tag:blogger.com,1999:blog-5570132738557818436.post697760806933724384..comments2024-03-29T11:21:05.926+01:00Comments on Chiesa e post concilio: La dottrina sociale del Vangelo contro socialismo e liberismo. Il ricco Epulone e il povero Lazzaromichttp://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.comBlogger8125tag:blogger.com,1999:blog-5570132738557818436.post-82759958047438820702015-02-04T16:16:26.445+01:002015-02-04T16:16:26.445+01:00Il link ai testi di Marmion:
http://www.kenosis.i...Il link ai testi di Marmion:<br /><br />http://www.kenosis.it/Testi_Monastica_Marmion%201.htmmichttps://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5570132738557818436.post-53284771749410043932015-02-04T16:13:14.078+01:002015-02-04T16:13:14.078+01:00E, anche Marmion fa capire che la vera povertà eva...E, anche Marmion fa capire che la vera povertà evangelica è la "povertà in spirito"...<br /><br />[...] Troviamo nelle parole di Gesù alcune allusioni a questo mistero. Egli — Verbo Incarnato — ci dice che la dottrina che insegna non è sua, ma del Padre: «Mea doctrina non est mea, sed ejus qui misit me» (Gv 7, 16); che il Figlio non fa nulla da se stesso, ma parla solo come il Padre gli insegna: «A me ipso facio nihil, sed sicut docuit me Pater, haec loquar» (Gv 8,28; 14,10); e potrà con tutta verità soggiungere che non cerca la gloria sua, ma di colui che l’ha mandato: «Non quaero gloriam meam sed ejus qui misit me Patris» (17,4); gloria che consiste nel riportare tutto a Dio, da cui è generato; il Padre gli ha dato ogni cosa, ed egli riconduce tutto a lui, come al principio donde procede: «Pater, mea omnia tua sunt, et tua mea sunt» (17,10). Ciò è vero dell’Umanità, e in un certo senso, anche della Divinità di Gesù; poiché come Verbo tutto ebbe dal Padre; procede interamente da lui; quando il Padre guarda nel Figlio, nulla vede che non sia suo; per cui nel Figlio tutto è divino e perfetto come oggetto della sua compiacenza: «Filius dilectionis suae» (Col 1,13).<br />Quest’aspetto, che è uno dei più profondi ed essenziali nella vita di Cristo, deve fornire alla nostra povertà un esempio da imitare; e ci riusciremo se non saremo poveri solo materialmente, ma nello spirito, se ci spoglieremo dl quanto ci appartiene, di quanto viene dalla nostra natura: il giudizio, l’amor di sé, la volontà, che costituiscono le tre radici del vizio di proprietà; coltivando solo in noi i pensieri, i desideri e la volontà di Dio, agendo solo per motivi che egli ci ispira. Allora tutto in noi, per dir così, procederà da Dio; egli vedrà compiuta l’idea che ebbe creandoci. Se invece nei pensieri o nelle azioni c’è qualcosa che non è da lui, cioè il peccato, l’imperfezione, noi deformiamo l’immagine divina; e Dio vede in noi il nostro proprio, che da lui non proviene e non può a lui ritornare. Grande ostacolo alla grazia e alle compiacenze divine è cotesto vizio della proprietà; e per noi comprende non solo il possedere e disporre dei beni materiali, l’attacco disordinato ad essi, ma anche l’affezione sregolata a ciò che costituisce l’intimo della nostra persona. Vedremo più particolarmente nelle due conferenze seguenti, come ci sia possibile arrivare a spogliarci completamente dell’amor proprio e della propria stima e volontà per mezzo dell’umiltà e dell’obbedienza; ma era opportuno considerare fin d’ora il vizio della proprietà, sotto tutti i suoi aspetti, perchè esso è l’ostacolo radicale alle comunicazioni divine, e produce numerosi frutti di peccato e di morte. «L’orgoglio, diceva N. Signore alla B. Angela da Foligno, può trovar posto soltanto in coloro che possiedono o credono possedere; l’uomo e l’angelo caddero per orgoglio, perchè credevano di aver qualcosa di loro. Ma essi non hanno nulla; tutto è di Dio) [8].<br />Si capisce allora perché S. Benedetto, così illuminato nelle vie divine, vuole che si tagli fino alla radice lo spirito di proprietà: «Radicitus amputetur» (Reg. c. 33).michttps://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5570132738557818436.post-16577952644164517952015-02-04T16:09:09.782+01:002015-02-04T16:09:09.782+01:00Carissimo Luìs,
Grazie. Bellissimo testo. Ho trova...Carissimo Luìs,<br />Grazie. Bellissimo testo. Ho trovato anche l'intero contesto del capitolo dedicato alla povertà. Ed è, come tutti i testi di Marmion, saporoso ed edificante, da approfondire e meditare...<br />Marmion parla della "povertà del monaco". E in questa troviamo l'estremo rigore che tu giustamente noti.<br /><br />Certo, lo stesso distacco del cuore è richiesto anche a chi non è monaco. E, nel mondo, è più difficile vivere quella povertà estrema, assoluta, di Cristo Signore che il monaco vive più in profondità... Ma per lo meno è importante averla come traguardo. La grazia soccorre la buona volontà.michttps://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5570132738557818436.post-81398519784170845232015-02-04T14:27:32.497+01:002015-02-04T14:27:32.497+01:00É impressionante il rigore del grande cattolicesim...É impressionante il rigore del grande cattolicesimo tridentino con la ricchezza; questa è una tradizione che si è smarrita, forse a causa del dilemma del dopo guerra, tra il liberalismo anglo-americano e il gulag staliniano, dove tanti cattolici hanno fatto la scelta obbligata dei primi. Ma la cruna dell'ago è reale: secondo la grande mistica, Cristo sulla Croce è il povero assoluto. Ho tradotto sul mio blog un testo bellissimo del Beato Columba Marmion - che non era comunista - sulla povertà( Le Christ, Idéal du moine, p. 208). Per chi legge il portoghese, il testo è qui: http://www.christeeleyson.com/2014/03/a-pobreza-crista-segundo-o-beato.htmlLuís Luizhttps://www.blogger.com/profile/10545786379182670657noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5570132738557818436.post-92225661464695289342015-02-04T13:50:11.458+01:002015-02-04T13:50:11.458+01:00Toglierei il forse, caro Luis.
Le ricchezze non so...Toglierei il forse, caro Luis.<br />Le ricchezze non sono un peccato. È invece peccato la cattiva acquisizione, l'eccessivo attaccamento ed un uso smodato o per fini illeciti o egoistici.<br />In questo senso possono aumentare le occasioni di peccato ma anche le opportunità di bene...michttps://www.blogger.com/profile/00578005881187652932noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5570132738557818436.post-90933904331207683312015-02-04T13:22:08.687+01:002015-02-04T13:22:08.687+01:00Forse le ricchezze non sono un peccato, ma sicuram...Forse le ricchezze non sono un peccato, ma sicuramente ne sono occasione molto prossima.<br />Luís Luizhttps://www.blogger.com/profile/10545786379182670657noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5570132738557818436.post-36284569343821456962015-02-04T10:44:45.641+01:002015-02-04T10:44:45.641+01:00Complessivamente, un articolo eccellente. Chiaro, ...Complessivamente, un articolo eccellente. Chiaro, semplice ma profondo. Ora ne stampo una copia e la spedisco alla Lepanto Fonudation.Angelonoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-5570132738557818436.post-86429393223486205402015-02-04T09:14:55.992+01:002015-02-04T09:14:55.992+01:00"ma riconciliato da padre Cristoforo con Dio,..."ma riconciliato da padre Cristoforo con Dio, con Renzo e Lucia".<br /><br />Qui bisogna andarci cauti. Manzoni mostra un'altra verità: la riconciliazione, il perdono bisogna guadagnarseli. Don Rodrigo ha un'ultima occasione (per quello che sappiamo) nella notte in cui si ammala di peste: addirittura un sogno gli mostra il suo destino, e nel contempo il padre Cristoforo in atto di giudicarlo. E lui che fa? Si pente del male che ha compiuto? Per nulla: si preoccupa della sua pellaccia, cerca un medico che lo curi senza denunciarlo come appestato. Poco dopo, mentre vengono a prenderlo per portarlo al lazzaretto, cade nel delirio. E in quello stato lo trova più tardi Renzo, mentre il padre Cristoforo veglia su di lui nella speranza che riprenda un barlume di coscienza. Manzoni non dice che questo barlume, e quindi una nuova possibilità di pentirsi in extremis, ci sia stato. Nel manoscritto del "Fermo e Lucia" addirittura presentava un don Rodrigo che tornava in sé e cercava di fuggire dal lazzaretto montando su un cavallo abbandonato, impresa in cui trovava la morte. Ancora una volta quindi pensava solo a sé, a salvare il suo corpo e non la sua anima. L'episodio nelle edizioni successive venne soppresso, lasciandoci nel dubbio sulla sorte ultraterrena di Rodrigo. "Può esser castigo, può esser misericordia", dice a Renzo il padre Cristoforo. L'epitaffio beffardo di don Abbondio divenuto improvvisamente coraggioso dopo la morte del suo nemico (più o meno "se non era per la peste quelli che dovevano recitargli il De Profundis erano ancora a fare i latinucci in seminario...") conclude suggerendo l'idea di un castigo. Turiferariohttps://www.blogger.com/profile/05023454653417013407noreply@blogger.com