Ho appena concluso la stesura di questo contributo su richiesta di alcuni amici che mi hanno sollecitato a scriverlo:
Nel tempo critico in cui si prepara l’elezione del successore di Pietro (il Conclave è fissato per il 07 maggio 2025), ogni nome che circola quale papabile deve essere scrutinato (sempre con grande rispetto) non sulla base di suggestioni mediatiche, di equilibri geo-ecclesiastici o di prudentismi diplomatici, ma alla luce della conformità intima e profonda con la "veritas fidei" e con quella "forma mentis" che il Magistero costante della Chiesa ha riconosciuto nella sapienza metafisica, in particolare tomista.
In questa prospettiva, l’ipotesi dell’elezione del cardinale (vicentino) Pietro Parolin si presenta come inopportuna e teologicamente problematica. La sua lunga esperienza diplomatica e il suo profilo di apparente moderazione, se da un lato possono sedurre coloro che cercano una continuità "gestionale" del pontificato di Papa Francesco (2013-2025), dall’altro rivelano, ad un esame più profondo, una sostanziale acquiescenza a una visione funzionalista della Chiesa a discapito del suo ordine soprannaturale fondato "in ratione veritatis".
Il cuore della questione non è politico, quanto filosofico-teologico: si tratta dell’idea stessa di verità dottrinale e, dunque, del significato del Magistero come partecipazione derivata, ma reale, della Verità divina, la quale, secondo la lezione tomista, è immutabile, universale e normativa ("Veritas est adaequatio rei et intellectus secundum quod intellectus dicit esse quod est").
Quando la dottrina viene relativizzata alla contingenza storica, piegata all’urgenza della mediazione diplomatica, o dissolta in un discorso pastorale svincolato dal principio di non contraddizione, essa perde il suo carattere propriamente salvifico.
Ebbene, il cardinale Parolin, pur evitando posizioni apertamente eterodosse, ha promosso una concezione pragmatica del Magistero, funzionale alla gestione delle diversità e delle tensioni ecclesiali, ma in definitiva estranea alla natura della "lex fidei" come partecipazione alla "lex aeterna", secondo l’insegnamento di "De Veritate" q. 14 di Tommaso d’Aquino (1225-1274).
Un esempio evidente e concreto in questa direzione si trova nel suo sostegno, non solo formale bensí anche ermeneutico, all’Esortazione Apostolica post-sinodale "Amoris Laetitia" del 2016. Parolin ha affermato, in più occasioni, che il documento rappresenta una "svolta paradigmatica", ma ha taciuto ogni precisazione circa la compatibilità del capitolo VIII con l’insegnamento infallibile contenuto in "Veritatis Splendor" n. 79 di san Giovanni Paolo II (pontefice dal 1978 al 2005), laddove si afferma l’esistenza di atti intrinsecamente malvagi che non possono mai essere giustificati da alcuna circostanza. L’indeterminatezza deliberata di Parolin ha consentito la proliferazione di prassi difformi circa l’accesso all’Eucaristia da parte dei divorziati risposati soprattutto a livello di Conferenze episcopali, prassi che contraddicono l’insegnamento costante della Chiesa, dal Concilio di Trento fino a Benedetto XVI (Papa dal 2005 al 2013).
Il non chiarire, qui, equivale a permettere la contraddizione interna al "depositum fidei", con grave danno per l’unità ecclesiale (altro che Becciu), che si fonda sulla verità e non sul consenso. Questa inclinazione alla "pastoralizzazione della verità", che è tipica del neomodernismo liquido dei nostri tempi, in Parolin assume la forma di una retorica dialogica, la quale, seppur pacata, risulta epistemologicamente insostenibile: la verità non si negozia, perché non è prodotto del discorso, risultando antecedente oggettivo, costitutivo dell’intelligenza credente. La "fides quaerens intellectum" non è mai pura prassi, ma ordinamento finalistico della ragione e del cuore alla contemplazione dell’Essere divino.
Tale impianto concettuale è gravemente contraddetto dal cosiddetto "Accordo provvisorio" tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese del 2018, fortemente voluto e difeso da Parolin [vedi]. Anche a prescindere dalla sua segretezza (che già solleva dubbi sul principio di trasparenza ecclesiale), l’accordo rappresenta una torsione inaccettabile del principio teologico della "libertas Ecclesiae". Esso concede, di fatto, al potere comunista il diritto di co-decisione sulle nomine episcopali, rinunciando al principio sacramentale e soprannaturale della trasmissione dell’autorità apostolica.
Parolin ha parlato di "pazienza" e di "lungimiranza", tuttavia ciò che si è prodotto, nella realtà, è l’integrazione forzata della Chiesa fedele a Roma nella cosiddetta "Chiesa patriottica" sotto il controllo del Partito. Questo esito è non solo pastorale, ma soprattutto dottrinale: esso istituisce, nella prassi, un’autorità parallela alla Sede di Pietro, negando che Cristo sia l’unico principio di unità della sua Chiesa (cfr. La Costituzione dogmatica "Lumen Gentium" 18-21). Permettere a un regime ateo e materialista di influenzare le nomine significa, teologicamente, accettare la mondanizzazione della grazia, e politicamente, legittimare una persecuzione sistematica dei cattolici fedeli. Qui non si tratta di "realismo diplomatico", bensí di compromissione con un potere che nega ontologicamente il fondamento stesso della libertà umana, e dunque della fede.
Alla luce di tutto ciò, appare evidente che l’eventuale elezione di Pietro Parolin costituirebbe un passo ulteriore verso una forma di ecclesiologia funzionalista, antropocentrica e post-metafisica, già diffusamente presente in certi ambiti del post-conciliarismo esasperato.
In un tempo in cui la Chiesa ha bisogno urgente di pastori che sappiano parlare il linguaggio della verità integrale, fondata sull’essere e non sull’opinione, Parolin rappresenterebbe, invece, la prosecuzione di una visione ecclesiale fondata su una prudenza senza verità, su una diplomazia senza profezia, su una pastorale senza dottrina.
La Chiesa ha bisogno oggi non di un ex Segretario di Stato (con la morte di Francesco decadono tutte le cariche tranne alcune) elevato a Papa, ma di un successore degli Apostoli capace di confessare la verità senza tentennamenti, senza compromessi, senza timore del mondo. Un Papa che, come san Pio X (anche lui veneto e pontefice dal 1903 al 1914), si opponga al modernismo sotto tutte le sue forme, compresa quella, subdola e pervasiva, che si cela nei compromessi diplomatici elevati a criterio pastorale. Solo un tale Papa potrà veramente restaurare in Cristo tutte le cose.
Daniele Trabucco
Se mi passate l’immagine “tifare Parolin” sarebbe come tifare per Pietro quando spiega a Gesù come evitare guai a Gerusalemme. Al tempo il Maestro gli rivolse un sonoro vade retro! Sarebbe come tifare per Pilato che fa flagellare Gesù per evitargli la condanna a morte, senza capire che non avrebbe placato la furia cattiva degli accusatori. Sarebbe come tifare per le pie donne alle quali Gesù lungo la via crucis dice di piangere su loro stesse e i loro figli, perché non avevano capito che quel sangue sarebbe ricaduto su di loro.
RispondiEliminaE poi è sbagliato “fare il tifo”. Meglio tacere e stare in silenzio sotto la croce, ricevendo dal Figlio la madre e diventando figli della Madre di Dio.
In altre parole : è un problema di fede, questi di oggi, a quanto è dato vedere, non hanno più la vera fede. E da un pezzo non ce l'hanno.
RispondiEliminaSe l'avessero, smuoverebbero le montagne, come si suol dire. E come fanno ad avere la fede allorché l'infausto Concilio ha sostituito il dialogo alla conversione delle anime? Il concetto base forgiato dal Concilio è quello del "porsi in ascolto del mondo". Ma il messaggio imperativo lasciato da Nostro Signore è esattamente il contrario: è il mondo che deve porsi in ascolto della verità rivelata (etica e religiosa) predicata dai sacerdoti di Cristo. I quali, per adempiere alla loro missione, devono essere uomini in primo luogo di santa vita oltre che di sana dottrina poiché come si è sempre detto la miglior predicazione è l'esempio.
Col Concilio si è prodotto un rovesciamento radicale della missione della Chiesa. L'articolo dice cose giuste e solleva giuste riserve. Ma con un linguaggio di tipo accademico. Il che non è certamente un demerito ma ha il difetto, a mio avviso, di tacere sulla vera origine dei mali attuali della Chiesa e di presentare Giovanni Paolo II come un difensore della retta dottrina. Lo è certamente stato sul punto di morale citato nell'articolo, per quanto il concetto di azioni in se stesse malvage, contro la morale naturale innanzitutto, fosse già presente nel pensiero antico più maturo. Non c'era il concetto di colpe talmente gravi da non poter esser espiate, i cui responsabili erano condannati al Tartaro, ai tormenti eterni nella parte più cupa degli Inferi?
Giovanni Paolo II ha difeso la morale cattolica tradizionale, sempre nell'ottica del Vaticano II, e nello stesso tempo è stato un campione estremo dell'ecumenismo promosso dal Concilio e della libertà di coscienza. Sul piano teologico in senso stretto, sin dalla sua prima Enciclica, ha dato corpo all'errore gravissimo della salvezza garantita a tutti, errore portato infine alla estreme conseguenze dai Martini e dai Bergoglio.
Tutti gli appelli a non eleggere un papa "eretico" (come l'appena scomparso) sono destinati a cadere nel vuoto finché non si pone apertamente dentro la Chiesa il problema del Concilio, con un pubblico dibattito.
Quando una spina avvelenata ti si è conficcata nella carne, deve estrarla - non puoi far finta che sia guarita semplicemente disinfettando la ferita e fasciandola dall'esterno, lasciando tuttavia la spina dentro. La cancrena è inevitabile.
E il conseguente Castigo divino, che sta già infierendo nella Chiesa visibile a più livelli e da anni.
T.
Mamma mia che impresa!
RispondiEliminaSpero tanto in un Pietro uomo di preghiera, spero tanto che coloro che lo dovranno affiancare lo aiuteranno e non lo affosseranno, spero proprio con non voglia essere una star, spero proprio che non ci faccia sapere se ha avuto fidanzate, se ama sciare, se preferisce il nuoto. Spero tanto che non si conosca nulla delle sue uscite clandestine per rilassarsi (se le fara'), spero tanto che occupi dodici ore di preghiera e dodici ore di governo, spero tanto che torni a riposarsi a Castelgandolfo durante l'estate così da restituire a noi romani un po' di quiete per andare a pregare nelle Grotte Vaticane. Amen!
Ieri avrebbe avuto problemi di pressione alta , per un'ora sotto controllo medico...
RispondiEliminaCardinal Zen su Parolin:
RispondiElimina"Parolin sa che sta mentendo. Sa che io so che è un bugiardo . Sa che dirò a tutti che è un bugiardo . Non è solo sfacciato, ma anche audace. Cosa osa fare ora? Non credo che abbia nemmeno paura della sua coscienza . Temo che non abbia nemmeno fede ."
Può qualcuno essere eletto Papa dopo essere stato definito in questo modo da uno dei suoi colleghi cardinali (e non un cardinale qualsiasi, ma uno dei suoi membri più prestigiosi e stimati, un eroe in difesa della libertà del suo Paese e un vescovo misurato e sensato che ha goduto della fiducia e della stima di due papi e dimostra onestà e coraggio nel dire e fare ciò che è giusto, indipendentemente dal prezzo personale)?
Non ha paura della voce della sua coscienza ( avamposto dell'Onnipotente nell'animo umano) non ha nemmeno fede, quindi è il candidato ideale per la pletora di cardinali eretici ed apostati nominati da Bergoglio e dai suoi predecessori. Una "chiesa" alla deriva, allo sfascio, non può che avere capi simili .... personalmente, la mia guida nella vera Chiesa Cattolica è per me mons. Carlo Maria Viganò, che Dio lo protegga dai suoi nemici
EliminaPare che il card. Parolin si sia sentito male nelle ultime ore e e sia stato prontamente soccorso da una equipe medica.
RispondiEliminaChe non ci scappi il morto in questo conclave? Anzi due, ...come nel recente film "il conclave".
Quando la finzione precede la realtà.
Chi scrive i copioni di film e realtà?
Dio lascia fare, "se ne ride chi abita i cieli". Lascia giocare...
Sono d'accordo con lei, cara Mic, su tutto tranne che su un punto. Dando per scontato che l'accordo Cina-Santa Sede concluso da Parolin sia nefasto, per i cattolici cinesi fedeli a Roma prima di tutto, ma anche per la libertas ecclesiae in generale, la seguente sua affermazione mi lascia perplesso (nelle sue conclusioni): "Esso concede, di fatto, al potere comunista il diritto di co-decisione sulle nomine episcopali, rinunciando al principio sacramentale e soprannaturale della trasmissione dell’autorità apostolica."
RispondiEliminaL’autorità apostolica, appunto perché sacramentale e soprannaturale, viene trasmessa dai vescovi consacranti tramite la consacrazione episcopale in quanto tale, a prescindere da chi abbia deciso la nomina del nuovo vescovo. Altrimenti molti vescovi del medioevo, la cui nomina veniva fatta o quantomeno condizionata dal potente di turno, sarebbero stati privi di autorità apostolica. Così come i vescovi cinesi consacrati dopo il famigerato accordo parolinesco.
Dunque, non dipendendo la trasmissione dell'autorità apostolica da chi fa la nomina ma solo dal sacramento, la supposta rinuncia della Chiesa di cui lei parla risulta inesistente (Principio di non contraddizione).
Il problema risulta essere dunque di carattere diverso: semplicemente di libertas ecclesiae, come ho scritto sopra. Grave, ma un po' meno grave che se la Chiesa rinunciasse davvero al principio della trasmissione della autorità apostolica.
Zuppi progressista estremo. Tagle sinceramente folkloristico, speriamo di non doverlo vedere cantare qualcosa in San Pietro, Parolin troppo politico. Gli altri scelti da Bergoglio sono tutti lontani, ciascuno già ampiamente compromesso dal punto di vista dottrinale.
RispondiEliminaVeri che agirà lo Spirito Santo, ma sappiamo che agisce in modo inaspettato... O non sarebbe stato eletto Bergoglio.
Probabilmente Parolin sarebbe invece un modo per distogliere l'attenzione dal modus operandi di Bergoglio, puntando quindi ad un papato che si occupi di pace, diplomazia e che invece non faccia ulteriori passi dottrinali di cui nessuno sente il bisogno
Immagine di Lennon ( Tagle) ... sono le parole di quella canzone che fanno orrore: sognare un mondo senza religioni
RispondiElimina.. no, non senza religioni, caro amico Anonimo 20:18, bensì con Satana al posto di Cristo, questo il vero obiettivo di chi manovra questi poveri esseri umani, che Dio li illumini ( questi consacrati "autodissacratisi" prima di tutti gli altri...)
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3 Maggio 2025
Ultimo aggiornamento: 9:22
Conclave, il massone Giuliano Di Bernardo: “Il mio amico Parolin come Papa”
di Lorenzo Giarelli
“Se la Chiesa ha ancora un barlume di razionalità deve eleggere papa Pietro Parolin. È l’unico modo per restituirle autorevolezza”. Parola di Giuliano Di Bernardo, “buon amico” del già Segretario di Stato vaticano.
Eliminahttps://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2025/05/03/il-massone-il-mio-am-ico-parolin-come-papa/7973205/
Ogni tanto mi ricordano che ho scritto anni fa qualcosa e qualche lustro dopo "si è verificato come dici". E' sempre così.
RispondiEliminaDomenico mi manda questo mio pezzo su Parolin di un decennio fa e mi conferma che avevo ragione. Non lo ricordo e non l'ho ancora riletto, lascio a voi...
COPIO INCOLLO:
Parolin. Fine della dittatura del segretario di stato, ritorno dell’assolutismo del papa
7 settembre 2013
DALL’AMERICA LATINA, DOVE OGNI IDEOLOGIA SI FA TEOLOGIA
Abbiamo lasciato decantare, prima di pensarci un po’ su e raccontare. Facciamolo ora, dunque.
Il papa ha nominato un nuovo segretario di Stato, Pietro Parolin, un diplomatico di professione, che ha studiato e vissuto come tale, al servizio della Chiesa universale. Mandato ultimamente in Venezuela come nunzio apostolico, nel sempre effervescente clima politico-ecclesiale latinoamericano, soggetto a tutti i febbroni ideologici (la cui matrice è quasi sempre europea, teutonica per la precisione) e militari. Che spesso da ideologici si fanno “teologici” e influenzano sin troppo le punte di diamante del clero indigeno. E a maggior ragione è controversa la nazione di missione diplomatica di Parolin: quel Venezuela che ancora sta vivendo il drammatico trapasso del regime di Chavez, da poco defunto, sbatacchiato da nazional-socialismi arruffoni e populismi virulenti, da un parte; dall’altra, ingerenze affaristico-golpistiche in odor di CIA che cercano, e talora riescono, a contaminare il mondo cattolico. O a spingerlo sulle barricate…
Ecco, in un simile contesto magmatico e incandescente, che un diplomatico come Parolin sia stato spostato proprio in Venezuela, come nunzio, questo la dice lunga sulla fiducia della Santa Sede nei suoi confronti; la dice lunga anche sulla sua natura prudente e i modi felpati. Non erano sfuggiti a Bertone, a Benedetto XVI e, naturalmente, neppure al latinoamericano Bergoglio.
***
Non ci stresseremo qui a ricostruire una biografia “grigia”, tutta da addetto ai lavori com’è quella di mons. Parolin: tutti ne sanno assai poco, e del resto c’è poco da sapere, ma quel poco, più o meno ricamato, quando non inventato di sana pianta per eccesso di zelo codino, lo possiamo trovare su ogni giornale. Certe volte troveremo sui giornali anche il suo “futuro” e quello che “farà”: tutto pattume che ha la stessa credibilità del nobel per la pace preventivo a Obama. Cazzate, in pratica. La verità è questa: che nessuno sa una beata mazza di mons. Pietro Parolin, e il primo che inventa qualcosa fa opinione, e passa di bocca in bocca diventando leggenda metropolitana, per i laici; legenda aurea per i baciapile. Patetica nell’uno e nell’altro caso.
LA FINE DELLA DITTATURA DEL SEGRETARIO DI STATO
A noi interessa, in due parole, rispondere alla domanda: perché il papa Francesco ha nominato proprio Pietro Parolin alla carica di segretaria di Stato che, mutatis mutandis, corrisponderebbe a quella di primo ministro del Vaticano? Che sta a significare la sua nomina? Saremo brevi.