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sabato 31 ottobre 2015

Il cardinale Burke al 'colloquium' sulla Dignitatis humanae: la secolarizzazione va combattuta all'interno della Chiesa stessa

Interessante spiraglio di 'discussione' su un documento conciliare. Ma per capir meglio cercheremo di procurarci il testo integrale dell'intervento del cardinale Burke.
Su questo argomento, nel blog, vedi qui (Martin Rhonheimer, L'ermeneutica della riforma e la libertà di religione) e qui (in parte risposta a Ronheimer).

Dal Dialogos Institute:
Nel Dicembre 2015 ricorre il 50° anniversario del documento più controverso del Concilio Vaticano II, la 'Dichiarazione sulla libertà religiosa', Dignitatis Humanae. Fin dalla sua promulgazione, essa è stata oggetto di prolungati e spesso appassionati dibattiti. Che cosa esattamente vuol insegnare? Qual è la sua autorità? Come può essere conciliata con l'insegnamento della Chiesa circa la regalità di Cristo e i doveri degli statisti cattolici? Studiosi provenienti da tutto il mondo si riuniscono a Norcia, alla presenza del Cardinale Raymond Burke, per discutere di queste questioni vitali.
Da Rorate Caeli:
30 ottobre, il Card. Burke celebra a Norcia
foto: Le Forum Catholique
Venerdì scorso il cardinale Burke ha aperto il Dialogos Institute Colloquium sulla corretta interpretazione della Dichiarazione del Concilio Vaticano II sulla libertà religiosa, Dignitatis humanae, attualmente in corso a Norcia, la città natale di San Benedetto. 
Nel suo discorso di apertura il cardinale ha ringraziato il Dialogos Institute per il suo lavoro per il rinnovamento della filosofia e della teologia, e quindi per il rinnovamento della società cristiana. Egli ha sottolineato l'importanza della questione della libertà religiosa per tale rinnovamento.
La Chiesa può accettare solo insegnamenti in continuità organica con la Tradizione apostolica, e tuttavia molti teologi interpretano Dignitatis humanae in contraddizione con l'insegnamento precedente. Il cardinale ha ricordato uno dei suoi maestri in diritto canonico, un allievo di p John Courtney Murray, che aveva sostenuto che Dignitatis humanae rappresenta una rottura radicale con gli insegnamenti magisteriali dei papi del 19° secolo. Ma il cardinale ha affermato che la Chiesa non può accettare alcun insegnamento sulla libertà religiosa che contraddica gli insegnamenti precedenti, in particolare gli insegnamenti sulla regalità sociale di Cristo, che appartengono al deposito della fede stessa. È quindi di vitale importanza per la Chiesa riflettere sul reale contenuto del suo insegnamento per quanto riguarda i rapporti Chiesa / Stato e la libertà religiosa, soprattutto considerando l'attuale contesto di secolarismo aggressivo e l'Islam. La nuova evangelizzazione è necessaria anche all'interno della Chiesa stessa, al fine di riscoprire la Tradizione apostolica, e per combattere le influenze laiciste all'interno della Chiesa, compresa l'influenza di concezioni laiche, indifferentiste, della libertà religiosa. Da qui l'importanza del colloquio in corso.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

9 commenti:

  1. Cerca la libertà religiosa ho trovato un interessante testo di D. Romolo Murri dal titolo "Il cristianesimo e la religione di domani". È interessante per capire la situazione attuale, perché nei punti trattati per l'autore, sembra che la religione di che parla Murri è quella del Concilio Vaticano II. Vi lasciò con la parte che parla della libertà religiosa, per voi capire quello che dico:

    "La libertà religiosa.

    L'unità religiosa nella libertà è il motto di questi congressi, opposto all'altro: l'unità religiosa sotto la mia autorità, nel quale si compendiano la dottrina e la pratica della Chiesa di Roma.

    E il nostro congresso realizza già largamente l'unità nella libertà; poichè gli aderenti ad esso:

    o sono credenti secondo la regola di fede di alcuna delle confessioni religiose protestanti, qui fraternamente adunate;

    o sono uomini che, cristiani non iscritti a chiese, riconoscono e apprezzano nel Cristo e nel cristianesimo, considerato nelle sue direzioni e credenze fondamentali e nei valori di vita religiosa che esso ha esaltato, una interpretazione dell'esistenza umana e del mistero delle cose la quale, se non può essere definita per essi in formule e riti precisi, è ricca pur sempre di un significato e di un contenuto vitali ed esige l'adesione dello spirito;

    o, se anche sieno giunti a conclusioni le quali non permettono di vedere in ogni fatto religioso e religione positiva e in ogni rivelazione e dottrina altro che momenti storici definiti dello spirito religioso che si svolge, superando, con l'impeto di una interiore attività creatrice che mai non resta, ogni sua precedente posizione e definita concretezza, veggono pur sempre nel cristianesimo storico una grande pedagogia religiosa della civiltà europea, la quale, per i servigi che può ancora rendere, sotto molti aspetti ed a molti spiriti, merita di essere considerata con animo scevro da ogni passione polemica, e condotta, per altri sviluppi ed applicazioni forse secolari, sino all'esaurimento ed annullamento di sè nella piena maturità dell'alunno, che è lo scopo di ogni buona pedagogia.

    Nell'uno o nell'altro di questi modi, il fatto cristiano ci unisce tutti, come punto di partenza e come via, quali che siano le mete più o meno lontane alle quali tendiamo; e ci permette di essere insieme fraternamente e di discutere e di intenderci intorno al modo di aver fra noi rapporti sempre più intimi, di aiutarci nella comune opera intenta a detergere la coscienza religiosa europea dagli odii teologici che ancora la intorbidano e le annebbiano la vista e ad ottenere dai valori cristiani, messi in armonia con la cultura e le aspirazioni del nostro tempo, il massimo risultato possibile.

    Egli è che tutti qui abbiamo imparato, eredi di una esperienza storica maturatasi in lotte secolari gloriose, od ammaestrati dalla nostra stessa esperienza personale, l'importanza ed il pregio della libertà religiosa, e questa anteponiamo, in qualche modo, allo stesso giudizio che ciascuno di noi si fa della legittimità o della credibilità delle speciali dottrine religiose alle quali aderiamo come singoli. Poichè nessuna fede ci sembra degna di esser vissuta e per la quale si lavori o si faccia sacrificio di sè, che non sia capace di vivere e di crescere nella libertà, non educhi anzi alla libertà lo spirito di chi la riceve; e, per converso, ogni fede alla quale l'animo aderisca con intima persuasione e che sia, non parola o gesto vuoto di vivente significato, ma traduzione in simbolo e in rito di quei valori spirituali e morali che la coscienza praticamente realizza, termometro della temperatura spirituale, saliente con questa, ci sembra degna del massimo rispetto e considerazione, come frutto dello spirito, che spira dove vuole.

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  2. Noi siamo dunque qui adunati, non per talune fedi contro altre—non siamo un concilio—e non per cercare il minimo comune denominatore di un certo numero di fedi, opera impossibile e vana, essendo ogni concreta fede vivente tutta sè stessa, ma per asserire e propugnare, contro ogni forma di ipocrisia religiosa e contro ogni pretesa di fissità storica e dommatica intangibile di una determinata fede, e di autorità ecclesiastica imponente o misurante dall'esterno le fedi, la sincerità religiosa; sincerità che è libertà, poichè è riconoscimento dell'esigenza, imprescrittibile in ciascun individuo, di giungere ad una fede consapevole la quale sia diretta e perspicua espressione del suo vero animo religioso e si alimenti di tutta la sua vita interiore.

    E, così facendo, noi abbiamo fiducia di raccogliere ed in qualche modo precisare le tendenze spirituali e religiose della nostra epoca. Poichè la gloria e il tormento di essa, da quando sorse l'età moderna, fu appunto la liberazione della coscienza e dello spirito umano dal peso opprimente di vecchi istituti sociali, la costituzione della personalità umana sulla base dell'autonomia, e la sovranità dell'uomo, fatto così padrone di sè, sulla sua storia.

    La prima rivendicazione dell'uomo moderno è quella della divinità, strappata al sacerdozio che ne aveva fatto monopolio, restituita all'intima coscienza umana. La prima libertà proclamata, quella dalla quale ogni altra doveva poi logicamente discendere, fu la libertà religiosa; benchè poi questa, prima ad illuminare i vertici della coscienza filosofica, rimanga ultima da conquistare per le moltitudini, che debbono innanzi giungere con cammino faticoso a una sufficiente padronanza di sè e somma di cultura.

    Dalla fine del sec. XV, ogni riforma religiosa è un passo verso la libertà, ogni grande moto d'idee affina o prepara, talora inconsapevolmente, questa consapevolezza dello spirito dell'uomo, signore di sè e della sua storia. Signore non perchè non porti con sè la sua legge di bene, alla quale obbedire è regnare, ma perchè non ha e non riconosce padroni fuori di sè; o, meglio, non si fa servo delle sue illusioni, le quali solo possono effettivamente sancire il dominio su lui di un altro; ad esempio, del papa, al quale fosse riconosciuta un'autorità che, all'infuori del tramite della coscienza, gli venisse direttamente e miracolosamente da Dio.

    La nostra libertà adunque, quella che noi siamo fieri di aver rivendicato e difendiamo e vogliamo, per noi e per il prossimo nostro, far sempre più larga e sicura, non è orgoglio di anima che si ribelli alla divinità, non filosofia audace che proclami vuoti i cieli e l'uomo creatore non solo degli dèi, ma di Dio; è libertà che si afferma storicamente, nel seno delle istituzioni trasmesseci dagli avi, per piegarle al dominio di una crescente consapevolezza, per liberarle da ciò che di esse muore, mutando la cultura ed il senso dei valori spirituali, per investirle insomma della presenza viva di uno spirito che, affaticato da una divinità interiore, continuamente crea la sua storia, vive la sua nuova vita.

    In questa continuità di vita che è creazione e perenne novità, noi accettiamo il passato—le tradizioni, le dottrine, i riti, le chiese—non come norme immutabili e limiti, ma nella misura in cui esso è continuità vera, acquisizione e patrimonio nostro; accettiamo il presente, i dati di fatto offerti al nostro spirito come materia del suo lavoro, ma lo accettiamo appunto come somma di dati, di condizioni poste, di materia da elaborare, non come misura ed argine; obbediamo alla divinità, quale essa ci si offre, al lume della nostra esperienza religiosa, come a legge dello spirito, come a necessità della libertà".

    http://www.gutenberg.org/cache/epub/25265/pg25265.html

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  3. Alessandro Mirabelli01 novembre, 2015 11:06

    Siamo sempre al solito punto. Ma quando mai per quanto concerne i precedenti Concilii Ecumenici si senti' parlare di corretta interpretazione? Perché se cerco di interpretare una legge, significa che, nella migliore delle ipotesi, sono almeno due le possibili interpretazioni, magari fortemente contrastanti fra loro. Se la Dignitatis Humanae fosse stata redatta in modo chiaro non ci sarebbe stato bisogno di interpretarla. Ecco a cosa porta il dire e il non dire. Ecco a cosa porta abbandonare il linguaggio che fu proprio dei precedenti Concilii. La consueta confusione, quasi un Bergoglio ante litteram. Sembra quasi che l'ultimo concilio anziché essere composto da vescovi fosse stato composto solo da democristiani morotei.

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  4. m. Sembra quasi che l'ultimo concilio anziché essere composto da vescovi fosse stato composto solo da democristiani morotei.
    Infatti.
    Un democristiano moroteo, Carlo Carretto, ebbe un ruolo di primo piano, nel Vat.II.

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  5. A proposito di documenti del Vaticano II.
    Conosco un giornalista che si vantava della seguente prodezza: era riuscito
    a convincere Gianfranco Fini ("simil cum similibus") a fare aggiungere allo
    statuto di Alleanza Nazionale, un certo articolo. Articolo che, stando a
    cosa diceva il giornalista in questione, dovrebbe recitare più o meno così:
    per far parte di tale partito (A.N., appunto) bisognava accettare e
    riconoscersi nei documenti Nostra Aetate e Dignitatis Humanae del Vat.II. Al
    che un comune amico disse "Mettiamo che io sia shinto-taoista, e, pertanto, io
    i Vat.II, III IV, V e Sesto, li tenga in assoluto non cale. Non posso
    iscrivermi ad A.N.? Risposta :"- Nostra Aetate e Dignitatis Humanae, *NON*
    SONO ARTICOLI RELIGIOSI (CONCORDO PERFETTAMENTE- nota mia.-). Sono da
    ritenersi PATRIMONIO COMUNE DELL'UMANITA' superiori ad ogni vincolo o limite
    di natura religiosa o culturale". Capito? Vuol dire che io non faccio parte
    dell'umanità.

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  6. ...democcristiano moroteo...
    perché Montini che cos'era, se non un democristiano che avrebbe dovuto dedicarsi alla politica e non alla Chiesa ?
    Rr

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  7. Decmocristiano moroteo, avevo dimenticato quest' importante aggettivo
    Rr

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  8. Beh, allora ha ragione Scaramuzzi sul suo ultimo libro Tango in Vaticano, il vdr è solo un leader mondiale (?) politico, per lui non conta la chiesa e le sue regole e i suoi dogmi, contano solo le disuguaglianze sociali e la lotta fra poveri e ricchi, quindi non si cura del governo della cc, la domanda dell'autore è se vorrà avere pochi preti, ma buoni, o lascerà correre per eccesso di perdonanze e giubilei ed indulgenze straordinarie......sembra semplice .

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  9. http://it.paix-liturgique.org/aff_lettre.asp?LET_N_ID=2353

    Gloria a Te, Cristo Gesù !

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