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martedì 27 marzo 2012

Antonio livi, Lettera aperta al Direttore di Avvenire

Seguiamo, al solito ciò che accade. C'è un aggiornamento alla questione Enzo Bianchi - Antonio Livi e il Direttore  di Avvenire, tratto da La Bussola quotidiana di oggi.

Come i lettori de La Bussola Quotidiana sanno bene, l'articolo di monsignor Antonio Livi che criticava alcuni interventi di Enzo Bianchi, ha provocato la durissima reazione del direttore di Avvenire, Marco Tarquinio. Una prima, immediata, risposta a Tarquinio è venuta dal direttore de La Bussola Quotidiana, ma molte sono anche le lettere - arrivate in questi giorni a noi ed anche ad Avvenire - di solidarietà a monsignor Livi. Ora è lo stesso monsignor Livi a rispondere al direttore di Avvenire con questa lettera aperta che pubblichiamo.

Sig. Direttore,
Il 23 marzo scorso Lei sul Suo giornale mi ingiunge di vergognarmi per quello che avevo scritto su La Bussola Quotidiana a proposito di Enzo Bianchi, accusandomi di aver orchestrato squallide manovre diffamatorie basate sulla menzogna. Siccome alcuni lettori (anche se non tutti) e i cattolici italiani in generale possono aver pensato che queste accuse (che costituiscono – queste sì – denigrazione e diffamazione nei miei confronti) siano fondate, mi vedo costretto a fornire loro pubblicamente alcune spiegazioni.
  1.  Io non ho scritto contro Enzo Bianchi come persona ma contro la sua “fama di santità”, ossia contro la presentazione che se ne fa come di un vero mistico, di un autorevole interprete della Scrittura, di un venerato maestro di dottrina cristiana, di un eroico combattente per la riforma della Chiesa e per l’ecumenismo. Io vorrei invece richiamare l’attenzione di chi ha responsabilità pastorale sul fatto che i suoi scritti e i suoi discorsi – che certa stampa utilizza come se potessero essere dei validi sussidi per la catechesi ? sono inficiati di un’ideologia neognostica, incentrata sul progetto di una religione universale a carattere etico (la Welthethik), secondo la prospettiva del suo autore di riferimento, che è Hans Küng.
  2. Per questo preciso motivo ho deprecato lo spazio e il rilievo che il Suo giornale ha dato a una meditazione biblica di Bianchi, pubblicandola in un paginone a colori di “Agorà” della domenica. Io l’ho visto distribuito in alcune chiese di Roma assieme ai foglietti della Messa, e mi è sembrato assurdo che quel commento di Bianchi al Vangelo della prima domenica di Quaresima fosse presentato ai fedeli quasi come un sussidio per la pastorale liturgica. Quale approfondimento della dottrina cristiana e quale edificazione nella fede eucaristica – mi domandavano – possono venire da discorsi che presentano Gesù come un modello (umano) di quella morale umanitaria che ritiene di poter prescindere dalla grazia del Redentore? Il mondo è pieno di gente che parla di Gesù in termini che sono più propri dell’umanesimo ateo che del dogma cattolico: non è questo che mi turbava: mi turbava il fatto che ancora una volta fosse presentato come un autorevole maestro della fede, con l’autorevolezza che può conferire il “giornale dei vescovi italiani”, un personaggio che, a mio avviso, la vera fede non contribuisce affatto a diffonderla. Non si tratta di un problema personale o ideologico, ma di un problema esclusivamente pastorale, e io come sacerdote lo considero l’unico problema importante.
  3. Lei, Direttore, non ha ragione quando scrive che io avrei potuto criticare Bianchi o altri collaboratori di Avvenire «su ciò che è opinabile: valutazioni storiche e socio-culturali, opinioni artistiche, scelte lessicali, giudizi politici…», mentre invece mi sarei «azzardato» a «porre in dubbio la fede altrui e l’altrui indiscutibile adesione alla buona dottrina cattolica su ciò che è opinabile non è». Lei non ha ragione perché io critico appunto il modo di commentare il Vangelo in un giornale ufficialmente cattolico, e in questa materia nella Chiesa c’è sempre stata e sempre ci sarà il diritto di critica (la teologia cattolica e lo steso dogma nascono dal confronto critico con i diversi modi di presentare il contenuto della rivelazione divina). Ciò che per un cattolico «opinabile non è» è solo il dogma enunciato dalla Chiesa con il suo magistero solenne. Le interpretazioni del dogma e la sua presentazione catechetica, così come le scelte pastorali, sono invece materia di libera discussione. Non c’è nulla di criminoso e di vergognoso nel fatto di aver voluto manifestare la mia opinione circa l’inopportunità pastorale di presentare alla meditazione dei fedeli dei discorsi, come quelli di Bianchi, così ambigui rispetto al dogma cattolico. Da quando è diventato «indiscutibile» il fatto dell’«adesione alla buona dottrina cattolica» da parte dei collaboratori dell’Avvenire? Basta la parola del Direttore? È un nuovo caso di «Roma locuta, quaestio finita»?
  4. Nel fare quei rilievi dottrinali e pastorali, peraltro, io non ho minimamente voluto «porre in dubbio la fede altrui», cioè di Enzo Bianchi. Sembra che Lei, dottor Tarquinio, non abbia presente la fondamentale distinzione tra la fede come atto interiore del soggetto che aderisce con tutto se stesso a Cristo e alla sua dottrina (e di questo atto interiore è consapevole solo il soggetto stesso) e la fede come enunciazione esteriore (professione di fede, proclamazione della fede, catechesi, evangelizzazione, teologia); io so bene di non dover giudicare la sincerità e la fermezza della fede egli altri (della coscienza di ciascuno di noi è giudice solo Dio, il quale «scruta i reni e il cuore» degli uomini), ma so anche che ho il dovere di giudicare la rispondenza di un discorso sul Vangelo alle verità fondamentali contenute nella dottrina della Chiesa: è un dovere che in primis spetta al collegio episcopale, con a capo il Papa, ma spetta, per partecipazione sacramentale, anche a un semplice sacerdote come me, impegnato da sempre nella formazione cristiana dei fedeli con il mio lavoro pastorale e con la docenza nell’«Università del Papa». Certo, il mio giudizio – di approvazione o di critica – è soggetto a errore dal punto di vista dottrinale, e anche dal punto di vista della prassi può risultare meno opportuno o conveniente: ma è pur sempre un atto legittimo, anzi doveroso, quando uno come me ritiene in coscienza che il bene comune della comunità ecclesiale lo richieda.
  5. Lei scrive che il mio è «un testo feroce, nel quale si procede con metodi degni della peggiore “disinformatsja”: estrapolando frasi, selezionando concetti, amputando verità, distillando veleni». In realtà, le frasi dello scritto di Bianchi che ho citato sono testuali, e in un breve scritto non potevo certamente riprodurre tutto il testo pubblicato nel paginone di Avvenire (chi non crede alla sintesi che io ho fatto potrà confrontarla con l’originale); sono però frasi emblematiche, che nemmeno il contesto può contribuire a “salvare” (anzi, a me sembra che tutto il discorso che Bianchi fa sul potere e sul denaro ha senso solo presupponendo che Gesù sia solo un modello morale, un uomo esemplare). Nessuno scrittore dei primi secoli, nessun letterato cristiano moderno, nessun teologo intenzionato a rispettare il dogma si è mai sognato di parlare di Gesù come di una «creatura», di un uomo cioè che insegna agli altri uomini come si deve rispettare Dio, che è il Creatore. Bianchi è un biblista: ma dove mai si trova nella Bibbia la definizione di Gesù come «creatura»? Che cosa avranno pensato quei fedeli che hanno letto il testo di Bianchi sull’Avvenire e poi a Messa hanno recitano il Credo, dicendo di Gesù che Egli è «Dio da Dio» e che è «generato, non creato»? Devono pensare che la professione di fede della Chiesa è una formula antiquata e che è meglio credere alle spiegazioni moderne e aggiornate di Bianchi? Questo è il vero problema: un problema che interessa necessariamente chi ha sensibilità pastorale e si sente responsabile dei messaggi dottrinali che vengono proposti da personaggi che (non sempre meritatamente) godono di credito presso i fedeli, soprattutto se sono veicolati dalla stampa che si presenta come la voce (almeno ufficiosa) della Chiesa italiana.

16 commenti:

  1. Bravo monsignor Livi!E' ora di criticare fermamente l'operato di Avvenire. Ringraziamo il Cielo che internet permette questa visibilità.
    Attendiamo la risposta del direttore Tarquinio.

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  2. Solidarizzo pienamente con mons. Livi e la sua puntuale precisazione. Ce ne fossero sacerdoti al par suo!

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  3. "Avvenire" purtroppo non ha mai veramente brillato.

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  4. Solidarizzo pienamente con mons. Livi e la sua puntuale precisazione. Ce ne fossero sacerdoti al par suo!

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  5. Ottima la replica di don Livi. Finalmente c' stato uno (Livi) che ha detto che il re (Bianchi) è nudo.

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  6. Di Mons. Livi, come dei Vescovi di San Marino o di Albenga o simili ce ne vorrebbero a migliaia per la salvezza della Santa Chiesa Cattolica, e forse il Santo Padre prenderebbe piu' coraggio a far piazza pulita di modernisti e/o progressisti che stanno distruggendo oltre che a parole anche con i fatti (basta guardare le chiese prima del concilio V.II e dopo, come sono ridotte), la Una Vera e Santa. La distruzione dei templi di Dio e le Sue Leggi in tutti i sensi.

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  7. Quella domenica ho avuto in mano l'Avvenire, ma quando sono giunto all'articolo di Bianchi ho girato subito pagina, articoli con tali firme non mi interessano, ma come farlo capire alla moltitudine dei lettori che lo hanno visto pubblicato nella serie dei maestri dello spirito, anche se professiamo che uno solo è il Maestro?
    Purtroppo si è seminato molto fumo e per lungo tempo, ora più che mai è necessario che i Vescovi, ciascuno per la propria Diocesi alzino la voce e facciano chiarezza.

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  8. Complimenti monsignor Livi!!!E'ora di contobbattere a questo nuovo totalitarismo io lo chiamo cristianesimo ateo è una cappa asfissiante:le paoline Avvenire Famiglia Cristiana Enzo Bianchi Fabio Fazio Litizzetto Erri De Luca etc e la stragante maggioranza purtroppo dei vescovi Italiani con tutti gli annessi e connessi delle diocesi italiane(vedasi ad esempio i giornali delle varie diocesi fanno vomitare!!). Per buona parte dei vescovi italiani sto Bianchi un Guru i santi sepolti dimenticati Enzo Bianchi alle stelle!!!ma per favore basta !!vogliamo i Santi non questi personaggi ambigui acclamati solo dal potere mass mediatico e da pochi illuminati è ora di dire basta!!!ATTENZIONE GESU' HA DETTO CHE SE IL SALE PERDE IL SAPORE VIENE GETTATO E CALPESTATO DAGLI UOMINI!!TUTTO QUESTO E'SALE SCIPITO MA PERCHE' NON SE NE RENDONO CONTO???

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  9. Ce ne fossero di piu` di pastori coraggiosi come Mons. Livi, pronti a denunciare l'arianesimo strisciante che continua ad serpeggiare nella Chiesa. Non e` un caso che gli imperatori romani favorissero gli ariani. Cosi` oggi le tesi del Bianchi sono stimate dai poteri forti di oggi e dai porta-acqua intellettuali. Infatti un Cristo maestro morale come tanti altri (Buddah, Maometto, Gandhi, etc.) non da fastidio a nessuno, ma un Cristo vero Dio e vero uomo sconvolge i potenti di questo mondo.

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  10. Avvenire è solo giornale pseudo-cattolico e modernista. In conventodove ero aspirante si restava allibiti per articoli che innegtgiavano alla "cattolicita" dei Simpson e dei Blues Brothers...

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  11. Perché non fanno vescovo mons. Livi invece di tanti arnesi postcattolici (o veterognostici) che imperano tra i nostri episcopati?

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  12. Una grazie a Mons. Livi.
    Grazie ad internet stiamo sbugiardando i falsi maestri che stanno riempiendo la Chiesa di stupidità.
    Per fortuna la gente semplice grazie al sensus fidei li ignora e si rivolge ai Santi Veri e non ai venditori di fumo......
    Avvenire sarà forse buono come carta per avvolgere i pesci.....

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  13. Sono già quattro anni che ho disdetto l'abbonamento ad Avvenire: da quando ho trovato su Popotus un articolo di Enzo Bianchi che, volendo spiegare la Messa ai bambini, negava in pratica la dottrina della transustanziazione e del sacrificio espiatorio a favore del pane dell'amicizia e della fraternità... o giù di lì. Se Bianchi scrive come portavoce dei vescovi ed essi sono i garanti della nostra fede, allora Buonanotte!

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  14. ...tuttavia in diversi passi Tommaso d'Aquino è meno perentorio nello spiegare l'atto di fede.Per tutti nel De Veritate,14,1 ad2 dove si dice che anche in chi crede resta un'area di opinabilità (opinio vehemens).In questo campo di senso la coscienza deve badare a non ammaestrarsi da sola (De Ver.11,2.2) ma anche rispettare se stessa (I-II.19.5).

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