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domenica 31 luglio 2016

Arnaldo Xavier da Silveira. Precisazioni sulla questione del Papa eretico.

Doveroso pubblicare questa precisazione dell'Autore.

Guardando il suo sito Chiesa e Postconcilio, ho preso conoscenza dell’articolo di Don Curzio Nitoglia [qui - qui] dedicato al mio libro Ipotesi Teologica di un Papa Eretico, nonché della nota del Prof. De Mattei [qui] riguardante il lapsus calami che egli stesso avrebbe commesso. In proposito, mi permetto sottoporle qui alcune mie considerazioni.

Quando, nel mio libro, procedo alla qualifica teologica della sentenza di San Roberto Bellarmino sul Papa eretico, parto da una distinzione basica:  da una parte quale sarebbe la qualifica che spetterebbe a tale sentenza in ragione della forza degli stessi argomenti che la sostengono, e dall'altra quale ne sarebbe la qualifica considerando il pensiero degli autori probati al riguardo. La qualifica avente per base la forza degli argomenti probanti viene detta intrinseca; quella invece che ha in vista la posizione degli altri autori è da considerarsi l’estrinseca. Cosicché, difendo questa posizione: intrinsecamente, la posizione di San Roberto Bellarmino è certa, ovverossia teologicamente certa. Inoltre, difendo anche che, estrinsecamente, la stessa posizione si deve ritenere soltanto probabile, ovverossia teologicamente probabile, giacché vi sono molti autori di peso, in passato come nel presente, che di fatto non la adottano.

Devo segnalare che Don Curzio Nitoglia non fa neanche allusione a tale importante distinzione fra qualifica teologica intrinseca ed estrinseca. Ecco il motivo che lo ha portato a riscontrare una contraddizione tra quanto scrive il prof. de Mattei e quanto si può trovare nel mio libro. Fatta questa distinzione, diventa invece chiaro che contraddizione non c’è, ma piuttosto una piena concordanza, tra il testo del Prof. de Mattei e quello mio. 

Per maggior chiarezza, formulerò la mia posizione in altri termini : considerando le ragioni addotte a favore della tesi di San Roberto Bellarmino, io la considero certa, cioè, intrinsecamente certa. Purtuttavia, non posso pretendere di imporre tale qualifica agli altri autori poiché molti fra loro la ritengono soltanto intrinsecamente probabile e alcuni neppure questo. Sicché, dovrò riconoscere che la tesi che io ritengo come intrinsecamente certa, è estrinsecamente soltanto probabile. Il Prof. de Mattei non dice alcunché di contrario: “L’autore ritiene la sua tesi non solo intrinsecamente probabile ma teologicamente certa, per le oggettive ragioni che egli adduce. Ciò non toglie che altre opinioni restino estrinsecamente probabili, dal momento che hanno a loro favore degli autori importanti.”

Mi premuro, infine, di mettere in risalto che, in tutta questa materia, stiamo trattando di qualifiche teologiche, e non della qualifica morale, canonica, pastorale o di qualsiasi altra. Perciò, l’avverbio teologicamente non va contrapposto a intrinsecamente o a estrinsecamente, per cui, in nessun modo, esso potrà creare difficoltà nel momento in cui si vorrà cercare di chiarire tale questione.
Voglia gradire i sentimenti del mio sincero omaggio e profondo rispetto,
In Jesu et Maria, 
Arnaldo Xavier da Silveira

5 commenti:

  1. Ottimo chiarimento, che mostra quella profonda competenza in teologia che altri non hanno. Compilare è una cosa, elaborare un'altra.

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  2. Converrebbe, forse, distinguer meglio due questioni diverse:

    1) può il papa cadere in eresia?;

    2) dato che ci possa cadere, quando cessa il papa eretico d’esser papa: “ipso facto”, oppure dopo una dichiarazione (che non sarebbe una deposizione) da parte del Sacro Collegio o d’un’altra autorità?

    Son due questioni nettamente distinte. E neanche chi non crede nella possibilità dell’eresia papale si dovrebbe rifiutare di ragionare su quest’ipotesi.

    Bisognerebbe poi anche distinguere il piano teologico da quello canonico: altro è chiedersi quando il papa eretico cessi d’esser papa in verità e davanti a Dio, altro chiedersi quando quest’eventuale realtà resulti davanti alla Chiesa con certezza e nel fòro esterno, con tutte le conseguenze. Forse proprio in questa distinzione sta la possibilità d’una conciliazione tra le due sentenze del Gaetano e del Bellarmino. Ma certo don Curzio ha ragione: parlare d’un “papa deponendus”, almeno se si prendon le parole come suonano, è erroneo, perché un papa che sia e resti tale non può esser giudicato da nessun’autorità umana (peraltro il Gaetano, come dice sempre don Curzio, intende se non isbaglio che il papa eretico sia “deponendus a Christo”).

    A ogni modo, il Da Silveira ha ora chiarito il suo pensiero, e gliene siamo grati.

    Ma, come ricordava don Curzio, nella “Nota dell’autore” egli aveva scritto di ritenere che la sentenza del Bellarmino possa “essere considerata solo teologicamente probabile”.

    Ora ci ha spiegato che questa qualifica riguarda per lui la sola probabilità estrinseca.

    Ma nella “Nota dell’autore” questa precisazione non c’era; e chi lègge una frase del genere (“la tal opinione è teologicamente probabile“, oppure “certa”, ecc., senza la limitazione “dal punto di vista estrinseco”) naturalmente la riferisce alla probabilità (o certezza, ecc.) intrinseca.

    La probabilità vera, infatti, è solo quella intrinseca: un’opinione intrinsecamente indifendibile con argomenti seri non diventa probabile per il fatto d’esser sostenuta anche da mille o diecimila “doctores graves” o presunti tali (non ci scordiamo infatti che “probabilis”, da “probare” = “approvare”, vuol dire “degno d’essere approvato” [da un intelletto lucido e onesto]). La probabilità estrinseca, fondata sull’autorità dei dottori, non ha un valore assoluto, ma solo relativo, cioè fondato sulla presunzione, in sé stessa non molto forte, che vi corrisponda la probabilità intrinseca.

    Sicché, ripeto, quella frase, “sensu obvio”, poteva benissimo esser presa nel senso in cui l’ha presa don Curzio, il quale non ha perciò nessuna colpa.

    Del resto, il professor De Mattei aveva scritto che il Da Silveira “ritiene la sua tesi non solo intrinsecamente probabile ma teologicamente certa”; e questo è davvero, come dice l’illustre professore, un “lapsus calami”: giacché in verità, come ora sappiamo, l’autore ritiene la sua tesi intrinsecamente certa ma estrinsecamente solo probabile. Un “lapsus calami”, si capisce, scusabilissimo: tutti ne facciamo continuamente. Ma è stato merito di don Curzio l’averlo fatto notare, provocando così l’utile chiarimento dell’autore brasiliano.

    Maso

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  3. -Rilievo filologico

    Nel parlar comune, tuttavia, "probabile" significa "degno d'esser approvato"? Non mi sembra. Una cosa probabile e' una cosa che ha una (discreta) probabilita' di accadere, di esser vera. Piu' forte della mera possibilita' di esser vera o di essere o non essere. -E' probabile che domani piova -E' possibile che domani piova. La prima frase e' piu' forte, quanto all'asseverare l'accadere futuro. Manca la certezza ma c'e' una relativa sicurezza.
    Il senso di "probabilis" spiegato nell'intervento rinvia forse ad un uso del termine praticato dai teologi della scuola tradizionale? A. P.

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  4. "teologicamente probabile" è termine scolastico consacrato, che indica un determinato grado di valore di una sentenza, opposto a "teologicamente certo", "dogma di fede", "sentenza comune", etc. etc. Non è qui un termine equivoco ma perfettamente chiaro nel contesto. Indica una tesi non dogmatica né certa per il generale consenso dei teologi, ma che ha una sua forza provenienti dagli argomenti addotti; non facendo unanimità però tale sentenza rimane nel "probabile", cioè in pratica è possibile tenerla senza imporla come verità di fede e senza essere censurati (detto proprio terra terra)

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  5. @ Grazie della spiegazione

    La spiegazione "terra terra" mi sembra piu' chiara di quella basata sulla filologia. A. P.

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