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giovedì 4 settembre 2014

«Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi»

Ogni Martedì Alessandro Gnocchi risponde ai lettori su Riscossa cristiana. Riprendo il testo questa settimana [qui].

Le scrivo a proposito di pace. Mi sono sempre meravigliato che il saluto di  Cristo “Vi lascio la pace,  vi do la mia pace” abbia acceso un fuoco  così ardente di coraggio e intraprendenza negli apostoli e in San Paolo (che si paragonava a un lottatore).
Le sarei grato se potesse darmi qualche elemento sul senso di quanto il Signore ha voluto dirci usando la Sua lingua madre perché mi pare che la traduzione “pace” sia assai povera. Oltretutto il significato che spesso viene sottinteso è di inerzia passiva (una specie di tragica ed inutile melassa consolatoria).
Credo invece che il messaggio sia molto articolato, attivo e chiami all’azione energica (se è ancora possibile usare questa parola: virile).
La ringrazio. Paolo Montagnese
Caro Montagnese,

lei mi pone al cospetto di un’erta riservata a chi dedica una vita intera all’eloquenza divina, fatta di Parola e di Liturgia, di silenzio e di penitenza, e, se è il caso, di consolazione e di letizia. Ma il senso della sua domanda è talmente urgente anche per la cronaca, che proverò brevemente a muovere qualche passo su per la montagna.
In questo compito, sono facilitato dal fatto che lei mi pare essere sulla strada giusta. Il capitolo 14 del Vangelo di San Giovanni, da cui trae quel “Vi lascio la pace, vi do la mia pace”, è chiarissimo e non lascia adito a interpretazioni maliziose, tanto da proseguire dicendo “Non come la dà il mondo, io la do a voi”.

La questione è tutta qui: il cattolicesimo contemporaneo, quando si possa ancora chiamare “cattolicesimo”, ha finito per isolare il semplice termine “pace” da un discorso così eloquente da essere persino didascalico nell’esigere dal seguace di Cristo la costante lotta con il mondo.

Non vi è pace senza guerra: ma questa è un’evidenza davanti alla quale il cristiano di oggi preferisce chiudere gli occhi e accontentarsi dell’illusoria tregua offerta dal mondo, imitazione scimmiesca di quella lasciata da Cristo, frutto malato di compromessi e del rinnegamento della Verità.

Il processo di marcescenza del cattolicesimo è ormai arrivato tanto nel profondo, che l’amore per la pace diffuso nelle parrocchie, negli oratori, nei movimenti, nei sermoni e nei Tischreden di Santa Marta o negli Angelus in San Pietro ormai si fonda solo sull’egoistico bisogno di benessere. Ma un malinteso senso della pace, un troppo umano rifiuto di resistenza al male ha radici profonde e ha corroso intelligenze e anime strappandole al legame con il Corpo Mistico di Cristo o fermandole sulla soglia della conversione.

Penso spesso al destino di Simone Weil, morta nel 1943 a 34 anni, al termine di una vita fatta di austerità, di dedizione al prossimo, di studio, di dolorosa contiguità con la mistica, di attenzione per la Chiesa cattolica senza decidersi al passo definitivo.

Se Simone Weil è morta senza farsi battezzare, penso si debba ricercarne la ragione nella monca idea di pace e di non resistenza al male da cui padre Joseph-Marie Perrin, il domenicano che la seguiva nella sua cerca spirituale, non ha mai saputo liberarla. Cristina Campo, prima affascinata e poi molto critica nei confronti della Weil, nella splendida introduzione ad Attesa di Dio, se ne disse certa e vedeva all’origine del mancato abbraccio con il Corpo Mistico di Cristo “la timidezza apostolica, la carità molto più sentimentale che spirituale del religioso che tentò di istruirla. (…) La rivelazione di una Chiesa pura perché tremenda, pietosa perché inflessibile, in totale contraddizione con il mondo, tetragona e bruciante, non era certo per atterrire Simone Weil ma solo, appunto, ciò di cui, in Simone Weil, Simone Weil soprattutto desiderava la morte: la partie médiocre de l’âme”.

La Chiesa evocata da Cristina Campo, l’unica che mi sia dato conoscere, non può certo sovrapporsi alla “Chiesa Peace an Love” che vede in papa Francesco l’icona delle icone. Ma, e questo dovrebbe inquietare quei cattolici assetati della pace donata dal mondo, non era certo una Chiesa piaciona e imbelle ciò che avrebbe condotto alla conversione quell’intelligenza così acuta e rigorosa, quell’anima così essenziale e acuminata che albergavano in Simone Weil.

Forse cedendo a un malinteso senso della pace, padre Perrin ha rinunciato a compiere la dolce violenza di costringere Simone in ginocchio. E, forse per questo, Simone non ha compreso che la pace donata da Cristo è dolce come una consolazione inattesa, ma anche tagliente come il diamante,  dolorosa come il timore di perdere qualcuno o qualcosa di amato.

Caro Montagnese, oggi non abbiamo a che fare Simone Weil, e forse neppure con i suoi epigoni. Oggi abbiamo a che fare con una Chiesa che organizza le partite di calcio interreligiose mentre i cristiani vengono massacrati in tutto il mondo.

Non penso che la Chiesa di Papa Bergoglio avrebbe attirato un’anima esigente e intelligente come Simone Weil.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo

10 commenti:

  1. Chiedo scusa per i miei abituali OT: ma stamattina leggo che "la commissaria" delle Suore FI, Fernanda Barbiero, ha comunicato alle commissariate che avrebbe vietato di far celebrare "per qualche mese" nelle loro comunita' la Messa di Sempre al fine di "verificare la loro obbedienza"....

    http://www.riposte-catholique.fr/osservatore-vaticano/franciscaines-de-limmaculee-pourquoi-un-tel-harcelement

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  2. Lo scambio della pace e le preghiere dei fedeli che abominio.

    Passerà ancora un pò di tempo e non ci saranno quasi punti di contatto tra i nuovi cattolici e quelli legati alla tradizione.

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  3. Mi rusulta che le francescane hanno fatto un ricorso alla Segnatura e hanno avuto ragione.
    Però non so se il ricorso riguarda questo specifico provvedimento o il commissariamento in generale.
    La motivazione sembrerebbe assurda:
    "testare l'obbedienza" significa che l'aitorità (o piuttosto l'arbitrario autoritarismo) prende il posto del diritto.

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  4. Vini Ganimara è il corrispondente romano-vaticanista di Riposte catholique, è in generale bene informato, quel che dice sul test di obbedienza che avrebbe partorito suor Barbero è abominevole, vi sopprimo per qualche mese la Messa Antica per verificare se obbedite!
    Spero che, per una volta, l`info sia errata.
    Nel caso contrario sarebbe solo un passo supplementare sul cammino dell`arbitrio e dell`abuso di potere che stanno percorrendo i nuovi responsabli dei FI.

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  5. Se Simone Weil è morta senza farsi battezzare..."

    Perfetto l'articolo di Alessandro Gnocchi, ma Simone Weil si è fatta battezzare in articulo mortis da sua amica Simone Deitz.

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  6. Ganimara dice anche che Braz de Aviz fa parte di coloro che in seno alla Curia (e anche extra muros aggiungo io) vogliono approffittare del clima del nuovo pontificato per "ridurre" il Summorum Pontificum.
    Aggiunge che, se la Congregazione dei religiosi non ha una competenza diretta sugli Istituti Ecclesia Dei, i meccanismi amministrativi della Curia possono permettere, via la Segreteria di Stato, una " armonizzazione pastorale" diretta alle comunità in cui è celebrata la Messa tardizionale.
    Dà l`esempio del trattamento dei rapporti redatti a seguito delle tre visite canoniche che si sono svolte o che stanno finendo, nel IBP, la FSSP, e l` ICRSP.
    Ma Ganimara pensa anche che la tendenza di "Casa Marta"( il nuovo Palazzo apostolico) è piuttosto di cosiderare le questioni legate alla Liturgia tradizionale come molto secondarie e non meritevoli di riaccendere vecchie querelles.
    Sentimento, secondo Ganimara, condiviso da molti cardinali per niente "ratzingeriani".

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  7. Il problema è proprio quest'avversione viscerale - pragmatica e diffusa - verso la Liturgia Antica, riportata da Ganimara e sottolineata da Luisa.
    L'unica risposta al problema credo sia una resistenza altrettanto pragmatica e diffusa. Coraggio dei sacerdoti, purtroppo spesso desistenti, permettendo...
    Resistenza che le suore dimostrano con maggiore fermezza. Con la differenza che i frati, resistendo all'ordine ingiusto per quanto autorevole (salvaguardando anche le esigenze spirituali dei fedeli loro affidati), avrebbero affermato direttamente il loro diritto e funzione sacerdotale, che le suore non hanno e che devono sollecitare.

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  8. A proposito di pace leggete questa "bella" notizia. Prevedo altro guai...

    (ANSA) - ROMA, 4 SET - "L'Onu ha fatto il suo tempo: quello che ci serve è un'Organizzazione delle Religioni Unite, un'Onu delle religioni". E' la proposta che l'ex presidente israeliano Shimon Peres, in visita in Vaticano, farà oggi a Papa Francesco.
    Peres dirà che questo è "il modo migliore per contrastare i terroristi che uccidono in nome della fede".

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  9. Ci vorrebbe qualche santo che ricordasse a tal suora e anche a padre Bruno che se non si ravvedono e si confessano pentiti, dovranno pagare amaramente le loro cattiverie. Meglio pensarci prima che pentirsi dopo. Nessuno glielo ricorda che devono morire come tutti?

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  10. ....Peres dirà che questo è "il modo migliore per contrastare i terroristi che uccidono in nome della fede".

    la grande potenza d'inganno predetta da S. Paolo (2Ts) è tutta qui.

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