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sabato 5 dicembre 2015

Omelia di Mons. Luigi Negri per il IV Pellegrinaggio Populus Summorum Pontificum

OMELIA DI MONS. LUIGI NEGRI
(Basilica vaticana - 24 ottobre 2015)

Sia lodato Gesù Cristo
Sempre sia lodato.

La parola della liturgia richiama la grande attesa della salvezza dell’intera umanità e, in particolare, l'attesa dei poveri, degli umili, dei disperati. Quella stessa attesa che ad un certo punto si muovesse l'acqua della piscina, perché qualcuno potesse entrare in essa e così partecipare della novità di vita identificata nel Messia d'Israele.

Ecco! Ora l'attesa è finita. L'attesa è finita perché l'avvenimento di Cristo ha squarciato definitivamente i cieli ed è penetrato dentro lo spessore della storia – dell’intera Storia – con tutte le sue grandezze e le sue povertà, con tutti i suoi limiti e le sue tentazioni, ma anche con l'immensa capacità dell’uomo, di affrontare responsabilmente, di generazione in generazione, il problema del destino della sua vita, del fine a cui è chiamato, del Regno di Dio cui tendiamo e che è in mezzo a noi. 
È Cristo la vita nuova in mezzo a noi: la vita è pienamente realizzata in Lui, nel mistero della Sua Morte e Resurrezione e della Sua Ascensione, mistero comunicato a ciascuno nella profondità della nostra fede e nell'intensità della nostra carità. 

Vita nuova perché la salvezza è una. È una nuova dilatazione dell'intelligenza e del cuore che si traduce poi in una nuova sensibilità verso sé stessi, verso gli altri, verso la realtà. Questa umanità nuova è dentro di noi come grazia, come dono della fede. Come verità non meritata ma offerta gratuitamente a quell'attesa profonda che anima la nostra esistenza. 

Di fronte a questa grazia noi non siamo e non possiamo rimanere inerti come abbandonandoci ad una sorta di fatalismo che non è cristiano. Noi dobbiamo assumerci la nostra responsabilità, perché la grazia, principio di vita nuova in noi, sede di vita nuova in noi, possa maturare, possa investire e realizzarsi nella nostra umanità, ma soprattutto, realizzandosi nella nostra umanità, possa diventare principio di missione, principio di comunicazione. La fede ci è data per comunicare. 

Nella Redemptoris Missio, San Giovanni Paolo II diceva: la fede si irrobustisce donando. Dunque, la gratitudine per la grazia che ci è stata data, diviene, nella profondità della nostra coscienza e del nostro vivere quotidiano, l'intendimento a offrire il nostro contributo alla grande missione di Cristo e della Chiesa. Un impegno a cui dobbiamo collaborare con tutte le nostre forze, quali siano gli ambiti del quotidiano, le circostanze che affrontiamo, i luoghi e le funzioni che abbiamo. 

Una sola grande vocazione appartiene al popolo cristiano: comunicare la vita nuova di Cristo ad ogni uomo perché ogni uomo possa, investito di questa grazia, se vuole, corrispondere e fare anch'egli, a sua volta, esperienza di questa novità. Dunque la responsabilità cristiana è la missione, e questa è stata la grande e straordinaria, lezione della Chiesa nella sua storia bimillenaria, variegata faticosa, talora segnata da tanti limiti, ma segnata anche da tanta gloria. 

La Chiesa è questa presenza inesorabile della vita di Cristo che viene offerta a tutti coloro che qualche volta non la desiderano neppure, ma dalla nostra presenza di testimoni vengono sollecitati a guardare Cristo, magari per la prima volta, in un mondo come quello in cui viviamo, così lontano dalla presenza del Signore. 

Questa missione ha visto la sua identità, la sua moralità scandita da due grandi parole che nella sua storia la Chiesa ha spesso potuto e dovuto dire: la prima parola è la parola POSSIAMO, POSSUMUS, e in questa parola, in questo atteggiamento la Chiesa ha, di generazione in generazione, incontrato l'umanità; la fede ha incontrato la ragione; la libertà cristiana ha incontrato la legge umana; le vicende della vita, dei popoli e delle nazioni sono state inculturate dalla fede cattolica, così che, in più di un caso, questa fede cattolica ha saputo dare un contributo significativo a forme di cultura e di civiltà. 

Nel possumus la Chiesa e il mondo si sono incontrati. L'umanità in ricerca si è incontrata con la Chiesa che porta il Dio che si rivela. L'esistenza umana, personale e sociale, questa grande storia di cultura e di civiltà, è significata dalla grande cultura cattolica che non è ancora finita e che ci parla attraverso le più diverse forme di espressione culturale. La missione ha avuto certamente nell'orizzonte del possumus la capacità di dare un contributo significativo all'incremento della vita umana, personale e sociale. 

Ma la Chiesa ha potuto e dovuto dire, in modo inesorabile, anche un'altra parola: NON POSSIAMO NON POSSUMUS. La Chiesa in molte occasioni ha dovuto dire che non era lecito non denunciare il tentativo di eliminare la presenza della Chiesa dalla vita della società, ridurre i diritti di Dio, i diritti della Chiesa, e quindi inesorabilmente contribuire al degrado della vita umana e sociale. Non possiamo. Non c'è stato nessun momento della storia per quanto drammatica, soprattutto dell'occidente europeo, in cui la Chiesa non si sia, talvolta anche da sola, assunta la responsabilità di negare la legittimità di certe ideologie, la legittimità di certe impostazioni culturali, sociali e politiche. 

La Chiesa, nel suo non possumus, non ha chiuso il dialogo con gli uomini, ma ha negato che le ideologie potessero essere un avvenimento significativo per la sua vita. La denuncia di ciò che contrastando la Chiesa avvilisce l'uomo, il mistero della vita, il mistero dell'amore. La sacralità della paternità e della maternità, gli avvenimenti più significativi della vita umana, stravolti, abbattuti, sostituiti da forme assolutamente inaccettabili di convivenze personali, familiari o sociali. 

La Chiesa non potrà mai dire solo possumus, come non potrà mai dire soltanto non possumus, Dovrà, nella responsabilità missionaria, rendere possibile l'incontro fra Cristo e il cuore dell'uomo, dovrà sapere ritmare le aperture e le chiusure, le accoglienze intellettuali e morali e la negazione per tutto ciò che va contro i diritti di Dio. E andando contro i diritti di Dio mette le condizioni per un degrado, per una disumanizzazione della vita umana e sociale di cui è terribile esperienza la società in cui la Chiesa vive oggi. 

Guai a noi dunque fratelli, se sostituiamo al binomio possumus - non possumus, un possumus a senso unico che consegna la cristianità alla mentalità dominante, che fa diventare obbiettivo della nostra vita ciò che è perseguito dal mondo nel suo aspetto negativo e diabolico: l'eliminazione di Cristo e della Chiesa. Noi non possiamo accettare che troppi avvenimenti o iniziative o tentativi in questo variegato mondo cattolico, siano fortemente condizionati da una volontà di piacere al mondo e di riceverne il suo appoggio. 

Noi vogliamo vedere il volto di Cristo. Questo volto di Cristo che sfolgora nella bellezza della liturgia, e, come accennava il Santo Padre nel suo messaggio, ci introduce alla gloria definitiva del Suo volto. Il volto che è al tempo stesso di Risorto e di Giudice. Noi vogliamo solo mettere ogni giorno gli occhi della nostra intelligenza e del nostro cuore nel volto amatissimo del Signore. Perché da lì nasca un'intelligenza nuova, di noi e del mondo. Un cuore nuovo che ci fa amare ogni uomo che viene in questo mondo come parte del mistero di Cristo che ci si rivela. Che ci faccia sentire l'utilità del nostro tempo e della nostra vita soltanto come affermazione di Cristo e non come affermazione del nostro potere. Questo vogliamo. 

Affidiamo alla Vergine la Santa Chiesa di Dio perché la letizia che scaturisce dalla fede sappia portare anche il peso del sacrificio della nostra vita quotidiana - della vita di tutta la Chiesa come di quella di ciascuno di noi – così da rendere inscindibile un binomio, che per la mentalità mondana sembra impossibile: letizia e sacrificio. 
E così sia.

12 commenti:

  1. Bravissimo .Omelia da far studiare nei seminari al posto delle banalità alla moda su periferie e pastori puzzolenti.bobo

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  2. Sabato 24 ottobre 2015.

    Nel corso di quest'omelia, pronunciata a braccio e con un eloquio semplice ma molto potente, Monsignor Negri ha messo in risalto la doppia attitudine della Chiesa nella sua missione evangelizzatrice delle civilizzazioni umane, accettando e "cristificando" ciò che essa può e deve ricevere, ma al contempo rifiutando fermamente ciò che il mondo, e specialmente quello moderno, propone di contrario alla legge di Cristo. Verso la fine della sua predicazione, ha lanciato ai fedeli un avvertimento solenne verso la vecchia tentazione liberale che fa che i cristiani passino dalla parte del nemico: la sottomissione alla mentalità dominante.

    Ricordiamo che quest'omelia vigorosa è stata pronunciata nel giorno della chiusura del Sinodo dei vescovi, alla stessa ora in cui, qualche centinaio di metri più in là, i Padri sinodali votavano, in un clima di fortissime tensioni, il documento finale sulla famiglia. Tra questi Padri sinodali si trovava il cardinale Cafarra che Monsignor Negri aveva accettato di rimpiazzare per annunciare la parola di Dio ai pellegrini del Summorum pontificum

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  3. Una domanda: tra i "non possumus" per mons. Negri c'è anche quello rivolto contro l'idolatria del mercato globale, del "dio" mammona che è la vera malattia dell'Occidente, che è stata la vera radice della scristianizzazione? Oppure c'è posto solo per i "non possumus" sui temi etici e familiari, senza rendersi conto che tra relativismo etico e relativismo sociale, come osservava Benedetto XVI, c'è una stretta correlazione. Chi finanzia la propaganda gender se non la stessa finanza globale speculatrice che ha distrutto il welfare e che già Pio XI nel 1931 condannava quale "imperialismo internazionale del denaro" ("Quadragesimo Anno"). Ho l'impressione che oggi certo cattolicesimo, che vuole recuperare terreno rispetto alla scristianizzazione, viva in una situazione di strabismo perché guarda solo ad un parte degli esiti anticristiani del moderno/postmoderno, guarda solo a quelli etici impedendosi così, anche in intelligenze come quella di Negri, una visione a 360 gradi e rendendosi disponibile ad essere usato da forze politiche neoconservatrici che hanno per mira ben altri scopi (appunto, il dio mammona) che non l'evangelizzazione dei cuori e la Gloria di Nostro Signore. A mons. Negri, come a tanti altri, vorrei caldamente raccomandare di aprire tutte e due gli occhi e non uno solo. Un augurio per il Santo Natale di Nostro Signore Gesù Cristo e di buon annno nuovo.

    Luigi

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  4. Ancora una volta vado OT ma decisamente non ci sono limiti al culto della personalità per Jorge Bergoglio, qualcuno dovrebbe avere il coraggio do dire ai membri sua corte adulante che stanno delirando, e che nessuno osi più parlare dell`umità di un papa che alimenta in continuità quel culto:

    "Francesco, il Papa ribelle": la prima serie tv biografica sul Pontefice argentino"

    http://www.zenit.org/it/articles/francesco-il-papa-ribelle-la-prima-serie-tv-biografica-sul-pontefice-argentino

    Sono talmente nell`adulazione senza freni che non si rendono conto nemmeno delle "ca******ie" che scrivono, o forse sì..., qui un piccolo esempio preso dal link:

    .... la presenza di due fiction presentati su scala mondiale a distanza di poche ore è una vittoria primariamente del Vaticano, che nell’arco di così breve tempo si ritrova, positivamente, al centro della comunicazione globale ricevendo un applauso corale, straordinariamente con poche critiche.

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  5. Non poteva mancare il contributo del pastore Traettino che ritraccia in un libro l` amicizia di Bergoglio con i pentecostali, leggo :

    "...l’insolito e acuto apprezzamento per la “spiritualità” e la “profezia” della Riforma, la stima profonda e sincera per il contributo della teologia riformata, da lui ( Bergoglio) considerato “strategico”, al “rinnovamento” teologico del Vaticano II. «Senza il contributo della Riforma — mi ha detto più volte nel corso degli anni — non sarebbe stato possibile il concilio Vaticano II»

    Profezia della riforma, grazie alla Riforma c`è stato il CVII, dixit Bergoglio, più chiaro di così.


    http://ilsismografo.blogspot.ch/2015/12/italia-francesco-e-i-pentecostali.html

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  6. Sì, qui viene affermato con forza un NON POSSUMUS, nel senso della necessità della Chiesa di non adeguarsi alla mentalità mondana. Bella omelia.

    Ma nella situazione attuale non basta più proclamare e restare sulle generali.
    Occorre specificare nel dettaglio COSA esattamente "non possumus".
    Altrimenti rimane solo un gran bel discorso che non incide sulla realtà.
    Sembra voglia limitarsi alle parole senza voler passare ai fatti.
    Forse che alla fine dovrà prevalere l'obbedienza cieca al Vicario di Cristo a cui tutto viene subordinato?
    Forse che al fondo vige il principio "al papa non ci si oppone"? Da altri suoi interventi lo si desume chiaramente. Al riguardo ricordo un suo comunicato ufficiale alla sua diocesi all'indomani del termine del sinodo.
    Staremo a vedere.

    Di ben altro spessore è il NON POSSUMUS di mons. Schneider riguardo alle conclusioni del sinodo:

    "Ogni periodo di confusione nella storia della Chiesa è allo stesso tempo un periodo in cui è possibile ricevere grandi grazie di forza e di coraggio, nonché un’opportunità di mostrare il proprio amore per Cristo, Verità incarnata. A Lui ogni battezzato, ogni sacerdote ed ogni Vescovo ha promesso fedeltà inviolabile, ciascuno nel proprio stato: mediante le promesse battesimali, quelle sacerdotali e quella solenne dell’ordinazione episcopale: «Io manterrò puro ed integro il deposito della fede, secondo la tradizione sempre ed ovunque preservata nella Chiesa». L’ambiguità contenuta nella sezione divorziati risposati della Relazione Finale contraddice il solenne giuramento episcopale sopra riportato. Nonostante ciò, tutti nella Chiesa – dal semplice fedele ai detentori del Magistero – dovrebbero dire:
    “Non possumus!”. Io non accetterò un discorso nebuloso né una porta secondaria abilmente occultata per profanare il Sacramento del Matrimonio e dell’Eucaristia. Allo stesso modo, non accetterò che ci si prenda gioco del sesto Comandamento di Dio. Preferisco esser io ridicolizzato e perseguitato piuttosto che accettare testi ambigui e metodi non sinceri. Preferisco la cristallina «immagine di Cristo Verità all’immagine della volpe ornata con pietre preziose» (S. Ireneo), perché «conosco ciò in cui ho creduto», «Scio cui credidi» (II Tm 1, 12).


    È come ha fatto, pur non essendo un ecclesiastico, anche il prof Pasqualucci con la sua recente supplica in vista dell'8 dicembre.

    A quando un definitivo squarcio di luce nella nebbia? Quando mai almeno due o tre ecclesiastici si metteranno insieme con una dichiarazione congiunta e irrevocabile?

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  7. Oppure c'è posto solo per i "non possumus" sui temi etici e familiari, senza rendersi conto che tra relativismo etico e relativismo sociale, come osservava Benedetto XVI, c'è una stretta correlazione. Chi finanzia la propaganda gender se non la stessa finanza globale speculatrice che ha distrutto il welfare e che già Pio XI nel 1931 condannava

    Ma non sta tralasciando che c'è chi non sta ponendo argine a tutto questo perché guarda all'etica e al sociale e non all'Unica fonte da cui una sana etica e la giustizia sociale scaturiscono?

    Invece mons. Negri parte da qui: "Una sola grande vocazione appartiene al popolo cristiano: comunicare la vita nuova di Cristo ad ogni uomo perché ogni uomo possa, investito di questa grazia, se vuole, corrispondere e fare anch'egli, a sua volta, esperienza di questa novità".

    Il resto - possumus e non possumus - è conseguenza.

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  8. Ricordiamo per fare esperienza bisogna 'conoscere' e per 'comunicare la vita nuova di Cristo' occorre certamente la testimonianza che dà l'esperienza immediata, ma non può mancare l'insegnamento per darne le ragioni e la santificazione per tenerla viva e farla progredire.
    Ma lo darei per implicito.

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  9. Questo passaggio lo conferma: è l'inizio dell'esplicitazione del possumus e del non possumus. "... in questo atteggiamento la Chiesa ha, di generazione in generazione, incontrato l'umanità; la fede ha incontrato la ragione; la libertà cristiana ha incontrato la legge umana; le vicende della vita, dei popoli e delle nazioni sono state inculturate dalla fede cattolica, così che, in più di un caso, questa fede cattolica ha saputo dare un contributo significativo a forme di cultura e di civiltà.

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  10. Marius, condivido. Stavo cercando una "pezza a colore". :)
    Continuiamo ad approfondire. Il rischio del neo-conservatorismo effettivamente incombe...

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  11. «Senza il contributo della Riforma — mi ha detto più volte nel corso degli anni — non sarebbe stato possibile il concilio Vaticano II» : cara Luisa, questo ci dice che Bergoglio festeggerà il centenario di Lutero e, forse, trascurerà quello di Fatima. Ma forse a lui piace andare là dove sicuramente sarà andato a finire Lutero; non lo invidio. Aspettiamo solo il trionfo del Cuore Immacolato di Maria SS.ma, dopo di che non ci sarà più posto su questa terra per gente del suo stampo (come, ad esempio, quel tal Cipolla di Padova). Vadino pure dove vogliono...e buon viaggio (io non li seguo, né li ascolto, Deo Gratias!).

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  12. Pero' nemmeno il pur valoroso mons. Negri dice con chiarezza che lo scopo della "missione" e' la conversione a Cristo, nella fede e nelle opere, perche' Cristo e' l'unica porta della Salvezza e fuori della Chiesa cattolica non c'e' salvezza, tranne che nei casi di battesimo di desiderio. A. R.

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