providebitur ut sacrorum alumni convenienter instituantur, Latinum discendo sermonem et, adiunctis id postulantibus, ipsam Ritus Romani formam extraordinariam.
[...]
28. Inoltre, in forza del suo carattere di legge speciale, nell’ambito suo proprio, il Motu Proprio Summorum Pontificum, deroga a quei provvedimenti legislativi, inerenti ai sacri Riti, emanati dal 1962 in poi ed incompatibili con le rubriche dei libri liturgici in vigore nel 1962.
28. Praeterea, cum sane de lege speciali agitur, quoad materiam propriam, Litterae Apostolicae Summorum Pontificum derogant omnibus legibus liturgicis, sacrorum rituum propriis, exinde ab anno 1962 promulgatis, et cum rubricis librorum liturgicorum anni 1962 non congruentibus.

Il Motu proprio è l’atto più solenne di un Papa che viene dalla sua volontà "emanato di propria iniziativa", decisione personale promulgata da chi ne ha il potere. E’ proprio del Papa per esercitare la sua sovranità immediata sulla Chiesa universale. A questo proposito mi faccio e vi faccio una domanda che spero non sia troppo semplicistica: essendo il Papa il Legislatore universale, c'era bisogno del successivo punto 30 che richiama il Diritto Canonico e le restrizioni del successivo art. 31? Il Motu proprio ben può riferirsi anche al Ministeria Quaedam di Paolo VI che abolisce gli ordini minori, dal momento che il Novus Ordo non prevede il servizio all'Altare nei termini del Vetus Ordo. O no?

29. La concessione [la ratio del Motu proprio non mi pare che possa indurre tanto a parlare di "concessione" quanto di uno "jus riconosciuto" e, quindi è più appropriato, nonché esatto, il termine facoltà] di usare la formula antica per il rito della Cresima è stata confermata dal Motu Proprio Summorum Pontificum (cf. art. 9 § 2). Pertanto non è necessario utilizzare per la forma extraordinaria la formula rinnovata del Rito della Confermazione promulgato da Papa Paolo VI.
29. Facultas adhibendi formulam antiquam ad Confirmationem impertiendam, confirmata est a Litteris Apostolicis Summorum Pontificum (cf. art. 9, § 2), proinde non necessario adhibenda est pro forma extraordinaria formula recentior, quae in Ordine Confirmationis Pauli PP. VI invenitur.

Riporto per comodità di consultazione di chi legge i nn. 30 e 31.

30. Con riguardo alla tonsura, agli ordini minori e al suddiaconato, il Motu Proprio Summorum Pontificum non introduce nessun cambiamento nella disciplina del Codice di Diritto Canonico del 1983; di conseguenza, negli Istituti di Vita Consacrata e nelle Società di Vita Apostolica che dipendono dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei, il professo con voti perpetui oppure chi è stato incorporato definitivamente in una società clericale di vita apostolica, con l’ordinazione diaconale viene incardinato come chierico nell’istituto o nella società, a norma del canone 266 § 2 del Codice di Diritto Canonico.
30. Quoad primam Tonsuram, Ordines Minores et Subdiaconatum, Litterae Apostolicae Summorum Pontificum nullam obmutationem in disciplina Codicis Iuris Canonici anno 1983 introduxerunt: hac de causa, pro Institutis Vitae Consecratae et Societatibus Vitae Apostolicae Pontificiae Commissioni Ecclesia Dei subditis, sodalis votis perpetuis professus aut societati clericali vitae apostolicae definitive incorporatus, per receptum diaconatum incardinatur tamquam clericus eidem instituto aut societati, ad normam canonis 266 § 2 Codicis Iuris Canonici.

31. Soltanto [Sarebbe forse più appropriato almeno] negli Istituti di Vita Consacrata e nelle Società di Vita Apostolica che dipendono dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei e in quelli dove si mantiene l’uso dei libri liturgici della forma extraordinaria, è permesso l’uso del Pontificale Romanum del 1962 per il conferimento degli ordini minori e maggiori.
31. Dumtaxat Institutis Vitae Consecratae et Societatibus Vitae Apostolicae Pontificiae Commissioni Ecclesia Dei subditis, et his ubi servatur usus librorum liturgicorum formae extraordinariae, licet Pontificali Romano anni 1962 uti ad Ordines maiores et minores conferendos.

Addirittura il n. 31 sembrerebbe in contrasto col precedente n.30, che si rifà al codice di diritto canonico, mentre il Papa come supremo Legislatore ha emanato un atto normativo di rango primario nell'ambito delle gerarchie delle norme canoniche (vedi n.28). Infatti, mentre al n.30 si richiama il codice in riferimento all'incardinazione e si è voluto specificare che il Summorum Pontificum non ha innovato il Codice riguardo agli "ordini minori" (ma l'Istruzione non ha lo stesso rango del Motu proprio), poi nel n.31 si prevede il conferimento degli "ordini minori", ma solo per gli Istituti... che senso ha? Se il Motu proprio del Papa è normativo per la Chiesa universale, perché una restrizione del genere? (Maria Guarini)

50 commenti:

Anonimo ha detto...

Strano come la pubblicazione di una semplice notizia (vedi articolo precedente), abbia innescato questa riflessione che è andata ampliandosi.
E' stato un rapido excursus, non meditato. Credo che ci sia molto da approfondire.

Icabod ha detto...

effettivamente è un po' difficile tradurre "adiunctis id postulantibus" con "se le esigenze pastorali lo suggeriscono"...

Anonimo ha detto...

effettivamente è un po' difficile tradurre "adiunctis id postulantibus" con "se le esigenze pastorali lo suggeriscono"...

E' vero. Ma poi, nella pratica, può avvenire che vengono sempre tirate in ballo le esigenze pastorali che non lo suggeriscono mai :(

Cicero pro domo sua ha detto...

si regolerà secondo la [sua] prudenza, lasciandosi guidare da zelo pastorale e da uno spirito di generosa accoglienza.
..........

questa frase non è una traduzione ma una interpretazione, perchè la traduzione corretta, come evidenziato nell'articolo, è:

agisca con prudenza, con zelo pastorale, sostenuto da carità e gentilezza.

Fare perno sulla "sua" prudenza, significa lasciargli molto potere discrezionale, mentre lo zelo e la carità nonchè la gentilezza passano in seconda linea!

Anonimo ha detto...

Non mi sembra "opportuno" andare a pescare ombre in un provvedimento che in definitiva è a favore della tradizione.

res ha detto...

caro anonimo,
qui non si tratta di ombre, ma di vere ambiguità, che favoriranno ancora errate interpretazioni, a favore del regime (o status quo), e contro le richieste del gregge sottomesso.
Come sempre, dal mitico concilio in poi: ambiguità produce ambiguità, sempre foriera di menzogna e confusione, in perfetto stile conciliare, cioè approssimativo e indefinibile, col preciso fine di oscurare anzichè chiarire i problemi e illuminare le coscienze.
Non si vuol proprio tornare alla chiarezza del sì sì no no raccomandato da Nostro Signore.
E questa è in realtà la vera piaga, incancrenita, della Chiesa docente dal 1962 in poi, che appare ancora insanabile, perchè si persevera volontariamente nel linguaggio ambivalente, con deliberata volontà di persistervi.
In una sorta di rifiuto della responsabilità di DI-CHIARARE, de-finire tutto ciò che è indefinito.
Non si vogliono sciogliere nodi e grovigli, ma continuare ad annodarli, a complicare ciò che dovrebbe essere semplice e chiaro, per poter essere norma vincolante.
E noi subiamo, impotenti, perchè, come pecore spaurite e sbigottite, non abbiamo alcuna autorità, e non capiamo a quale norma dobbiamo adeguarci o sottometterci.
La nebbia si addensa.

Anonimo ha detto...

Caro Anonimo,
non faccio la "pescatrice di ombre" per professione o per partito preso, ma sono partita da una riflessione innescata dal thread precedente riguardante il conferimento degli "ordini minori" soppressi da Paolo VI, in sintonia con la sua riforma liturgica che abolisce il servizio all'altare, dal momento che esso -se non sulla carta, di fatto nella prassi- è stato sostituito da una mensa. E lo sarebbe stato anche sulla carta, nonostante la Sscrosanctum Concilium, n. 7 :... "Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, e in modo speciale nelle azioni liturgiche. È presente nel sacrificio della messa, sia nella persona del ministro, essendo egli stesso che, « offertosi una volta sulla croce offre ancora se stesso tramite il ministero dei sacerdoti...»,

se non fossero intervenuti col loro "Esame critico" i cardinali Ottaviani e Bacci : "...Cominciamo dalla definizione di Messa che si presenta al par. 7, vale a dire in apertura al secondo capitolo del Novus Ordo: «De structura Missæ - Sulla struttura della Messa»: «La Cena del Signore o Messa è la sacra sinassi* o adunanza del popolo di Dio che si riunisce insieme, sotto la presidenza del sacerdote, per celebrare il memoriale del Signore. Perciò riguardo l’adunanza locale della santa Chiesa vale in modo eminente la promessa di Cristo “Dove sono due o tre riuniti in mio nome, là sono io in mezzo a loro” (Mt. 18,20)».
La definizione di Messa è dunque limitata a quella di «cena», il che è poi continuamente ripetuto (n.8, 48, 55d, 56); tale «cena» è inoltre caratterizzata dalla assemblea, presieduta dal sacerdote, e dal compiersi il memoriale del Signore, ricordando quel che egli fece il Giovedì Santo. Tutto ciò non implica: né la Presenza Reale, né la realtà del Sacrificio, né la sacramentalità del sacerdote consacrante, né il valore intrinseco del Sacrificio eucaristico indipendentemente dalla presenza dell'assemblea. Non implica, in una parola, nessuno dei valori dogmatici essenziali della Messa e che ne costituiscono pertanto la vera definizione. Qui l'omissione volontaria equivale al loro «superamento», quindi, almeno in pratica, alla loro negazione...


Tant'è che un anno dopo la definizione fu corretta con la seguente: N. 7 [versione 1970]: "Alla messa, o cena del Signore, il popolo di Dio si raduna sotto la presidenza del sacerdote che rappresenta il Cristo, per celebrare il memoriale del Signore o sacrificio eucaristico. Per conseguenza per questa assemblea locale della Santa Chiesa vale la promessa del Cristo: 'Là dove due o tre sono radunati nel mio nome, io sono in mezzo a loro' (Mt XVIII 20). In effetti, alla celebrazione della messa, nella quale si perpetua il sacrificio della Croce, il Cristo è realmente presente nell'assemblea riunita in suo nome, nella persona del ministro, nella sua parola sostanzialmente e in maniera ininterrotta sotto le specie eucaristiche"

distinguendo (ma soprattutto reintroducendo) così -diversamente che con la formula precedente- la presenza "spirituale" del Signore nella Parola e in chi si riunisce nel suo Nome, da quella "sostanziale" (in Corpo Sangue Anima e Divinità) nelle Sacre Specie consacrate; ma soprattutto ripristinando la vera ragione della S. Messa, jus divinum di Dio celebrato dal Figlio e dalla Chiesa solo in quanto suo Corpo Mistico, e Sua opera divina sui credenti che si perpetua nella storia...

Ebbene, è proprio questo che si è diluito e in qualche modo oltrepassato oggi, in virtù dello "spirito conciliare" così egemonicamente diffuso.

Ed è esattamente questa la ragione per cui, anche in un documento che dovrebbe agevolare l'applicazione di un miracolo come il Motu proprio Summorum Pontificum, sono intervenute mani e cuori 'estranei', che hanno lasciato i segni sottolineati, che purtroppo rappresentano la mentalità e il comportamento di quasi tutti i vescovi in quasi tutte le diocesi del'orbe.

cattolico ha detto...

"qui non si tratta di ombre, ma di vere ambiguità, che favoriranno ancora errate interpretazioni, a favore del regime (o status quo), e contro le richieste del gregge sottomesso."

non si tratta nemmeno di ambiguità, ma di vere e proprie falsificazioni del testo originale dell'Istruzione, basate su una ratio diversa da quella del motu proprio, che già l'Istruzione stessa manifesta, con l'introduzione di alcuni 'punti' controversi.

Continuità? ha detto...

«La Cena del Signore o Messa è la sacra sinassi* o adunanza del popolo di Dio che si riunisce insieme, sotto la presidenza del sacerdote, per celebrare il memoriale del Signore. Perciò riguardo l’adunanza locale della santa Chiesa vale in modo eminente la promessa di Cristo “Dove sono due o tre riuniti in mio nome, là sono io in mezzo a loro” (Mt. 18,20)».

La correzione di questa definizione, non solo carente, ma eretica, con quella del 1970 non è altro che una "toppa" senza efficacia sostanziale.

Non possiamo infatti nasconderci che il messale paolino del NO è stato costruito da cima a fondo su questa versione originaria dell'articolo 7.

Anonimo ha detto...

@ mic

E' vero che il problema sta anche nelle traduzioni. Tuttavia anche la semplice lettura di un testo richiederebbe maggiori delucidazioni
Serenamente e pacatamente non comprendo la sua lettura del N. 7 [versione 1970]e pertanto mi permetto di chiederle chiarimenti se vorrà cortesemente darmene

Lei afferma:
"distinguendo (ma soprattutto reintroducendo) così -diversamente che con la formula precedente- la presenza "spirituale" del Signore nella Parola e in chi si riunisce nel suo Nome, da quella "sostanziale" (in Corpo Sangue Anima e Divinità) nelle Sacre Specie consacrate;"

Sarò cecato, come dicono a Roma, ma non vedo questa distinzione. Non mi piace la distinzione tra "spirituale" e "sostanziale" soprattutto quando si pensa che il termine spirituale sia una qualità minore e tendenzialmente insignificante dell'azione della Grazia nella storia. Al contrario io penso che la dimensione materiale sia il segno che rende efficace e visibile l'azione invisibile (ma reale) della Grazia. E' il solito tentativo di porre in contrapposizione, ad esempio, la comunione "spirituale" e quella "sostanziale": infatti la comunione eucaristica ha la funzione (segno efficace della grazia) di raggiungere la comunione (spirituale e pienamente reale) con Gesù Cristo. Non penso quindi che una presenza di Gesù Cristo nella Parola di Dio abbia un valore inferiore rispetto al resto.

Io inoltre non metterei neppure in contrapposizione la Messa come Cena, rispetto alla Messa come Sacrificio di Cristo. Ammetto che nella primitiva comunità cristiana le due concezioni teologiche erano giustapposte e forse anche contrapposte. Mi riferisco alla cena banchetto con la presenza del Risorto (vedi apparizioni varie di Cristo Risorto nei vari vangeli) oppure alla cena come memoriale della Croce. Ben presto si è giunti alla sintesi che per molti anni è stata operata, ma le risparmio la storia articolata che ci porterebbe via molto tempo.
In ogni caso non è possibile contrapporre la Messa come Sacrificio di Cristo rispetto alla Messa come cena banchetto eucaristico. Mi riferisco al rapporto tra Sacrificio e Sacramento. La Messa contiene entrambi questi elementi. Il Sacrificio è operato per donare all'umanità la salvezza proprio attraverso il sacramento. Il Sacramento è l'Eucaristia che si esprime pienamente nella presenza reale E nell'annuncio della Parola di Dio. Con un esempio pertinente: il Pane Eucaristico che è Corpo di Cristo è dato per essere mangiato cosicchè il fedele possa fare comunione con Cristo e, grazie a lui, raggiungere la salvezza.
Pertanto non vedo possibile teologiamente parlando pensare ad una contrapposizione tra il rito "antico" e quello post conciliare. Il "vento Conciliare" non è origine dei mali della Chiesa. Io lo rispetto pienamente. La Chiesa ha molti mali: con le nostre sole forze non riusciremo a vincerli. Tuttavia l'icertezza sul futuro della Chiesa c'è sempre stata. Per ora ci siamo: spero che in seguito... ci saremo!

Anonimo ha detto...

@ continuità
Lei pensa che sia eretica e carente anche la Messa NO? Oppure pensa che sia state ben accolte e integrate le osservazioni da lei riportate?

Anonimo ha detto...

@anonimo 13.17
lei forse sta scherzando....
è pur vero che siamo in un'epoca di cecità diffusa, ma come può pensare di ritenere identica la Presenza di Gesù Cristo nel SS.mo Sacramento con la sua Parola ?!?
non vede differenza tra Presenza sostanziale e spirituale ?
Io sarò di certo molto ignorante e non so nulla di teologia, ma una differenza la tengo ben a mente:
la Parola di Dio si venera e la si mette in pratica, ma Gesù Cristo Vivo e Vero Presente nell'Ostia consacrata si adora !
si ADORA ! …. lì, caro amico, è Gesù stesso, Figlio di Dio in Corpo, Sangue Anima e Divinità che si adora in quell'Ostia....ma la lei la percepisce la differenza tra adorare e venerare ? lei ci crede che quel Dio-Uomo Presente nelle Sacre Specie è lo stesso che ha camminato sul lago di Tiberiade, che ha resuscitato Lazzaro, che è stato inchiodato sulla Croce sotto Tiberio e che è risorto il 3. giorno ? lo stesso, Eterno Signore Gesù Cristo, nella Sua intera Persona umano-divina ?
Una volta i cattolici avevano ben presente la differenza tra Gesù Eucaristico e S. Vangelo, ma oggi la cecità dilaga, e spaventosa l'ignoranza cresce, per colpa di certi falsi pastori e catechisti che confondono la gente....ma per amor di Dio finiamola con questa confusione !
poi…..
vada qualche volta a visitare i santuari dei miracoli eucaristici, si faccia raccontare come quelle Ostie si sono manifestate nella loro Realtà Divina visibile e tangibile, cioè in Carne e Sangue di Nostro Signore...e per favore, si accorga che qui da qualche decennio a furia di seguire certi neo-teologi stravaganti, si sta perdendo la vera Fede , con i suoi dogmi fondamentali !

Continuità? ha detto...

"Lei pensa che sia eretica e carente anche la Messa NO? Oppure pensa che sia state ben accolte e integrate le osservazioni da lei riportate?"

Non penso che la Messa NO sia eretica, se sacerdote e fedeli la vivono secondo il sensus fidei della Chiesa cattolica, come Sacrificio del Golgota ripresentato al Padre e perpetuazione dell'Opera di Redenzione del Signore e della sua Presenza nella Chiesa.

Certamente, tuttavia, in relazione ai tagli subiti, essa è fortemente carente e, poichè lex orandi diventa lex credendi, trovo consequenziali molti sviamenti e abusi ed anche l'indifferenza generata dalla banalizzazione e dalla perdita del senso del sacro.

Benedetto XVI, già da cardinale aveva espresso le ragioni che lo inducono a parlare di "riforma della riforma".

Anonimo ha detto...

Scusate anzitutto la mia incapacità di mettere un nick diverso da anonimo

@anonimo delle ore 17.31
Mi spiace averle dato l'impressione di scherzare quando ponevo le mie questioni.
D'altra parte le confermo che sostengo e continuo a sostenere gli articoli del credo che lei mi ha puntualmente ricordato.
Inoltre non ho mai messo in discussione la verità della transustanziazione e della presenza reale. Anche a riguardo della controversia Eucaristica tra il monaco e l'abate (cioè tra Pascasio Raberto e Ratramno)penso di avere le idee chiare e quindi di non mettere in dubbio la realtà della presenza "reale". Non vorrei comunque tediarla con le conderazioni proprie delle teorie ottocentesche della transfinalizzazione.Volevo solo chiedere in che senso secondo voi una presenza spirituale fosse una presenza di scarso valore comunque inferiore a quella reale. In effetti non penso si possa affermare che la presenza Spirituale (quella dello Spirito Santo, tanto per intenderci) sia di secondo piano e sarei più propenso ad affermare che la presenza reale è spirituale e sostanziale. Sempre pronto a ricredermi di fronte a motivazioni convincenti

Anonimo ha detto...

Volevo solo chiedere in che senso secondo voi una presenza spirituale fosse una presenza di scarso valore comunque inferiore a quella reale. In effetti non penso si possa affermare che la presenza Spirituale (quella dello Spirito Santo, tanto per intenderci) sia di secondo piano e sarei più propenso ad affermare che la presenza reale è spirituale e sostanziale. Sempre pronto a ricredermi di fronte a motivazioni convincenti

Non capisco da dove abbia tratto dalle nostre parole l'impressione che la presenza "spirituale" sia di scarso valore e comunque inferiore a quella "reale". E' un discorso che non sta né in cielo né in terra. Si tratta semplicemente di saper distinguere bene tra due modalità diverse di rendersi presente da parte del Signore.

Anche nell'Antico Testamento c'è una testimonianza meravigliosa della Presenza del Signore nella storia: il famoso suo rivelarsi come "IHWH=Colui che è", che significa sostanzialmente "Io sono colui che si fa presente come mi faccio presente"; il che in parole povere significa io sono "Colui che mi faccio e per sempre mi farò presente in ogni vostra situazione". Ovvio che si tratta di una presenza "spirituale", di un Trascendente che opera nella storia e scrive con l'uomo una "Storia di Salvezza".

Mai sentito parlare, poi, di "Incarnazione"?

Da quando il Signore nella pienezza dei tempi si è fatto uomo, è la Presenza dello Spirito del Signore Risorto che noi incontriamo nella Scrittura, nella preghiera, nell'Adorazione e tutte le volte che siamo uniti nel Suo Nome.
Questa Presenza non ha meno valore di quella REALE, ma è semplicemente DIVERSA.

L'Eucaristia, istituita divinamente dal Signore durante l'ultima Cena, è un vero Sacramento che opera ciò che significa e agisce ex opere operato, cioè non dipende da noi, ma è Dio che agisce sia sulla "materia" del Sacramento (pane e vino) sia nel cuore e nella vita di chi vi partecipa. Questo significa che quanto accade non dipende né dalla presenza dell'Assemblea (il Sacerdote rappresenta TUTTA la Chiesa oltre ad agire in persona Christi) né dalla fede di chi partecipa, anche se naturalmente l'efficacia per chi partecipa è legata alla disposizione d'animo ed è bellissimo che ci sia un'assemblea. E tuttavia la S. Messa ha un valore immenso e non può avere meno valore se e quando l'assemblea non c'è. Non è una idea pre-conciliare ma lo dice anche anche Giovanni Paolo II in Ecclesia de Eucharistia (n.31).

E' il Signore che trasforma la "sostanza" (non la apparenze) del pane e del vino (di qui: "transustanziazione", che sembra una parola difficile ma non potrebbe render meglio l'idea) nel Suo Corpo e Sangue Prezioso, cui sono naturalmente congiunti la sua anima e la sua divinità. Questo significa che noi siamo al cospetto di Cristo Signore Vero Dio e Vero Uomo, così come lo incontravano i suoi discepoli nelle strade della Galilea. A noi non è dato vederlo, ma è quel che accade REALMENTE per sua volontà e grazia consegnata fino alla fine dei tempi alla Sua Chiesa, suo Corpo Mistico e Sua Sposa, e cioè a noi se "rimaniamo" in Lui. Ed è proprio Lui che incontriamo, Vivo e Vero, durante l'Eucaristia, dal momento della Consacrazione. E' un momento talmente sacro e solenne e meravigliosamente unico, che non se ne può né parlare né viverlo banalmente come accade nello sciattume delle celebrazioni o negli abusi liturgici a cui purtroppo hanno tentato di assuefarci, ma senza successo per quanto ci riguarda...

E nemmeno se ne può parlare più di così in questo 'luogo' e in questi termini....

Anonimo ha detto...

Aggiungo che chi è solito equiparare o addirittura enfatizzare la presenza spirituale del Signore rispetto a quella reale, mostra in realtà di non credere a quest'ultima, se non con le parole nei fatti e di essere più vicino a Lutero o, peggio ancora, a Calvino e C.
Abbiamo purtroppo diversi esempi nella Chiesa, oggi, non escluso un movimento che ha stravolto (architettonicamente ma prima ancora teologicamente) il presbiterio cattolico e, nel cosiddetto "Santuario della Parola" (che prende il posto della Cappella dell'Adorazione), è solito ubicare un tabernacolo "a due piazze" che contiene con pari dignità la Torah e le Sacre Specie...

DANTE PASTORELLI ha detto...

Condivido appieno le considerazioni esaurientemente argomentate di Mic.
Nessuno di noi si è mai sognato di negare la presenza "spirituale". Presenza reale significa che nell'Ostia consacrata c'è tutto Cristo: Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Dunque dov'è la negazione?
Se invece si insiste su di una presenza puramente spirituale si cade nell'eresia: Cristo sarebbe presente come lo spirito di Leopardi è presente nella Ginestra.
Per piacere, non fateci dire fesserie che mai abbiam detto: un minimo di catechismo lo conosciamo.

Quanto all'Anonimo che non sa scrivere con i suoi dati, è sufficiente che in fondo al post metta nome e cognome.

Anonimo ha detto...

@ mic
mi permetto di rispondere, chiedendo umilmente di non giudicare le persone: non so se anche qualche Papa o qualche concilio del Medioevo l'abbiano affermato, ma le ricordo che Gesù ha detto di aspettare a giudicare alla fine dei tempi e che questo sarà compito suo.
Le chiedo, se possibile, di non insistere ad insinuare che non credo (nelle parole o nei fatti) alla Presenza reale. Ho sempre creduto nella presenza reale e continuerò a farlo. Lutero e Calvino non la pensano come me.

In merito alla questione, se vuole, potrebbe chiarirmi meglio qual è questa differenza allora tra presenza reale e spirituale? Per la fede della Chiesa la presenza reale è spirituale e la presenza spirituale è reale: cioè si tratta della medesima realtà e neppure di due modi diversi di renderla presente. La shekinah (oppure la binah) dell'AT sono la "gloria" di Dio cioè la sua presenza. Le risparmio (se vuole) come si coniuga nel NT il concetto di Gloria con quello di Spirito (Santo) e di Grazia (Gratia in latino, se preferisce). Certo che un trattato sul De Gratia non penso sia qui gradito. Cristo Risorto è presente REALMENTE e SPIRITUALMENTE nell'Eucaristia. La Parola di Dio è presente (da sempre) nella liturgia Eucaristica ha la sua importanza è diversa però dalla Eucaristia ed ha il suo valore intrinseco appunto nel suo essere Parola proclamata: se sia spirituale o meno è un'altra questione

fufi2290 ha detto...

Propongo alla Vostra attenzione il discorso tenuto recentemente da Don Stefano Carusi sulla ragion d'essere dell'Istituto del Buon Pastore:

http://blog.messainlatino.it/2011/11/la-ragion-dessere-dellistituto-del-buon.html#links

Luciana Cuppo ha detto...

Ancora a proposito del 'dumtaxat", da tradurre con 'soltanto' o 'almeno'?
Sono andata a guardarmi la voce 'dumtaxat' nel Thesaurus linguae latinae (TLL), ed ecco un riassunto; chi ne ha voglia puo' verificare in biblioteca.
Il redattore della voce 'dumtaxat' (sigla: Hey) premette un'esauriente spiegazione, che tralascio, sulla logica che ha ispirato accezioni diametralmente opposte per lo stesso vocabolo. Effettivamente, per la mentalita' dei romani, una logica c'e'.
Secondo il TLL 'dumtaxat' vuol dunque dire, a seconda del contesto: (1) non plus (non piu' di, cioe': al massimo, soltanto), (2) non minus (non meno di, cioe': come minimo, almeno), (3) cioe'. Il redattore conclude dicendo che la traduzione di 'dumtaxat' rimane spesso soggettiva, e si tratta quindi di interpretazioni personali; specie, aggiungo io, dove manca un contesto che chiarisca le cose, com'e' il caso nell'Universae Ecclesiae. Per il significato (1) ci sono 160 righe di esempi a caratteri minutissimi, per quello (2) 120 righe, per quello (3) 40 righe. I dubbi di Mic mi sembrano dunque pienamente giustificati.
Ora riprendendo la domanda gia' posta da Dante Pastorelli ed altri su questo blog, il punto centrale, su cui vorrei un chiarimento da chi di dovere, e': perche' nell'Universae Ecclesiae si e' usato un vocabolo latino suscettibile di opposte interpretazioni? Cerchiobottismo, diranno alcuni: dumtaxat puo' voler dire "al massimo" o "come minimo" a seconda del vento che tira.
Utinam [magari!), dico io. Perche' cerchiobottismo puo' ben essere debolezza umana, la sindrome di don Abbondio, vaso di creta costretto a viaggiare con vasi di ferro, e le debolezze umane si perdonano, cosi' come perdonarono Agnese ed il cardinal Federigo.
Ma c'e' una possibilita' molto piu' grave, vicina al fenomeno gia' eloquentemente segnalato su questo blog: che l'ambiguita' di 'dumtaxat' sia voluta perche' rispecchierebbe una situazione in cui la Chiesa e' tutto e il contrario di tutto, santa e peccatrice, secondo teorie gia' avanzate da Ticonio (chiesa come corpus bipertitum, un corpo diviso in due - anzi in quattro - fra "buoni" e "cattivi", credenti e non, tutti a pari titolo membri della chiesa ticoniana). Aggiungendo poi un pizzico di hegelianesimo, e' chiaro che i buoni (tesi) hanno bisogno dei cattivi (antitesi) per arrivare, chissa' dove e chissa' quando, ad una sintesi; intanto c'e' la marcia inarrestabile dello spirito, il popolo perpetuamente in cammino ed un perpetuo calderone.
Potremmo quindi sapere, (a) come va interpretato il 'dumtaxat', (b) perche' si e' scelto proprio quel vocabolo?

Anonimo ha detto...

Le chiedo, se possibile, di non insistere ad insinuare che non credo (nelle parole o nei fatti) alla Presenza reale. Ho sempre creduto nella presenza reale e continuerò a farlo. Lutero e Calvino non la pensano come me.

Sig. Anonimo,
io non ho insinuato che LEI non crede alla Presenza Reale del Signore, ho semplicemente esposto il caso di coloro che enfatizzano tanto la Parola e lo Spirito che circolerebbe solo nell'Assemblea e, se insistono tanto, vuol dire che non distinguono le due DIVERSE modalità del Signore di farsi presente e cadono in suggestioni vetero-testamentarie che nulla hanno a che vedere con l'Incarnazione.

Se lei non è tra questi, nulla questio... Non mi interessa se lei crede o meno alle Presenza Reale né mi permetto di giudicare nessuno. Ho tuttavia esposto, credo con chiarezza, la sostanziale differenza tra la Presenza spirituale nella Parola e quella nell'Eucaristia. Tutto questo senza nulla togliere al valore ed alla importanza della Parola; sottolineando, tuttavia, come la consapevolezza di essere al cospetto del Signore in Persona, nostro Signore e nostro Re, renda impossibili le banalizzazioni e gli abusi che siamo soliti vedere in troppi contesti modernisti e movimentisti...
Se tutto questo non la riguarda, buon per lei, altrimenti è libero di fare e pensare come crede.

La shekinah (oppure la binah) dell'AT sono la "gloria" di Dio cioè la sua presenza. Le risparmio (se vuole) come si coniuga nel NT il concetto di Gloria con quello di Spirito (Santo) e di Grazia (Gratia in latino, se preferisce). Certo che un trattato sul De Gratia non penso sia qui gradito.

Conosco abbastanza l'ebraismo e anche l'ebraico per conoscere ciò cui lei allude e quanta ricchezza spirituale veicoli... Ma conosco anche il Signore Gesù e penso che il dat figuris terminum nulla tolga alla meravigliosa pregnanza degli altri aspetti della sua Grazia, che rivela altrettante sue azioni in noi per la nostra edificazione umana e spirituale secondo il Suo Progetto: Ratzòn, se le piace di più... Ma questo Progetto ha il suo culmine e la sua fonte nell'Eucaristia nonché nella Presenza e in tutto quanto vi si produce.

Se siamo al cospetto della Parola fatta carne, mi dice che ragione c'è di dare tanta maggiore enfasi alla Parola per quanto sia giusto proclamarla solennemente?

Anonimo ha detto...

@ mic
innanzitutto la ringrazio veramente delle delucidazioni date
Esiste una Presenza reale spirituale (frutto del dono del Risorto, conseguenza del Sacrificio della Croce, sub-stanziale rispetto alle specie del Pane e del Vino) che "nutre" ed una presenza reale che "ammaestra".
Questa affermazione tiene insieme i due aspetti della questione: quindi io non sono protestante perché per me ha valore grandissimo l'Eucaristia (Pane che nutre) D'altra parte valorizzo l'espressione di Gesù che dice "Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio. Senza polemica (davvero!) a me fa davvero "senso" vedere nei video presenti nel DVD della Congregazione che presentano la Messa VO il sacerdote che legge la Parola di Dio in latino (e chi lo capisce? Lei molto, io poco, ma la massa dei fedeli? A parte questo mi pare assurdo che, sempre lo stesso sacerdote, legga il tutto con le spalle alla gente, rivolgendosi diritto verso il muro della Chiesa. A me non pare che in questo modo la Parola di Dio sia annunciata, proclamata e soprattutto "comunicata". Dai testi evangelici (mi corregga se sbaglio)non mi pare che Gesù annunciasse la Parola in questo modo!
La Messa VO mi pare inoltre giustamente centrare l'attenzione sul Sacrificio di Cristo: solo che si mette in secondo piano il valore del Sacramento. Insomma per dirla in termini più propriamente teologici si punta sulla Redenzione oggettiva e ci si dimentica che lo scopo della redenzione oggettiva è quello di giungere alla redenzione soggettiva attraverso il dono dello Spirito Santo (Grazia con la G maiuscola)

Anonimo ha detto...

Anonimo 19:25
risponderò domani con la dovuta chiarezza definitoria cattolica alla sua affabulazione piena di sofismie satura di "spirito del concilio"

Anonimo ha detto...

@ mic
Attendo con trepidazione, anche se nutro qualche timore, visto il suo accenno...
In particolare tre cose:
1. "con la dovuta chiarezza definitoria cattolica": spero vivamente in questa illuminazione
2. "affabulazione piena di sofismi" Spero anche qui che lei metta i luci i miei sofismi: io, per ora, non li vedo. Temo l'accusa di essere "cecato": mi piacerebbe sapere in che senso lo sono
3. "spirito del Concilio". Sono contento di questa affermazione. Spero, per lei, cattolicamente parlando, che invece non sia da intendersi come un insulto nei miei confronti. Non so cosa ci sarebbe di male ad essere nello Spirito del Concilio...

Anonimo ha detto...

La mia risposta, Anonimo, è doverosamente preceduta da questa premessa:

1. Quando parlo di chiarezza definitoria cattolica mi riferisco a parole che hanno solo ed un significato e non si prestano a interpretazioni ambigue o a circonlocuzioni affascinanti che tuttavia non colpiscono il bersaglio (l'argomento principe della discussione)

2. o lo eludono diluendolo in altri aspetti, che non gli sono estranei, ma che distolgono da quello principale: per questo ho parlato di sofismi e di affabulazione.

3. "spirito del concilio" non vuole essere un insulto, ma è la constatazione di alcune affermazioni frutto di pregiudizi nati dalle temperie preconciliare 'novatrice', sfociata, attraverso alcune ambiguità conciliari in applicazioni ma anche in sviluppi teologici e conseguenti applicazioni nella 'pastorale' ci è dato subìre in questo tempo oscuro.
Ognuno è libero di avere le sue convinzioni; ma questo è un luogo in cui se ne può discutere.

Anonimo ha detto...

...Esiste una Presenza reale spirituale (frutto del dono del Risorto, conseguenza del Sacrificio della Croce, sub-stanziale rispetto alle specie del Pane e del Vino) che "nutre" ed una presenza reale che "ammaestra". Questa affermazione tiene insieme i due aspetti della questione: quindi io non sono protestante perché per me ha valore grandissimo l'Eucaristia (Pane che nutre)

La sua affermazione tiene insieme gli aspetti generalissimi della Presenza del Signore spirituale o stanziale che sia ma, nel fare la distinzione tra presenza che "nutre" e presenza che "ammaestra", purtroppo dimentica il meglio: "Presenza che Redime e che salva".
Il nutrire e l'ammaestrare sono sempre simultaneamente presenti anche quando meditiamo la Parola; ma nell'Eucaristia si ripete il Sacrificio del Golgota, la cui funzione e il cui frutto principale, prima del nutrimento escatologico del banchetto comunionale, è il vero culto reso al Padre da parte del Figlio e del Suo Corpo Mistico (Offerta di espiazione) da cui scaturisce, per opera divina diretta e tangibile, ogni Grazia che siamo lì per accogliere: il Soprannaturale ci si fa Presente e opera in noi, attraverso la nostra accoglienza adorante, tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Ed è a questo punto che possiamo parlare anche di "nutrimento" e "ammaestramento", ma che nascono da un contatto diretto e REALE, ben più forte e VIVO rispetto a quello che si ha ascoltando la Parola proclamata o meditandola singolarmente o comunitariamente.

D'altra parte valorizzo l'espressione di Gesù che dice "Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio.

La citazione mi pare del tutto impropria perché Gesù rivolgeva queste parole a Satana quando era tentato nel suo digiuno e di certo non possiamo confondere il "pane materiale" col "Pane disceso dal Cielo" e quindi "supersustanziale" (come i Padri traducono nel Padre nostro), che è il Corpo e Sangue di nostro Signore Presente nelle Sacre Specie per suo dono incommensurabile. E, quindi, non c'entra nulla con "questo Pane", che il Signore ci dona riferendosi al suo Corpo ora glorioso, che è davvero "Pane VIVO disceso dal cielo!".

Senza polemica (davvero!) a me fa davvero "senso" vedere nei video presenti nel DVD della Congregazione che presentano la Messa VO il sacerdote che legge la Parola di Dio in latino (e chi lo capisce? Lei molto, io poco, ma la massa dei fedeli?

Ecco il pregiudizio da "spirito del concilio"!
Noto che lei è documentato sulla Messa usus Antiquior solo da un DVD e non per partecipazione diretta e non tiene conto che i fedeli (anche coloro che non sanno il latino) acquistano presto dimestichezza con i testi, anche perché hanno il messale bilingue... Inoltre la "vetus latina" è un linguaggio che già nel II secolo era ieratico, giuridico, non quello di tutti i giorni che usiamo anche al supermercato, come ci hanno indotti a fare oggi banalizzando il momento più sacro e solenne, che è la funzione primaria della Chiesa. A Dio ci si rivolge in un certo modo e ci sono termini sublimi di spessore indicibile, la cui traduzione non fa altro che togliere loro la meravigliosa pregnanza. Non a caso, nel IV secolo, lo stesso Papa Damaso non volle operarvi nessuna modifica, sostituendo solo i testi delle letture con quelli della Vulgata appena tradotta da S. Girolamo.
Quegli stessi testi ora, nella messa letta VO, vengono letti nelle lingue vernacolari...

Anonimo ha detto...

... segue

A parte questo mi pare assurdo che, sempre lo stesso sacerdote, legga il tutto con le spalle alla gente, rivolgendosi diritto verso il muro della Chiesa.

Lei sta ignorando, non so se volutamente o se nessuno glielo ha mai detto, che il Sacerdote non dà le spalle alla gente, ma è rivolto al Signore alla testa dell'assemblea, in un movimento verticale che non chiude nel circuito orizzontale del vis à vis di Presidente-assemblea.

A me non pare che in questo modo la Parola di Dio sia annunciata, proclamata e soprattutto "comunicata". Dai testi evangelici (mi corregga se sbaglio)non mi pare che Gesù annunciasse la Parola in questo modo!

Gesù, quando annunciava proclamava certamente il suo insegnamento (sembra addirittura che il Discorso della Montagna si presti ad essere salmodiato). Ma dimentica che è diverso quando ci si trova in un contesto di predicazione o quando ci si trova in preghiera (credo che Gesù sussurrasse o addirittura riversasse direttamente dal suo animo la sua comunicazione col Padre!) o nel culto, come durante la celebrazione. C'è una proclamazione solenne (ma non necessariamente enfatica) anche qui e non mi pare che la "comunicazione" verso chi è attento e partecipe ne risenta.

La Messa VO mi pare inoltre giustamente centrare l'attenzione sul Sacrificio di Cristo: solo che si mette in secondo piano il valore del Sacramento.

Il valore prioritario del Sacramento E' il "Sacrificio di Cristo": la comunione è nel Corpo, ora glorioso, della Vittima Santa e Immacolata e non viene per nulla sminuita. Se dimentichiamo questo, siamo già 'fuori' dall'orizzonte cattolico della divina istituzione del Sacramento.
La S. Messa non è un 'convivio', non è la Cena protestante, per intenderci, ma il Sacrificio del Golgota riproposto al Padre che diventa anche "banchetto escatologico"...
Sacrosanctum concilium n.7: ... È presente nel sacrificio della messa, sia nella persona del ministro, essendo egli stesso che, « offertosi una volta sulla croce [20], offre ancora se stesso tramite il ministero dei sacerdoti », sia soprattutto sotto le specie eucaristiche.

Insomma per dirla in termini più propriamente teologici si punta sulla Redenzione oggettiva e ci si dimentica che lo scopo della redenzione oggettiva è quello di giungere alla redenzione soggettiva attraverso il dono dello Spirito Santo (Grazia con la G maiuscola)

Questa è una illazione che non ha fondamenti: nell'Eucaristia si realizza simultaneamente sia la Redenzione oggettiva, che coinvolge l'intero Corpo Mistico e non solo i presenti, ma anche tutta la Chiesa di ieri di oggi e di domani perché è un evento che si realizza nella Comunione dei Santi e, per il suo innesto nel Soprannaturale determinato dalla Presenza Teandrica del Signore, si colloca nel tempo e fuori del tempo contemporaneamente... ma è ovvio che non manca di dispiegare i suoi effetti su ogni singola persona (Redenzione soggettiva, commisurati alla partecipazione ed all'apertura di cuore!

Anonimo ha detto...

Grazie delle precisazioni.
Attendo quindi fiducioso: ero preoccupato del termine "sofisma" che ha un significato ben preciso. Il sofisma si oppone (filosoficamente parlando) a sillogismo: non riuscivo pertanto a comprendere quali erano i miei punti di partenza errati e quali le conseguenze sbagliate.
La ringrazio anche anticipatamente anche per l'enunciazione dei punti controversi del Concilio (quale?)che vorrà evidenziarmi.

Anonimo ha detto...

opps
Adesso leggo...
Abbiamo postato in contemporanea

Anonimo ha detto...

La ringrazio anche anticipatamente anche per l'enunciazione dei punti controversi del Concilio (quale?)che vorrà evidenziarmi.

Oltre che in molti articoli, tra i link proposti da questo blog, sulla colonna di sinistra può trovare una marea di documenti al riguardo.
Le consiglio gli atti del Convegno tenuto sul Concilio nel dicembre dello scorso anno.

Anonimo ha detto...

La sua affermazione tiene insieme gli aspetti generalissimi della Presenza del Signore spirituale o stanziale che sia ma, nel fare la distinzione tra presenza che "nutre" e presenza che "ammaestra", purtroppo dimentica il meglio: "Presenza che Redime e che salva".

A parte che parlavo di Sub-stanziale e non di stanziale (per collegarmi al termine preciso di "sostanza")...
Tutta la disquisizione tra redenzione oggettiva e soggettiva fa comprendere la mia intenzione di parlare di presenza che redime e che salva... nutrendo e ammaestrando. Non comprendo perché la presenza "spirituale" viene considerata come "generalissima". Non capisco perché debba pensare a due presenze diverse: è la stessa presenza (reale e spirituale) che si esprime in due modi differenti che, almeno nella Messa, hanno entrambi dignità di esistenza. Non vedo perché se si afferma il valore della Parola di Dio si debba essere protestanti.
Mi sembra che si intenda sostenere l'astio (non teologico, ma di parte) di coloro che, ad esempio, se la prendono col Card. Martini per la sua attenzione data alla Parola di Dio.

La citazione mi pare del tutto impropria perché Gesù rivolgeva queste parole a Satana quando era tentato nel suo digiuno e di certo non possiamo confondere il "pane materiale" col "Pane disceso dal Cielo" e quindi "supersustanziale"

Come avrà ben inteso io non puntavo l'attenzione sul "pane" ma sull'ascolto della Parola di Dio.

Ecco il pregiudizio da "spirito del concilio"!
Noto che lei è documentato sulla Messa usus Antiquior solo da un DVD e non per partecipazione diretta e non tiene conto che i fedeli (anche coloro che non sanno il latino) acquistano presto dimestichezza con i testi, anche perché hanno il messale bilingue... Inoltre la "vetus latina" è un linguaggio che già nel II secolo era ieratico ecc ecc.

Grazie allora per il complimento: sono davvero contento di rappresentare lo spirito del concilio. In particolare:

Il DVD è quello ufficiale.
Insisto sul livello della "comunicazione": Messale bilingue? Preghiere da farmi tradurre da un google ante-litteram?
Linguaggio "ieratico"? Accidenti! Addirittura Papa Gelasio che sceglie un linguaggio "ieratico" ma che poi fa parlare Dio (attraverso la Sua Parola) con un testo "volgare", nel senso della "vulgata", "popolare".
W l'italiano (e le altre lingue) anche se sono "vernacolari" anche se sono popolari.
Il latino sarà anche "ieratico" ma Dio si contenta anche dell'ebraico: ha addirittura permesso a Suo Figlio di parlare in Aramaico, lingua che non si parla nemmeno al supermercato!

Infine:
Lei sta ignorando, non so se volutamente o se nessuno glielo ha mai detto, che il Sacerdote non dà le spalle alla gente, ma è rivolto al Signore alla testa dell'assemblea, in un movimento verticale che non chiude nel circuito orizzontale del vis à vis di Presidente-assemblea.

Io stavo parlando della "proclamazione" della Parola di Dio ai fedeli fatta dal Sacerdote: essa viene rivolta contro il muro (si sposta, penso volutamente, dal Tabernacolo: secondo Lei a chi viene proclamata?

Anonimo ha detto...

A parte che parlavo di Sub-stanziale e non di stanziale (per collegarmi al termine preciso di "sostanza")...

mi pare evidente che si è trattato di un refuso e intendevo, come ho scritto altrove: sostanziale
non mi aspettavo se ne approfittasse...

è la stessa presenza (reale e spirituale) che si esprime in due modi differenti che, almeno nella Messa, hanno entrambi dignità di esistenza. Non vedo perché se si afferma il valore della Parola di Dio si debba essere protestanti.
Mi sembra che si intenda sostenere l'astio (non teologico, ma di parte) di coloro che, ad esempio, se la prendono col Card. Martini per la sua attenzione data alla Parola di Dio.


non riesco a comprendere la sua ostinazione nel non voler DISTINGUERE tra presenza spirituale e sostanziale; affermare che hanno la stessa dignità di esistenza e poi continuare ad enfatizzare la Parola ha l'effetto di diluire fino poi a eliminare il FATTO del Signore VIVO e VERO PRESENTE non solo spiritualmente dalla Consacrazione nelle Sacre Specie eucaristiche...

Non vedo cosa c'entri il cosiddetto astio con chi se la prende col card. Martini per la sua attenzione data alla Parola di Dio.
Martini, a parte alcune sue posizioni moderniste, è un meraviglioso esegeta ed io mi sono formata su molti suoi esercizi basati proprio sull'approfondimento della Parola. Ma questo che c'entra? Io non svaluto assolutamente la Parola. Vede che è lei che ne enfatizza il valore?

Le faccio un esempio banale: se un mio amico mi fa un regalo, io me lo guardo e ne sono felice, esso mi ricorda il mio amico e tutto l'amore che ha per me e me lo rende presente alla mente e al cuore. A questo accosterei la Scrittura e la Parola con tutte le ricchezze che porta con sé.

Ma se ho l'occasione di incontrare di persona il mio amico, abbraccio lui e vedo solo lui, i regali che porta con sé, compresa la Parola, passano ovviamente in secondo piano finché c'è Lui!

Non può continuare a confondere e a dare la stessa importanza ad un qualcosa trasmesso dal medium del testo (Parola) ed alla Persona Viva e Reale del Signore.

E, per quanto mi riguarda la chiuderei qui con queste sofisticherie. E soprattutto non mi faccia dire, sulla Parola, cose che non ho detto e che non penso.

Anonimo ha detto...

Io stavo parlando della "proclamazione" della Parola di Dio ai fedeli fatta dal Sacerdote: essa viene rivolta contro il muro (si sposta, penso volutamente, dal Tabernacolo: secondo Lei a chi viene proclamata?

Mi scusi, ma quando il sacerdote proclama il vangelo, dal Messale collocato appositamente in cornu evangelii dal lato del Vangelo, a chi e per chi lo proclama? Le sue orecchie del cuore funzionano diversamente se il sacerdote è rivolto verso di lei o resta chino sul Messale?

Queste sono sofisticherie che nascono da pregiudizio e dal voler vedere tutto con l'uomo e non con il Signore al centro...

Anonimo ha detto...

Come avrà ben inteso io non puntavo l'attenzione sul "pane" ma sull'ascolto della Parola di Dio.

e invece lei non ha ben inteso che io le dicevo che c'è il momento della predicazione e quello del culto, che sono due momenti diversi...

Anonimo ha detto...

l DVD è quello ufficiale.
Insisto sul livello della "comunicazione": Messale bilingue? Preghiere da farmi tradurre da un google ante-litteram?


non faccia questo tipo di banalizzazione! Chi non conosce il latino, ma sa quello che succede, fa presto ad imparare anche i testi. Mia nonna, che non conosceva il latino, mi ha insegnato e senza strafalcioni le principali preghiere in latino (parlo del Credo del Gloria e del Veni Creator, ad esempio).
Ovvio che chi vive la Messa usus Antiquior ha anche una catechizzazione a monte: sa quello che accade e vi si immerge con tutte le sue facoltà. Questa è partecipazione attiva!

Linguaggio "ieratico"? Accidenti! Addirittura Papa Gelasio che sceglie un linguaggio "ieratico" ma che poi fa parlare Dio (attraverso la Sua Parola) con un testo "volgare", nel senso della "vulgata", "popolare".

Era Papa Damaso, non papa Gelasio, che ha sostituito le letture. Ma questa 'vulgata' ante litteram vale anche oggi che le letture sono proclamate anche nelle lingue vernacolari. E, in ogni caso, un credente attento non manca di farne tesoro comunque nelle messe cantate.
Quello che sfugge ai superficiali 'diversamente credenti' di oggi è che la S. Messa è Actio di Cristo e quello che vi accade non è necessariamente TUTTO percepibile immediatamente. E' un Mistero troppo grande per pretendere di banalizzarlo e di comprenderlo in poche battute. Abbiamo tutta la vita per approfondirlo e lasciarcene trasformare sempre di più!

W l'italiano (e le altre lingue) anche se sono "vernacolari" anche se sono popolari.

W tutte le lingue. Ma W la "Vetus latina" quando ci troviamo al cospetto del Signore!

Il latino sarà anche "ieratico" ma Dio si contenta anche dell'ebraico: ha addirittura permesso a Suo Figlio di parlare in Aramaico, lingua che non si parla nemmeno al supermercato!

Dio si contenta sempre della nostra buona volontà; ma se ci è stato consegnato un tesoro, più consono sia alla sua Maestà che alla nostra indigenza, perché disprezzarlo e distorcerlo e banalizzarlo a tutti i costi?
Quanto all'ebraico e l'aramaico, cosa cavolo c'entrano? Gesù parlava l'Aramaico, ma in sinagoga leggeva i testi in ebraico e non era la lingua corrente, ma quella resa sacra da generazioni di credenti!

Anonimo ha detto...

Anch'io non l'annoio più e tolgo il disturbo. Mi scusi per il danno arrecato al suo limpido e trasparente blog: non intendo assolutamente sporcarglielo.
Non si preoccupi per l'errore di "stompa" (ne faccio molti anch'io): avevo solo pensato ad una enfatizzazione della "stanzialità" presente già di per sè nel termine sostanza

A riguardo delle orecchie del cuore... Non banalizzo dicendo che di orecchie ne ho due; capisco anch'io che c'è un capire col cuore e una solo con le orecchie: tuttavia penso che il cuore per poter ascoltare con le sue orecchie abbia bisogno anche delle orecchie attaccate alla testa, altrimenti non sente nulla. Volevo solo parlare della "qualità" della comunicazione: se intendo parlare con una persona cerco di usare una voce chiara, un linguaggio accessibile e intendo stabilire anche un contatto visivo. Il Sacerdote non è la Parola di Dio, certo, ma è la VOCE che grida (senza offesa, ma solo per citare Isaia e Giovanni Battista) nel deserto.

Infine sull'esempio da lei fatto dell'amico. Se arriva un amico che mi deve dire qualcosa sono felicissimo del suo arrivo, ma sono convinto che manifesto vera accoglienza se ascolto il messaggio che lui ha da affidarmi dandogli grandissima importanza. Non mi pongo neppure in mente di valutare se è più importante la sua presenza oppure quello che deve dire: tengo presente che entrambi questi aspetti vanno accolti pienamente senza inutili divisioni più o meno logiche ma non certo ontologiche. In questo senso la presenza eucaristica del Risorto ha per me lo scopo di operare la salvezza nel fedele (nella Chiesa, Corpo mistico ecc ecc)

Chiedo ancora scusa per le mie sofisticherie: non ho ancora capito perché sono sofisticherie e perché non sono cattoliche

Anonimo ha detto...

"ALter Christus" o agisce "in persona Christi"? Nel senso che è "altro da Cristo" oppure che agisce per "rendere presente" Cristo e quindi "prestargli (anche) la voce"?

Si comunica anche col sussurro, si comunica in moltissimi modi, anche senza parlare. Sto parlando della qualità della comunicazione in un'assemblea: se non sente nessuno il bisbiglio, che comunicazione avviene. Io darei, ad esempio, ragione a mio Parde perché quando va in Chiesa nella sua Parrocchia si lamenta perché non capisce nulla di quanto il Parroco dice enll'Omelia; invece è contento se "va su" a dire Messa un altro prete che parla "chiaro": secondo lei sarebbe un protestante?
Lui pensa di sì, ma solo perché va a protestare dal Parroco, non perché sa chi sono i protestanti!

Anonimo ha detto...

entrambi questi aspetti vanno accolti pienamente senza inutili divisioni più o meno logiche ma non certo ontologiche.

E invece la distinzione che ho fatto io non è logica, ma proprio ontologica. Quello che lei non vuol comprendere è che chi fa questa distinzione non dà meno valore ad un presenza piuttosto che all'altra. Ma è cosa buona e giusta distinguerle: primo per non fare confusione e, secondo, per vivere il dono immenso della Presenza Reale non solo col rispetto e l'Adorazione che merita, ma soprattutto con la consapevolezza di ciò che produce. Ribadisco che l'istituzione divina del Sacramento sta a significare che produce, ad opera del Signore, ciò che significa... anche quando il sacerdote sussurra e io non lo 'sento' ma, o seguo sul Messale e mi immedesimo nella preghiera, o sto semplicemente presente con tutta la mia buona volontà a quanto si muove in me, in risposta, conoscendo momento per momento la meravigliosa dinamica di quello che si attua che, ripeto, è Azione di Cristo nostro Signore... Non vedo cosa possa esserci di più grande e meraviglioso.

Anonimo ha detto...

Si comunica anche col sussurro, si comunica in moltissimi modi, anche senza parlare. Sto parlando della qualità della comunicazione in un'assemblea: se non sente nessuno il bisbiglio, che comunicazione avviene.

Se è per questo si comunica anche col silenzio! Ma non tutti i momenti della vita lo richiedono... Io volevo farle notare che stiamo parlando della Liturgia, che ha una sua 'forma' e dei suoi ritmi specifici e, quindi, la 'qualità della comunicazione' non è data dal sussurro o dal discorso ben scandito, perché la comunicazione non è solo a livello materiale, ma spirituale. In questo caso la 'materialità' è data dai gesti, dai contenuti, dalle parole che chi partecipa conosce anche se non vengono urlate e porte in maniera eclatante...

Io darei, ad esempio, ragione a mio Parde perché quando va in Chiesa nella sua Parrocchia si lamenta perché non capisce nulla di quanto il Parroco dice enll'Omelia; invece è contento se "va su" a dire Messa un altro prete che parla "chiaro": secondo lei sarebbe un protestante? Lui pensa di sì, ma solo perché va a protestare dal Parroco, non perché sa chi sono i protestanti!

Qui lei ha spostato il discorso su un altro piano: l'omelia esce dallo schema e in qualche modo interrompe il ritmo della liturgia. In questo caso posso dar ragione a suo padre...

Anonimo ha detto...

Il Sacerdote non è la Parola di Dio, certo, ma è la VOCE che grida (senza offesa, ma solo per citare Isaia e Giovanni Battista) nel deserto.

Vede, il sacerdote in particolare quando celebra, non è il Battista: "la voce che grida nel deserto", ma è un alter Christus.
Quando predica può avere la funzione del Battista, ma nella Liturgia c'è Cristo Signore in Persona nel momento più alto della Sua vita offerta per noi e per la nostra salvezza, che si perpetua nei secoli.

Quello che accade durante la Liturgia va conosciuto e vissuto e assimilato e non è 'carenza comunicativa' sussurrare e non urlare. E comunque c'è momento e momento: c'è il sussurro, la preghiera a voce più alta e la proclamazione del Vangelo che non ha bisogno di essere urlata per essere percepita dalle sue due orecchie e poi arrivare a quelle del cuore.

Il problema è che ci hanno abituati al 'sensazionale', a ciò che è immediatamente visibile, ma che nella sua grossolana materialità ha perso ogni essenzialità e profondità. Occorre recuperare sobrietà, essenzialità, senso del Sacro; ma soprattutto conoscere COSA accade realmente ed è su questo che si basa il nostro atteggiamento interiore ed il vissuto che ne consegue.
Per conoscerlo, non servono anni di catechesi. Nell'essenziale, bastano pochi minuti, poi c'è la gradualita' dell'approfondimento.

Non vedo perché dovrei offendermi alle sue citazioni e cosa c'entra la sua battuta sullo "sporcare questo limpido (!?) blog". Mi spiace solo che non comprende e fraintende quello che dico.
Se ho parlato di sofisticherie, è perchè l'ho vista battere sempre sullo stesso tasto (enfatizzazione della Parola) senza tener conto di quanto ho detto.

In fondo le sue ultime osservazioni si riferiscono ad una differenza di "stile" che, purtroppo, spesso attiene anche ai contenuti...

Anonimo ha detto...

"ALter Christus" o agisce "in persona Christi"? Nel senso che è "altro da Cristo" oppure che agisce per "rendere presente" Cristo e quindi "prestargli (anche) la voce"?

Il sacerdote è un "Alter Christus" e agisce "in persona Christi" durante la Liturgia, soprattutto al momento della Consacrazione e quindi agisce nel senso che non gli presta solo la voce, ma tutto se stesso... e ciò accade anche durante il Sacramento della Penitenza. Io non mi confesso ad un uomo, ma al Signore, nella persona di un suo 'ministro'. Ed è il Suo perdono che ricevo nell'assoluzione...

Don Camillo ha detto...

Ciao Luciana, circa il "dumtaxat".

Secondo me è una finezza del redattore latino che ha preparato questo Documento (ci sono infatti molti amici in Vaticano), ma al di la delle finezze interpretative l'intenzione del legislatore è chiara nelle traduzioni, che sono state esaminate con MOLTA MA MOLTA attenzione rispetto testo latino, visto che il latino non lo capisce più nessuno in Vaticano.

Comunque essendo
c a n o n i c a m e n t e
il MP una porcheria, non vedo perchè la Nota debba essere meglio confezionata.

Anonimo ha detto...

Per Luciana,

ti ringrazio di cuore del tuo studio completo sul dumtaxat e delle tue riflessioni.
Vorrei chiederti cosa ne pensi di redigere un documento che riprenda anche le traduzioni 'anomale' riportate in questo articolo da proporre ufficialmente all'Ecclesia Dei? Avrei anche da parte tua una competente verifica se le mie osservazioni sono giuste o meno!

Luciana Cuppo ha detto...

Si', penso che sia il caso di redigere un documento, e di recepire in fase preliminare i commenti, correzioni e quant'altro di chiunque si interessi alla questione.

Anonimo ha detto...

Grazie Luciana. Provvedo al più presto e andremo avanti!
Sono andata al tuo link. Abbiamo come comune maestro, altre al nostro Signore e Maestro, Mons. Gherardini!

Anonimo ha detto...

La volete sapere l'ultima?
uN mio conoscente, catechista, impegnato parrocchiale, collaboratore dei missionari, etc., mi ha detto di aver scoperto l'eresia dei lefebvriani.
E sapete quale è tale eresia?
La tesi, secondo la quale, quando le speci eucaristiche sono consumate, cessa la presenza di Gesù. Poveri eretici, secondo lui, non lo sanno che Gesù cessa di essere presente solo con il peccato mortale?
Risposta:
a) credi ancora al peccato mortale? Non sei aggiornato;
b) quella che cessa con la consuamzione delle speci è la Presenza "fisica" di Gesù. Dopo continua quella spirituale, ed è quella che cessa con il peccato.
Mi ha guardato perplesso e mi ha chiesto:"Ne sei proprio certo"?

Perplesso ha detto...

Scusate l`incursione, solo per dirvi che l`anonimo che non sa mettere il nome mi ricorda, e molto, con il suo stile e la sua prosa certi,due per la precisione,supercatechisti neocatecumenali che scrivevano in un altro blog e che erano "venerati" dagli altri neocatecumenali che partecipavano alla discussione.

Luisa ha detto...

"Ed è esattamente questa la ragione per cui, anche in un documento che dovrebbe agevolare l'applicazione di un miracolo come il Motu proprio Summorum Pontificum, sono intervenute mani e cuori 'estranei', che hanno lasciato i segni sottolineati,"

Leggendo questo passaggio mi è venuto in mente un thread di Messa in latino in cui si menzionava che Mons. Scicluna stava lavorando al documento che tutti aspettavamo, e mi ricordo anche quanto quell`informazione ci aveva allarmati e preoccupati.

Anonimo ha detto...

come diceva Bugnini, "sistemeremo tutto nelle traduzioni"...

mr.Trouser

navinternetica@gmail.com ha detto...

come diceva Bugnini, "sistemeremo tutto nelle traduzioni"...

E, purtroppo, è quel che hanno fatto e continuano a fare...