Ai confini dell'Europa, il risveglio di un popolo.
'Albania torna alla Chiesa!
Ho vissuto per molti anni in Europa occidentale. E, come molti di noi, mi sono spesso interrogato, con una certa tristezza, sull'evidente arretramento della fede cristiana nelle nostre società. Le nostre chiese si svuotano, le nostre tradizioni svaniscono e un certo torpore sembra paralizzare i nostri cuori. Nel corso di una ricerca approfondita, mi sono imbattuto in un fatto sorprendente - un segno, forse, che la Vergine vuole portare all'attenzione di coloro che la amano e servono la Chiesa di suo Figlio.
Il fenomeno proviene da un Paese troppo spesso dimenticato: l'Albania. E più precisamente dal Kosovo, questa terra balcanica che ha conosciuto guerre, persecuzioni, dittature, islamizzazione... ma che oggi, contro ogni previsione, sta forse per tornare ad essere ciò che non ha mai smesso di essere in profondità: una terra cristiana.
Il 20 ottobre 2023, nella città di Deçan, in Kosovo, settanta albanesi si riunirono e rinunciarono pubblicamente all'Islam, proclamando: "Da oggi non siamo più musulmani"¹. Questo gesto forte, pacifico ma deciso segnò l'inizio di un massiccio movimento di ritorno al cattolicesimo, spesso discreto, a volte clandestino, ma molto reale. Da allora, altre migliaia di persone l'hanno seguito.
Alcuni si sono battezzati, altri hanno intrapreso un cammino catecumenale [convertiti purtroppo ad un'eresia giudeo-luterano-gnostica; ma ci penserà il Signore -ndr], sostenuti da coraggiosi sacerdoti cattolici e da alcuni convertiti intellettuali.
Questo fenomeno non è solo una moda. È un ritorno alle nostre radici, un risveglio della memoria profonda di un popolo che, nonostante cinque secoli di occupazione ottomana, non ha mai dimenticato del tutto la propria identità cristiana. "Non siamo mai stati musulmani nel cuore", dice Ardian Jezerci, un ex musulmano diventato cattolico e ora portavoce di un'associazione fondata a Bruxelles, la Lega albanese per il ritorno al cattolicesimo.
Suo padre, ex insegnante di storia, si chiamava Mohamed. A 70 anni, il 9 maggio 2024 - Festa dell'Europa - è stato battezzato con il nome di Belisar, in omaggio al generale bizantino Belisario³, una conversione tardiva ma luminosa che ha dato un nuovo senso a un'intera vita. Insieme ad altri intellettuali albanesi, essi testimoniano un risveglio religioso inaspettato, provocato non da una rottura violenta, ma da una dolce riconquista dell'anima.
Va ricordato che gli albanesi sono discendenti diretti degli Illiri, un popolo indoeuropeo evangelizzato nei primi secoli. Nella Lettera ai Romani, l'apostolo Paolo scrive: "Da Gerusalemme all'Illiria ho annunciato pienamente il vangelo di Cristo" (Rm 15,19). Si tratta di una delle prime testimonianze della presenza cristiana nel continente europeo.⁴
Questa vocazione primitiva non ha mai smesso di dare i suoi frutti. È da queste terre che sono emersi diversi imperatori cristiani che hanno segnato la storia della Chiesa: Costantino il Grande, nato a pochi chilometri dall'attuale Kosovo, in Mesia; Giustiniano I, protettore del cristianesimo e costruttore della cattedrale di Santa Sofia; Teodosio I, che fece del cristianesimo la religione di Stato. Tutti loro erano di origine illirica.⁵
E la storia non finisce qui. L'Albania ha dato al mondo uno dei suoi papi: Clemente XI, nato Giovanni Francesco Albani, di origini albanesi da parte di padre.⁶ Ha dato al mondo anche Madre Teresa di Calcutta, nata a Skopje da una famiglia albanese, una figura religiosa del XX secolo il cui impegno per i poveri si inserisce nel contesto missionario del dopoguerra.
Ma forse la figura più emblematica di questa identità cristiana a lungo combattuta resta Gjergj Kastrioti Skanderbeg, eroe nazionale e condottiero cattolico che si oppose all'invasione ottomana nel XV secolo. Papa Callisto III lo definì "campione di Cristo" (Athleta Christi). Skanderbeg è tuttora una figura di riferimento per gli albanesi di ogni provenienza, a riprova del fatto che il cattolicesimo è sopravvissuto come un fuoco sotto la cenere.
Quel fuoco era fumante. Oggi è rinato. Secondo diversi osservatori in loco, il ritorno al cattolicesimo non può essere spiegato solo da considerazioni storiche o politiche. È anche il risultato di un profondo desiderio spirituale. Molti albanesi, soprattutto giovani, scoprono nel cristianesimo un senso della persona umana, una speranza, una luce morale e metafisica che l'Islam non è mai stato in grado di fornire.⁷
Non si tratta quindi di un rifiuto aggressivo, ma di un ritorno pacato a una fede tramandata in segreto, a volte per generazioni. Si parla di "cattolici nascosti", i cui nonni pregavano in segreto, battezzavano i loro figli clandestinamente, celebravano il Natale senza luci, ma con fervore.⁸ Oggi, queste tradizioni stanno uscendo dall'ombra.
Questa rinascita è ancora minoritaria: i cattolici rappresentano ufficialmente solo l'8,38% della popolazione in Albania e appena il 2% in Kosovo.⁹ Ma la loro vitalità è evidente. Lo stesso Vaticano segue con attenzione il fenomeno. Il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede, ha recentemente elogiato la "vitalità" della comunità cattolica in Kosovo e il suo impegno nella diffusione del Vangelo in un clima spesso difficile.¹⁰
È sorprendente che questo fenomeno non riceva quasi nessuna copertura da parte dei media occidentali. È come se avessero paura di un popolo che riscopre le sue radici cristiane, in un momento in cui tante nazioni dell'Europa occidentale si stanno svuotando della loro fede. Ecco perché oggi mi permetto di portare alla vostra attenzione questa testimonianza.
È un faro di luce, un seme di speranza. Perché se un popolo come quello albanese - ferito dalla storia, segnato dalle ideologie, perseguitato dall'ateismo e islamizzato con la forza - può rinascere alla fede cristiana, allora non è mai troppo tardi nemmeno per noi.
Forse è un'opera discreta della Provvidenza. Forse è la Madonna del Buon Consiglio, apparsa miracolosamente a Genazzano nel XV secolo, e , la cui icona ha misteriosamente lasciato l'Albania per l'Italia, a proteggere ancora il suo popolo. Forse è Skanderbeg, l'Atleta di Cristo, che intercede per i suoi discendenti spirituali. O forse è semplicemente lo Spirito Santo, che "soffia dove vuole" (Giovanni 3:8).
Comunque sia, qualcosa sta accadendo. E questo qualcosa merita la nostra attenzione, la nostra preghiera, la nostra ammirazione.
In un momento in cui la Francia e l'Europa sembrano sprofondare nell'amnesia religiosa, un popolo dimenticato sta ricordando le sue radici evangeliche. Si ricorda di Cristo, Re della Chiesa e del mondo. E ritorna a Lui, non come una figura del passato, ma come il vero e vivente Sovrano, al quale ogni nazione è chiamata a sottomettersi - sotto lo sguardo benevolo di Nostra Signora del Buon Consiglio di Genazzano, segno che, nel silenzio, un rinnovamento può già iniziare.
Nelson Ribeiro Fragelli - Fonte
___________________
1. Islam-et-Vérité, "Du retour profond des Albanais au catholicisme", testimonianza del 25 giugno 2025.
2.Epistola ai Romani, 15:19.
3. Enciclopedia della storia mondiale - voci su Costantino, Giustiniano, Teodosio.
Wikipedia, articolo su Clemente XI (Giovanni Francesco Albani).
4. FaithOnView, "Gli albanesi etnici si rivolgono al cattolicesimo per reclamare la loro eredità", giugno 2024.
5. Le Monde, "À la rencontre des catholiques cachés du Kosovo", marzo 2023.
6. Censimento albanese del 2023, dati demografici ufficiali.
7. Vatican News, dichiarazione del cardinale Parolin, febbraio 2024.
1. Islam-et-Vérité, "Du retour profond des Albanais au catholicisme", testimonianza del 25 giugno 2025.
2.Epistola ai Romani, 15:19.
3. Enciclopedia della storia mondiale - voci su Costantino, Giustiniano, Teodosio.
Wikipedia, articolo su Clemente XI (Giovanni Francesco Albani).
4. FaithOnView, "Gli albanesi etnici si rivolgono al cattolicesimo per reclamare la loro eredità", giugno 2024.
5. Le Monde, "À la rencontre des catholiques cachés du Kosovo", marzo 2023.
6. Censimento albanese del 2023, dati demografici ufficiali.
7. Vatican News, dichiarazione del cardinale Parolin, febbraio 2024.
Oggi ho visto l'ennesimo drammatico video dei reclutamenti forzosi in Ucraina. Questa volta ci è scappato anche il morto in diretta: una madre che si è vista portar via il figlio davanti agli occhi, destinazione carne da cannone al fronte, è morta d'infarto dopo aver cercato di trattenere i rapitori.
RispondiEliminaNon facendo più utilizzo della televisione, non so quanto, o se, questi episodi siano generalmente noti, o come siano commentati.
Chiunque non sia reso accecato dalle velature ideologiche vede però una cosa molto semplice: vede un regime autoritario che esercita coercizione sui propri cittadini costringendoli a morire al fronte per una guerra di cui non vogliono esser parte.
Si tratta di una prassi che va avanti in Ucraina da almeno due anni, da quando i volontari iniziali sono andati ad esaurimento.
Noi europei, che abbiamo speso 80 miliardi di euro in questa guerra, stiamo forse supportando una nostra Ucraina immaginaria ma di sicuro non gli ucraini, se non con riferimento a ristrette frange nazionaliste.
Ciò che abbiamo fatto, e continuiamo a fare, è in effetti solo di agire come un freno verso ogni tentativo di giungere ad un compromesso ragionevole, portando così alla luce via via compromessi sempre peggiori, in un continuo rilancio al buio.
Ma oramai non è neanche questo ciò che mi impressiona di più.
Penso a come un paese, non florido ma relativamente funzionante, che, nonostante la corruzione, aveva un futuro, sia stato preso in ostaggio da una minoranza estremista fomentata dall'estero, che lo ha coinvolto in un'avventura senza speranza.
Penso a come l'Ucraina abbia quasi dimezzato la sua popolazione, a come le sue infrastrutture siano annichilite, a come il default debitorio sia dietro l'angolo, a come le sue risorse residue siano state cannibalizzate dall' "alleato" americano.
Penso ad un paese cui è stata promessa onore e sovranità, cui è stato promesso un posto in prima fila nel giardino di Borrell e nella Nato, solo per poi ridurla ad un protettorato americano in rovine, incatenato dai debiti per tutta l'eternità.
E tutto ciò è accaduto perché la popolazione - che, ricordiamolo, aveva eletto Zelensky con un programma di riconciliazione nazionale - ha perduto completamente la capacità di avere voce.
La popolazione ucraina è stata in parte manipolata mediaticamente, in parte obbligata in forme coercitive a seguire un'agenda autodistruttiva.
Chi non era d'accordo è stato considerato un nemico della nazione da perseguire, mentre le sue rappresentanze politiche sono state messe fuori legge.
Alla fine il paese è stato condotto al macero da un gruppetto di estremisti infoiati che alle elezioni del 2019 non facevano il 2% (per comparazione, i due partiti filorussi totalizzavano circa il 15%).
Ecco, non posso non vedere un'analogia con quanto sta succedendo ora in Europa, in Italia.
Noi continuiamo a cullarci nell'idea di essere in democrazia, laddove il combinato disposto di manipolazione mediatica e distacco tra classi dirigenti e popolo è perfettamente sovrapponibile con quello ucraino.
Siamo in effetti condotti, come in uno stato sonnambulico, passo dopo passo, verso il naufragio.
In pochi anni gli apparati politici UE e nazionali hanno distrutto la capacità competitiva europea, hanno compromesso gravemente il welfare e hanno infine deciso un colossale processo di riarmo, mirato senza infingimenti ad un confronto con una superpotenza nucleare.
Vada come vada, nel migliore dei casi tra dieci anni ci avranno derubato di tutto, della sanità, della scuola, delle pensioni, e a quel punto, se dovesse servire, anche andare in guerra apparirà come un'opportunità non peggiore delle miserevoli altre.
Siamo solidamente sulla strada dell'ucrainizzazione.
Oggi guardiamo, chi con compatimento, chi con sufficienza, gli sgherri che a Kiev imbarcano di peso sui furgoncini nuova scalciante carne da macello.
Ma l'impotenza di quei cittadini, di quella madre che insegue il pulmino con il figlio, fino a morirne, è già la nostra impotenza, anche se ci crediamo altra cosa.
Andrea Zhok
Resta da vedere a quale chiesa si sono convertiti gli Albanesi.
RispondiEliminaSoprassedendo sui neocatecumenali, dà da pensare la confusione che regna...
Sono portato a pensare che i "Catecumeni", CUI SI ACCENNA nell'articolo non hanno nulla a che fare con Kiko. L'abuso che ne ha fatto proprio Kiko, ci porta a dimenticare che si tratta di un termine di origine antica e che indica i Cristiani, già convertiti, ma non ancora battezzati. Penso (almeno lo spero!) che sia usato nel senso antico.
EliminaIn piena Europa invece si tocca il fondo con la Spagna, vero modello radical/socialista, anticattolico, marxista, autore di politiche che fanno impallidire le derive arcobaleno di altri stati. La Spagna, come un secolo fa, culla dei barbari comunisti che infestavano e continuano a infestare con i loro eredi le terre occidentali. Il fenomeno al governo, tuttavia, trova sponda anche a Bruxelles, dove i popolari, sempre alfieri della politica dei due forni, temono che una caduta del sinistro governo spagnolo, comporti la caduta della fragile alleanza che sostiene la farfallina tedesca.
RispondiEliminaEssendoci la leva obbligatoria, data la situazione di guerra, i renitenti alla leva vengono prelevati a forza. In Russia non ce ne sono?
RispondiEliminaChiaro che dopo tre anni e passa di sanguinosa guerra difensiva senza possibilità di vittoria, data la mole dell'avversario, il popolo sia stanco. In Russia il popolo non è stanco? Le perdite sono state notevoli anche per i russi. Però sull'umore del popolo russo non sappiamo niente.
Sappiamo che se uno prova a criticare pubblicamente la condotta della guerra viene messo subito in galera.
L'articolo presenta la situazione come se fosse stata l'Ucraina ad attaccare la Russia. È vero invece il contrario: Putin ha deciso di sistemare per sempre la questione ucraina con una campagna militare mirante ad occupare l'intero territorio.
Lo conferma il fatto che oggi continua a bombardare senza posa e non ha nessuna intenzione di negoziare la pace, facendo tranquillamente fare a Trump la figura del fesso. Continuano nella loro pressione i russi perché sono convinti che l'esercito ucraino prima o poi crollerà, sotto il peso del numero e della quantità russo-asiatica.
Putin è stato provocato e ha le sue ragioni. Però passa dalla parte del torto quando mostra di voler distruggere lo Stato ucraino e di prendersi l'intero paese, cosa inevitabile se l'esercito ucraino crollasse.
Bisognerebbe sapersi fermare a tempo.
Il c.d. "riarmo" europeo per ora solo sulla carta è dettato soprattutto dalla paura della Russia. L'Europa sotto ombrello Nato si è scoperta indifesa contro i missili e i droni oggi impiegati dai russi.
Forse è tempo di rinfrescare quello di chissà quando e chissà da chi insegnato.
EliminaBien, bravo ! Mais l'idéal serait que le Kosovo tout entier retourne à la Serbie, dont il est le berceau, et que les Américains rentrent chez eux et nous fichent la paix…
RispondiEliminaIntanto i tedeschi son ridesti, tutti all'armi e gli altri fessi.
RispondiEliminaPerché i tedeschi hanno gli sghei, mica come gli altri europei.
Von Der Layen e la Massoneria
RispondiEliminaFede & Cultura Universitas
Chi governa davvero il mondo? Chi sono i potenti che manovrano interi stati? Ne parliamo con Davide Lovat e Giovanni Zenone.
https://www.youtube.com/watch?v=q1RqugLbg0Q
LA NUVOLA DI ROMA E LE NUVOLE DI FUMO: l’Italia Ricostruisce l’Ucraina Mentre Crolla a Casa
RispondiEliminaRoma, 10 luglio 2025 – Tra abbracci a Zelensky e promesse di "miracoli economici" per l’Ucraina alla Conferenza di ricostruzione, nella Nuvola romana volano parole altisonanti. Ma fuori, nella realtà italiana, i conti non tornano. Mentre Giorgia Meloni annuncia ponti e ospedali per Kiev, ecco come affonda il Belpaese:........
https://gloria.tv/post/ZvTUQCS7rfZb4FbPvRB8AVvrt
Dall' " (o)uccidente.."