Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 19 marzo 2021

La scala misteriosa costruita da San Giuseppe - don Elia

In onore di San Giuseppe, ripropongo l'articolo che segue: don Elia, La scala del cielo.
Nella città di Santa Fe, nel New Mexico, da quasi un secolo e mezzo si ammira un prodigio di falegnameria che attira ogni anno un quarto di milione di visitatori. La cappella di Loreto fu eretta nella seconda metà del XIX secolo per un gruppo di religiose francesi giunte sul luogo per aprirvi un collegio femminile. Una volta terminata la costruzione, ci si accorse però con disappunto che l’architetto (lo stesso che aveva progettato la cattedrale) aveva omesso un passaggio per accedere alla cantoria. Dopo una vana ricerca di soluzioni, la comunità decise di affidarsi a san Giuseppe con una novena. L’ultimo giorno, ecco presentarsi un uomo anziano, accompagnato da un asinello, che propone di costruire una scala in legno. I suoi soli attrezzi, una sega, un martello e una squadra. In capo a sei mesi, una magnifica scala a chiocciola era pronta e lo sconosciuto sparì senza chiedere un soldo e senza lasciare traccia di sé.

Ciò che da allora costituisce il principale motivo di meraviglia, tuttavia, è il fatto che quella scala è sprovvista del necessario pilastro centrale che le faccia da supporto; nessuno è finora riuscito a spiegare come possa reggersi. Per la sua costruzione, inoltre, non sono stati usati né chiodi né colla, ma solo pioli lignei. Il legno utilizzato per assemblare l’elegante spirale dalle curve perfette è così duro che non presenta segni di usura, nonostante l’intenso passaggio di persone; esso, oltretutto, non si trova nella regione, ma è di origine ignota. In breve, l’opera richiede una perizia e delle conoscenze talmente specializzate che non si capisce come un uomo solo, a quell’epoca, possa averla realizzata… a meno che non sia stato davvero – come la devozione delle suore e del popolo ha subito amato pensare – qualcuno che, per la sua saggezza, fu scelto per essere immagine viva del Padre celeste per il Figlio di Dio umanato e insegnargli un’arte raffinata, in qualche modo legata alla Sua missione sulla terra.

Il «figlio del carpentiere» (Mt 13, 55), in effetti, non apprese un “umile mestiere”, come tende a pensare una mentalità da “colletti bianchi” che squalifica a priori il lavoro manuale, ma una disciplina di estremo rigore, frutto di antica sapienza. Nei brevi anni della sua vita pubblica, Egli doveva costruire una scala che congiungesse la terra al cielo. La Chiesa visibile, con le sue strutture e istituzioni, avrebbe dovuto sfidare i millenni e resistere a tutti gli assalti. Ciò che la tiene in piedi, tuttavia, sfugge allo sguardo umano: non sono mezzi imponenti o smisurate risorse finanziarie – che, semmai, sono tarli che la rodono dall’interno. Il materiale da costruzione è terreno, certo, ma chi è nato dallo Spirito non si sa di dove venga (cf. Gv 3, 8). L’architetto e costruttore è lo stesso che ha progettato la spirale del DNA; un giorno si è presentato nella veste del servo, umile e discreto, ed è poi ripartito, a lavoro ultimato, senza chiedere nulla in cambio.

Chi, insieme con la sua purissima Sposa, ha avuto il compito sublime di educare umanamente quest’Uomo-Dio non poteva certo rimanere estraneo alla Sua opera. Anche se il suo ruolo nei confronti della Chiesa è stato riconosciuto in epoca tardiva, egli lo ha sempre esercitato. L’8 dicembre 1870 il beato Pio IX, in un’epoca particolarmente burrascosa, non a caso lo proclamò Patrono della Chiesa universale. A nessun santo, dopo la Vergine, si può attribuire un onore e una funzione del genere. La preghiera degli stessi Apostoli, che pure sono le colonne del mistico edificio, non ha sul Figlio di Dio un influsso pari a quello di colui sotto la cui autorità paterna Egli scelse di porsi. Quest’ultimo, quale uomo del silenzio, ebbe il singolare privilegio, condiviso con Maria santissima, di ascoltare quotidianamente, per lunghi anni, il Verbo incarnato, formandone in pari tempo l’umanità con la sapienza di cui era maestro.

Come non avere incondizionata fiducia nella sua intercessione a beneficio della Chiesa intera e delle singole anime? Non solo per le necessità materiali (come la mancanza di lavoro, che in questo periodo affligge tante famiglie), ma anche e soprattutto per quelle spirituali. Come non guardare, senza una colpevole omissione, al suo esempio luminoso di uomo giusto per imparare a praticare fedelmente i santi Comandamenti di Dio, onde poter arrivare, con l’aiuto della grazia, in cima alla scala del Cielo evitando di inciamparvi lungo l’ascesa e di precipitarne rovinosamente? Come non affidargli, congiuntamente alla Sposa, le famiglie in pericolo, i matrimoni sofferenti e i figli esposti a tante insidie? Ma, soprattutto, perché non richiedere il suo intervento a favore della barca di Pietro sbattuta dai flutti? Certo, essa è stata costruita dal “figlio del carpentiere” in modo tale da non poter affondare, ma chi è in essa rischia di esserne sbalzato fuori dalla furia del vento e delle onde. Non dubitiamo che, al momento fissato, Egli si alzi a placarla, ma nel frattempo siamo sballottati in modo così violento che abbiamo anche bisogno di essere rassicurati.

Con la sua fedele obbedienza, san Giuseppe cooperò – sebbene a tutt’altro livello rispetto alla Madonna – al compiersi dell’impensabile mistero dell’Incarnazione. Grazie alla sua disponibilità totale, esso si realizzò in modo onesto e ordinato; il Divino Bambino e la Vergine Madre trovarono in lui un vero capo-famiglia e lo strumento vivente della Provvidenza. Non per nulla «l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide chiamato Giuseppe» (Lc 1, 26-27). La sua dignità non è in qualche modo infinita, come quella della Madre di Dio a motivo – rileva san Tommaso – della Sua maternità, ma è senz’altro la più alta dopo quella di Lei. Il suo fiat non è stato esplicito come quello di Maria, ma è stato pronunciato con i fatti, mediante quelle opere in cui la sua fede si è compiuta. Impariamo da lui a obbedire attivamente a Dio sempre e in ogni cosa, anche quando ciò che comanda sembra troppo arduo nell’attuale cultura o ciò che ci chiede impossibile alle sole capacità umane.

8 commenti:

San Giuseppe intercedi per noi! ha detto...

Da giorni Luca Pacioli evidenzia come il numero dei casi di Covid dichiarati ogni giorno dal ministero della Salute sia "drogato", gonfiato del doppio, perché comprende, scorrettamente, anche tutti tamponi ripetuti dalle stesse persone.
Oggi, indagando più a fondo, ha scoperto che il gonfiamento è addirittura superiore: oggi quasi del 75%! I veri positivi sono 6424 su 23.059. Tenendo conto che oggi 20.166 persone si sono negativizzate, ci sono 13.741 positivi in meno.
Inutile ricordare poi che sui 6424 positivi veri, solo il 5% è veramente malato, mentre gli altri sono sani con residui a volte infinitesimali del dna del virus. Sì e no 250 malati al giorno su 60 milioni di abitanti. Meno di 16 per regione. A causa di queste cifre le aziende falliscono, centinaia di migliaia di lavoratori perdono il lavoro, gli studenti sono privati della formazione e della socialità, 60 milioni di persone delle loro libertà fondamentali.
In un paese appena decente dati come questi farebbero scandalo, provocherebbero discussioni accese, finirebbero sulle prime pagine. Da noi, nazione di pecore con immunità di gregge dall'intelligenza, passano pressoché inosservati. Condividiamoli quanto più possiamo.

Anonimo ha detto...

"Sempre più spesso assistiamo a una novità degna di rilievo: le tesi non allineate non vengono criticate, alle tesi non allineate non viene neanche più concessa la possibilità di esprimersi. Di qui l'ideologia scientifica, da distinguersi attentamente dalla scienza".

Viator ha detto...

La liturgia odierna ci fa festeggiare la figura di San Giuseppe. Di lui ci sarebbe tantissimo da dire e da scrivere e questo paradossalmente sarebbe in contrasto con il protagonismo che ha avuto nel Vangelo, dove non è riportata nemmeno una sua parola. Infatti proprio nel Vangelo di oggi salta subito all’orecchio il silenzio dei due protagonisti. Giuseppe e Maria non parlano. Agiscono, scelgono, seguono, rischiano, dubitano, soffrono ma il racconto registra un lungo silenzio. È il silenzio di chi è davvero umile. Gli umili non si perdono dietro le parole, dietro quegli interminabili racconti dei “perché”, ma prendono la realtà sulle loro spalle senza troppo storie, con una mansuetudine coraggiosa non umiliante. Eppure Dio guarda nei loro cuori, scorge, ad esempio, in quello di Giuseppe una profonda paura. È la paura che forse le cose non stanno come ha capito, che forse i suoi sogni sono finiti, che forse non sarà mai veramente felice così come aveva immaginato. Così Dio manda angeli nei suoi sogni. Manda risposte che giungono dritte a quel cuore impaurito, senza togliergli però la “facoltà di scelta”. Giuseppe davanti a quel sogno deve rischiare se crederci o meno. Non ha certezze ma suggerimenti, intuizioni. Senza il rischio della libertà niente varrebbe la pena, sarebbe solo tutto da copione. È questo rischio di fidarci di ciò che si mostra certo solo in regioni non verificabili del nostro cuore che ci fa essere liberi. È così per ogni cosa, quando si ama qualcuno, quando si sceglie di fare quel lavoro, o di fidarsi di quell’amico. È un rischio che esige la nostra scelta. “Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa”. Da quel momento in poi Giuseppe diviene infinitamente responsabile di Gesù e di Maria. Diviene il custode delle cose che di più prezioso Dio ha. Cosa dovrebbe essere il nostro cristianesimo se non la stessa cosa? Cosa dovrebbe essere se non sentirci infinitamente responsabili di Gesù e di Maria?
Mt 1,16.18-21.24°
#dalvangelodioggi
Don Luigi Maria Epicoco

Anonimo ha detto...

“Quamquam pluries”. La fondamentale Enciclica di Leone XIII su san Giuseppe

http://www.vatican.va/content/leo-xiii/it/encyclicals/documents/hf_l-xiii_enc_15081889_quamquam-pluries.html

Anonimo ha detto...

20 Marzo 2021 Sabato nella IV Settimana di Quaresima, Feria Maggiore non privilegiata, colore liturgico violaceo. Giorno di digiuno e astinenza.
Con Nona termina il Tempo di Quaresima, e con i Vespri incomincia il Tempo di Passione.
Dopo la Messa ma prima dei Vespri occorre aver coperto di veli violacei privi di decorazioni tutte le statue, immagini e croci della chiesa. Fanno eccezione solo le stazioni della Via Crucis.
Primi Vespri della I Domenica di Passione, Domenica Maggiore di I Classe, Semidoppio, colore liturgico violaceo. Commemorazione di San Benedetto Abate.

https://loquerequaedecentsanamdoctrinam.blogspot.com/2021/03/sabato-20-marzo-2021-nella-liturgia.html

Gianni b ha detto...

O felicem virum, beatum Ioseph, cui datum est Deum,
quem multi reges voluerunt
videre, et non viderunt, audire, et non audierunt,
non solum videre et audire,
sed portare, deosculari, vestire et custodire!
Amen.

Anonimo ha detto...

Je vous salue, Joseph,
Vous que la grâce divine a comblé.
Le sauveur a reposé dans vos bras et grandi sous vos yeux.
Vous êtes béni entre tous les hommes,
et Jésus, l’enfant divin de votre virginale épouse, est béni.
Saint Joseph, donné pour père au Fils de Dieu,
priez pour nous, dans nos soucis de famille,
de santé et de travail, jusqu’à nos derniers jours, et daignez nous secourir
à l’heure de notre mort.
Amen

Anonimo ha detto...

Vir Justus, ora pro nobis!