Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 20 ottobre 2020

1939 - 20 ottobre - 2020. Pio XII, "Summi pontificatus"

1939 - 20 ottobre - 2020 
"Rinnegata, in tal modo, l'autorità di Dio e l'impero della sua legge, il potere civile, per conseguenza ineluttabile, tende ad attribuirsi quell'assoluta autonomia, che solo compete al Supremo Fattore, e a sostituirsi all'Onnipotente, elevando lo stato o la collettività a fine ultimo della vita, a criterio sommo dell'ordine morale e giuridico, e interdicendo, perciò, ogni appello ai princìpi della ragione naturale e della coscienza cristiana" (Pio XII - Enc. "Summi pontificatus" qui)
L'enciclica, scritta in occasione del primo anno di pontificato e del quarantesimo anniversario dalla consacrazione dell'umanità al Sacro Cuore di Gesù da parte di Leone XIII [qui], denuncia il vuoto spirituale e l'indigenza interiore dell'epoca oggi ancor più incisive nella vita spirituale e sociale. Richiama le conseguenze della crisi di fede e della diffusione di ideologie anticristiane ed esorta i fedeli a resistere e ad affrontare le persecuzioni. Delinea il disegno di una comunità internazionale, di una vera fratellanza universale, che può essere fondata solo sulla Regalità di Cristo universorum Rex [qui - altro che Fratelli tutti!].
Stralcio brani da soppesare con attenta gratitudine come insegnamento perenne valido anche in riferimento alla temperie attuale. La Verità è senza tempo e ci raggiunge nelle nostre situazioni così povere di insegnamenti perenni che però, di volta in volta, possiamo dissotterrare  - e condividere - dalla vena aurea inesauribile dei tesori della Tradizione bimillenaria che ci è stata consegnata e che custodiamo con amore e fedeltà. (M.G.)

[...] Venerabili fratelli, se la dimenticanza della legge di carità universale, che sola può consolidare la pace, spegnendo gli odi e attenuando i rancori e i contrasti, è fonte di gravissimi mali per la convivenza pacifica dei popoli, non meno dannoso al benessere delle nazioni e alla prosperità della grande società umana, che raccoglie e abbraccia entro i suoi confini tutte le genti, si dimostra l'errore contenuto in quelle concezioni, le quali non dubitano di sciogliere l'autorità civile da qualsiasi dipendenza dall'Ente supremo, causa prima e Signore assoluto sia dell'uomo che della società, e da ogni legame di legge trascendente, che da Dio deriva come da fonte primaria, e le concedono una facoltà illimitata di azione, abbandonata all'onda mutevole dell'arbitrio o ai soli dettami di esigenze storiche contingenti e di interessi relativi.
Rinnegata, in tal modo, l'autorità di Dio e l'impero della sua legge, il potere civile, per conseguenza ineluttabile, tende ad attribuirsi quell'assoluta autonomia, che solo compete al Supremo Fattore, e a sostituirsi all'Onnipotente, elevando lo stato o la collettività a fine ultimo della vita, a criterio sommo dell'ordine morale e giuridico, e interdicendo, perciò, ogni appello ai princìpi della ragione naturale e della coscienza cristiana. 

Non disconosciamo, invero, che princìpi errati, fortunatamente, non sempre esercitano intero il loro influsso, principalmente quando le tradizioni cristiane, più volte secolari, di cui si sono nutriti i popoli, rimangono ancora profondamente, anche se inconsciamente, radicate nei cuori. Tuttavia, non bisogna dimenticare l'essenziale insufficienza e fragilità di ogni norma di vita sociale che riposi su un fondamento esclusivamente umano, s'ispiri a motivi esclusivamente terreni e riponga la sua forza nella sanzione di un'autorità semplicemente esterna. 

Dove è negata la dipendenza del diritto umano dal diritto divino, dove non si fa appello che ad una malsicura idea di autorità meramente terrena e si rivendica un'autonomia fondata soltanto sopra una morale utilitaria, qui lo stesso diritto umano perde giustamente nelle sue applicazioni più gravose la forza morale, che è la condizione essenziale per essere riconosciuto e per esigere anche sacrifici.
È ben vero che il potere basato sopra fondamenti così deboli e vacillanti può raggiungere talvolta, per circostanze contingenti, successi materiali da destar meraviglia ad osservatori meno profondi; ma viene il momento, nel quale trionfa l'ineluttabile legge che colpisce tutto quanto è stato costruito sopra una latente o aperta sproporzione tra la grandezza del successo materiale ed esterno e la debolezza del valore interno e del suo fondamento morale. Sproporzione che sussiste sempre, quando la pubblica autorità misconosce o rinnega il dominio del sommo Legislatore, il quale se ha dato la potestà ai reggitori, ne ha per altro segnato e determinato i limiti. 

La sovranità civile è stata voluta dal Creatore, come sapientemente insegna il Nostro grande predecessore Leone XIII nell'enciclica Immortale Dei,(5) affinché regolasse la vita sociale secondo le prescrizioni di un ordine immutabile nei suoi princìpi universali, rendesse più agevole alla persona umana, nell'ordine temporale, il conseguimento della perfezione fisica, intellettuale e morale e l'aiutasse a raggiungere il fine soprannaturale. 

È quindi nobile prerogativa e missione dello stato il controllare, aiutare e ordinare le attività private e individuali della vita nazionale, per farle convergere armonicamente al bene comune, il quale non può essere determinato da concezioni arbitrarie, né ricevere la sua norma primariamente dalla prosperità materiale della società, ma piuttosto dallo sviluppo armonico e dalla perfezione naturale dell'uomo al quale la società è destinata, quale mezzo, dal Creatore. 

Considerare lo stato come fine, al quale ogni cosa dovrebbe essere subordinata e indirizzata, non potrebbe che nuocere alla vera e durevole prosperità delle nazioni. E ciò avviene, sia che tale dominio illimitato venga attribuito allo stato, quale mandatario della nazione, del popolo, o anche di una classe sociale, sia che venga preteso dallo stato, quale padrone assoluto, indipendente da qualsiasi mandato.
Se lo stato infatti a sé attribuisce e ordina le iniziative private, queste, governate come sono da delicate e complesse norme interne, che garantiscono e assicurano il conseguimento dello scopo ad esse proprio, possono essere danneggiate, con svantaggio del pubblico bene, venendo avulse dall'ambiente loro naturale, cioè dalla responsabile attività privata. 

Anche la prima ed essenziale cellula della società, la famiglia, come il suo benessere e il suo accrescimento, correrebbe allora il pericolo di venir considerata esclusivamente sotto l'angolo della potenza nazionale e si dimenticherebbe che l'uomo e la famiglia sono per natura anteriori allo stato, e che il Creatore diede ad entrambi forze e diritti e assegnò una missione, rispondente a indubbie esigenze naturali. 

L'educazione delle nuove generazioni non mirerebbe a un equilibrato armonico sviluppo delle forze fisiche e di tutte le qualità intellettuali e morali, ma ad una unilaterale formazione di quelle virtù civiche, che si considerano necessarie al conseguimento di successi politici; quelle virtù invece, che dànno alla società un profumo di nobiltà, d'umanità e di rispetto, meno s'inculcherebbero, quasi deprimessero la fierezza del cittadino. 

Davanti al nostro sguardo si profilano con dolorosa chiarezza i pericoli che temiamo potranno derivare a questa generazione e alle future dal misconoscimento, dalla diminuzione e dalla progressiva abolizione dei diritti della famiglia. Perciò Ci eleviamo a fermi difensori di tali diritti in piena coscienza del dovere che Ci impone il Nostro apostolico ministero. Le angustie dei nostri tempi, sia esterne che interne, sia materiali che spirituali, i molteplici errori con le loro innumerevoli ripercussioni da nessuno vengono assaporati così amaramente come nella piccola nobile cellula familiare. Un vero coraggio e, nella sua semplicità, un eroismo degno di ammirato rispetto sono spesso necessari per sopportare le durezze della vita, il peso quotidiano delle miserie, le crescenti indigenze e le ristrettezze in una misura mai prima sperimentata, di cui spesso non si vede né la ragione né la reale necessità. Chi ha cura d'anime, chi può indagare nei cuori, conosce le nascoste lacrime delle madri, il rassegnato dolore di numerosi padri, le innumerevoli amarezze, delle quali nessuna statistica parla né può parlare; vede con sguardo preoccupato crescere sempre più il cumulo di queste sofferenze e sa che le potenze dello sconvolgimento e della distruzione stanno al varco, pronte a servirsene per i loro tenebrosi disegni.

Nessuno, che abbia buona volontà e occhi aperti, potrà rifiutare nelle condizioni straordinarie, in cui si trova il mondo, al potere dello stato un corrispondente più ampio diritto eccezionale per sovvenire ai bisogni del popolo. Ma l'ordine morale, stabilito da Dio, esige, anche in tali contingenze, che s'indaghi tanto più seriamente e acutamente sulla liceità di tali provvedimenti e sulla loro reale necessità, secondo le norme del bene comune.

Ad ogni modo, quanto più gravosi sono i sacrifici materiali richiesti dallo stato agli individui e alle famiglie, tanto più sacri e inviolabili devono essergli i diritti delle coscienze. Può pretendere beni e sangue, ma non mai l'anima da Dio redenta. La missione assegnata da Dio ai genitori, di provvedere al bene materiale e spirituale della prole e di procurare ad essa una formazione armonica pervasa da vero spirito religioso, non può esser loro strappata senza grave lesione del diritto. Questa formazione deve certamente aver anche lo scopo di preparare la gioventù ad adempiere con intelligenza, coscienza e fierezza quei doveri di nobile patriottismo, che dà alla patria terrestre tutta la dovuta misura di amore, dedizione e collaborazione. Ma d'altra parte una formazione che dimentichi, o peggio, volutamente trascuri di dirigere gli occhi e il cuore della gioventù alla patria soprannaturale, sarebbe un'ingiustizia contro gli inalienabili doveri e diritti della famiglia cristiana, uno sconfinamento, a cui deve essere opposto un rimedio anche nell'interesse del bene del popolo e dello stato. Una simile educazione potrà forse sembrare a coloro, che ne portano la responsabilità, fonte di aumentata forza e vigoria; in realtà sarebbe il contrario, e le tristi conseguenze lo proverebbero. Il delitto di lesa maestà contro «il Re dei re e il Signore dei dominanti» (1 Tm 6,15; Ap 19,16), perpetrato da un'educazione indifferente o avversa allo spirito cristiano, il capovolgimento del «lasciate che i pargoli vengano a me» (Mc 10,14) porterebbero amarissimi frutti. Lo stato invece, che toglie ai sanguinanti e lacerati cuori dei padri e delle madri cristiane le loro preoccupazioni e ristabilisce i loro diritti, promuove la sua stessa pace interna e pone il fondamento per un più felice avvenire della patria. Le anime dei figli, donati da Dio ai genitori, consacrati nel battesimo con il sigillo regale di Cristo, sono un sacro deposito, su cui vigila l'amore geloso di Dio. Lo stesso Cristo, che ha pronunziato il «lasciate che i pargoli vengano a me», ha anche minacciato, nonostante la sua misericordia e bontà, terribili mali a coloro che dànno scandalo ai prediletti del suo cuore. E quale scandalo più dannoso alle generazioni e più duraturo di una formazione della gioventù mal diretta verso una mèta, che allontana da Cristo, «via, verità e vita», e conduce ad un'apostasia manifesta o occulta da Cristo? Questo Cristo, da cui si vogliono alienare le giovani generazioni presenti e future, è quello stesso che dall'Eterno Padre ha ricevuto ogni potere in cielo e in terra. Egli tiene nella sua mano onnipotente il destino degli stati, dei popoli e delle nazioni. Appartiene a lui il diminuire o prolungare la vita, l'accrescimento, la prosperità e la grandezza. Di tutto ciò che è sulla terra, solo l'anima vive immortale. Un sistema di educazione che non rispettasse il recinto sacro della famiglia cristiana, protetto dalla santa legge di Dio, ne attaccasse le basi, chiudesse alla gioventù il cammino a Cristo, alle fonti di vita e di gioia del Salvatore (cf. Is 12,3), considerasse l'apostasia da Cristo e dalla chiesa come simbolo di fedeltà al popolo o a una determinata classe, pronuncerebbe contro se stesso la condanna e sperimenterebbe a suo tempo l'ineluttabile verità delle parole del profeta: «Coloro che si ritirano da te, saranno scritti in terra» (Ger 17,13). [...]

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Chiaro limpido luminoso cattolico.

Anonimo ha detto...

Oggi 21 ottobre 2020 si festeggia a Roma S. Gaspare Del Bufalo, sacerdote e confessore.
Nato a Roma il 6 gennaio 1786 da Antonio ed Annunziata Quartieroni, fin dai primi anni si fece notare per una vita dedita alla preghiera e alla penitenza.
Completati gli studi presso il Collegio Romano, nel 1798 indossò l'abito talare e si diede ad organizzare opere di assistenza spirituale e materiale a favore dei bisognosi. Si deve a lui la rinascita dell'Opera di S. Galla, della quale fu eletto direttore nel 1806. Ordinato sacerdote il 31 luglio 1808, intensificò l'apostolato fra le classi popolari fondando il primo oratorio in S. Maria in Pincis e specializzandosi nella evangelizzazione dei " barozzari ", carrettieri e contadini della campagna romana, che avevano i loro depositi di fieno nel Foro Romano, chiamato allora Campo Vaccino.
Per la Chiesa, intanto, correvano tempi duri: nella notte dal 5 al 6 luglio 1809 Pio VII fu fatto prigioniero e deportato. Il 13 giugno 1810 Gaspare rifiutò il giuramento di fedeltà a Napoleone e venne condannato all'esilio e poi al carcere, che sostenne con animo sereno per quattro anni. Tornato a Roma nei primi mesi del 1814, dopo la caduta di Napoleone, mise le sue forze e la sua vita al servizio del papa. Pio VII gli diede l'ordine di dedicarsi alle missioni popolari per la restaurazione religiosa e morale.
Quale mezzo efficacissimo per promuovere la conversione dei peccatori, per debellare lo spirito di empietà e di irreligione, scelse la devozione al Sangue Preziosissimo di Gesú e ne divenne ardentissimo apostolo.
Il 15 agosto 1815 fondò la Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue, a cui si iscrissero uomini di grande santità, come il ven. servo di Dio d. Giovanni Merlini, Giovanni Mastai Ferretti, il futuro Pio IX .
Nel 1834, inoltre diede inizio all'Istituto delle Suore Adoratrici del Preziosissimo Sangue, coadiuvato dalla beata Maria De Mattias, che egli stesso aveva chiamato a tale missione.
Sostenne con straordinario coraggio la lotta accanita che gli mossero le società segrete, in particolare la massoneria. Ma nonostante le loro minacce e gli attentati alla sua stessa vita, non cessò mai di predicare apertamente contro tali sette, fucine di rabbioso laicismo ateo; convertí intere logge massoniche e non si stancò di mettere in guardia il popolo contro la loro propaganda satanica.
Ma un'altra piaga vessava lo Stato Pontificio, come, del resto, anche altre regioni: il brigantaggio. Leone XII, dietro consiglio del card. Belisario Cristaldi, inviò in mezzo a loro Gaspare, che con le sole armi del crocifisso e della misericordia evangelica, riuscí a ridurre la terribile piaga nei dintorni di Roma ed a riportare pace e sicurezza tra le popolazioni.
Morí a Roma il 28 dicembre 1837.
Fu beatificato da s. Pio X il 18 dicembre 1904 e canonizzato da Pio XII il 12 giugno 1954 in piazza S. Pietro. Il suo corpo riposa a Roma nella chiesa di S. Maria in Trivio.
Patrono della città di Sonnino (LT), patria del Brigantaggio, che Gaspare salvò dalla completa distruzione.
La sua data di culto per la Chiesa Universale è il 28 dicembre, mentre la sua Congregazione lo ricorda in data 21 ottobre.

mic ha detto...

Il Crocifisso davanti al quale San Gaspare del Bufalo passava ore in adorazione si trova nella cappellina laterale della Chiesa di San Nicola in carcere una bellissima e antichissima Chiesa vicina al teatro di Marcello nella quale per tanti anni abbiamo avuto la grazia della Santa Messa antica. Ora non più... siamo in Sant'Anna in Via Merulana.
Ho una devozione speciale nei suoi confronti anche perché devo la mia formazione alle Suore del Preziosissimo Sangue dalle elementari al liceo classico.

Anonimo ha detto...

Città del Vaticano – Il Covid si abbatte inesorabilmente sul Natale in Vaticano. Nell'agenda del Papa, al momento, non è stata inserita alcuna messa di mezzanotte, solitamente celebrata il 24 dicembre, ma solo l'urbi et orbi del giorno di Natale, così come l'Angelus del giorno di Santo Stefano, regolarmente contemplati nel piano degli impegni papali per il mese di dicembre.

https://www.ilmessaggero.it/vaticano/papa_francesco_natale_messa_ognissanti_vaticano_covid_vescovi-5533451.html

Anonimo ha detto...


S. Gaspare del Bufalo aveva un coraggio eccezionale. Oggi ci vorrebbero santi così

Andava a cercare i briganti nei loro covi, con il crocefisso in mano,
rischiando ripetutamente la vita, per convertirli e farli smettere.
I "briganti" erano una piaga
endemica dello Stato Pontificio e del Regno delle Due Sicilie.
Occasionalmente la repressione procurava dei periodi di pace.
La ferocia e la crudeltà dei briganti erano notorie. Applicando
antichi sistemi punitivi, le autorità civili esponevano sulle
strade le teste o i corpi o parti di essi dei briganti catturati
e giustiziati. Questo accadeva anche nello Stato del Papa.
La vista di queste macabre prove dell'efficacia della giustizia
civile (da un lato) tranquillizzava i (non frequenti) viaggiatori del tempo.
Lo Stato unificato dai Savoia, grazie soprattutto alla centralizzazione amministrativa
e militare, alla mancanza di validi aiuti esterni ai ribelli, all'appoggio di parte
sufficiente della popolazione, riuscì finalmente là dove erano falliti
gli Stati preunitari, sterminando i briganti in tutto il centrosud dopo
anni di dura e spietata lotta. La guerriglia iniziatasi quasi subito
nel Meridione contro l'invasore "piemontese" adottò rapidamente i
sistemi del brigantaggio, per poi fondersi con esso, trovando in esso i
suoi capi (anche perché la nobiltà borbonica antiunitaria se ne stette a Roma, sotto la
protezione del Papa, non si arrischiò a mettersi a capo della guerriglia,
sul terreno - come fece invece l'aristocrazia vandeana [differenza da tenere
a mente, anche per evitare paragoni sbagliati]).
La predicazione contro la Massoneria san Gaspare deve averla fatta soprattutto
nel periodo napoleonico, visto che la Setta fu soppressa in tutti
gli Stati italiani alla Restaurazione, cioè dal 1815 in poi?
Ma forse non si trattava di massoni ma di carbonari, influenzati
dai rituali massonici ma indipendenti quanto ad origine ed obiettivi:
si dichiaravano cattolici, volevano liberare l'Italia dallo straniero
e soprattutto volevano la costituzione? Napoleone aveva favorito la
formazione di logge massoniche per infiltrarle di suoi agenti e in
tal modo controllare il dissenso della borghesia intellettuale.
Presso gli spiriti inquieti o comunque critici la massoneria si era pertanto squalificata,
in quanto organo mascherato del regime autoritario-dittatoriale di Napoleone.
Sopravvenne in Italia la carboneria. E poi riapparve la massoneria,
soprattutto dopo il 1848, come parte attiva dell'universo settario (carbonari,
mazziniani, massoni).
H.

FRATELLI TUTTI ? ha detto...

La fraternità cristiana non è la massoneria
Don Nicola Bux
https://lanuovabq.it/it/la-fraternita-cristiana-non-e-la-massoneria