Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 19 luglio 2022

Bergoglio e la riforma del titolo 'papa emerito'

Colgo un interessante spunto da un recente articolo apparso su Monday Vatican [qui], che collega  le ultime dichiarazioni di papa Francesco ad un saggio del card. Gianfranco Ghirlanda risalente al 2013 [qui], per sviluppare mie considerazioni. 
Il saggio riguarda le procedure per la cessazione dell'ufficio del Romano Pontefice e l'elezione di un nuovo Papa e offre indicazioni decisive in caso di possibili ulteriori riforme già nelle sue intenzioni.  Infatti, in una recente intervista all'emittente messicana Televisa, Bergoglio afferma di non avere alcuna intenzione di rinunciare al pontificato ma, se lo farà, assumerà il titolo di “vescovo emerito di Roma” e non di papa emerito. Ha anche aggiunto che il ruolo avrebbe dovuto essere meglio definito e che tutto è andato bene con Benedetto XVI solo perché si trattava di Benedetto XVI. Infine ha affermato che non avrebbe vissuto in Vaticano e che avrebbe potuto scegliere come residenza il Palazzo Lateranense. Vescovo di Roma a pieno titolo, dunque. 

Nel non detto di queste dichiarazioni si possono riconoscere allusioni innanzitutto al fatto che Bergoglio, come non apprezza che Benedetto sia rimasto nel 'recinto di Pietro' in Vaticano,  non apprezza la sua decisione sulla figura del papa emerito sulla quale non esiste quadro giuridico non essendo stati elaborati i corrispondenti principi sia teologici che canonici. Anni fa, però, Bergoglio non era dello stesso avviso, posto che affermava: «Sessanta o settant’anni fa, il vescovo emerito non esisteva. Venne dopo il Concilio. Oggi è un’istituzione. La stessa cosa deve accadere per il Papa emerito. Benedetto è il primo e forse ce ne saranno altri...» (Conversazione a Santa Marta con Ferruccio de Bortoli, 5 marzo 2014 [qui]).

A suo tempo aveva suscitato perplessità l'affermazione di Mons. Georg Gänswein che 
la cosa più grande del pontificato di Benedetto XVI è stata l'istituzione del Papa emerito, evento che apre la porta ad un futuro diverso. [...] Dall’elezione del suo successore Francesco il 13 marzo 2013 non vi sono dunque due papi, ma de facto un ministero allargato – con un membro attivo e un membro contemplativo. Per questo Benedetto XVI non ha rinunciato né al suo nome, né alla talare bianca. Per questo l’appellativo corretto con il quale rivolgerglisi ancora oggi è “Santità” Infatti Benedetto XVI non si è ritirato in un monastero isolato ma vive all’interno del Vaticano. Dunque l'abdicazione di Benedetto XVI con l’istituzione della figura del Papa emerito è l'ennesima innovazione a partire dal Concilio Vaticano II, ed è una innovazione che tocca la struttura della Chiesa come Cristo l’ha voluta e edificata su una sola Persona: San Pietro e i suoi successori sino alla fine del mondo.[qui]
Certamente con l’elezione di papa Francesco nella Chiesa non ci sono due Papi de jure, ma de facto il ministero petrino è stato allargato collegialmente ed è diventato una sorta di triarchia: il Collegio dei vescovi (Lumen gentium, n. 22), un Papa attivo ed un Papa emerito/contemplativo. 

Poste queste premesse, a tutt'oggi, prevale l'incertezza poiché nulla è stato ancora stabilito.

Tornando al saggio di Ghirlanda, esso offre una prospettiva nell'osservare che il titolo corretto per un papa dopo le dimissioni sarebbe quello di vescovo emerito di Roma: il che appare in assoluta continuità con la sottolineatura del ruolo di vescovo di Roma evidenziato da Bergoglio fin dal primo saluto dalla loggia delle benedizioni. Tant'è che i documenti ufficiali papali ora sono sempre firmati a San Giovanni in Laterano e non in Vaticano.
Ma il vescovo di Roma è il Papa e peculiare è il suo ruolo nella vita della Chiesa. Da notare però che, nel Nuovo Annuario Vaticano del 2020, Vicario di Cristo è solo un “titolo storico” [qui] il che sostanzialmente lascia passare il concetto che il titolo che designa una vera e propria investitura divina sancita nel Vangelo, è relegato come primo dei titoli storici… cioè come qualcosa che in fondo risale a tempi lontani, ma che può avere o non avere un significato nel mondo di oggi.

Inoltre il saggio di Ghirlanda prende in considerazione la possibilità dell'elezione di un papa che non è ancora vescovo e sui vari dibattiti intercorsi sull'eventualità che l'ordinazione episcopale avvenga subito o che non sia necessaria l'ordinazione immediata perché il candidato è già investito di tutti i poteri. Alla fine ricorda che è prevalsa la legislazione più rigida, che prevede l'ordinazione episcopale immediata per un pontefice che non sia ancora vescovo. Anche se ultimamente, con riferimento alla Lumen Gentium e al magistero di Paolo VI, ormai, a laici ed ecclesiastici sono riconosciute le stesse responsabilità di ogni battezzato; il che contempla un approccio e un'apertura diversi. 

Del resto è ciò che si riconosce nella recente riforma della Curia [qui - quiqui - qui], in base alla quale l'autorità non è data dall'ordinazione episcopale ma dalla missione canonica. Se questo principio dovesse essere incorporato in una riforma dell'elezione del nuovo Papa, potrebbe essere questa a conferirgli il carisma del potere episcopale. Ma di fatto l'ordinazione episcopale nasce anche dall'idea di collegialità [qui - qui] e dalla nozione che l'elezione del papa avviene nel novero del collegio dei vescovi, e cioè in sostanziale unità con i vescovi di cui egli è capo, oltre che custode del Depositum fidei.

Tra le varie riflessioni elaborate fin dal 2013, individuavo nella mens vaticansecondista di Ratzinger/Benedetto la soluzione dell'enigma. E' la riforma conciliare che ha trasformato la percezione che ha di sé la Chiesa e la 'pastorale' che ne consegue in senso sacramentale e carismatico, de-istituzionalizzato, provocando il passaggio da una Chiesa, vista come gerarchica e come società perfetta, a una Chiesa vista come comunione di fratelli [qui]; il che oppone la carità al diritto, la comunione alla gerarchia, la potestà d’ordine alla potestà di giurisdizione. (Con gli organismi Sinodali che trasformano la Chiesa Una in un corpo policentrico. La recente Episcopalis communio (2018 - qui) , i cui prodromi nell'attuale pontificato abbiamo già colto qui, ne è il culmine). 

In definitiva, in questo nuovo orizzonte, il fatto che il Papa si definisca “vescovo emerito” dopo possibili dimissioni mostra l'idea di un Papa molto più presente nella vita della Chiesa rispetto a Benedetto XVI e che potrebbe influenzare anche il suo successore. Possiamo dunque aspettarci che la prevedibile riforma della sede vacante contempli una nuova normativa sia per le dimissioni di un papa che per la gestione della transizione. Il che, per la Chiesa, sarebbe l'ennesimo cambio di paradigma [qui].

Colgo l'occasione per riprendere in sintesi alcune riflessioni di immutata attualità.

L'anomalia non è nelle dimissioni di Benedetto XVI, previste dal diritto canonico anche se non avvenute nelle circostanze eccezionali consegnateci dalla storia in precedenza. L'anomalia non sta neppure nell'elezione del nuovo papa, regolarmente avvenuta (fino a prova contraria) attraverso la scelta dai cardinali e perfezionata dall'accettazione della sua funzione, anche se egli ne ha inopinatamente rifiutato i simboli e ne sta svuotando la pregnanza. 

L'anomalia sta nella contestuale presenza, che in questo caso diventa ostentata - esattamente il contrario dell'annunciato "nascondimento al mondo", che sottolineava anche l'eccezionalità dell'evento -, di un papa secondo il suo dire "per sempre" ma in "servizio contemplativo" a fianco del papa "in servizio attivo". Due aspetti e dimensioni che possono anzi devono esser compresenti nella stessa persona; tanto più trattandosi di un'investitura divina e non di una funzione amministrativa qualunque. Tenendo poi conto che l'inedita (e non codificata) figura di papa-emerito, la associa a quella di vescovo-emerito che si dimette per la stessa motivazione: "ingravescente aetate". Il che stabilisce un precedente che passa come eccezionale ma che rischia di diventare regola[1]. Con la contraddizione, tuttavia, che anziché le vesti di un vescovo, oltre a conservare il titolo, Benedetto ha conservato il nome[2] e lo stemma e continua a vestire la talare bianca da papa, mentre il suo stemma è stato associato a quello del papa regnante sul monumento a San Michele Arcangelo a suo tempo inaugurato nei giardini vaticani [qui]. Una compresenza non solo inedita ma codificata nella pietra.

Sostanzialmente, in nome della fatidica 'pastorale' conciliare - prassi ateoretica senza spiegazioni o con spiegazioni sommarie sganciate dalla tradizione perenne perché divenute 'tradizione vivente' portata avanti dal nuovo-soggetto Chiesa che ha preso il posto dell'oggetto-Rivelazione -, de facto se non de iure si incide nella sostanza e si dà concretezza ai cambiamenti che vengono non più sanciti ma operati e rappresentati e addirittura ormai recepiti dall'opinione comune. E nessuno può dir nulla, perché contrapporre parole ai fatti non serve a niente, mancando alle parole la materia prima del contendere: la esplicitazione teorica del nuovo corso di volta in volta instaurato. 

Il comportamento, sempre più pragmatico e rivoluzionario di Bergoglio, sta completando l'opera, iniziata da Paolo VI e traghettata con una spinta finale da Benedetto XVI [vedi qui : Che n'è del primato di Pietro?]. E l'Autorità, oggi, viene esercitata dispoticamente nel silenziare, oltre che nel disprezzare, ogni ragionevole voce contraria di dissenso che cerchi di ricondurre la Chiesa nell'alveo della sua Via Maestra, della quale si stanno perdendo le tracce. E si continua a dialogare con l'errore, mentre la verità è oscurata e deformata. 

E, per contro, come si potrà più dialogare con una Tradizione che è stata svuotata del suo contenuto, rovesciando il significato dei termini concettuali che la identificano?

C'è un'altra incertezza di fondo che nasce dalla circostanza, quanto meno ardita, del munus petrino 'dimidiato' per effetto della impropria e improvvida scissione del Ministero attivo da quello contemplativo esercitato nel 'recinto di Pietro', che così non è tanto un 'luogo' geografico quanto teologico, dal quale Benedetto XVI continua ad esercitare il Ministero spirituale, mentre ha deposto la potestà di governo universale. Questo dato non mi pare sufficientemente affrontato e chiarito da nessuno. In passato ci siamo posti diverse domande, tuttora senza risposta. Non  mi cimento con le articolate ma solo ipotetiche analisi di Cionci, avendo già inquadrato la situazione nei termini essenziali. Da semplici fedeli, avevamo già esposto a suo tempo il nutrito elenco delle imposizioni e degli impedimenti subiti da Benedetto XVI, di cui abbiamo avuto chiara e documentata percezione. Si trattava di quelle che ci risultavano evidenti, non potendo conoscere le sotterranee...[qui], affidando alla storia, con i possibili chiarimenti del sommerso, e alle autorità competenti non renitenti le conclusioni. 

Comunque nella Chiesa non possono esserci due papi (e nemmeno un "collegio" papale). Non si tratterebbe di una semplice "anomalia": sarebbe un'aberrazione metafisica, in rapporto al primato petrino, ad personam, sancito da Gesù! 

Cosa concludere dunque? Il Papato non solo cambia volto ma anche funzione? Assisteremo tra non molto ai brindisi insieme ai Patriarchi Ortodossi Kirill e Bartolomeo, e magari anche al Gran Rabbinato e alle Confessioni Riformate? Un brindisi più difficile con gli Imam; ma, con l'Islam, dialogo e calamenti di braghe ad oltranza ormai sono ordinaria amministrazione [vedi]... 

Chi sono costoro e dove credono di portarci? Ai diversi interrogativi qui condensati non abbiamo risposte conclusive, che non possiamo darci da soli. E non abbiamo né scorgiamo nell'orizzonte ecclesiale neppure l'autorità munita del munus magisteriale che ce le fornisca. Tuttavia, dopo quanto già evidenziato, evitiamo di inciampare e tiriamo dritti per la via stretta. Il Signore giudicherà noi, e i nostri superiori non rispetto a noi ma alle loro responsabilità. Questo non significa non riconoscere il Papa. Dunque nessun rischio di sedevacantismo. Significa semplicemente che il nostro tesoro è là dov'è il nostro cuore, che resta ancorato alla Tradizione perenne poiché non possiamo collocarlo in queste - sappiamo de fide momentanee - deviazioni di percorso. (Maria Guarini)
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1. «Sessanta o settant’anni fa, il vescovo emerito non esisteva. Venne dopo il Concilio. Oggi è un’istituzione. La stessa cosa deve accadere per il Papa emerito. Benedetto è il primo e forse ce ne saranno altri...». (Bergoglio, Conversazione a Santa Marta con Ferruccio de Bortoli, 5 marzo 2014)
2. Nome di fatto non deponibile? Il cambiamento di nome non denota infatti un cambiamento di status, la cosiddetta translatio personae dal carattere singolare e permanente legato alla persona e non solo all'ufficio? Tuttavia queste considerazioni appartengono all'orizzonte ontologico, metafisico, che la modernità ha purtroppo messo all'angolo. In effetti una conciliazione tra esercizio non-attivo del pontificato con il per sempre appare possibile solo se rimaniamo nel mondo del finito e si sottrae al ministero e alla funzione la valenza ontologica che ha sempre avuto nell'ordine metafisico. E come è possibile rimanere ancorati alla finitudine, se il ministero petrino e l'avvenuta rinuncia « nella metafisica sono legati al nodo dell’essere, che non permette che una cosa contemporaneamente sia e non sia » ? Diventa possibile unicamente se si è centrati nell'antropocentrismo conciliare e post [qui - qui].

13 commenti:

Anonimo ha detto...

Più li si lascia andare avanti, agire, legiferare, più la vera Tradizione viene coperta di distorsioni e carta straccia, cioè sepolta. Continuiamo pure a 'stare a guardare' e a chiacchierare mentre loro nei fatti ci onorano quotidianamente con il loro 'tiè' con gesto!

Interno da infarto: tutti in talare (tranne due). ha detto...

E' solo per sorridere e non per irridere.
Se doveste vederla , limitatevi a sorridere della mia battuta e passate oltre.
https://gloria.tv/post/4oooBUMF9LxqCMakMGBcwnEkw

Anonimo ha detto...

Il titolo di "papa" non esiste. Lo si usa come una sorta di appellativo onorifico, ma non è un titolo. E' più o meno come il "don". E difatti nei titoli ufficiali del papa........non c'è quello di "papa". Parlare di papa emerito è una emerita fesseria.

No all'emeritismo ha detto...

... il ministero petrino è stato allargato collegialmente...

Roba da matti! Piano piano a chi li ascolta stanno facendo accettare delle vere e proprie mostruosità, che alterano la costituzione divina della Chiesa quale Gesù Cristo l'ha voluta, come se fossero evoluzioni normali, inevitabili. Bisogna fermamente rigettare tutte codeste luciferine invenzioni e pagliacciate e non dare ascolto alle acrobazie dei "conservatori", dei moderati per farle accettare.

Anonimo ha detto...

Bergoglio ha detto nello stesso tempo una cosa giusta e una sbagliata. Ha detto bene che il titolo corretto da usarsi per un papa che rinunci al munus petrino sia quello di “vescovo emerito di Roma” (perché il carattere sacramentale è indelebile), ma ha sbagliato nel ritenere di poterlo eventualmente applicare a sé. Questo avrebbe potuto farlo se Benedetto XVI fosse diventato appunto “vescovo emerito di Roma”. Ma Benedetto XVI è ancora Sua Santità… Dunque, volendo trovare un titolo positivo per Bergoglio in caso di rinuncia, quello potrebbe essere “vescovo ausiliare emerito di Roma”.

Anonimo ha detto...

Ieri sul blog di Aldo Maria Valli è uscito l’ennesimo intervento in cui si dice che non si deve uscire dalla Chiesa. Ovvio che non si deve, perché extra ecclesiam nulla salus. Ma la domanda vera è: siete proprio così sicuri che seguendo Bergoglio e i vescovi in comunione con lui non state di fatto uscendo voi dalla Chiesa? Ricordo (CCC, n. 815) che i tre legami visibili di comunione sono: 1) la professione di una sola fede ricevuta dagli Apostoli; 2) la celebrazione comune del culto divino, soprattutto dei sacramenti; 3) la successione apostolica mediante il sacramento dell’Ordine, che custodisce la concordia fraterna della famiglia di Dio. Ora, 1) Bergoglio e chi è in comunione con lui professano tale fede? 2) A proposito dei sacramenti, da una parte la Messa “di sempre” con il suo rispetto per il Signore e dall’altra una Messa in cui il sacerdote tocca di tutto dopo la consacrazione, laici aprono il tabernacolo e “purificano” i vasi sacri, distribuzione della comunione con guanti e gel e “rigorosamente” in piedi e sulla mano, ecc. ecc.; 3) oggi è rispettato il sacramento dell’Ordine o si sta tentando di distruggerlo? In che senso sta andando la riforma della curia in corso?
Certo che la successione apostolica è comunque fondamentale, ma nell’ipotesi che pochi vescovi siano in comunione con il vero Papa e la maggioranza segua invece un falso papa, dove sarebbe la Chiesa di Cristo? Il CCC al n. 816 ricorda che “l’unica Chiesa di Cristo è quella […] governata dal Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui”.
Vero che non sta a noi dichiarare ufficialmente chi è l’unico papa dei “due papi”, ma se siamo cattolici la fede l’abbiamo, i fatti li vediamo, la dottrina la conosciamo… e se la situazione attuale fosse veramente quella della grande apostasia, dovremo pur fare qualcosa…
Dico questo con timore e tremore perché la situazione è inedita e perciò ogni scelta comporta dei rischi. Certo non bisogna lasciare la Chiesa e/o disertare i sacramenti, ma a chi con troppa facilità e apparentemente senza dubbi identifica la “chiesa bergogliana” con la Chiesa di Cristo domando: non è che così facendo si difenda di fatto la chiesa di “Anna e Caifa”? Almeno porsi il dubbio, visto che gli elementi per farlo non mancano certo.

I conservatori vogliono fregarci ha detto...

Veramente coloro che sono usciti dalla Chiesa Cattolica Apostolica Romana sono i modernisti. Non mi sembra che la processione della Pachamama, per esempio, sia un atto proprio della Chiesa Cattolica! E si potrebbe continuare all'infinito: riguardo al sesto comandamento: non commettere atti impuri, etc... I conservatori però fanno di tutto per salvare il modernismo, per farlo accettare anche a chi, non essendo affatto scemo, capisce che c'è qualcosa che non va.

Anonimo ha detto...

“chi sono costoro e dove credono di portarci? Ai diversi interrogativi qui condensati non abbiamo risposte conclusive, che non possiamo darci da soli. E non abbiamo né scorgiamo nell'orizzonte ecclesiale neppure l'autorità munita del munus magisteriale che ce le fornisca.”……… Il concilio vaticano II è stato un grembo in cui è stata concepita una nuova religione. Partorita con la fine di quest’assise, ha iniziato a crescere: una dottrina propria, un culto proprio, una ecclesiologia propria. Nel tempo il soggetto è andato sempre più definendosi e strutturandosi con una sua vita propria, gerarchia propria. Oggi siamo ad un organismo adolescente che si avvia alla sua piena maturità. Il risultato finale è un solo capo da cui dipendono la Chiesa Cattolica militante fondata da N.S.G.C. e l’altro soggetto, chiesa cattolica riformata, il cui embrione è stato concepito in un utero artificiale appositamente convocato, fondata da satana. Se si comprende tutto questo è semplice spiegare tutto l’apparente irrazionale e contraddittorio che si sta verificando, tutte le domande senza risposta troverebbero una soluzione logica. Dal concilio vaticano II il capo sta promovendo sistematicamente la crescità della nuova e falsa religione e la distruzione, sino alla scomparsa, della Chiesa di N.S.G.C., con gradualità e costanza vorace. Soluzione “Ai diversi interrogativi qui condensati non abbiamo risposte conclusive, che non possiamo darci da soli”: il clero della Chiesa Cattolica fondata da N.S.G.C. deve costringere il capo a decidersi a quale dei due ovili essere il pastore. Fino a quando questo non avverrà, l’anticristo partorito in quell’utero avrà sempre più forza fino a martirizazre fisicamente i cattolici della Chiesa di N.S.G.C. Gli abomini aumenteranno così le blafsemie si manifesteranno con sempre maggiore efferatezza, soprattutto nei confronti della presenza reale di N.S.G.C. Alessandro da Roma

Anonimo ha detto...

Qui l'equivoco è fin dall'inizio, cioè poiché mi sembra chiaro che le 'dimissioni' siano tutto fuorché spontanee, si è concesso il titolo di Emerito perché....... insomma senza fare disquisizioni cavillose alla Cionci, che pure una qualche ragione ce l'avrà anche, il fatto è che Ratzinger si ritiene ancora papa, che è lì ed è una spina nel fianco per tutti i maneggioni e affaristi curiali e non, e che, soprattutto, non è morto subito, anzi, e comincia a dare parecchio sui nervi, quanto a JMB, per me può andare dove vuole e farsi chiamare come gli pare, una cosa è certa, se non posso affermare che non sia papa, posso essere più che sicuro che non lo fa e si comporta quantomeno in maniera bizzarra e lontana dagli schemi della Cattolicità, e ho molti, ma molti dubbi sulla sua salute mentale, intanto è morto un altro eroe di Skt. Gallen..........

ilfocohadaardere ha detto...

Ripenso a quel che riferì in un articolo Vittorio Messori del suo incontro col "papa emerito" credo nel 2015, nel quale in modo molto discreto (e secondo me efficace) lasciò delle "bricioline" in modo da consentire di comprendere dietro le righe quel che lui stesso pensava. Ad intelligenti pauca.Riporto: "Da quando quell’invito mi è giunto, ho subito pensato che fosse mio dovere di non metterlo in imbarazzo con domande da giornalista indiscreto, come i suoi rapporti col suo successore o come i motivi ”veri” della sua rinuncia. Sono dunque pregati di astenersi i soliti complottologi e dietrologi che pensassero che dietro questo nostro incontro ci fosse chi sa che. Mentre mi inchinavo per baciargli la mano (come vuole una tradizione che rispetto,soprattutto da quando si cerca di declassare il ruolo e la figura del Supremo Pontefice),Sua Santità mi ha messo una mano sulla testa, per una benedizione che ho accolto come un grande dono.(...)Sotto la tonaca bianca si indovina la magrezza del corpo, ma il viso non porta affatto i segni dei quasi 90 anni: è quello di sempre, da eterno fanciullo, cui fa contrasto la corona dei capelli tutti bianchi e la vivacità degli occhi chiari. ”Bello”, insomma, come sempre è stato nel volto. E belle anche la sua lucidità intellettuale e la sua attenzione all’interlocutore.Spiritus promptus, caro infirma: la citazione viene spontanea, stando accanto a quello” spirito” prigioniero di una” carne” che ormai fatica a portarlo.Seduti sull’orlo di due divani ravvicinati - per ovviare, accostandoci, a un suo calo dell’udito - abbiamo parlato per oltre un’ora. Io, come dicevo, mi sono astenuto dal fare domande ovvie e sin troppo facili. Da lui, invece, le domande sono venute numerose. Mi ha ascoltato con attenzione quando, su sua richiesta, ho cercato di fargli una sintesi della situazione ecclesiale, almeno così come la avverto. Alla fine non ha detto che: «Io posso solo pregare».

ilfocohadaardere ha detto...

fonte: https://difenderelafede.freeforumzone.com/mobile/d/11188195/Vittorio-Messori-fa-visita-a-Benedetto-XVI-testimonianza-da-leggere-e-meditare/discussione.aspx

p.s. alcune "briciole" (alla Pollicino) sono in realtà pani da un chilo.....ma bisogna leggere con attenzione..

Diego B. ha detto...

Io la vedo come se nella casa di mio Padre, dove abito, alcuni mie fratelli e sorelle hanno perso la tramontana e stiano mandando tutto in malora. Me ne sto per ora chiuso nella mia stanza ma fuori è un vero disastro. Non lascio casa di mio Padre, ho il diritto di abitarvi.

Anonimo ha detto...

Il prossimo papa e la pienezza della fede cattolica
fedecultura.com/…l-prossimo-papa-e-la-pienezza-della-fede-cattolica Ascolta la lettura e il commento del Prof Giovanni Zenone ad alcune pagine del libro di George Weigel "Il prossimo papa".
https://gloria.tv/post/KUgBGPgWqcsM3NsHeYWT3vB1E#415