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mercoledì 24 settembre 2025

La laicità, una mostruosità /Riflessioni sul centenario dell’enciclica su Cristo Re

Ringrazio Res Novae – Perspectives romaines per questo nuovo articolo di don Claude Barthe.
La laicità, una mostruosità
Riflessioni sul centenario dell’enciclica su Cristo Re
don Claude Barthe

Qualora si accenni ai danni legislativi che le democrazie moderne infliggono alla legge naturale, si pensa soprattutto alla morale del matrimonio e della vita (in Francia non-valore civile del matrimonio religioso, divorzio, eguaglianza tra figli legittimi ed illegittimi, contraccezione, aborto, contratto civile o «matrimonio» tra persone delle stesso sesso, maternità surrogata, eutanasia, ecc.). Ma, immersi come siamo in una laicizzazione percepita come irreversibile, dimentichiamo proprio quell’attacco in qualche modo radicale alla legge inscritta nel cuore dell’uomo: la laicità dello Stato.

È principalmente di questo tema, «la peste della nostra epoca, […] il laicismo, come viene chiamato, coi suoi errori e le sue imprese criminali», che Pio XI trattò cent’anni fa nell’enciclica Quas primas sulla regalità di Cristo (11 dicembre 1925): essa spiegava, in particolare, che gli uomini che governano legittimamente lo Stato lo fanno in nome di Gesù Cristo e devono comportarsi come suoi rappresentanti, soprattutto rendendo culto pubblico a Dio in nome dello Stato ch’essi guidano.

Il presente articolo riprende una parte e sviluppa alcuni temi della nostra introduzione ad un’«edizione del centenario» di Quas Primas per le edizioni de L’Homme nouveau[1].

La Cristianità o la politica illuminata dalla cristologia
Affermare che la politica debba essere morale significa dire troppo poco. In realtà, secondo i Greci e specialmente Aristotele, la politica ingloba la morale, che ne è una parte. In effetti, per sua natura in quanto membro della polis, l’uomo non può dar prova di una vita moralmente retta, secondo la ragione, se non come parte di questa società globale, che oggi definiremmo statuale, tale da detenere, essa sola, tutto ciò che è necessario per realizzare la propria umanità. Il «ben vivere», il vivere bene, che è il fine proprio, il bene comune, che questa società ha lo scopo di garantire, viene conseguito con le regole e le leggi che i suoi magistrati promulgano per guidare e proteggere i cittadini in qualsiasi ordine dell’esistenza, misurando le loro azioni secondo il criterio della legge di natura iscritta da Dio nei cuori di ogni uomo: il loro ruolo è quello di guidare, si potrebbe anche dire di educare, quanti siano loro sottoposti con le loro leggi, punendo il male e ricompensando il bene (I Pt 2, 13-14 e Rm 13, 4-5). Questo bene vivere, secondo le virtù, di cui la più importante politicamente è la giustizia, comprende quindi la vita di famiglia, l’educazione, le attività economiche, la cura della salute fisica e morale, la difesa dello Stato e dei suoi membri, la tutela della vita religiosa, l’intero campo dell’arte e dell’estetica, ecc. Evidentemente, questo ambito politico, che costituisce così l’architettura dell’attività umana è sempre stato – forse a causa di ciò ch’esso rappresenta – il teatro di mille tentazioni, vizi, peccati e violenze. Cristo è Re delle nazioni e il demonio è il principe del mondo, poiché ci sono due Città…

Resta il fatto che i membri di tale corpo politico sono più fortemente o piuttosto più fondamentalmente uniti tra loro di quanto non siano i membri di una famiglia. San Tommaso parla di una «comunione» al corpo dello Stato e nel suo bene comune: «[Poiché la vita virtuosa è il fine del corpo politico], solo coloro che hanno una mutua comunione nel ben vivere sono parte dell’unione collettiva»[2]. I cittadini intrattengono normalmente quella relazione altruistica, ch’è l’amicizia, fondamento, nell’ordine naturale, del patriottismo.

In effetti si è in questo nell’ordine naturale, quello della vita, che dispone, se buona, a ricevere i beni soprannaturali da quell’altra società, anch’essa piena, la Chiesa di Gesù Cristo, ma nell’ordine della vita della grazia santificante a cui l’uomo può accedere. Donde il ruolo di difensori e protettori della Chiesa, che assumevano (in teoria) i principi ed i magistrati in una situazione di cristianità, i due ordini, naturale e soprannaturale, per quanto distinti siano, s’intrecciano per il fatto che il secondo si innesta nel primo.

La ragione naturale può così raggiungere l’affermazione di san Paolo ai Romani 13, 1, secondo cui nulla potestas nisi a Deo, che portava tutte le società antiche a sacralizzare il potere: non c’è alcuna autorità che non venga da Dio. Ma la dottrina di Cristo Re la esplicita in: nulla potestas nisi a Christo, non v’è alcuna autorità che non venga da Cristo. Sapendo che Adamo, padre di tutta la famiglia umana, è l’archetipo di ogni padre, di ogni capo, a fortiori di ogni governante, come Re anche Cristo è il nuovo Adamo, che in questo caso assume tale reggenza sulle poleis.

L’enciclica Quas primas sviluppava così il suo ragionamento teologico: la sovranità che Cristo-Uomo ha su tutti gli uomini e tutte le società umane è, da una parte, la conseguenza dell’unione della natura umana e della natura divina di Cristo nella Persona del Verbo, l’unione ipostatica, e, dall’altra, gli spetta per diritto di conquista, perché la sua morte sulla Croce gli ha acquisito «a caro prezzo» l’anima di ogni uomo (I Cor 6, 20). Questo dominio sovrano, spiegava Pio XI, abbraccia la totalità degli uomini, compresi gli infedeli ed i cristiani separati dalla comunione con lui a causa dello scisma. E «non v’è motivo di fare alcuna differenza tra gli individui, le famiglie e gli Stati, perché gli uomini non sono meno soggetti all’autorità di Cristo nella loro vita collettiva di quanto non lo siano nella loro vita privata». Per questo motivo, coloro che governano legittimamente i popoli e la cui autorità deriva quindi da quella di Cristo Uomo-Dio e Redentore, sono rivestiti di un carattere cristico, che dà pieno significato al diritto divino di ogni governante, dignità che nobilita a sua volta i doveri dei governati.

Coloro che governano i popoli devono, in quanto tali, rendere culto a Dio
È Leone XIII ad aver sviluppato in modo più approfondito la dottrina dei doveri religiosi dello Stato, alla quale Quas primas diede il tocco finale. Immortale Dei, nel 1885, conteneva un’esposizione teologica molto elaborata sulla natura politica dell’uomo, sul diritto divino dei governi legittimi dello Stato, indipendentemente dalla loro forma, e sul carattere religioso secondo la legge di natura di questi governi, che devono rendere culto a Dio, nonché favorire l’esercizio della religione da parte di quanti siano loro soggetti: «È evidente ch’essa [la società politica] deve adempiere senza errori, con un culto pubblico, ai numerosi ed importanti doveri, che l’uniscono a Dio. […] I capi di Stato devono dunque considerare santo il nome di Dio ed annoverare tra i loro doveri principali quello di favorire la religione, di proteggerla con benevolenza, di coprirla con l’autorità tutelare delle leggi e di nulla statuire o decidere che sia contrario alla sua integrità».

Inoltre, quando il messaggio del Vangelo è stato predicato ad una nazione, il governo civile è tenuto a riconoscere la Chiesa come dispensatrice dei beni soprannaturali, che possono condurre l’uomo al suo fine soprannaturale beato. Il suo dovere imperativo sarà quello di proteggerla e di darle tutti i mezzi per diffondersi, fino a ed ivi compreso quello di partecipare come «vescovo dell’esterno» alla difesa dell’ortodossia. Leone XIII evocava, sempre nell’Immortale Dei, l’ideale di cristianità, che san Pio X chiedeva di restaurare[3], quel «tempo in cui la filosofia del Vangelo governava gli Stati». Epoca, che è stata sovvertita da «quei principi moderni di libertà sfrenata, sognati e promulgati in mezzo ai grandi sconvolgimenti del secolo scorso, come principi e fondamenti di un diritto nuovo, fino ad allora sconosciuto, e su più di un punto in disaccordo, non solamente con il diritto cristiano, ma anche col diritto naturale».

Libertas præstantissimum, tre anni più tardi, nel 1888, conteneva questo passaggio fondamentale, che collega l’obbligo cultuale al bene comune, al quale è ordinato lo Stato: «È Dio, che ha fatto l’uomo per la società e che l’ha unito ai suoi simili, affinché i bisogni della sua natura, cui i suoi sforzi solitari non potrebbero dar soddisfazione, possano trovarla nell’associarsi. Per questo motivo la società civile, in quanto società, deve necessariamente riconoscere Dio come suo principio e suo autore e, di conseguenza, rendere alla sua potenza ed alla sua autorità l’omaggio del suo culto. […] Poiché è dunque necessario professare una religione nella società, bisogna professare quella, che è l’unica vera e che si riconosce senza fatica, almeno nei Paesi cattolici, dai segni di verità, di cui essa porta in sé il carattere splendente. Questa religione, i capi dello Stato devono quindi conservarla e proteggerla, se vogliono, come è loro dovere, provvedere con prudenza e utilmente agli interessi della comunità».

Ciò evidentemente con lo scopo di una cristianità, un tempo da conservare, oggi da restaurare. Che il governo dello Stato abbia il dovere di rendere un culto pubblico a Dio con tutto ciò che ne deriva, fa parte della legge naturale, ciò ch’è stato sintomaticamente ignorato dal secondo Jacques Maritain, quello de L’Umanesimo integrale (Cerf, 1936), un decennio dopo Quas primas. Rinunciando all’ideale di una cristianità «sacrale», egli voleva promuovere, nel contesto degli Anni Trenta, contro i totalitarismi, una «cristianità profana» identificata con una democrazia pluralista, in cui non sarebbe stata la regola della maggioranza ad esser elevata al rango di regola suprema del bene e del male, bensì «la legge morale superiore in virtù della quale gli uomini sono obbligati in coscienza verso ciò che è giusto e bene». In altre parole, s’instaurerebbe una cristianità naturale con tutti gli uomini di buona volontà, accontentandosi del rispetto della legge naturale, ma di una legge naturale amputata dell’obbligo da parte dello Stato – che resterebbe una democrazia pluralista (libertà religiosa) – di rendere culto a Dio.

Questo è l’orizzonte della dichiarazione sulla libertà religiosa del Vaticano II, esplicitato dai testi del post-Concilio che trattano di politica. Così la Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno ed il comportamento dei cattolici nella vita politica della Congregazione per la Dottrina della Fede del 24 novembre 2002 presenta la non-confessionalità dello Stato come un’evidenza. «La promozione in coscienza del bene comune della società politica non ha nulla a che vedere col “confessionalismo” o l’intolleranza religiosa» (n. 6). Tuttavia, afferma la Nota, questa società politica deve rispettare la morale: «Per la dottrina morale cattolica, la laicità, intesa come autonomia della sfera civile e politica rispetto alla sfera religiosa ed ecclesiastica – ma non rispetto alla sfera morale –, è un valore acquisito e riconosciuto dalla Chiesa ed appartiene al patrimonio di civilizzazione già raggiunto». La società politica dev’essere laica e morale, una morale che si riduce grosso modo alla morale coniugale, detta morale della vita.

La legge naturale così intesa è quindi mutilata dall’obbligo che ha lo Stato di riconoscere Dio e può coniugarsi con la sua laicità. Certo, il termine laicità può avere un’accezione assolutamente accettabile, benché pericolosa da usare, ed indicare l’autonomia della Chiesa e dello Stato. Ma la sua accezione stretta ed abituale è la non-confessionalità dello Stato e soprattutto la libera circolazione dell’errore religioso. Quando Pio XII tentò un rischioso recupero del termine «laicità» giustamente nel senso di una distinzione tra religioso e politico, ebbe cura di ricordare allo stesso tempo che si trattava di una «laicità», che implicava l’unione necessaria tra Chiesa e Stato: «Come se una tanto legittima e sana laicità dello Stato non fosse uno dei principi della dottrina cattolica; come se non fosse una tradizione della Chiesa sforzarsi continuamente di mantenere distinti, ma anche sempre uniti, secondo i giusti principi, i due Poteri» (Discorso del 23 marzo 1958). Ma intesa nel senso abituale della neutralità di principio dello Stato, la laicità non solamente non è «sana», ma rappresenta un’impossibilità di natura per una società politica degna di questo nome, una mostruosità.

Infatti, nel suo ordine proprio, l’ordine naturale, la società politica esige il governo di Dio e della sua legge e, di conseguenza, il riconoscimento di Dio e della sua legge. Il pensiero maritainiano, che abbiamo appena citato, ha ampiamente ispirato Paolo VI. Il testo conciliare sulla libertà religiosa, riflette così una dissociazione tra la definizione dell’uomo e la società voluta da Dio: la persona umana, soggetto religioso a titolo individuale, verrebbe creata fuori dalla società, fuori contesto per così dire e si troverebbe certamente sempre inserita in una comunità politica, ma in modo accidentale, essendo tale società per definizione neutra.

In realtà, questa deviazione, che influisce sulla comprensione della natura dell’uomo, deriva dalla polverizzazione individualista dello Stato tradizionale, operata dalla Rivoluzione francese. Il pensatore, che, dopo questa Rivoluzione e contro di essa, ha maggiormente insistito sul carattere necessariamente religioso della società politica, senza tuttavia confonderla con la società religiosa, la Chiesa, è stato Louis de Bonald. Per lui, Dio è presente in questa polis, che è stata creata insieme agli uomini: «Dio è la volontà generale conservatrice della società interiore delle intelligenze, di cui fa parte»[4]. Società necessaria, in effetti, poiché è mezzo e fine dell’agire morale di queste intelligenze, cioè dell’agire secondo la ragione. Comprendere il bene comune che questa società primordiale – la società politica – persegue ovvero far vivere i suoi membri secondo il bene, permette anche di comprendere come Dio ed i magistrati ne siano i «poteri conservatori», secondo l’espressione di Bonald. Non soltanto essa tradirebbe i suoi doveri essenziali allontanandosi da Dio, ma provocherebbe la disintegrazione della sua natura. Cesserebbe di esistere come società politica naturale nella misura in cui la sua neutralità le togliesse la sua «volontà generale di esistere».

* * *
Il messaggio di Quas Primas era perfettamente recepibile un secolo fa, in alcuni Paesi nei quali ha consolidato o cambiato il destino, ma sembra lontano anni-luce dalla società occidentale, in cui noi viviamo. Allora «che fare?» in questa società, secondo la domanda di Lenin. Cosa fare per vivere in una democrazia moderna, cosa fare per preparare un’«uscita» da questa democrazia? Per riflettere in merito, forse è bene confrontarsi, a parità di condizioni, con i dissidenti delle società comuniste antecedenti il 1989, altra forma di democrazia nata dalla Rivoluzione. Il ceco Vaclav Benda, seguito da altri pensatori della dissidenza, aveva coniato per loro il concetto di «polis parallela», che comprendeva la creazione di strutture politiche, economiche, d’informazione, parallele a quelle dell’ordine costituito, per sopravvivere e preparare la sostituzione del regime tirannico al potere.

Certo, si può discutere il concetto di «polis parallela» nella misura in cui ricerca l’organizzazione di isole falsamente autonome (sintomaticamente, Rod Dreher, l’autore di The Benedict Option [a partire da qui] – in francese: Comment être chrétien dans un monde qui ne l’est plus? Le Pari bénédictin [Come essere cristiani in un mondo che non lo è più? La scommessa benedettina -NdT], Artège 2017, fa l’elogio della «polis parallela» di Benda), ma soprattutto discutibile è l’ispirazione in definitiva liberale del suo progetto di resistenza all’oppressione comunista, che ha fatto sì che dei governanti dell’Est della prima generazione dopo la caduta del Muro, Vaclav Havel e Lech Walesa, abbiano visto i loro progetti dissolversi nella democrazia liberale. Resta il fatto che la cultura di una dissidenza, l’organizzazione di una sopravvivenza espressamente non conformista, in particolare educativa e religiosa, come la preparazione a lungo termine di un’«uscita» dalla situazione attuale, siano forme d’azione che oggi può ispirare la dottrina di Quas primas.
Don Claude Barthe
____________________________ 
[1] Si può richiedere a: https://hommenouveau.aboshop.fr/common/product-article/740.
[2] De Regno, l. 2, c. 3, in Michel Nodé-Langlois, Penser le politique, Dalloz 2015, pag. 100.
[3] Con la famosa frase nella lettera sul Sillon del 25 agosto 1910: «Non si costruirà la città se non come Dio l’ha costruita; non si edificherà la società, se la Chiesa non ne getta le fondamenta e non ne dirige i lavori; no, non v’è più bisogno d’inventare la civiltà, né di costruire la città nuova tra le nuvole. Essa è stata, essa è; è la civiltà cristiana, è la città cattolica».
[4] Louis de Bonald, Théorie du pouvoir politique et religieux, riproduzione Essai, pag. 92.

7 commenti:

  1. Novena a San Michele Arcangelo - 5° giorno24 settembre, 2025 07:54

    QUINTA GRAZIA Ti preghiamo, o santo Arcangelo, che insieme col Principe del quinto Coro, cioè delle Virtù, Tu voglia liberare noi tuoi servi, dalle mani dei nostri nemici sia occulti come palesi; liberaci da falsi testimoni, libera dalle discordie questa Nazione ed in particolare questa città da fame, peste e guerra; liberaci anche da folgori, tuoni, terremoti e tempeste, cose che il drago dell’Inferno è solito provocare a nostro danno. Pater, 3 Ave.
    San Michele Arcangelo difendici nel combattimento affinché non periamo nel giudizio finale.

    PREGHIAMO Onnipotente ed Eterno Dio, che nella tua somma bontà assegnasti in modo mirabile l’Arcangelo Michele come gloriosissimo Principe della Chiesa per la salvezza degli uomini, concedi che con il suo salvifico aiuto meritiamo di essere efficacemente difesi di fronte a tutti i nemici in modo che, al momento della nostra morte, possiamo essere liberati dal peccato e presentarci alla tua eccelsa beatissima Maestà. Per Cristo Nostro Signore. Amen.

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  2. Negazionismo politicamente corretto. Stima approssimativa, siamo a circa 50.000 cristiani massacrati da jhadisti islamici che invadono villaggi, massacrano i cristiani in modo orrendi, bruciano chiese e case con persone all' interno, squartano donne incinte, rubano le terre dei cristiani, cambiano nome ai villaggi. Di questo nessuno si indigna.
    Aloisius

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    1. Non so quanti quotidiani e periodici trattino della Nigeria, né quanti siano i telegiornali, nè i blogs. Siamo mediamente digiuni dell'Africa, anche del Sud America e del Cento e del Nord, del Medio Oriente e di quello lontano, anche del Nord Europa e della Europa in generale, con le regioni Italiane siamo così così! Di solito la religione è presa a pretesto, i cattolici sicuro saranno persone laboriose che hanno un benessere che altri non hanno perché lavorare stanca.Più veloce ammazzare il prossimo e prendersi i beni degli ammazzati. E non sono i primi ad ammazzare per appropriarsi dell'altrui! Non sono i primi. Non sono i nigeriani i primi. Sai quanti del giardino fiorito l'hanno fatto e lo stanno facendo ancora, senza darlo a vedere?

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  3. La rivista dello stato islamico: "portare la jihad ovunque in Europa, a partire dalla Francia", è l'ultimo numero della rivista, come ci racconta Formicola su NBQ.
    Siamo in guerra, ma non con la Russia, evidentemente.

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  4. da ex studente di Giurisprudenza24 settembre, 2025 10:14

    Parziale FT.
    Qualcuno che segue qui seguiva il vecchio forum "Cattolici Romani"?
    Alcuni dei vecchi mod (credo) ne hanno fatto un "reloaded" su forumfree ma non è lo stesso spazio per forza di cose, è un clone del vecchio spazio ma non ne ha ripreso ovviamente le discussioni, ormai perse.
    Lo seguivo da fuori (permetteva la "modalità ospite", che però non ho mai sfruttato) dal 2006. Ci sono stato iscritto temporaneamente (ero l'utente "il temporaneo", già il nickname diceva tutto; se qualcuno di qua seguiva anche lì allora può avermi trovato) fra il 2012 e il 2013, ho poi chiesto e ottenuto la cancellazione perchè le discussioni cui potevo intervenire seriamente, ossia di argomento giuridico, erano pochissime: quando ho chiesto la cancellazione, i miei post erano stati solo 82, tutti in risposta.

    L'articolo che sto commentando ora mi ha fatto ricordare come attorno al 2007 in quel forum fosse apparsa una strana discussione su "Vivere in uno stato compiutamente cattolico" in cui il proponente aveva descritto come dovrebbe essere uno stato che si rifacesse totalmente al magistero attuale cattolico, quindi postconciliare. Anche perchè in quel forum non ammettevano che si ponesse in discussione il Vaticano II.
    Ebbene, anche alcuni iscritti di lunga data e cattolici anche tradizionalisti avevano scritto che sembrava uno stato in cui vige la Sharia islamica... Che il post fosse rimasto finchè ho seguito quella discussione mi ha fatto quasi sgranare gli occhi, visto quanto rigide erano le regole di quel forum.
    Stranamente nessuno (forse lo davano per scontato), nemmeno il proponente, aveva ipotizzato la vigenza della pena di morte e solo due (anche qui, non il proponente) avevano discusso con una mezza dozzina di post su come dovessero essere organizzate le forze armate di questo ipotetico stato, ma solo per discutere se dovessero essere di leva o professionali, non se preparate o meno a guerre offensive. Sul secondo punto non mi stupisco: quel forum accettava in pieno il Vaticano II e non ammetteva neppure critiche allo stesso, dopo quel Concilio il concetto di guerra giusta anche quando offensiva era già offuscato, mentre erano proprio gli anni in cui in Italia si era compiutamente passati a forze armate professionali.
    Il proponente era intervenuto solo due altre volte su argomenti diversi: una volta sulla liceità della presenza o meno di partiti politici e una non ricordo più su cosa.
    I partecipanti erano parecchio in disaccordo se non anche confusi perchè qualcuno diceva che uno stato del genere dovesse essere una monarchia, altri dicevano che non era necessario.

    Non avendola seguita se non quando era in prima pagina (sezione "Ecumenismo e dialogo"), alcuni mesi con un centinaio di risposte, non so come sia finita quella discusssione.
    Ho messo questo commento più per divagazione ormai storica che per il titolo di questo articolo, diciamo che il secondo mi ha fatto richiamare alla memoria quell'episodio.

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  5. La laicità: una mostruosità partorita dai modernisti, proclamata dal Concilio Vaticano II e osannata dalla neochiesa come un gran bene!!!

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  6. Chiarezza e profondità: un brillante Trump suona il de profundis all'ONU.
    Chapeau!
    A noi europei ancora integri cogliere il messaggio.
    ¥¥¥

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