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venerdì 9 settembre 2011

Attendendo il 14 settembre. Incontro in Vaticano per Mons. Fellay

Tra qualche ora -o forse giorni- sapremo (ora resta da vedere cosa dice il "preambolo" di cui si parla nel comunicato sopra riportato e cosa ne pensa la Fraternità). Mi ero immersa nel silenzio di un'attesa orante. Quindi potrebbe sembrar strano pubblicare questi pensieri ricevuti da Inter Multiplices Una Vox. Ma lo faccio anche per esorcizzare la solita anticipazione di parte di Tornielli, apparsa su Vatican Insider di ieri, intrisa di sottolineature in negativo sommariamente imprecise, in sintonia con quegli elementi di Curia decisamente progressisti di cui è il portavoce e che lo portarono ad anticipare ex abrupto anche i famosi cinque punti delle condizioni-capestro che dicevano tutto e niente, ma che sembravano mettere un'ipoteca sulla delicata risoluzione del problema. Sta di fatto che allora Mons. Fellay scrisse qualche parola al Papa, e l’ultimatum non fu più all’ordine del giorno. Ma non si può dire che tutto andasse bene... e infatti siamo ancora qui ad assistere ad un increscioso tiro alla fune tra simpatizzanti ed avversari dichiarati o subdoli: ne incontriamo abitualmente molti anche su Messa in Latino [vedi interessante riflessione di Enrico]. Speriamo di poter presto inserire tutto questo tra i ricordi sgradevoli o comunque tra le impegnative battaglie per affermare la Verità. E continuiamo ad attendere e a pregare...

Riflessioni sull'incontro tra il Cardinale Levada e Mons. Fellay
di Belvecchio

Curiosa questa data.
Quattro anni fa il Papa la scelse per l’entrata in vigore del suo Motu Proprio Summorum Pontificum, col quale, inaspettatamente, non solo liberalizzò l’uso del Messale tradizionale, ma dichiarò formalmente che esso non era mai stato abrogato.
Ovviamente, dopo la pubblicazione di questo Motu Proprio, vi furono molti commenti sulla valenza di quest’ultima dichiarazione ufficiale della Chiesa, poiché, fino ad allora sembrava proprio che il Messale tradizionale fosse stato abrogato e il suo uso fosse interdetto, salvo apposite deroghe o concessioni o indulti di vario tipo.
E invece no, il Papa Benedetto XVI scrisse nero su bianco, su un documento ufficiale, che non era vero niente, che si era equivocato, che anche il suo predecessore aveva equivocato, prima concedendo un indulto e poi invitando alla generosità e alla disponibilità i vescovi circa la celebrazione della Messa di sempre della Chiesa… che non era mai stata abrogata!

Il Papa Benedetto XVI non ha scritto: “abbiamo scherzato”… no, ha scritto “non è stato mai abrogato”, traendo tutte le conseguenze del caso, compreso il libero uso di tutti i libri liturgici tradizionali.

Dicevamo inaspettatamente, ma bisogna anche dire inopinatamente, poiché 40 anni di post-concilio ci avevano abituati a considerare la riforma liturgica, non solo irreversibile, ma sacrosanta. Evidentemente ci sbagliavamo.
Tutto sbagliato, tutto da rifare. Fino alla ventilata “riforma della riforma” e alla nascita dei sedicenti “movimenti liturgici benedettiani” che, sotto varie forme e con sfumature diverse, mirano al ripristino della liturgia tradizionale riveduta e corretta secondo la logica benedettiana, appunto, dell’ermeneutica della riforma nella continuità.

Tutto questo scombussolamento è ancora in fase di effervescenza, mentre parallelamente è in atto un dibattito sullo spirito del Concilio e sul vero significato dei suoi documenti, riforma liturgica compresa, che gli ottimisti chiamano rigoglioso.
E tutto questo ha una data d’inizio, una data ufficiale, una data significativa: 14 settembre, festa della Esaltazione della Santa Croce.

È un caso che la Santa Sede abbia scelto questa data per convocare ufficialmente il Superiore della Fraternità San Pio X e i suoi due Assistenti, per discutere proprio di tutta questa complessa materia?

Intendiamoci, ce lo chiediamo solamente, non insinuiamo nulla. Semplicemente constatiamo e ci interroghiamo.… E speriamo che il far questo a qualcuno non appaia come un reato di lesa maestà.

Ma interrogandoci è inevitabile che ci vengano in mente delle risposte e che dal nostro intimo affiorino speranze e timori. Forse non è molto razionale, forse non è scientifico… ma di certo è cattolico.
Vuoi vedere che il Signore ci metterà anche stavolta del suo e questo 14 settembre 2011 ci riserverà un’altra sorpresa? Un altro Motu Proprio? Un’altra decisione unilaterale del Papa? Con la quale egli porrà fine a quarant’anni di ingiuste censure nei confronti della Fraternità San Pio X?
Un atto unilaterale, com’è giusto che sia nelle cose di Chiesa. Un atto del Supremo Magistero che sancisce, motu proprio, che le cose stanno così e così. Punto e basta.

E l’accordo?
Ma quale accordo! La Chiesa che fa accordi con un pezzo della Chiesa. Una contraddizione, Una impossibilità.
La Chiesa decide, la Chiesa stabilisce. E se la Fraternità San Pio X è eretica, la Chiesa la scomunica, se è scismatica, la scomunica… se invece non è eretica e non è scismatica, la Chiesa non fa altro che dire che è cattolica.
E se è cattolica, come lo è, la Fraternità San Pio X è lì, già bell’è pronta, con la sua struttura ecclesiastica, nata ufficialmente nella Chiesa e dalla Chiesa, con i suoi vescovi, con i suoi sacerdoti, con i suoi frati, con le sue suore, con i suoi monaci, con le sue monache, con i suoi fedeli, con le sue famiglie cattoliche, con le sue scuole cattoliche, con la sua vita cattolica.
È lì, è lì da quarant’anni, nonostante tutto, è lì a ricordare che la fedeltà alla Fede della Chiesa è un cemento e un lievito che accresce, che fortifica e che vince ogni deviazione e ogni avversità.
Basta il semplice buon senso: la Fraternità è lì, chiunque può riconoscerlo… e a maggior ragione la sua Santa Madre Chiesa.

E il Diritto Canonico?
Incredibile! Il Diritto Canonico! Ma basta cercare tra i suoi articoli e si troveranno cento modi per compilare un atto giuridico tale da sancire semplicemente la realtà. La Fraternità è lì e continua a rimanere lì, nonostante le possibili interminabili diatribe giuridiche e nonostante le volontà e le intenzioni di questo o di quello… e continuerà a rimanere lì nonostante la carta bollata.

E i vescovi?
Che domande! I vescovi sono semplicemente la Chiesa!
Non vengono dalla luna. Non sono un corpo a sé. Non sono un corpo estraneo, non sono i sindacalisti della Chiesa addetti alla (s)concertazione (!?).
I vescovi sono la Chiesa, e se la Chiesa stabilisce che la Fraternità è lì, ed è lì così com’è, i vescovi parleranno come parla la Chiesa.
I pregiudizi, le prevenzioni, le insofferenze, le male volontà… tutta roba umana, troppo umana. Tutta roba che non fa onore a un vescovo. E quand’anche il troppo umano rumoreggiasse, si agitasse, manovrasse, premesse… quale novità! È da 40 anni che questo accade ovunque e comunque nella quasi indifferenza generale e perfino con certi plausi… perché dovrebbe preoccupare solo adesso che si tratta della Fraternità?
D’altronde, che la Fraternità con i suoi vescovi, i suoi sacerdoti, i suoi religiosi e i suoi fedeli, meriti il motu proprio risolutivo del Papa è proprio perché da 40 anni non fa altro che perseverare nella Fede cattolica nonostante tutto questo, nonostante censure ed accuse… nonostante i vescovi… essa, grazie a Dio, è fornita degli anticorpi necessari per rintuzzare ogni attacco.

E il Concilio?
Già… il Concilio!
Il Concilio Vaticano II è quella cosa che tutti sanno dov’è e nessuno sa cos’è.
Già Paolo VI confessava che non ci capiva più niente… e con Giovanni Paolo II i documenti esplicativi si sono sprecati… mentre il card. Ratzinger andava scrivendo che la crisi della Chiesa partiva proprio dal Concilio con la sua riforma liturgica.
E Benedetto XVI, dopo 40 anni, ci spiega che il Concilio non l’ha capito nessuno, che bisogna reinterpretarlo.
È questo il Concilio di cui tutti si riempiono la bocca, avanzando la pretesa che la Fraternità debba prima di tutto riconoscerlo.
Incredibile! È da 40 anni che la Fraternità riconosce perfettamente il Concilio e lo riconosce con attenzione, con cognizione di causa, e nel riconoscerlo così bene, lo descrive e ne parla per quello che è, anticipando i timori di Paolo VI, le precisazioni di Giovanni Paolo II e le istanze interpretative di Benedetto XVI.
Se c’è qualcuno che in questi 40 anni ha avuto il coraggio di parlare del Concilio con chiarezza, con precisione, con in vista principalmente il bene della Chiesa e delle anime: questa è la Fraternità San Pio X.
Cosa mai dovrà riconoscere la Fraternità? … più di quanto abbia già riconosciuto in quasi piena assonanza con i fedeli, con tanti sacerdoti, vescovi e cardinali e con un gran numero di teologi seri?

Questa del riconoscimento del Concilio è una “sola”, come dicono a Roma: si dice “riconoscere il Concilio” e si intende dire “condividere tutte le storture di questi 40 anni”. Si dice “accettare il Concilio” e si intende dire “accettare che la crisi della Chiesa si incancrenisca”.
Questo non può farlo una Congregazione religiosa come la Fraternità, semplicemente perché si vieta di farlo qualsiasi fedele autenticamente cattolico. Sarebbe come darsi una martellata sulle ginocchia o prenotare un posto riservato nella nona delle malebolge.

E i colloqui?
Questi famosi colloqui, che qualche purista cattolico vorrebbe far rientrare in una diatriba sul sesso degli angeli, non sono altro che la logica conseguenza di 40 anni di deviazioni e di equivoci: era indispensabile mettere i puntini sulle i… cosa doveva accadere di più?
Certuni speravano che la Fraternità si convertisse al credo conciliare, certi altri pretendevano che la Santa Sede, ascoltati i teologi della Fraternità, dichiarasse nullo il Concilio, scomunicasse i due papi precedenti… e magari “andasse a Canossa”… a Ecône!
Roba da matti! Certa gente vive davvero fuori dal mondo!
I colloqui servivano solo a parlare finalmente di ciò di cui non s’è mai potuto parlare… servivano a far crollare un tabù.
Vero è che di queste cose se ne parla, anche seriamente, da anni, ma è soprattutto vero che mai se n’è parlato a Roma, nella sede della Congregazione per la Dottrina della Fede… in maniera formale, con tanto di protocollo. Mai! Checché ne dicano certi amici che non smettono di difendere la Tradizione cattolica… ma a patto di trovarsi con le spalle coperte dalle carte bollate romane. Perché sembra che, per loro, difendere la Tradizione cattolica a proprio rischio e pericolo non sia molto cattolico.
Certuni di essi dicono che, in forza delle loro carte bollate, in questi ultimi dieci anni hanno parlato dei problemi sollevati dal Concilio, ma… se lo hanno fatto… tutto è accaduto nel più rigoroso segreto, perché non se ne sa proprio niente.
Solo con i colloqui fra Roma e la Fraternità è esploso il dibattito pubblico sul Concilio, e basterebbe solo questo per considerare positivamente i colloqui e ringraziare la Fraternità.

Poi ci sono di quelli che speravano che dai colloqui uscisse una Fraternità che sprezzatamente condannasse Roma come eretica e dichiarasse di ritirarsi sull’Aventino. Sono quelli che da anni cercano di togliere alla Fraternità il primato morale della resistenza cattolica, soprattutto perché nati nella Fraternità e come tutti i figli saputelli credono di saperne molto più dei loro padri. Senza contare che l’umana natura porta l’uomo a sentirsi e a volersi il primo della classe e a sperare di diventare importante agli occhi dei più.
Una vecchia storia, che andrà avanti fino a quando ci sarà il mondo. Anche qui tutto umano… troppo umano.

E poi ci sono ancora quelli che pensavano, non si sa bene perché, che questi colloqui avrebbero fissato dei punti fermi e che finalmente tutti avremmo saputo che l’ecumenismo è sì una cosa non cattolica, ma in fondo in fondo è pur sempre una cosa praticata da cattolici; che la libertà religiosa è veramente figlia dell’agnosticismo, ma in fondo in fondo è pur sempre ben vista in Vaticano; e avanti così.
Questi sono i più delusi di tutti, perché si son dovuti arrendere di fronte all’evidenza che la Fraternità è andata a Roma a parlare della dottrina cattolica con dei cattolici che pensano che questa dottrina venga sì da Dio, ma l’uomo fa anche la sua bella parte, perché l’uomo è l’unica creatura che Dio ha avuto per se stessa... potrebbe un uomo così non concorrere alla formazione della dottrina, come ha fatto il Vaticano II?
Suvvia… siamo seri… la dottrina si evolve con l’uomo… non è mica una mummia imbalsamata!
E la loro delusione è tanto più grande per quanto è risultato chiaro che una è la tradizionale dottrina cattolica predicata dalla Chiesa per bocca della Fraternità e altra è la moderna dottrina cattolica praticata a Roma da tanti cattolici in buona fede, ma male informati.

Comunque si voglia girare la frittata, la realtà è che la Fraternità è lì, e da lì ha mosso le cose in modo tale da far sì che si ripristinasse la liturgia cattolica, di cui oggi stanno beneficiando tutti…
e che da lì ha parlato in modo tale da far sì che tutti si appassionassero alla problematica del significato vero dei documenti conciliari e postconciliari, tutti: i buoni e i cattivi, quelli in buona fede e pure quelli in male fede.
Che da lì ha posto al centro dell’attenzione del mondo cattolico il bisogno di fare chiarezza sulla vita della Chiesa nel postconcilio e sulla necessità di correggere le tante deviazioni pastorali e dottrinali praticate da vescovi, cardinali e papi. Ed è esattamente questa Fraternità che Roma ha già riconosciuto come valida interlocutrice per affrontare questi problemi, ed è quella stessa Fraternità che Roma dovrebbe coerentemente riconoscere formalmente che esiste … se necessario con tanto di carta bollata.

Questo della carta bollata è un problema della Santa Sede, è il Vaticano che, giustamente, parla con gli atti ufficiali, e questi atti ufficiali li compie solo il Vaticano stesso.
Lo faccia allora: sancisca che la Fraternità è lì, che esiste da 40 anni, che da 40 anni fa il proprio dovere cattolico, lo sancisca e basta, non solo non serve niente, tranne qualche ufficiale di Curia che batta a macchina un foglio, ma il suo atto costitutivo la Fraternità ce l’ha già… ed è a Roma…basta tirarlo fuori dal cassetto in cui lo fece improvvidamente cacciare Paolo VI.

Ma questa è una supposizione, una supposizione basata sulla speranza, ma una supposizione.

Compirà il Vaticano questo passo?
Vorrà davvero porre fine a 40 anni di lacerazioni?
Riuscirà pacificamente a chiamare cattolici i cattolici ed eretici gli eretici?
Opererà questa svolta decisiva verso il riordino di una Chiesa che è come una barca che fa acqua da tutte le parti?

Dio lo voglia!
14 settembre 2011
[Fonte: http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV202_Il_14-sett-2011_e_la_carta_bollata.html]

2 commenti:

  1. Sarà retorica la mia, ma nonostante il legittimo scoraggiamento nel quale oggigiorno è davvero facile incappare quando si parla di Chiesa Romana, resto del parere che la FSSPX abbia già vinto la sua battaglia. Cosa significa questo, che possono anche adagiarsi? Assolutamente no! Anzi, d'ora in avanti dovranno impegnarsi come e più di prima. Significa quindi che possono anche fare a meno di Roma? Nemmeno! E le parole di de Gallareta, in tal senso, sono molto più eloquenti di qualsiasi articolato discorso.

    La verità, checché se ne dica, è che ad Econe hanno continuato a conservare la vera Fede in attesa di tempi maturi. Tempi che solo Dio conosce, ma che non renderanno mai la Tradizione semplice minestra riscaldata. Questa è viva, come tutti sappiamo, e ce ne stiamo accorgendo ancor più oggi. E' vero ciò che afferma Monsignor Fellay: noi giovani, alieni all'euforia conciliare, riteniamo tutto questo tremendo casino un semplice état d'esprit. Certo, la Chiesa che abbiamo conosciuto e con cui "siamo cresciuti" è stata ed è profondamente conciliare. E col tempo ho compreso essere questo il motivo del mio lungo allontamento - lungo solo ai miei di occhi.

    Non vale per tutti i miei coetanei, è chiaro, ma ciò a cui stiamo assistendo sa già di miracoloso. Chi è più grande, suppongo, non avrebbe mai osato credere (magari sperare, quello sì) che un cambiamento, un ritorno in carreggiata, si sarebbe potuto verificare dopo "nemmeno" quarant'anni. E' vero, quaranta sono troppi, non a caso potrebbero volercene anche il doppio per assistere ad un pieno ritorno al Cattolicesimo. Poco male, non a tutti noi sarà dato vivere così tanto. Ora è tempo di seminare, per noi, per gli altri e per la Sposa di Cristo.

    Ad maiora!

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  2. DANTE PASTORELLI09 settembre, 2011 23:02

    Linguaggio prudente ma aperturista, quello di mons. Fellay, ben sottolineato da Enrico.
    Non so cosa accadrà. Sperare è doveroso, come pregare. Effettivamente anch'io sono rimasto sconcertato dal tono dell'articolo di Disputationes.

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