Pagine fisse in evidenza

giovedì 31 ottobre 2013

Le stragi di cristiani non cessano. Impotenza e sgomento anche di fronte alla desistenza della Santa Sede

Riprendo da Avvenire di oggi: Siria, strage di cristiani Fosse comuni a Sadad. Riporto il testo, che non posso fare a meno di collegare con quanto segnalatoci dalla lettrice Sam sull'atteggiamento della Santa Sede, di cui parliamo a seguire.
Sono stati rinvenuti in due distinte fosse comuni i corpi di trenta civili cristiani, inclusi donne e bambini, uccisi dalle milizie islamiste in Siria nella città di Sadad. Nel complesso sono 45 i civili cristiani uccisi nella cittadina a metà strada fra Homs e Damasco. La notizia è stata data all’agenzia Fides dal Patriarcato Siro-ortodosso di Damasco.
La città di Sadad, insediamento cristiano, è stata invasa e occupata dalle milizie islamiste il 21 ottobre ed è stata riconquistata nei giorni scorsi dall’esercito regolare siriano. I rappresentanti del Patriarcato e le famiglie delle vittime, rientrati in città, vi hanno trovato, nell’orrore generale, due fosse comuni, dove hanno rinvenuto i cadaveri dei loro parenti e amici. In una atmosfera di lutto, sdegno e commozione, i funerali dei trenta cristiani sono stati celebrati dall’arcivescovo Selwanos Boutros Alnemeh, Metropolita siro-ortodosso di Homs e Hama, che ha fornito a Fides l’elenco delle vittime.

mercoledì 30 ottobre 2013

Gnocchi – Palmaro. Parole (e persino bit) che prevalgono sulla Presenza ovvero: "L'ospedale da campo dei follower"

Una magistrale lezione laica. Da tener bene a mente. Ringrazio gli Autori per il testo pubblicato da Il Foglio di oggi, ma non ancora online. Conosceremo presto il titolo redazionale. La critica non è sull'uso, ma sull'uso smodato dei mezzi di comunicazione più avanzati. E al trascurare la disambiguazione su cui dovremmo garantirci ed essere garantiti.

Non è necessario essere così vecchi per avere un’idea di che cosa fosse un Cronicon e, magari, averci anche data un’occhiata. Era il diario in cui ogni sacerdote annotava i fatti salienti della parrocchia che gli era stata affidata in cura. Alcuni brillavano come piccoli gioielli letterari, perché i vecchi preti, finito il breviario, non avevano da stare dietro alla tv, a Facebook o a Twitter. Pregavano, studiavano, leggevano e, se avevano del talento per la scrittura, lo riversavano nelle cronachette quotidiane del loro gregge. In ogni caso, ciascuno a suo modo, tramandavano memoria del memorabile, tra cui non mancavano mai di annotare quante comunioni avessero distribuito.

Oggi, invece, si fa il censimento dei follower di Twitter. Ma  una cosa è contare le comunioni di un gregge di cui si conosce pecora per pecora e un’altra cosa è contare i clic di un universo sconosciuto. Una cosa è unirsi al Corpo Mistico di Cristo cibandosi fisicamente della sua carne e del suo sangue e un’altra cosa è sentirsi parte di una community senza la necessità di mostrare il proprio corpo. 

L’enfasi sui dieci milioni di follower raggiunti su Twitter da papa Francesco non contribuisce a tenere separati i piani. Anzi, finisce per sostituire il concetto di conversione con quello di successo, l’unico che il mondo sia in grado di capire e di promuovere. I mezzi di comunicazione, che sono naturaliter mondani, non possono permettersi di trattare merce che comporti fatica come il cambiamento radicale di vita. Tutto deve essere facile e alla portata di tutti: se la chiesa cattolica vuole esserci, deve diventare un fenomeno che possa essere trattato come tutti gli altri. La pax mediatica non si estende oltre i confini e le leggi della mediasfera.

Un giovane sacerdote porta il Rito Antiquior in Croazia

Una notizia che risale al giugno scorso, che registriamo oggi: dal blog Summorum Pontificum. Un giovane sacerdote appena ordinato, il cui motto è Ut in nomine Jesu omne genu flectatur (Affinché nel nome del Signore ogni ginocchio si pieghi), ha portato il Ritus Romanus in Croazia. Ce ne vorrebbero di questi sacerdoti!

di Michele Poropat - La piccola chiesa di San Martino a Zagabria, a due passi dalla cattedrale, lo scorso 30 giugno è stata teatro di un avvenimento che non è eccessivo definire storico.

Per la prima volta in Croazia da quasi cinquant’anni a questa parte, un novello sacerdote diocesano ha celebrato la sua prima Messa nel Vetus Ordo, la forma liturgica in lingua latina promulgata nel 1962 dal Beato Giovanni XXIII, e liberalizzata dal Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI.

Il novello sacerdote si chiama Marko Tilošanec, proviene dalla Diocesi di Varaždin, nel nord-ovest della Croazia (circa 370.000 fedeli), ed è stato ordinato il 22 giugno dal vescovo locale Mons. Josip Mrzljak insieme con altri quattro diaconi. Il giorno dopo la sua ordinazione, il reverendo Tilošanec ha celebrato la sua prima Messa secondo il rito romano ordinario nel suo paese natale di Kotoriba, mentre la domenica successiva ha celebrato un’altra Prima Messa a Zagabria, questa volta nel rito tradizionale.

martedì 29 ottobre 2013

Radio Spada come nuova Editrice cattolica

Pubblico il Comunicato fatto pervenire da Radio Spada

Le Edizioni Radio Spada iniziano oggi, 27 ottobre 2013, festa liturgica di Cristo Re, la propria attività pubblica.
Questo progetto editoriale nasce dalla collaborazione di un gruppo di giovani, dall'unione polifonica di energie e sensibilità differenti per la difesa e la diffusione della comune Fede cattolica, dei princìpi e dei valori della Civiltà cristiana.
Le Edizioni si occupano di diverse tematiche: dall'apologetica all'attualità, dalla vita spirituale all'analisi storico-teologica, dalla geopolitica al revisionismo storico, dalla letteratura e le arti alla scienza e la tecnica.
Il catalogo delle Edizioni Radio Spada è caratterizzato da un mosaico di antico e novità: al recupero di testi cattolici del passato - ma ora più che mai attuali - si affiancano traduzioni in esclusiva di best-seller stranieri, nonché testi originali provenienti dalla nostra batteria di autori.
La collane che compongono l'offerta editoriale delle Edizioni Radio Spada coprono i vari ambiti della militanza culturale cattolica: la devozionale "Rosa Mystica", la letteraria "L'Osteria Volante", la teologica-apologetica-storica ecclesiastica "Tibi dabo claves", la politica, di attualità e di storia profana "La Spada dell'Arcangelo" e la tecnico-scientifica "Interroga pulchritudinem terrae".
Lo sguardo è sempre fisso all'integralità della dottrina cattolica, senza ignorare la grave decadenza e le pulsioni dissolutrici del mondo contemporaneo; la volontà è ferma nel fornire un contributo indipendente ed originale al panorama editoriale cattolico di lingua e cultura italiana.

:: Il sito delle Edizioni: http://edizioni.radiospada.org/
:: Il blog di Radio Spada: http://radiospada.org/
:: Per contatti: Piergiorgio Seveso, tel. 392 9950752

Rimini. Adorazione Eucaristica notturna di Novembre


« Fra tutte le devozioni, quella di adorare Gesù Sacramentato è la prima dopo i sacramenti, la più cara a Dio e la più utile a noi »
Sant'Alfonso Maria dè Liguori

Ogni primo venerdì del mese, presso il Priorato Madonna di Loreto di Rimini, si svolge l'adorazione notturna.

Da più di un anno si registra la presenza costante, oltre che dei tanti fedeli della FSSPX, di persone che provengono da parrocchie del circondario e si sono avvicinate alla tradizione grazie a questo momento di grazia che termina con la celebrazione della Santa Messa nel rito Romano antiquior
Per le confessioni, ci sono sempre sacerdoti disponibili.

L'appuntamento di questo mese è per 
Venerdì 1 alle ore 21

Il lato apostolico della Chiesa

Riprendo l'articolo che segue dall'ottimo blog Vigiliae Alexandrinae, sia per l'oggettivo valore dell'analisi che perché essa è un completamento di questo precedente e di quanto anche noi abbiamo già detto qui, nonché di altre nostre riflessioni, anche in riferimento al deprecabile e tuttora aperto "caso" dei Francescani dell'Immacolata.
Insieme ad altre iniziative, questo richiamarci l'un l'altro fa parte delle sinergie da rendere operanti tra chi ama vive e difende la Tradizione.

La dichiarazione rilasciata dal Vescovo di Roma all'intervistatore de la Civiltà  cattolica, letta a distanza di alcune settimane, pone ulteriori questioni particolarmente gravi e urgenti. Diceva infatti Francesco:
"... Poi ci sono questioni particolari come la liturgia secondo il Vetus Ordo. Penso che la scelta di Papa Benedetto sia stata prudenziale, legata all’aiuto ad alcune persone che hanno questa particolare sensibilità. Considero invece preoccupante il rischio di ideologizzazione del Vetus Ordo, la sua strumentalizzazione"
A suo tempo si notò giustamente da più parti che Francesco mutava radicalmente la ratio stessa del Motu proprio Summorum Pontificum. Mentre infatti Benedetto XVI aveva in mente lo sviluppo organico della tradizione liturgica oggettiva e poteva affermare che il VO non fu mai abrogato, e suggerire, seppur in maniera pericolosamente astratta, che le due forme del Rito romano avrebbero potuto arricchirsi a vicenda, Francesco riduce il Motu proprio a "scelta prudenziale" per venire misericordiosamente in "aiuto ad alcune persone che hanno questa particolare sensibilità". Pastorale è la definitività del NO perché si avvinghia all'uomo moderno, al suo autonomo divenire e alle sue esigenze, ed egualmente pastorale è la eccezionalità del VO la cui sopravvivenza si lega a una minoranza di "testardi" e di "pelagiani" che resiste alle "magnifiche sorti e progressive" del popolo in cammino. Della tradizione liturgica (e teologica) oggettiva non rimane pressoché nulla.

Impariamo dai Santi. La buona e la cattiva tristezza: come vincere la seconda

Premetto che dobbiamo innanzitutto saper distinguere la tristezza - e quella buona o cattiva - dalla critica, che non nasce dalla tristezza ma dalla consapevolezza, nell'intento di fondarci nella verità. La tristezza si può innescare anche in questo processo di discernimento che siamo costretti a fare nel nostro tempo di confusione e disorientamento; ma non  dobbiamo permetterlo, perché nessuno può toglierci la gioia del Signore Risorto. Troviamo oggi aiuto nel brano, trascritto di seguito, di San Francesco di Sales, che conosco per le note tenerissime e profonde che scrive a Giovanna di Chantal e anche alle nostre anime, alle quali parla in eterno. Le sue esortazioni ci rivelano gli inganni e ci sostengono e fortificano indicandoci i rimedi salutari nella quotidiana lotta col male che riguarda innanzitutto noi stessi. Premetto ancora che la tristezza, oltre ad avere cause umorali prossime o remote, può essere anche un segnale di allarme che ci fa capire che incontriamo qualcosa che ci è estraneo o nemico ed è umana e non va soffocata se la causa è concreta. Tuttavia, dopo averla riconosciuta e ascoltata, va superata con l'aiuto della grazia, altrimenti i suoi effetti saranno negativi per noi e per gli altri.  E, per riuscire a "mettere le ali", nutriamoci del "miele preparato dagli anziani".

Dice S. Paolo che la tristezza secondo Dio opera la penitenza per la salvezza; la tristezza del mondo, invece, opera la morte. La tristezza può essere quindi buona o cattiva: dipende dagli effetti che produce in noi.

È certo che ne fa più di cattivi che di buoni, perché di fatto i buoni effetti sono soltanto due: la misericordia e la penitenza; quelli cattivi invece sono sei: l'angoscia, la pigrizia, lo sdegno, la gelosia, l'invidia, l'impazienza. Il che ha fatto dire al Saggio: La tristezza ne uccide molti e non giova a nulla; infatti contro due soli rigagnoli buoni che zampillano dalla sorgente della tristezza, ce ne sono sei di cattivi!

lunedì 28 ottobre 2013

FINE DELLA CHIESA MILITANTE ?

Un nostro lettore ci invia questa sua riflessione. Condivide timori già espressi. Lo ospitiamo e continuiamo a vigilare e a pregare, come ha chiesto il Signore ai suoi discepoli nel Getsemani. Cerchiamo infatti di non addormentarci anche noi.
Il titolo rispecchia i suoi timori e naturalmente pone una domanda retorica che si riferisce alla Chiesa visibile.
La Chiesa, però, nel suo mistero, può essere offuscata ma non può conoscere la parola FINE, anche perché è il Signore che l'ha costituita e anche la militanza, per quanto possa risultare nascosta o difficile, le appartiene fino alla fine della storia.

In questi giorni, più che in altri momenti, mentre guido, mentre faccio la fila dal dottore o al supermercato, mi trovo a pensare alle cose della Fede. Quanto scritto sotto,  frutto di questi pensieri riportati senza autocensure,  non vuole avere nessun valore se non di riflessione per me e, spero, per qualche fratello o sorella nella Fede

Dio non voglia, ma ho la sensazione che si stia procedendo a tappe forzate alla eliminazione, “manu militari”, della parte di Chiesa che ha accompagnato l’umanità per 2000 di storia, la Chiesa Militante che per Sua natura è “Mater et Magistra”, Mater perché sempre fertile generando sempre nuovi figli  nel Battesimo e Magistra perché non ha mai lasciato soli i propri figli, educandoli, accompagnandoli in tutti i momenti della vita sia con i Sacramenti che con la Catechesi. Penso che il tutto sia cominciato con l’attacco al pontificato di Benedetto XVI costretto a dimettersi chissà con quale violenza.  Poi passo dopo passo, con l’aiuto dei mass-media e dei “benpensanti cattolici” si sta distruggendo, anche sulla carta, quello che già si stava distruggendo nella pratica quotidiana. “Manu militari”, dicevo, perché le varie vicende di questi giorni, mettono in luce la volontà di non permettere nessuna opposizione al piano di  distruzione.

domenica 27 ottobre 2013

Enrico Maria Radaelli. Fondamentali puntualizzazioni per un «dialogo» tuttora negato

Oggi è la Festa di Cristo Re. Memoramini
Oggi riporto, per condividere, alcuni sottotitoli del II Capitolo del libro di E.M. Radaelli «Il domani – terribile o radioso? – del dogma», edizione pro manuscripto – Aurea Domus, Milano 2013. [vedi]

Ritengo lo studio di grande spessore e quindi un contributo ineludibile al nostro percorso di consapevolezza e di responsabile impegno.

Richiamo la vostra attenzione sul fatto che, per completare e arricchire la consultazione, l'ho completata col 'valore aggiunto' dei link ad alcuni documenti, testi o anche analisi - alle quali questo blog ha già dedicato spazio e interesse - sull'esame dei punti controversi che vi sono citati. 

45. I due poli: « rottura della continuità » e « riforma nella continuità »,
sono entrambi novatori e sono entrambi in errore.

I novatori che – come sottolinea de Mattei in Il concilio Vaticano II. Una storia mai scritta – erano attivi nella Chiesa fin dai tempi di Pio XII: teologi, vescovi e cardinali della Nouvelle Théologie come Alfrink col suo perito Schillebeeckx, Bea, Câmara, Chenu, Carlo Colombo, Congar, De Lubac, Döpfner, Frings col suo perito, Ratzinger; Garrone col suo, Daniélou; König con i suoi, Küng e Rahner; Lercaro, Liénart, Maximos IV, Montini-Paolo VI, Suenens, Tisserant, e, quasi gruppo a sé, i tre maggiorenti della cosiddetta (e potente) Scuola di Bologna: ieri Dossetti e Alberigo, oggi Melloni, nello svolgimento del Vaticano II e nei seguenti cinquant’anni hanno cavalcato la rottura con le detestate dottrine pregresse, appoggiandosi al presupposto della solenne e straordinaria adunanza e scambiando con tale solennità quel valore dogmatico che il concilio aveva escluso in partenza. Ne deriva che, tranne Bologna, dichiaratasi subito per la rottura tout court, gli altri novatori compirono de facto un’opera di rottura e di discontinuità proclamando de voce saldezza e continuità.

sabato 26 ottobre 2013

Qualche impressione del pellegrinaggio Summorum Pontificum (aggiornamento)

Alcune rapide impressioni dal pellegrinaggio Summorum Pontificum.


Venerdì 25: nella parrocchia romana della Santissima Trinità dei Pellegrini, mons. Schneider, vescovo ausiliare di Astanà in Kazakhstan, celebra la Messa Pontificale in rito tradizionale in latino, ricordando nell'omelia l'infinito valore dell'Eucarestia e le testimonianze di alcuni sacerdoti martiri nei GULag stalinisti.


Processione dei pellegrini di fronte alla Basilica di San Pietro. Che entusiasmo accedere ordinatamente in San Pietro cantando il Christus Vincit e altri canti in latino, tra lo stupore degli astanti e la percepibile armonia che c'era tra quei canti e la maestosità della Basilica.


Sabato 26: altare della Cattedra, Messa Pontificale in rito tradizionale in latino celebrata dal card. Castrillòn Hoyos.

Il momento più interessante è stato durante l'omelia del cardinale Castrillòn Hoyos, quando questi si è idealmente rivolto a papa Francesco ricordandogli filialmente che «non siamo soli», che siamo «sotto il suo sguardo», e che celebriamo questa liturgia che ha sostenuto migliaia di santi lungo tantissimi secoli.

Il testo esatto delle parole del cardinale è di indubbia diplomazia ecclesiastica, ma quel modo con cui si è rivolto personalmente a papa Francesco (che non era presente) faceva avvertire concretamente la sua preoccupazione per l'assurdo ostracismo che vige nella Chiesa ancor oggi contro i sempre più numerosi fedeli legati al quel rito "mai abolito".

Altri amici mi hanno confermato la stessa impressione. Il che ci faceva riflettere sulla differenza tra la comunicazione "scritta" (in cui "parlano" solo le parole riportate) e la comunicazione "non scritta" (in cui il dare una particolare enfasi anche solo ad una singola espressione può cambiare molto il senso del discorso rispetto alla sua esatta trascrizione, come ad esempio il fatto che il cardinale abbia alzato il tono di voce nel rivolgersi accoratamente al Papa).

Domenica 27: chiesa di santa Maria sopra Minerva, Messa Pontificale in rito tradizionale in latino celebrata da mons. Rifan, amministratore apostolico di Campos. Nell'altare riposano le spoglie di santa Caterina da Siena:


Nell'omelia mons.Rifan pure si è rivolto al Papa dicendo che anche noi fedeli legati alla liturgia tradizionale in latino siamo cattolici. Ed ha ricordato che proprio in questa forma liturgica sono chiarissime le verità di fede, specialmente per quanto riguarda la presenza reale e la transustanziazione. Perciò è una forma liturgica assolutamente adatta alla Nuova Evangelizzazione.

'Perle' del nostro percorso offerte dai lettori: cosa rischiamo di perdere e ci impegnamo a recuperare


Un intervento del nostro lettore Silente, da estrarre e da incorniciare. Se vogliamo essere seri e non pressappochisti.
Orecchie sagge sanno estrarre dalla lamentela più complessa l'effettiva necessità che l'ha fatta sgorgare. La virtù del santo è non solo nel saper ascoltare il lamentoso ma anche nel saper dare un nome preciso al problema e descrivere la soluzione in modo comprensibile.
La raccomandazione spirituale del lamentarsi il meno possibile è in realtà un incoraggiamento ad allenarsi ad osservare, comprendere, capire tutti i fattori della realtà, non ad astenersi dal farlo. Dunque se il lamentarsi il meno possibile ha un senso, diverso è l'invito (o la pressione) ad astenersi da critiche sacrosante, che servirebbe solo a favorire il perpetuarsi degli errori e delle crisi che, se ben affrontate, sono invece opportunità di crescita per tutti. Ovvio che non ci si può limitare alle critiche, ma si deve anche proporre, contribuendo alla pars construens. E quante ricchezze delle nostra fede abbiamo da proporre e proponiamo! Ma perché si guarda solo alle critiche?

La crisi della Chiesa è un dato di fatto, innegabile e concreto. Non la lamentosa invenzione di "tradizionalisti tristi". Molte sono le cause, spesso ben evidenziate qui, ma riconducibili a tre "eclissi" principali:
  1. la perdita della metafisica, intesa quale contemplazione e comprensione, per quanto ci è umanamente possibile, del Sacro, dell'ontologia divina, dell'Essere immutabile ed eterno. È il ripudio della metafisica greca, di Parmenide, di Platone, di Aristotile, di Plotino. http://vigiliaealexandrinae.blogspot.it/2013/10/la-linea-rossa-del-professor-borghesi.html il ripudio della Patristica che, da Giustino a Boezio ad Agostino, su quella metafisica costruì l'edificio della filosofia cristiana. E, ovviamente, il ripudio di San Tommaso e della Scolastica;
  2. la perdita della Dottrina, intesa anche come deontologia, "dover essere", ortodossia e ortoprassi. La poco informata e greve ironia di Socci, che contrappone il Denzinger al Vangelo, ne è un significativo esempio. Si rifiuta la Dottrina, ordinata, organica e gerarchica, in nome di una prassi ateoretica, confusa e non ordinata perché non fondata sulla Tradizione e sulla Rivelazione. È il rifiuto dello "jus", romano e cattolico, giusto e ordinatore, in nome di soggettivistico "sentire" meramente esperienziale che però "ci fa stare bene";
  3. la perdita della Bellezza, cioè la negazione dell'intima, metafisica, consustanziale identità di Bello, di Vero e di Buono. È il trionfo della sciatteria, della volgarità, della scompostezza. L'affiorare, quasi per inconsapevole operazione sciamanica, di pulsioni e substrati inferi. È la "perdita del centro" denunciata da Hans Sedlmayr.
Ciò che rimane è quello che vediamo: carità senza Verità, amore senza Dottrina, compassione senza Giustizia. Una Chiesa che, rifiutata l'eredità greco-romana, la Tradizione e la Missione, si perde nel deserto di un confuso, sterile e nichilistico profetismo. Una Chiesa orizzontale, Croce privata del braccio verticale della Trascendenza, intrisa della retorica vacua dell' "esperienza", dell' "incontro", obbediente a un buonismo che la riduce a ente assistenziale, che confonde la Carità con la Caritas, afflitta da convulsioni democratiche, egualitaristiche ed ecologiste, che rischia di operare, sul piano politico e sociale, un incomprensibile tradimento delle nostre radici storiche, culturali, comunitarie; che nega il valore delle nostre identità e della nostra memoria.
Non è una Chiesa "buona" questa. Non confondiamo certi sghignazzi, giocondi e beoti, con il dolce e al contempo severo sorriso di Cristo. (Silente)

venerdì 25 ottobre 2013

Il Parlamento europeo respinge le rivendicazioni LGBTI

Da Corrispondenza Romana, riprendiamo l'articolo che riporto di seguito, che ci mette al corrente sul rinvio, da parte del Parlamento europeo, di una risoluzione riguardante l'ideologia del genere, la cui analisi ci offre l'opportunità di verificare il compendio dei nuovi "diritti umani" rivendicati e, come ben evidenzia l'autore: da un lato, smaschera il piano strategico globale del movimento omosessualista e dall’altro fornisce un quadro, tanto nitido quanto allarmante, delle odierne rivendicazioni dell’ ideologia distruttrice LGBTI.
Il problema è che gli smascheramenti ormai ci sono a vari livelli; ma - come al solito nella prassi nella quale prevale la vulgata e l'ideologia dominante - accade quel che non si vorrebbe né dovrebbe: nei programmi scolastici la nuova cultura viene già promossa, mentre tutte le forme di intrattenimento o di informazione, che diventa formazione, sono strutturate sui nuovi "modelli" aberranti e lanciano messaggi che non possono non incunearsi nelle coscienze, specialmente in quelle non ancora strutturate soprattutto giovanili.
Vi ricordo che il 12 ottobre scorso si sono svolte, in diverse città d’Italia, [le abbiamo richiamate qui] varie manifestazioni delle “sentinelle in piedi”: coloro che ora protestano contro il ddl Scalfarotto, ovvero difendono il buon senso.  Le sentinelle hanno un loro modo di manifestare, consistente nello stare in piedi, tutti rivolti verso un’unica direzione, come fanno appunto i guardiani; si tratta di una manifestazione del tutto pacifica, silenziosa e incruenta.
Qui una testimonianza da Milano su Campari & De Maistre.

giovedì 24 ottobre 2013

Se non è magistero, perché non se ne può parlare?

Molti lettori mi chiedono cosa ne penso dell'ultima esternazione di Socci su Il Foglio di oggi.
Esternazioni come questa un mio amico - e condivido - le chiama 'super-cazzole'. A partire dall'incipit, Socci sventaglia pubblicamente una serie di equilibrismi, facendo l'esegesi di Bergoglio attraverso ampie citazioni di Paolo VI e De Lubac.

Viviamo un tempo in cui chi dice la verità viene accusato di calunniare, le normali e sacrosante critiche sono diventate attacchi e c'è persino chi si permette di disseminare le proprie perle di sapienza apostrofando questo blog con gli epiteti più infamanti. Poi ci sono penne illustri, quanto meno perché si cimentano da anni, che possono fare delle disquisizioni, più esattamente definite dal mio amico, che da certe penne o tastiere non ci si sarebbero mai aspettate.

Non si capisce dunque come un cristiano, per di più un cattolico - anche se il termine comincia a diventare obsoleto -, non riesca ad andare oltre i luoghi comuni o quanto meno non ci si spiega come possa farli propri e addirittura servirsene per tuonare contro altri cristiani. E non si capisce nemmeno come questa fauna di coristi monocordi sia in aumento esponenziale.

Tornando a Socci, mi pare che quando ha affermato sue "opinioni", peraltro documentate e condivisibili, tipo il testo sul segreto di Fatima, anche Socci lo abbia fatto con vigore. Ma mi pare anche che questo vigore impegnato serio e documentato, nessuno si sia permesso di definirlo come si permette di fare lui nei confronti di due autori seri e non privi di argomenti ben lungi da essere opinioni personali, ma vere e proprie testimonianze del vero sentire cum Ecclesia. Resta da stabilire cosa qualcuno sta facendo diventare questo 'sentire', trasformato in cangiante sentimentalismo, piuttosto che conoscenza saporosa e sapiente che accende il sentimento e la volontà. E resta da capire lo strano fenomeno dei coristi monocordi in aumento esponenziale.

Quel che è certo è che stanno riuscendo a dividerci fra noi. Non dovremmo permetterlo. Preghiera, dominio di sé e purificazione delle motivazioni più profonde...

Dichiarazione del Comitato internazionale di collegamento ebraico-cattolico. Note critiche

Campari & De Maistre pubblica l'articolo che riporto di seguito, grata per la segnalazione, che ci mette al corrente dell'evolversi della situazione sul fronte del Dialogo ebraico-cristiano. È stato prodotto nei giorni scorsi un Documento riportato dall'Osservatore Romano leggibile qui.
La questione è da seguire con attenzione, perché contiene risvolti che influiscono e influiranno sempre più pesantemente non soltanto in ambito ecclesiale, ma investono anche la cultura, la società e la politica. Essa richiede la nostra attenzione perché non passino sulle nostre teste decisioni che stanno prendendo direzioni divergenti persino da alcune discusse e discutibili linee conciliari. Concordo con le considerazioni dell'Autore.
Inserisco, in fondo, i link ai testi presenti sul blog, frutto di una riflessione in itinere, che completa e integra il quadro e mi riservo di esprimere ulteriori approfondimenti al riguardo dopo una lettura più meditata del documento.

Sull’Osservatore Romano del 19 ottobre 2013, a pagina 6, è stata pubblicata integralmente la Dichiarazione congiunta del “foro ufficiale per il dialogo permanente tra la Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo della Santa Sede e il Comitato ebraico per le consultazioni interreligiose”. La Dichiarazione, che si aggiunge a molti altri documenti dello stesso tenore, è stata redatta all’interno del ventiduesimo incontro del Comitato ebraico-cattolico, svoltosi a Madrid dal 13 al 16 ottobre 2013 e “ospitato dalla Conferenza episcopale spagnola e dalla Federazione delle comunità ebraiche in Spagna”. L’incontro ha avuto due presidenti, il cardinal Kurt Koch, prefetto per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso, per la parte cattolica, e la signora Betty Ehrenberg, per la parte ebraica. Come si vede non si tratta di incontri fra privati delle due religioni, ma di rappresentanti, specie da parte cattolica, investiti della più alta autorità. Se si trattasse di incontri tra fedeli delle due diverse religioni, la cosa sarebbe forse da tralasciare, ma essendo implicata l’autorità morale della Chiesa, non è possibile far finta di nulla e volgere lo sguardo da un’altra parte. Il fedele cattolico maturo deve possedere quel senso critico che gli permetta di valutare dell’opportunità e della coerenza di iniziative pastorali in sé né indiscutibili, né indiscusse. Se le autorità ecclesiastiche volessero impedirci queste valutazioni critiche, esse ci starebbero richiedendo un’obbedienza cieca, che proprio dal Concilio in poi viene vista come sbagliata, inutile e infantile. Lo stesso Codice di Diritto canonico (1983) autorizza il fedele a porre delle questioni ai propri pastori, cercando di capire meglio il senso di alcune iniziative e contribuendo così al chiarimento e alla migliore comprensione della vita della Chiesa. Il canone 212 § 3 recita: “In rapporto alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi [i fedeli] hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l’integrità della fede e dei costumi, e il rispetto verso i Pastori”.

mercoledì 23 ottobre 2013

Divorziati risposati. Müller scrive, Francesco detta

Così titola Sandro Magister il suo articolo odierno, nel quale illustra un Documento pubblicato da L'Osservatore Romano in sette lingue, che sostanzialmente appare la replica di Roma - nella persona dell'arcivescovo Gerhard Ludwig Müller, prefetto della dottrina della fede - all'"apertura" di Friburgo. Un documento che riconferma il no alla comunione e fa chiarezza su "coscienza" e "misericordia", gela le aspettative di cambiamento e rimette in campo una "ipotesi Ratzinger".
"Attraverso quello che oggettivamente suona come un falso richiamo alla misericordia si incorre nel rischio della banalizzazione dell’immagine stessa di Dio, secondo la quale Dio non potrebbe far altro che perdonare. Al mistero di Dio appartengono, oltre alla misericordia, anche la santità e la giustizia; se si nascondono questi attributi di Dio e non si prende sul serio la realtà del peccato, non si può nemmeno mediare alle persone la sua misericordia.
"Gesù ha incontrato la donna adultera con grande compassione, ma le ha anche detto: 'Va’, e non peccare più' (Giovanni 8, 11). La misericordia di Dio non è una dispensa dai comandamenti di Dio e dalle istruzioni della Chiesa; anzi, essa concede la forza della grazia per la loro piena realizzazione, per il rialzarsi dopo la caduta e per una vita di perfezione a immagine del Padre celeste". [...]
Il documento è complesso e articolato. Da una prima analisi si può trarre una nota positiva dopo tanta confusione. Lo esamineremo con più accuratezza e, soprattutto, vedremo l'impatto nella prassi.

A Rimini dal 25 al 27 ottobre, il 21° Convegno di Studi Cattolici


Si svolgerà da venerdì a domenica prossimi, nella consueta cornice dell'Hotel Carlton, in Viale Regina Margherita, 6, a Marebello di Rimini, il 21° Convegno di Studi Cattolici organizzato dalla Fraternità Sacerdotale San Pio X, in collaborazione con la rivista “La Tradizione Cattolica”.
Titolo scelto per questa edizione sarà:
Dalla rivoluzione al disordine perpetuo:
il mondo uscito dal crogiuolo gnostico
”.

Se potessimo imparare dalla storia

La nascita dell'Anglicanesimo in Inghilterra non fu immediatamente conseguente allo scisma del re. Vennero apportate modifiche in campo religioso che tuttavia all'inizio non destarono reazioni nei fedeli inglesi, rassicurati dal fatto che la fede professata nelle loro parrocchie continuava ad essere quella ricevuta dai loro Padri non essendo intervenuta alcuna separazione dalla dottrina romana.

Solo dopo la morte di Enrico VIII, l'arcivescovo di Canterbury, Thomas Cranmer, mise in atto un piano di smantellamento del cattolicesimo inglese, attuato attraverso l'abolizione di cerimonie, processioni, devozioni e la distruzione di immagini, reliquie e ogni segno di Romanità. Lo sfregio più serio fu subito dalla Santa Messa, sostituita dal Servizio di comunione protestante imposto in due tappe: 1549 e 1552.

Conseguentemente il Book of Common prayer (Libro delle preghiere comuni), basato sulla teologia protestante anche se conservava i pezzi dell'antico edificio cattolico sostituì i testi liturgici latini: Messale, breviario, rituale e pontificale. La fedeltà non tanto al Papa quanto alla Santa Messa suscitò una resistenza armata nota come l’“insurrezione occidentale” (the western rising), che costò la vita a circa 5000 martiri per la fede.

Così si esprime Michael Davies in Cambiare il rito per cambiare la fede :
«In una opera in difesa della bolla di Papa Leone XIII “Apostolicae curae”, che dichiarava invalide le ordinazioni anglicane, i vescovi cattolici inglesi mettono giustamente l'accento sulle omissioni del Prayer Book riguardo alla santa cena. L'abbiamo ripetutamente ricordato: nel nuovo rito anglicano della messa, quello del Prayer book del 1549, non troveremo affermate delle eresie, ma omesse verità di fede essenziali. Le omissioni, il “taciuto”, in liturgia è sempre grave, perché rinunciare ad affermare con completezza e chiarezza tutte le verità di fede implicate, può portare a un vuoto di dottrina nei sacerdoti e nei fedeli che nel futuro apre il campo all'eresia: in parole semplici oggi sei cattolico con una messa eccessivamente semplificata, domani senza saperlo ti ritrovi protestante perché la forma della tua preghiera non ha nutrito più la tua fede. Ecco cosa dicono i vescovi cattolici inglesi: “Per dire le cose brevemente, se si compara il primo Prayer Book di Edoardo VI con il messale (cattolico), vi si scoprono sedici omissioni, il cui scopo era evidentemente quello di eliminare l’idea di sacrificio” (Il Cardinale arcivescovo e i Vescovi della provincia di Westminster, A Vindication of the Bull Apostolicae Curae, Londra 1898, p. 154)».

Ebbene, oggi gli Anglicani, rientrati nella Chiesa cattolica per effetto della Costituzione Apostolica Anglicanorum Coetibus, secondo la quale «l’Ordinariato ha la facoltà di celebrare l’Eucaristia e gli altri Sacramenti, la Liturgia delle Ore e le altre azioni liturgiche secondo i libri liturgici propri della tradizione anglicana approvati dalla Santa Sede, in modo da mantenere vive all’interno della Chiesa Cattolica le tradizioni spirituali, liturgiche e pastorali della Comunione Anglicana, quale dono prezioso per alimentare la fede dei suoi membri e ricchezza da condividere».
Alla faccia delle migliaia di martiri morti in conseguenza dello scisma per difendere ricchezze liturgiche (e la fede che custodiscono) ben più consistenti. Sono indicate qui le principali caratteristiche del rito romano-anglicano, peraltro paradossalmente più "tradizionale" del Novus Ordo Missae.

Dunque siamo arrivati all'assurdo: gli Anglicani sono cattolici pur conservando il loro rito bastardo - sia pure rivisto - accolto e considerato "ricchezza da condividere", mentre i cattolici vengono de facto limitati quando non privati  (con un anomalo de iure: vedi caso FI) della libertà di conservare il Rito Romano Antiquus "mai abrogato" sancita dal Motu proprio Summorum pontificum.
[Qui una riflessione di Mons. Gherardini: "Conversione o trasloco?"]

Papa Francesco : dove sono le telecamere?

Sul blog francese Boulevard Voltaire si chiedono quale sarà il «prezzo teologico e morale» che si dovrà pagare per il favore dei media che Bergoglio non cessa di compiacere. Del resto il modernismo è accondiscendenza al mondo, rovina dei dogmi e delle forme liturgiche. Ne è riprova la costante demonizzazione di Benedetto XVI ogni volta che ha cercato di restaurare il dogma cattolico e il senso del sacro. [Traduzione a cura di Chiesa e post concilio]

I cattolici hanno di che gioire o preoccuparsi? I media dominanti sono tappezzati di elogi del nuovo papa. Le Monde di Ottobre del 6/7 ottobre lo fa col suo « stato di grazia ». Le Monde dell'8 ottobre saluta il « grande comunicatore » che fa la sua « perestroika » (mio Dio!). Accoglie con favore la sua spettacolare visita a Lampedusa, la denuncia della « globalizzazione dell'indifferenza » e il suo interrogativo : « Chi sono io per giudicare un omosessuale? ».

Il giornale dei Pigasse, Niel e altri Bergé [1] non ci aveva certo abituati a un tale diluvio di complimenti!

A contrario, il discorso di Ratisbona del luminoso Benedetto XVI, il suo viaggio in Africa dove ha richiamato gli standard morali della Chiesa cattolica e la sua apertura alla tradizione gli avevano guadagnato una serie di campagne di demonizzazione.

Anche prima di entrare in conclave, il cardinale Ratzinger è stato nominato dai media di regime come una minaccia. A contrario, a Papa Francesco è stato assegnato un grande supporto multimediale appena eletto.

martedì 22 ottobre 2013

ETIAM SI OMNES, EGO NON

(1Pt 5, 8-9) cui resistite fortes in fide:
scientes eamdem passionem ei quae in mundo est vestrae fraternitati fieri
 
Resistetegli saldi nella fede,
sapendo che i vostri fratelli sparsi per il mondo subiscono le stesse sofferenze di voi

Rispondo ad un lettore, su una questione molto dibattuta in diverse agorà non solo mediatiche e ne approfitto per fare il punto della situazione.
Scrive Quesito 20 ottobre 22:33
Mic, ho letto qualcuno che diceva che secoli fa nessuno sapeva quello che diceva il Papa, non ne conoscevano neppure l'immagine. La fonte della loro fede era la tradizione che avevano ricevuto, sostanzialmente la Rivelazione.
Non è giusto far diventare Francesco la causa della rovina della chiesa che invece viene da lontano.
Invece di discutere sempre su quello che dice il papa come la causa della rovina definitiva della Chiesa, perchè non preoccuparsi di vivere come cattolici?
Che in altre epoche la figura del papa non fosse così popolare e incidente direttamente sui fedeli deriva dal fatto, lapalissiano, che non c'erano le tecnologie che rendono gli eventi e le relative informazioni accessibili in tempo reale. Le modalità comunicative, tempi e ritmi di vita diversi hanno i loro effetti.

Le tecnologie ci consentono un'immediatezza di impatto e di reazione che prima non c'era. A tutto scapito peraltro dell'assimilazione e dell'approfondimento: per questo oggi occorre rifuggire la superficialità, la banalizzazione e il pressappochismo imperanti e darsi il tempo della riflessione nonché quello dell'adorazione e dello studio amoroso, perché ci sia assimilazione. È questo che caratterizza il credente e lo rinsalda nel suo radicarsi sempre ulteriore. E poi c'è il confronto e la condivisione, che possono implicare anche l'espressione di critiche, magari scomode e spesso sofferte ma mai fine a se stesse. Critiche che hanno la loro legittimità innanzitutto nel non essere rivolte a pronunce magisteriali e in secondo luogo nell'investire questioni basilari per la custodia della fede esaminate alla luce del Magistero perenne (che, una volta per tutte, non è solo quello pre-conciliare, sia pure cum grano salis riguardo a quello post-concilio).

24-27 Ottobre. Tutti a Roma. Peregrinatio 'Summorum Pontificum' ad Petri Sedem

Estraggo dall'ultima Lettera di Paix Liturgique.

Per testimoniare la nostra fede cattolica, apostolica e romana; per pregare ad Petri sedem, cum Petro et sub Petro; per uscire dalla periferia pastorale dove alcuni ecclesiastici vogliono ancora confinarci e condividere il tesoro troppo a lungo nascosto della liturgia tradizionale con chi non lo conosce ancora; per partecipare con la sempiterna gioventù della messa gregoriana all'opera della nuova evangelizzazione; per amore per Gesù Cristo, crocefisso e risorto.

Ecco alcuni dei motivi per i quali riteniamo doveroso partecipare, almeno spiritualmente, al pellegrinaggio del popolo Summorum Pontificum che si svolge a Roma da giovedì a domenica venturi. Vi proponiamo questa settimana le ultime notizie del pellegrinaggio: la bella intervista alla Gazzetta del Mezzogiorno dal sostituto procuratore Capoccia, delegato generale del pellegrinaggio, il messaggio di Sua Eminenza Reverendissima, il cardinale Burke, ai pellegrini, e infine il programma completo degli eventi.

lunedì 21 ottobre 2013

Il nominalismo del 'vescovo di Roma' e la tragedia della fede

Sulla discussa recente omelia di Santa Marta e quel che la precede, riprendo questa interessante riflessione dal blog Vigiliae Alexandrinae

Uno dei passaggi più difficoltosi dell'intervista rilasciata da papa Francesco a Eugenio Scalfari e apparsa su la Repubblica il primo di ottobre riguarda l'affermazione della autonomia della coscienza:
Santità, esiste una visione del Bene unica? E chi la stabilisce?
«Ciascuno di noi ha una sua visione del Bene e anche del Male. Noi dobbiamo incitarlo a procedere verso quello che lui pensa sia il Bene».
Lei, Santità, l’aveva già scritto nella lettera che mi indirizzò. La coscienza è autonoma, aveva detto, e ciascuno deve obbedire alla propria coscienza. Penso che quello sia uno dei passaggi più coraggiosi detti da un Papa.
«E qui lo ripeto. Ciascuno ha una sua idea del Bene e del Male e deve scegliere di seguire il Bene e combattere il Male come lui li concepisce. Basterebbe questo per migliorare il mondo».
Queste affermazioni la cui mera enunciazione sembra contraddire il magistero precedente dei Sommi Pontefici, trovano il loro sistema nell'omelia di Santa Marta del 17 ottobre. In essa si sottolineano due aspetti:

Spigolature. Spiritualità monastica

Un blog da conoscere dal titolo emblematico: Canone Occidentale. Un angolo di rete in cui incontrare perle di sapienza e di cultura, quella che edifica la persona. 
Oggi propongo questo testo che apre uno spiraglio significativo su una delle componenti della spiritualità cristiana che non appartengono solo ad un remoto passato, ma che fanno parte anche dell'oggi e che possiamo riscoprire e contribuire a mantener vive e operanti persino nel nostro quotidiano, nella forma di atteggiamenti che si traducono nello specifico «in preghiera, studio, amore per la propria vocazione». Il resto è conseguente, perché è la grazia che opera.

Come riassumere in poche righe due millenni di storia? Come lasciare intravvedere il fondo delle proprie motivazioni personali?

La spiritualità monastica è semplice e molto complessa al tempo stesso. Rimanendo all’interno della tradizione cristiana, che è quella che mi interessa, la spiritualità monastica affonda le proprie radici nella primissima comunità cristiana formatasi a Gerusalemme attorno a Maria e agli apostoli. Si tratta di un modo radicale e comunitario di vivere il messaggio di Cristo. In Egitto e in Palestina abbiamo notizie sin dai primi secoli di eremiti e di comunità (cenobi) menanti una vita di rinunce e mortificazione, di preghiera (specialmente i Salmi, che venivano appresi a memoria anche dagli analfabeti e recitati ad ore fisse) e digiuno in vista del Regno dei Cieli.

Nelle Vite e detti dai padri del deserto conosciamo numerose figure di uomini santi, ritirati nel deserto per decenni, ne apprendiamo gli insegnamenti e le azioni miracolose, assistiamo alla loro lotta col maligno e alla vittoria dello spirito sulla carne. Per quanto affascinanti, queste prime comunità recano l’impronta del carattere particolare di ciascuno di quei santi uomini. In parte le cose si evolvono con san Pacomio, in parte hanno uno sviluppo nel monachesimo orientale con san Basilio di Cesarea, nel quarto secolo. Ancora oggi il monachesimo orientale segue una regola ispirata a san Basilio, il quale fa parte anche delle fonti ispiratrici della Regola occidentale per antonomasia, quella di san Benedetto.

domenica 20 ottobre 2013

Maurizio Blondet. C'è un doppio Bergoglio?

stralcio dall'articolo odierno di Maurizio Blondet.


[...] Hanno mancato di rispetto al Papa? Ma loro sono convinti che è monsignor Bergoglio a mancare di rispetto al papa – alla sua funzione e dignità – con le sue chiacchierate a ruota libera, che fa come persona privata, e ben diffuse dai media subito dopo. 

Ma mettiamo che Palmaro e Gnocchi sbaglino (cosa che in base alla sua enunciazione, non si può asserire mai: «Chi sono io per..?» eccetera). Lei fa della Chiesa un ospedale da campo; lei esprime continua comprensione per gli omosessuali, le donne abortenti eccetera. Lei ha detto: «Dio nella creazione ci ha resi liberi: l’ingerenza spirituale nella vita personale non è possibile». Non ci sarebbe misericordia e «accoglienza» anche per questi erranti, sicuramente feriti (più di quanto immagina) da mezzo secolo di orrori liturgici, abusi martiniani (applauditissimi), e chitarrine alla presenza del Cristo Eucaristico?

E invece Ella usa due pesi e due misure (com’è logica conseguenza del relativismo): massima «comprensione» per i peccatori progressisti, brutale repressione per quelli conservatori. È esattamente la stessa cosa che faceva il cardinal Carlo Maria Martini-Cavour (era della famiglia): tutto comprensione, benevolenza e umiltà verso i radical-chic (per questo lo adoravano: non poneva loro alcuna esigenza) e gli atei da cui diceva di aver solo da imparare (perciò fondò la «cattedra dei non credenti»), aperto ad ogni rottura (dalle coppie gay alle donne-prete), dialogante e tollerante, tutto accuse al vecchio autoritarismo della Chiesa... e sottoponeva a processi canonici i laici con le cui idee non andava d’accordo. Processi canonici segreti, come ai tempi dell’Inquisizione spagnola: egli lo intentò ai giornalisti de Il Sabato, settimanale cattolico vicino a CL, nel 1988 (2). Quando gli faceva comodo, gettava il progressismo e la tolleranza che sfoggiava nei salotti di Repubblica, e faceva pesare l’autorità di principe della Chiesa (che contestava e derideva nel Papa), usando tutti i vecchi arnesi della repressione controriformista, ma di nascosto. Due pesi e due misure: lungi dal produrre tolleranza per tutte le idee, il relativismo si manifesta come intolleranza di parte. 

E questo mi porterebbe ad affrontare la spiccia brutalità con cui papa Francesco – mentre incitava Scalfari a «procedere a quello che lui pensa il Bene» in piena libertà di coscienza – ha trattato i Francescani dell’Immacolata, destituendone il fondatore senza mai ascoltarlo e vietando ai membri la celebrazione della Messa in latino consentita da Benedetto XVI, senza spiegazione alcuna. Qui, niente libertà di coscienza; qui, solo mano pesante verso un gregge che si sa docile, perché tenuto all’obbedienza.

Ora c'è anche il seguito.

Bergoglio, una questione forse dirimente

I Francescani dell’Immacolata sono (erano) l’ordine religioso più giovane e il solo, di questi tempi, con vocazioni in tumultuosa crescita: dicono 700 tra frati e suore, tutti giovani. Il motivo, l’adozione più rigorosa della povertà francescana e la liturgia antica. Nel luglio, papa Bergoglio ha firmato un Decreto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata, col quale: destituisce il fondatore ottantenne di questo ordine; vieta loro in perpetuo la celebrazione della Messa in latino; sottopone l’ordine a commissariamento, imponendo per sfregio ulteriore che sia l’ordine (poverissimo) a provvedere al «rimborso delle spese sostenute dal Commissario e dai collaboratori da lui nominati» oltre «un onorario per il loro servizio»: come si fa, nel diritto fallimentare, per una ditta sottoposta ad amministrazione controllata.

Il modo della destituzione del fondatore, padre Manelli, fa pensare che lo si accusi di gravissimi delitti, disonorevoli. Quali? Non si sa. Il decreto non contiene alcuna motivazione «che riguardi propriamente né la fede, né la morale, né la disciplina», secondo De Mattei, Palmaro ed altri firmatari di una protesta. Il vaticanista Tornielli allude invece a un questionario sottoposto a frati e suore con voti perpetui dal visitatore apostolico, e in cui il 61% hanno criticato «lo stile di governo» di padre Manellli, e il 64% «hanno problemi» con la decisione di p. Manelli di estendere a tutto l’Istituto l’uso della messa antica. Tornielli dice anche che «la messa antica nelle chiese officiate dai Francescani dell’Immacolata continua a essere autorizzata là dove vi siano gruppi stabili di fedeli che la seguono, come previsto dal motu proprio «Summorum Pontificum» di Benedetto XVI.

Non mi attento ad entrare in una situazione per cui non ho dati. Dico solo: fortuna che non si sottoponevano questionari ai frati minori nel XIII secolo, subito dopo la morte di San Francesco (quello vero), quando già emerse la frattura fra spirituali e conventuali. Ed anche: come sarebbe interessante un sondaggio del genere sul grado di soddisfazione delle famiglie neo-catecumenali per i loro coloriti fondatori Kiko & Carmen, e lo «stile di governo» – dicono alquanto pesante sui sottoposti, schiacciati da delazioni interne e confessioni pubbliche – dei suddetti fondatori. Ma niente, i neocat sono «progressisti», la loro fanta-liturgia è «moderna», e inoltre in Israele ballonzolano coi Lubawitcher attorno alla Torah... senza contare che danno molto soldi ai vescovi locali, il che li rende specialmente ben accetti quando occupano le parrocchie.

Resta il sentimento che, in quelli dell’Immacolata, sia stata proprio la messa in latino che si sia voluto stroncare, e approfittando di un sondaggio e di un questionario, sia stato abolito il Motu Proprio di Benedetto, che – ricordiamolo – non sottoponeva quella messa ad alcuna «autorizzazione» dei superiori. Qui invece, essa viene normalmente vietata, e concessa per eccezione, su autorizzazione.

Si è fatta gravare l’accusa di scarso «sensus ecclesiae» per i francescani celesti. Perché, era superiore il «sensus ecclesiae» di don Gallo? Eppure il suo funerale è stato celebrato dal vescovo nonché presidente della CEI, che in quello ha distribuito Comunioni a un noto travestito mai confessato né penitente. E siamo proprio sicuri sul «sensus eccleasiae» dei neocatecumenali, e di certi altri movimenti carismatici confluenti nel protestantesimo dello Spirito? E di Vito Mancuso? Se il Papa vuole, c’è pronta una lunga lista di personalità e movimenti di cui vorremmo chiedere «alli superiori» di misurare il «sensus ecclesiae», onde regolarsi. Ma temiamo di sapere già la risposta: sbuffi spazientiti. «Rieccoli, questi che accusano tutti gli altri di eresia! Questi che si attaccano a parole! Questi eticisti moralisti ma senza bontà». E nessuna risposta, non la meritiamo perché siam quelli che vogliono «la chiesa chiusa» e tenersi «la chiave in tasca». Dunque privi di «Sensus Ecclesiae», va da sé.

Ma non potreste, di grazia, definire che cos’è il «sensus ecclesiae»? Altri sbuffi di impazienza ed esasperazione: «Ancora voi, con le vostre vecchie pretese di definizioni, di frasi esatte! Legati al tomismo, alla logica aristotelica e formale! Questi non pregano, abbandonano la fede e la trasformano in ideologia moralistica, casuistica, senza Gesù».

È una tattica che abbiamo imparato a conoscere, dopo tanti decenni di (inutili) lotte: l’hanno sempre usata i comunisti. Osavi denunciare i crimini di Stalin, l’oppressione sovietica e il Gulag? «Lo fai perché vuoi la schiavitù dei lavoratori, sei complice del capitalismo sfruttatore! E noi non ti ascoltiamo». I comunisti avevano sempre ragione perché, loro, erano «l’avanguardia del proletariato» e dunque della storia, mentre noi eravamo la reazione. E chi lo decideva? Loro, con l’egemonia culturale, decidevano i reprobi e gli eletti. Lo studio di mille eresie e decine di rivoluzioni ci ha reso consci di questo metodo rivoluzionario. Gioachimiti ed altre sette irrompevano nella storia annunciando: «Basta con le leggi scritte! Da adesso, è in vigore il Regno di Dio, e l’unica sua legge è l’Amore!». E in nome dell’Amore, mai ben definito, procedevano a sbudellare preti, violare suore e ammazzare piccoli proprietari terrieri, che pretendevano di chiamare la polizia anziché dividere il loro raccolto coi nuovi cristiani («La proprietà è un furto!»), e dunque mancavano di «carità», erano «egoisti» e «superbi». Oltreché delittuosamente attaccati alle norme formali, ai diritti ben definiti, anziché alla legge dell’Amore che tutto comprende. I novatori del Concilio hanno usato lo stesso trucco, sotto forma di «profezia» e «profetismo»: qualunque abuso liturgico, qualunque negazione della Tradizione era «gesto profetico», che faceva già tralucere il luminoso futuro, il futuro dove non ci sarebbe stata più altra legge, canone o dogma, che la legge dell’Amore.

Ora, Santo Padre, questo «sensus ecclesiae» mi sembra un po’ come l’Amore dei gioachimiti e rivoluzionari in genere, conciliari esclusi: se non viene definito con un enunciato formale, esso è una (vecchia) arma ideologica. Se si domanda: «Chi decide del sensus ecclesiae»? La risposta è: «Chi ha il potere nella Ecclesia». Da qui si vede la sua natura ideologica : è un arnese di potere. Definirlo, lascerebbe spazi di libertà che si vogliono invece negare ad libitum, o concedere ad arbitrio.

So fin troppo bene che il Papa non ascolterà tale argomento. È questo il guaio: noi, diciamo, critici del Concilio, studiamo i loro testi, ascoltiamo i loro argomenti, per controbatterli; i novatori invece non leggono i nostri ragionamenti e le nostre denunce, li trovano «reazionari», privi di senso della Chiesa, formalisti senza amore, e dunque da non conoscere, non sapere. Il tanto celebrato «dialogo» è, in questo modo, a senso unico. Lo era anche con i comunisti....

Magari la punizione dei Francescani dell’Immacolata è giustissima. Ma abbiamo qui un Papa che confessa lui stesso di essere «autoritario ed impulsivo». Che non gli venga il dubbio di avere stroncato la santa libertà cristiana di centinaia di giovani e migliaia di loro fedeli-ammiratori e familiari? Di avere spento un carisma? Con il rischio di aver messo a tacere lo Spirito? Speriamo che passato il primo impulso, forse riconsideri.

È singolare constatare quali ragionamenti, invece, il caro Papa ascolta; da quali argomenti si sente sollecitato a rispondere, a spiegare e chiarire cordialmente e pubblicamente, invece di colpire in segreto. Il carteggio con Eugenio Scalfari ne dà alcuni esempi stupefacenti.

Scalfari ha posto delle domande al papa, alle quali ha voluto risposta. Quali?

«... Anzitutto, mi chiede se il Dio dei cristiani perdona chi non crede e non cerca la fede». E poi: «mi chiede se, con la scomparsa dell'uomo sulla terra, scomparirà anche il pensiero capace di pensare Dio».

L’assurdità della prima frase salta agli occhi, o dovrebbe. Scalfari vuol sapere se «il Dio dei cristiani» – al quale lui beninteso non crede – «perdona chi non crede e chi non cerca la fede». Di fatto, cioè, vuol sapere se Dio perdona lui: perché se Dio per caso ci fosse, lui vuol salvarsi senza fede e senza cercare la fede. Con tutta la pietà cristiana che merita questa rivelazione di una certa paura dell’aldilà, è una vera idiozia scalfariana.

Nell’altra frase, Scalfari spazia nell’iper-uranio ed oltre la storia, nella grandiosità rarefatta e semi-divina che gli compete in quanto Epulone-Fariseo di successo. Perché, diciamolo, ad un uomo normale, cosa gliene frega di sapere se «dopo l’uomo scomparirà anche il pensiero capace di pensare Dio»? Lui personalmente, scomparirà molto prima...

Ah sì, c’è una terza domanda: «Lei mi chiede anche che cosa dire ai fratelli ebrei circa la promessa fatta loro da Dio: è essa del tutto andata a vuoto?». Essa unisce l’assurdità della domanda 1) alla vacuità presuntuosamente «teologica» della domanda 2): che cosa gliene infischia a Scalfari, se la promessa di un Dio – a cui non crede – agli ebrei è andata o no a vuoto? Di che cosa s’impiccia? Perché questi atei non si soddisfano di fare, semplicemente e rettamente, gli atei?

Sa cosa gli avrebbe detto un vecchio gesuita che ho avuto la sorte di conoscere? «Senta, dottor Eugenio: lei è troppo vecchio per porre domande da ginnasiale che crede di provocare l’insegnante di religione. Lei ha novant’anni. Fra poco morirà, e non si porterà là né i suoi 200 milioni né il codazzo di adulatori che la fanno sentire un genio, un importante intellettuale-affarista, un arrivato. Pensi all’anima sua che è in pericolo eterno, come indovino lei sospetti; se quello che vuole è confessarsi, sono qui. Per lei, in ogni momento del giorno e della notte. E spenda alcuni dei suoi ormai inutili milioni a fare qualche gesto di carità, che sarò ben lieto di indicarle. Ricorda la favola della tirchia vecchina che in vita sua donò una volta sola una cosa ad un affamato, ed era una cipollina...?».

Certo, questa risposta non avrebbe fruttato la pubblicazione su Repubblica con il bel clamore pubblicitario conseguente, anche se magari avrebbe messo sulla buona strada il vecchio ateo così pauroso dell’appuntamento con la morte.

Invece, il gesuita Bergoglio prende le domande di Scalfari per il loro valore facciale, ossia come se non ne sottintendessero l’altra, inconfessabile dal principe dei laicisti. (E pensare che una volta i gesuiti erano fini psicologici); si profonde in cordialissime spiegazioni – cordialità negata al fondatore dei Francescani dell’Immacolata – in cui cerca di venire incontro in ogni modo alle concezioni dello Scalfari, quasi volesse dimostrargli che le sue idee, dopotutto, non sono veramente diverse da quelle della Chiesa...

E così, arriva a dare una risposta che autorizza i peggiori sospetti – o fraintendimenti. È la più fondamentale e provocatoria delle domande di Scalfari: «Il pensiero secondo il quale non esiste alcun assoluto e quindi neppure una verità assoluta, ma solo una serie di verità relative e soggettive, è un errore o un peccato?»

Tutto compiacenza, Francesco risponde: «Per cominciare, io non parlerei, nemmeno per chi crede, di verità “assoluta”, nel senso che assoluto è ciò che è slegato, ciò che è privo di ogni relazione. Ora, la verità, secondo la fede cristiana, è l'amore di Dio per noi in Gesù Cristo. Dunque, la verità è una relazione! Tant'è vero che anche ciascuno di noi la coglie, la verità, e la esprime a partire da sé: dalla sua storia e cultura, dalla situazione in cui vive, ecc».

Dopodiché, beninteso, Francesco aggiunge subito: «Ciò non significa che la verità sia variabile e soggettiva, tutt’altro. Ma significa che essa si dà a noi sempre e solo come un cammino e una vita. Non ha detto forse Gesù stesso: “Io sono la via, la verità, la vita”? In altri termini, la verità essendo in definitiva tutt'uno con l'amore, richiede l'umiltà e l'apertura per essere cercata, accolta ed espressa. Dunque, bisogna intendersi bene sui termini e, forse, per uscire dalle strettoie di una contrapposizione... assoluta, reimpostare in profondità la questione».

La buona intenzione è evidente; vuole escludere il soggettivismo. Al quale, ahimè, ha appena aperto nella risposta sulla libertà assoluta della coscienza «per il non credente». Sicché, i «tradizionalisti» protestano ad alta voce: negare la verità assoluta è eresia. Del resto, già parlare in questi termini («non esiste verità assoluta» ) significa accedere alla terminologia relativista; ciò che importa non è se la verità sia «assoluta» ossia slegata, bensì se la Verità divina sia oggettiva, ontologicamente indipendente dall’uomo che la pensa. È questo che Scalfari e i suoi simili negano. Francesco, tutto compiacenza, spera di venire incontro a loro affermando che la verità è «relazionale». «La verità è una relazione!». Il famoso incontro personale con Cristo, per cui quelli che non credono sono degli sfortunati che «non hanno fatto l’esperienza»... la neo-teologia conciliare, insomma.

Ma come la intendono costoro, i laicisti? La verità «relazionale», la negazione della verità «assoluta» richiama per loro quella filosofia chiamata «idealismo tedesco», da Kant ad Hegel a Marx e seguaci: la più anti-tomistica delle pseudo-filosofie, a cui il secolo XX deve le sue rovine. L’idea che la realtà esterna, il mondo, non esiste «fuori della mente», e che esso viene «fabbricato» dallo spirito dell’uomo.

Trovo una delle più radicali enunciazioni di questa filosofia tedesca in Schopenhauer:

«Nessuna verità è meno bisognosa di prova di questa: che tutto ciò che è capace di essere conosciuto, in altre parole il mondo intero, non è altro che un oggetto che esiste in relazione ad un soggetto, la vista di un osservatore; in una parola, è il prodotto dell’immaginazione». Da cui la conclusione schopenhaueriana: «Il mondo è la mia Volontà» (1).

Ovviamente, si tratta della Volontà di Potenza, di cui questa asserzione è l’apoteosi, e da cui discende il totalitarismo. È la teoria anticristica che ha cancellato il pensiero greco e di San Tommaso, che è «realista»: la realtà esiste, e l’uomo non può che sottomettervisi, perché è oggettiva. Ecco cosa succede a credere che il tomismo sia una scoria superata, di cui il Cristianesimo può fare a meno per «andare incontro all’uomo».

I «tradizionalist» gridano: Papa eretico! e naturalmente, tutti gli altri difendono il Papa e condannano loro. Ma arriva un noto intellettuale laico, l’olandese Ian Buruma, e scrive un autorevole commento su Repubblica, in cui... dà ragione ai tradizionalisti. Ecco infatti come Buruma ha inteso gli interventi del Papa sulla medesima Repubblica. Il Papa ci ha insegnato che «non è poi necessario che Dio o la Chiesa ci dicano come dobbiamo comportarci. Basta la nostra coscienza». E poi: «Nemmeno i protestanti più devoti si spingerebbero tanto lontano. I protestanti si sono limitati ad eliminare i preti in quanto tramite tra l’individuo e il suo creatore. Le parole di papa Francesco lasciano pensare invece che quella di eliminare lo stesso Dio potrebbe rappresentare un’opzione legittima».

Per forza i radical-chic applaudono tanto Francesco, come hanno applaudito il loro cardinal Martini: «nemmeno i protestanti si sono spinti a tanto». Così almeno interpretano lorsignori le asserzioni papali: nel neo-cristianesimo, si può «eliminare Dio». Finalmente, era ora. Basta con questa Realtà Assoluta! La realtà è relativa; dipende se uno ha la fortuna di «incontrare Dio», che esiste solo finché l’uomo lo pensa...

Naturalmente è una interpretazione di comodo, abusiva. I papolatri si affannano a dar sulla voce ai tradizionalisti indignati: ma Francesco non voleva affatto dire questo! Lui alla Verità crede! E il bravissimo Socci ce ne dà anche la prova: scrive che, ricevendo «una delegazione della comunità ebraica di Roma, Francesco ha insistito a chiedere una collaborazione col mondo ebraico sui principi morali, indicandone la base nella “testimonianza alla verità delle dieci parole, il Decalogo”. I Dieci Comandamenti, ha detto il Papa, sono “solido fondamento e sorgente di vita anche per la nostra società”, indicandone dunque la validità anche per la vita sociale e politica. Ha sottolineato che del Decalogo, legge consegnata da Dio a Mosè sul Sinai, c’è estremo bisogno perché la società del nostro tempo è “così disorientata da un pluralismo estremo delle scelte e degli orientamenti, e segnata da un relativismo che porta a non avere più punti di riferimento solidi e sicuri”».

Bene, o meglio benino (ci sarebbero obiezioni, ma tralasciamo). Francesco ad Judaeos parla delle verità dei dieci comandamenti; perché Francesco ad Republicam non ha detto la stessa cosa? È colpa dei tradizionalisti che vogliono «tenere la chiesa chiusa e le chiavi in tasca»? Forse è il Francesco 1.0 che deve mettersi in relazione con Francesco 2.0. O fors’anche conversare meno come persona privata. I vecchi Papi di una volta mantenevano l’austera, monarchica distanza dal mondo, e parlavano per encicliche e lettere apostoliche, anche perché i limiti della loro persona privata, umanissima, non oscurassero la pubblica funzione sacra di «Petrus», che stavano rivestendo.

Don Curzio Nitoglia, esasperato, ritiene addirittura che lo faccia apposta. «Papa Bergoglio ogni giorno, come una valanga inarrestabile, parlando come dottore privato, durante le omelie della sua messa privata, concedendo interviste e soprattutto agendo in maniera sovvertitrice dell’ordine sociale e religioso e della dignità papale, demolisce ciò che dopo il Concilio Vaticano II, miracolosamente, era rimasto – pur se malamente – ancora in piedi. Egli vuole fare il Vaticano III senza convocare, celebrare, dibattere e confermare un Concilio, nemmeno “pastorale”; sarebbe troppo “dottrinale” e “teoretico” per il suo spirito “pragmatico”. Il rimprovero che Küng, Schillebeckx, Metz, Boff, Gutierrez, Martini muovevano a Paolo VI, a Giovanni Paolo II e a Benedetto XVI (aver bloccato lo spirito del Vaticano II) è condiviso in pieno da Francesco I, il quale riprende la loro obiezione ed asserisce di volere portare sino alle ultime conseguenze il “Vaticano II” operando, senza teorizzare (non dico “dogmaticamente” ma neppure “pastoralmente”), una sorta di “Vaticano III” (...). Questo era il piano della Massoneria: “un Papa secondo i nostri desideri, che non sia iscritto alla Setta, ma ne abbia lo spirito e faccia lui la Rivoluzione in cappa e tiara”». (Introduzione a Mistero d’iniquità, EFFEDIEFFE edizioni, 2013)
[...]
__________________________
1) Schopenhauer A., Die Welt als Wille und Vorstellung (il mondo come volontà e come rappresentazioone). Citato da Michael Jones, Il ritorno di Dioniso – Musica e Rivoluzione culturale, EFFEDIEFFE, 2009, p.44.

Ieri, oggi, sempre

[...] « Di fronte a tanto disorientamento, a tanto odio, a tante tenebre sta, perennemente vigile, la Chiesa con la sua luce e il suo amore. E nella Chiesa — Noi lo sappiamo — schiere innumerevoli di anime elette sono pronte a qualsiasi impresa, a qualsiasi olocausto, per aiutarla a salvare ancora una volta il mondo. 
Volete, carissimi giovani, essere voi le avanguardie di un giovanile esercito costruttore? 
Siete pronti a mostrare il vostro amore alla Chiesa? 

V'è chi muove loro una guerra terribile con perfida strategia e subdola tattica: volete voi combattere per essa e con essa? » (Pio XII, ai giovani di Azione Cattolica, 5 novembre 1953)

Parole inflessibili contro idee tradizionali


Parole virili di Giuliano Ferrara, un intellettuale laico che usa la ragione. Da incorniciare.

I nuovi eretici
Parole inflessibili contro idee tradizionali, dalle parti dell’anatema

Curiosa coincidenza. Questo giornale ha pubblicato, tra molti altri articoli problematici, di studio, di curiosità e di sostegno alla nuova chiesa o antica di Francesco, una serie di articoli critici. Gli ultimi, ma non in ordine di importanza, erano firmati da uno scrittore cattolico e da uno studioso e canonista, Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro. Non hanno la tonsura, in questo senso sono laici. Si definiscono “paolotti” della bergamasca. Sono credenti devoti, hanno una loro idea della tradizione liturgica, teologica, e una loro impostazione di cultura religiosa ispirata agli aspetti più rigorosi e appunto canonici dell’apostolato cristiano. Curiosa coincidenza. Senza por tempo in mezzo, senza nominarli, il Papa ha attaccato come peccaminosa la rappresentazione delle loro opinioni nella sua predica focosa e cinquecentesca di Santa Marta dell’altro ieri, quella del mattino, quella in cui l’appello alla misericordia quotidiano si intreccia alla denuncia anch’essa quasi quotidiana dell’azione del diavolo.

Questo Papa ha una sua caratura di inflessibilità che sarebbe interessante mettere alla prova del pensiero laico, anche di quegli atei devoti che lo incensano con qualche sapore di zolfo e non si accorgono di certe allusioni difficili da accettare per chi crede in un pensiero razionale, e nella condizione libera che lo rende possibile anche in materia di fede e di cristianesimo. Dico per esempio della caccia agli sparlanti ed altri peccatori dello spirito critico, additati una volta da Francesco, in una cerimonia temporalistica con la sua polizia di stato, come banditi degni di essere accompagnati alla porta di Sant’Anna dalla gendarmeria pontificia, un messaggio trasversale che prende insieme il pettegolezzo fastidioso e ben poco innocente, tipo Vatileaks, e la libertà di pensiero e di parola. Un messaggio di cui la stampa internazionale volterriana non si è accorta, felice com’è di essere accolta e di poter accogliere un Pontefice in armonia con una condizione secolare che egli stesso non si ritiene in grado di giudicare con un metro diverso dalla libertà di coscienza in relazione a una nozione individuale di Bene e di Male.

Piero Vassallo. Battiamoci senza paura per la rinascita della Chiesa

Interessante recensione di un saggio di Paolo Pasqualucci: Piero Vassallo su Riscossa Cristiana.


Nelle attuali circostanze la tentazione del pessimismo è quasi irresistibile per i fedeli, che contemplano, attoniti e sconfortati, la rivoluzione della teologia e della liturgia e la desistenza del magistero cattolico.

 Si affacciano alla memoria le sconvolgenti e purtroppo attuali parole pronunciate dall’amareggiato Paolo VI durante un colloquio con Jean Guitton: “C’è un grande turbamento in questo momento nel mondo e nella Chiesa e ciò che è in questione è la fede. Capita ora che mi ripeta la frase oscura di Gesù nel Vangelo di San Luca ‘Quando il Figlio dell’uomo ritornerà, troverà ancora la fede sulla terra?‘ (Lc. 18,8). Capita che escano libri in cui la fede è in ritirata su punti importanti, che gli episcopati tacciano, che non si trovino strani questi libri. Ciò che mi colpisce quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del Cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del Cattolicesimo diventi domani il più forte”.

 Il giorno temuto dal deluso e dolente Paolo VI è già incominciato? Si può negare che la Chiesa post-conciliare è tormentata da una ridda di pensieri in turbinosa e talora grottesca libertà?

 I fedeli sono obbligati a sospendere il giudizio e a non cedere alla tentazione catastrofista. Tuttavia non si può negare l’apparizione di segnali di disordine inusuale e desolante.

sabato 19 ottobre 2013

« Non enim possumus quae vidimus et audivimus non loqui » (At 4,20)

Sandro Magister è molto attento a seguire passo passo il dipanarsi di questa nostra esperienza di Chiesa. Riprendo il suo articolo odierno dalla centrata premessa, cui segue una nuova analisi dello 'stile Bergoglio', che è qualcosa di più di uno stile. Riproduco il tutto integralmente perché ci offre spunti interessanti.
Tuttavia, è solo il punto di partenza di ulteriori percorsi, perché apre usci di comprensione che non possono fermarsi alla diagnosi, ma richiedono ulteriori elaborazioni e anche l'individuazione di soluzioni, che possiamo solo indicare, ma che non ci competono. Infatti sostanzialmente si evidenzia una rivoluzione copernicana, che si risolve in una deriva della nostra fede. Mi sono limitata ad inserire glosse essenziali. E mi rendo conto che siamo sommersi da molto materiale magmatico, come magmatico è il profluvio di parole in libertà in questo "pseudo-magistero liquido", che è un liquido corrosivo, al quale occorre trovare l'antidoto.
Quale miglior antidoto del Logos, che è anche la Verità che ci fa liberi? Ma chi ci spezzerà questo pane salutare, al posto dello tsunami mediatico al quale non riusciamo a tener dietro? D'altronde, sarebbe più facile e comodo staccare la spina come potremmo esser tentati di fare (non per vigliaccheria ma per il senso di impotenza di fronte ad un dilagare così aggressivo e dirompente) e come molti ci spingono a fare. Se non fosse per il fatto che non enim possumus quae vidimus et audivimus non loqui «non possiamo infatti non parlare di ciò che abbiamo visto e udito» (Atti 4, 20). È ovvio che il discorso non può finire qui. Siamo solo all'inizio. O piuttosto ci troviamo ad un drammatico spartiacque che viene da lontano, ancora più lontano del concilio che è stato solo il Cavallo di Troia...