Così si spiegano le troppe débâcle nelle questioni più intriganti del nostro tempo di cambiamenti epocali non governati dalle forze che dovrebbero farlo con la dovuta efficacia sugli aspetti politici – con ricadute socio-antropologiche oltre che etiche – in difesa della nostra patria, sia pure nel più ampio contesto europeo e globale, se ancora esiste la Patria o non è solo una nozione ormai vuota di senso... Questo succede quando non si riesce (o non si vuole) riappropriarsi dei cardini anche mediatici di un sistema consolidato da decenni di sub-cultura di sinistra.
La cultura al tempo della destra
di Marcello Veneziani 15 Marzo 2025
Come se la passa la cultura al tempo del governo Meloni? Per dare una prima, sintetica risposta: più o meno come prima. E questo delude i più motivati ma rassicura chi temeva invasioni di campo. Se lo stato generale della cultura è questo il merito o la colpa non è del governo in carica. La politica incide poco sulla cultura, pochissimo nel nostro tempo, perché la politica si è rimpiccolita ed è sempre meno sensibile alle idee; non incide sulla cultura, non se ne occupa. La cultura è irrilevante nell’azione del governo; l’atteggiamento del governo rispetto alla cultura è di sostanziale neutralità. Se vogliamo fare un paragone altolocato è un po’ come la Chiesa di oggi, che per farsi accettare dal mondo neutralizza i suoi contenuti cruciali, fino a mimetizzarsi nell’ecopacifismo e nel terzomondismo.
In generale l’influenza della politica sulla cultura può avvenire in modo diretto o indiretto; in modo diretto soprattutto nei regimi autoritari, se non totalitari, sia come divieto che come prescrizione. In modo indiretto, la politica può influenzare la cultura per affinità o per contrasto; ovvero perché genera le precondizioni per la sua fioritura, il clima favorevole allo sviluppo della cultura o viceversa perché instaura un clima ostile e suscita reazioni vitali per contrasto. Oggi non mi pare di ravvisare spinte di questo tipo né in senso favorevole né in senso avverso. Se vacilla lo Stato sociale, figuriamoci lo Stato culturale, per usare un’espressione rilanciata anni fa da Marc Fumaroli.
In generale l’influenza della politica sulla cultura può avvenire in modo diretto o indiretto; in modo diretto soprattutto nei regimi autoritari, se non totalitari, sia come divieto che come prescrizione. In modo indiretto, la politica può influenzare la cultura per affinità o per contrasto; ovvero perché genera le precondizioni per la sua fioritura, il clima favorevole allo sviluppo della cultura o viceversa perché instaura un clima ostile e suscita reazioni vitali per contrasto. Oggi non mi pare di ravvisare spinte di questo tipo né in senso favorevole né in senso avverso. Se vacilla lo Stato sociale, figuriamoci lo Stato culturale, per usare un’espressione rilanciata anni fa da Marc Fumaroli.
Ai bordi della cultura, la politica decide alcune nomine, modifica alcuni assetti di organismi culturali, fa piccoli interventi: ma non ci sono segni né condizioni per praticare lo spoil system, visto con orrore da chi ritiene di detenere la supremazia culturale per diritto innato; le nomine effettuate, di solito, sono minime, poco influenti, assai soft e spesso neanche alternative o autorevoli. Si lavora con quel che c’è, manca uno scouting culturale fondato sulla selezione qualitativa, le eccellenze e le competenze, la capacità di scovare e scegliere i più adatti. Manca un piano, un progetto e dunque una strategia culturale. Il gramscismo di destra è solo una battuta di spirito, come la presunta contro-egemonia culturale.
Due anni e pochi mesi sono peraltro un periodo breve per trarre bilanci, si possono al più individuare segnali, tracce, ma niente di più. Non si vede una politica culturale in atto, e questa non è una critica né un complimento; è una constatazione. Niente interventismo, al più minimalismo. C’è un benemerito piano Olivetti del governo che cercherà di dare qualche aiuto in qualche settore sofferente, come le biblioteche e le librerie storiche, con un budget piuttosto modesto. Ma non è interventismo culturale.
La motivazione più grossa, o forse più grossolana, è che il governo ha da occuparsi di ben altre cose più urgenti, più concrete, più socialmente rilevanti per investire energie non solo economiche sulla cultura. Si sottovaluta l’influenza della cultura sulla mentalità corrente, la sua ricaduta civile; manca un racconto alternativo al mainstream. Se le idee dominanti sono le idee della classe dominante, come diceva Marx, la destra al governo non è la classe dominante.
Ma cosa si deve intendere sotto il generico ombrello di cultura?In realtà è un palazzo a più piani o scomparti. Per esempio le strutture culturali. Da anni assistiamo a una regressione costante di tutto ciò che fa cultura: meno librerie, meno edicole, meno lettori, meno sale del cinema, meno teatri, e da molti anni. Ma non a causa del governo. I numeri sono bassi, le chiusure sono tante. L’unica compensazione è la cultura a domicilio, tramite tecnologia, web e consegna dei prodotti culturali a casa.
Se l’hardware culturale regredisce, diverso è invece il bilancio del software culturale: pullulano eventi, festival e kermesse culturali, dove però il tratto più diffuso è come suol dirsi la “contaminazione”: eventi culturali effimeri che sono la continuazione del talk show televisivo con altri mezzi, o sono varianti secondarie delle attività promozionali pro-loco a sfondo turistico-commerciale; feste patronali laiche, o parallele alle sagre paesane. Comunque preferibili al nulla.
Se l’hardware culturale regredisce, diverso è invece il bilancio del software culturale: pullulano eventi, festival e kermesse culturali, dove però il tratto più diffuso è come suol dirsi la “contaminazione”: eventi culturali effimeri che sono la continuazione del talk show televisivo con altri mezzi, o sono varianti secondarie delle attività promozionali pro-loco a sfondo turistico-commerciale; feste patronali laiche, o parallele alle sagre paesane. Comunque preferibili al nulla.
In tv la cultura è una cenerentola marginale, anche nel servizio pubblico; salvo l’ossequio al governo, gli orientamenti culturali sono uguali a prima. E se ne fa poca, di cultura, spesso in pieghe nascoste e orari infami; si offrono pappette pseudo-culturali come le fiction storiche e biopic, sempre allineate ai quattro dogmi correnti – femminismo, omofilia, nerofilia e antifascismo – o i programmi divulgativi, con narrazioni sempre in linea col mainstream. Ma forse meglio i surrogati che niente.
L’evento culturale principale, collegato al governo in carica e perciò attaccato con violenza dall’inizio, è stato la mostra del futurismo a Roma, ancora in corso: una mostra ben riuscita, per qualità e affluenza e per gran parte degli eventi ad essa legati. Ma un episodio isolato. Per il resto, prudenza estrema, neutralità timorosa di promuovere iniziative o allargare la partecipazione a temi e invitati senza la patente rilasciata dalle questure della cultura. Non si vede alcun segno di “discontinuità” sul piano culturale; il passaggio è inavvertito, timido e opportunisticamente acquattato sugli assetti precedenti.
Ma il tema vero è che la cultura – in un paese che di beni culturali è ricco come nessun altro al mondo – è in ritirata da anni. Non mi riferisco agli eventi, alle strutture, alle nomine, ai guardiani e funzionari della cultura ma alla qualità, alla circolazione delle idee, alla vivacità intellettuale degli autori, al livello delle opere. E questo, ancora una volta, non dipende dalla politica o dai governi; semmai è l’inverso, la politica è scarsa perché scarsa è la cultura, ovvero la politica rispecchia un più vasto clima e un generale declino che investe il paese, la sua vitalità, le classi dirigenti, le élite, la scarsità di opere e idee.
Sul piano generale, potremmo dire con brutale sintesi: se il centro-destra si presenta come il partito senza cultura, la sinistra si caratterizza come il partito contro la cultura. La prima non se ne occupa, mancando di strumenti e di reale sensibilità, priva di sensori e agenti adeguati. Tira a campare, se ne tiene alla larga, segue la via maestra del vecchio potere democristiano o centrista; ma a questo punto meglio così.
La sinistra, nonostante la nomea di essere più sensibile alla cultura, di fatto è schierata contro la cultura per via del suo settarismo ideologico e del suo bigottismo moralista che la porta a sposare le battaglie contro la libertà di ricerca e di opinione, contro l’eccellenza e l’intelligenza critica: la tendenza a censurare, cancellare, escludere, sanzionare tutto ciò che non rientra nei suoi pregiudizi ideologici, le chiusure sulla storia, gli autori, le idee, i pensieri non conformi, il rifiuto di confrontarsi, di rimettersi in discussione, di ascoltare. Insomma tra i senza cultura e gli anti-cultura, nessun giovamento trae la cultura dal rapporto con la politica e i governi. Meglio starne alla larga, meglio per tutti, ma soprattutto per chi ama davvero la cultura e prende sul serio le idee. Meglio liberare la cultura dalla politica. (Ma solo i politici consapevoli e liberi da pastoie di vario ordine e grado possono farlo -ndr)
La Verità – 14 marzo 2025
Festa di San Patrizio, Vescovo e Confessore (385 – 461), patrono dell'Irlanda.
RispondiEliminaBenedizione di San Patrizio al viaggiatore: "Sia la strada al tuo fianco, il vento sempre alle tue spalle, che il sole splenda caldo sul tuo viso, e la pioggia cada dolce nei campi attorno e, finché non ci incontreremo di nuovo, possa Dio proteggerti nel palmo della sua mano."
Riprendo alcuni pensieri di ieri. Come già scritto, ľabbuffata di libri, spettacoli, mostre, viaggi, di conoscenze scientifiche, tecnologiche, religiose, artistiche, politiche non ha migliorato, non ha approfondito la nostra cultura. Anzi forse era più facile trovare una persona colta decine e decine di anni fa che non oggi dove possiamo abbeverarci a milioni di fonti. Il troppo storpia. Quel professore italiano, di cui non ricordo il nome, ha definito la società odierna: pressapochista. In realtà la cultura nasce dal bisogno di capire, di comprendere del singolo, dal suo bisogno di sviluppare un pensiero, un moto dell'anima, di dar forma alle immagini, ai suoni. La cultura nasce dalla riflessione, dalle intuizioni del singolo. La cultura italiana è stata una delle maestre somme dell'Europa eppure solo nel secolo scorso l'istruzione è arrivata a tutti gli italiani. Due elementi, a mio parere, sono stati i generatori della grande cultura italiana, la religiosità e le mani sapienti del popolo, Cattolicesimo e Mestieri. Queste due colonne, umili e sapienti, dello spirito italiano hanno permesso ai Santi, ai Dotti, agli Artisti, ai Poeti Italiani di innalzarsi come Maestri per le moltitudini. Oggi non è più così , perché quelle due colonne dello spirito italiano sono state abbattute.
RispondiEliminam.a.
Il generale francese Vincent Deporte su come Putin e Trump si spartiranno il mondo domani senza l'UE
RispondiEliminaGiornalista
Domani Donald Trump parlerà della spartizione con Vladimir Putin, il che significa che queste persone sono in procinto di risolvere la guerra in Ucraina senza l'Ucraina
Deporte
In altre parole, ci troviamo nella peggiore situazione possibile. Invece di parlare di pace, parlano di divisione. Questo è il ragionamento dell'investitore: io do a te, tu dai a me. E che dire degli ucraini, dell'Europa, dei nostri valori? Siamo davvero nella situazione peggiore. Non c'è nulla in gioco né per noi né per gli ucraini
Ci piacerebbe sapere e capire di quali VALORI europei parla il generale che l'unica cosa che sa fare l'Europa è farci invadere da criminali extracomunitari, indottrinare i nostri figli di scempiate woke, Lgbt e gayaggini varie, parlare di guerra, rubarci i risparmi e, soprattutto in Francia, bruciare le chiese!
Ben venga che Trump e Putin si accordino e speriamo che la UE crolli il prima possibile...
Il problema, in parte già segnalato da Veneziani anche in passato, è la totale indifferenza e incomprensione, da parte della destra politica (o presunta tale, io ho forti dubbi che FdI possa ancora definirsi di "destra") riguardo all'egemonia culturale della sinistra. Con un'opera organizzata, preveggente, metodica e paziente la sinistra dal 1945 ha occupato tutto: scuole, università, giornali, informazione televisiva, case editrici, mostre librarie, premi letterari, il cinema, le fiction, la pubblicità. Scrive Veneziani: "si offrono pappette pseudo-culturali come le fiction storiche e biopic, sempre allineate ai quattro dogmi ricorrenti - femminismo, omofilia, nerofilia e antifascismo - o programmi divulgativi sempre in linea con il mainstream". Già, persino la pubblicità: scrive il pro-vita Massimo Gandolfini: “Siamo arrivati a un punto di saturazione: non c’è quasi più una fiction, un telefilm, uno spot pubblicitario in cui [la lobby Lgbtq+] non inserisca un bacio saffico, un’affettività omosessuale, una famiglia omogenitoriale”. E poi ci sono i fiancheggiatori della sinistra: la magistratura, i sindacati, le associazioni consumatori, gli ambientalisti, l'ARCI, l'ANPI e potremmo proseguire. Tutto è occupato da "loro". Non solo, la pseudo-destra non ha fatto nulla o quasi per combattere l'egemonia culturale rossa, ma addirittura collabora all'abiezione: come è possibile che sia un governo presunto di centro-destra a formulare una legge oscena, come quella sull'introduzione del reato di "femminicidio", che è un vero e proprio obbrobrio giuridico, sociologico, civile e financo lessicale (scriveva Nicolàs Gòmez Davila: "chi accetta il lessico del nemico si arrende senza saperlo").
RispondiEliminaFino a quando non si affermerà una destra decisa, acculturata, con solidi riferimenti (come li aveva il "vecchio" MSI, soprattutto in alcune sue componenti), decisa a sfidare la dittatura dei mass media e ferma nella costruzione, anche con un'azione di lungo periodo, di una "contro-egemonia", vedremo programmi televisivi di sinistra, produzioni cinematografiche di sinistra, mostre d'arte di sinistra, il trionfo di autori, registi, scrittori e artisti di sinistra. Non basta (è solo un esempio) nominare un Pietrangelo Buttafuoco presidente della Biennale di Venezia se poi, al di sotto, non cambia niente.
Discorso lungo e complicato, ma da qualche parte bisogna incominciare.
Silente
La "cultura" al tempo della Destra. Riflessioni notturne.
RispondiEliminaQuale cultura? Ma la sinistra può ancora vantarsi di una "cultura"? La cultura di sinistra si è sfarfallata nel wokismo, ossia in una delle peggiori forme di subcultura mai viste. Con gli errori ed idoli del proprio passato non ha mai fatto seriamente i conti.
Idem per la Destra, che però sta peggio perché si è allineata a diversi dogmi del politicamente corretto pseudoculturale, quale ad esempio "il fascismo [italiano] male assoluto del Secolo", il che non è assolutamente vero. Respingevano questa falsa interpretazione manichea anche De Felice e Del Noce, per formazione tutti e due antifascisti.
Ci dobbiamo accontentare del patriottismo della Destra, come manifestazione di una generica "cultura di Destra" che sta nel sottofondo. Oggi Meloni ha celebrato la giornata della fondazione dell'Italia unita, il 17 marzo 1861, una domenica (per i superstiziosi). È andata all'Altare della Patria con il Presidente Mattarella. Giusta celebrazione.
L'esistenza di un'Italia nonostante ancora unita in uno Stato dà fastidio a troppa gente, in casa e fuori. All'avversione delle sinistre, in particolare quelle comuniste delle varie dizioni, per lo Stato italiano (ma anche per l'Italia come originale cultura nazionale, come nazione con un suo spirito e personalità, una sua tradizione di civiltà), si è aggiunta l'avversione dei cattolici tradizionalisti, cosiddetti, ancora più ostili all'italianità. Hanno costruito un'Italia preunitaria mitica, mai esistita se non nelle cartoline fabbricate da filosofi stranieri che non capiscono la nostra storia, come il famoso dr. Plinio, che qualcuno non si sa per qual motivo ritiene addirittura uno dei più grandi filosofi del Novecento, pensa te. A quella vorrebbero tornare, con il Regno delle Sante Chiavi nei termini d'un tempo con tanto di cerimonie incentrate sul bacio della sacra pantofola.
Intanto l'infame regionalismo indipendentista creato dalla nostra antifascistica Costituzione fa valere il suo spirito nichilista: la Regone Toscana approva con legge l'eutanasia; quella Piemontese lo sportello per l'islamofobia. Si comportano da Stati sovrani, si è voluto dar loro poteri legislativi, farne dei parlamenti in piccolo. Ed ecco oggi i risultati.
Ma qualcuno tra i cattolici ne prende forse spunto per attaccare come merita il regionalismo deleterio voluto dalla Costituzione? Non sembra proprio.
Bene dunque il patriottismo di Meloni. Gli italiani che sono orgogliosi di esserlo si accontentano. Anche se vorrebbero di più, nettamente di più da Meloni, almeno sul piano dei valori: perché non si fa nulla contro la pornografia, per esempio? È o no un grave flagello? E non lo vogliamo prendere di petto il problema dell'aborto? Per cominciare a scardinare la Rivoluzione Sessuale che ci sta distruggendo bisogna rompere l'anello che ne tiene la catena fissa al muro, ossia abolire la libertà di abortire liberamente.
Ma sul piano etico anche Meloni sembra figlia del suo tempo. Succube di certi atteggiamenti femministi (vedi femminicidio, un'aberrazione giuridica). Con coraggio ha fatto abolire la maternità surrogata. Ma si è fermata lì.
È ancora troppo poco, bisogna procedere oltre, on. Meloni !! Si ricordi il detto: "la fortuna aiuta gli audaci". Bisogna oggi essere audaci, nel difendere i valori fondamentali.
Gli atteggiamenti omertosi lasciamoli al clero impecoronito dalle false dottrine propalate dal Vaticano II.
pp
Lo sportello per l'islamofobia per ora l'ha approvato solo il sindaco di Torino, città che in Piemonte rappresenta la parte peggiore dell'arcipelago arcobaleno. Il Piemonte è saldamente nelle mani del CD.
RispondiEliminaConcordo, tuttavia, pienamente nel ritenere il regionalismo una malattia da superare.
Le regioni sono un doppione dello Stato, costoso, inutile e spesso dannoso.
Stato, Provincia, Comune. Punto. I "ras" regionali sono un lusso che non ci possiamo permettere.
Il parlamento ungherese ha approvato oggi una legge che vieta le carnevalate dei Pride. Questo significa osare, questa è audacia.
RispondiEliminaDISCUTE LA PACE CHI HA FATTO LA GUERRA
RispondiEliminaPer la guerra in Ucraina, le trattative per la pace vengono fatte da USA e Russia. Gli Stati europei invece - da tutti quelli dell'UE fino al Regno Unito, per non parlare del governo fantoccio ucraino - nemmeno come spettatori vengono chiamati. Verranno informati a cose fatte, come tutto il resto del mondo.
Questo sconfessa la narrativa del "c'è un aggressore e un aggredito" per confermare finalmente la realtà, che è letteralmente una sola: "gli USA guidati dall'élite apolide globalista hanno usato l'Ucraina, e mandato al macello centinaia di migliaia di giovani maschi ucraini, per fare guerra contro la Russia; e la Russia si è tutelata, combattendo per difendere le sue ambizioni di potenza continentale e affermare il ruolo storico e politico che corrisponde alla narrativa costituente della sua identità".
Ora che l'élite globalista è stata sconfitta negli USA ed è confinata in UE e UK (Parigi, Berlino e Londra, con filiale operativa a Bruxelles), il nuovo corso americano scende a patti con la Russia che ha vinto la guerra, per avere qualche privilegio su nucleare e terre rare in cambio dei territori conquistati da Putin, e per salvare la faccia sui biolaboratori dislocati in Ucraina.
Zelensky in questo momento sta guardando su "Google map" se trova un posto dove godersi i miliardi che ha intascato come cresta sugli aiuti occidentali, nella speranza abbastanza vana di non ingerire Polonio bevendo acqua, una volta fuoruscito con un apparente salvacondotto dal suo Paese...
A Budapest oltre 50.000 persone si sono radunate per indurre Orbán a dimettersi. Dicono che 15 anni bastano.
RispondiEliminaIl leader dell’opposizione, Péter Magyar, il cui partito si chiama Tisza, vuole un Paese che non sia contro la UE ma perfettamente integrato. È facile capire da chi viene finanziato. Le elezioni sono previste per il prossimo anno, ma si vuole anticiparle. Orbán è una spina nel fianco della von der Leyen.
Non vogliono solo un cambio di governo, ma anche un vero cambio di regime. Vogliono eliminare la corruzione del partito al potere. Si dice sempre così prima di fare un golpe.
Orbán però è un duro, e ha già detto che è arrivato il momento di eliminare quello che ha definito un "esercito ombra" di ONG, giornalisti, giudici e politici pagati dagli Stati Uniti e da Bruxelles. Non sopporta né l'USAID né Soros.
Senza tanti giri di parole ha detto che sta per arrivare "la grande pulizia di Pasqua, dato che gli insetti sono sopravvissuti all'inverno".
Queste parole fanno pensare a una specie di Sfida all'O.K. Corral. Chi riuscirà a sopravvivere?
Vietare le oscene e blasfeme c.d. parate dell'orgoglio gay è giusto e sacrosanto. Dal momento che la galassia gay è al potere in tante nazioni, questo divieto richiede un notevole coraggio.
RispondiEliminaSperiamo che anche in Italia qualcuno prenda coraggio in questo senso.
Il mese di giugno, diventato quello delle parate pubbliche dei pervertiti, è diventato il mese di Satana.
On. Meloni, bisogna affrontare con più coraggio i temi etici, nonostante la possibile palla al piede rappresentata da certi componenti di Forza Italia !!
ar