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martedì 26 settembre 2017

L'eresia luterana di Papa Francesco - Paolo Pasqualucci

Crisi della Chiesa : L’eresia luterana di Papa Francesco

Ricordiamo ancora tutti l’elogio di Papa Francesco a Martin Lutero. L’anno scorso, parlando a braccio con i giornalisti durante il volo di ritorno dalla sua visita in Armenia, rispondendo ad una domanda sui rapporti con i luterani nell’imminenza del 500mo anniversario della Riforma, pronunciò in italiano le seguenti parole, mai smentite:
“Io credo che le intenzioni di Martin Lutero non fossero sbagliate. In quel tempo la Chiesa non era proprio un modello da imitare, c’era mondanità, c’era attaccamento ai soldi e al potere.  E per questo lui ha protestato. Poi era intelligente ed ha fatto un passo in avanti, giustificando il perché facesse questo. Ed oggi luterani e cattolici, con tutti i protestanti, siamo d’accordo sulla dottrina della giustificazione: su questo punto tanto importante lui non aveva sbagliato.  Lui ha fatto una “medicina” per la Chiesa, poi questa medicina si è consolidata in uno stato di cose, in una disciplina etc.”[1].
Difficile descrivere lo sconcerto a suo tempo suscitato da queste parole. Bisogna comunque notare un punto che al tempo non era stato forse sufficientemente messo in rilievo. L’elogio della dottrina luterana si giustificava, agli occhi di Papa Francesco, con il fatto che oggi cattolici e protestanti “sono d’accordo sulla dottrina della giustificazione”.Proprio quest’accordo dimostrerebbe, per logica conseguenza, che “su questo punto tanto importante Lutero non aveva sbagliato”. 

A quale accordo può qui riferirsi il Pontefice? Evidentemente alla Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, sottoscritta dal Consiglio Pontificio per l’Unità dei Cristiani e dalla Federazione Luterana mondiale il 31 ottobre 1999. Un documento incredibile, certamente un unicum nella storia della Chiesa. Vi si enumerano articoli di fede che i cattolici avrebbero in comune con gli eretici luterani, tenendo sullo sfondo le differenze e facendo capire che le condanne di un tempo non si applicano più oggi! È ovvio che nel documento le differenze poco interessano, essendo lo scopo del documento stesso proprio quello di far emergere i supposti elementi in comune tra noi e gli eretici. Ora, nel § 3 di questa Dichiarazione, intitolato: La comune comprensione della giustificazione, si legge, al n. 15: “Insieme confessiamo che non in base ai nostri meriti, ma soltanto per mezzo della grazia, e nella fede nell’opera salvifica di Cristo, noi siamo accettati da Dio e riceviamo lo Spirito Santo, il quale rinnova i nostri cuori, ci abilita e ci chiama a compiere le buone opere”[2]. Al n. 17, nello stesso paragrafo, si aggiunge, in modo sempre condiviso, che: “…essa [l’azione salvifica di Dio] ci dice che noi, in quanto peccatori, dobbiamo la nostra vita nuova soltanto alla misericordia di Dio che perdona e che fa nuove tutte le cose, misericordia che noi possiamo ricevere soltanto come dono nella fede, ma che non possiamo meritare mai e in nessun modo”. E infine, nel n. 19 (par. 4.1) troviamo affermato in comune e presentato come fosse cosa ovvia il principio secondo il quale: “la giustificazione avviene soltanto per opera della grazia”[3].

Per ciò che riguarda le buone opere il Documento afferma, al n. 37 nel par. 4.7: Le buone opere del giustificato: “Insieme confessiamo che le buone opere – una vita cristiana nella fede nella speranza e nell’amore – sono la conseguenza della giustificazione e ne rappresentano i frutti”[4]. Ma anche questa proposizione è contraria al dettato del Concilio di Trento, che ribadisce il carattere meritorio delle buone opere per la vita eterna, al conseguimento della quale esse necessariamente concorrono.

Di fronte a simili affermazioni, come stupirsi se Papa Francesco è venuto a dirci che “su questo importante punto Lutero non aveva sbagliato”? Ovvero, che la dottrina luterana della giustificazione è corretta? Se non è sbagliata, evidentemente è corretta; se è corretta, è giusta. Tanto giusta da esser stata adottata dalla Dichiarazione congiunta, come risulta dai passi citati, se li si legge per quello che sono, senza farsi condizionare da una presunzione di ortodossia dottrinale, qui del tutto fuori luogo. Quivi, il luterano sola fide e sola gratia viene condiviso senza sfumature, allo stesso modo dell’idea errata che le buone opere sono da intendersi solo quale conseguenza e frutto della giustificazione. 

Bisogna pertanto proclamare ad alta voce che la professione di fede condivisa con i luterani eretici contraddice apertamente quanto dichiarato dal dogmatico Concilio di Trento, nel ribadire la dottrina cattolica di sempre. A conclusione del suo Decreto sulla giustificazione, del 13 gennaio 1547, quel Concilio inflisse 33 anatemi con relativi canoni, il 9° dei quali recita, contro l’eresia del sola fide:
“Se qualcuno afferma che l’empio è giustificato dalla sola fede, così da intendersi che non si richieda nient’altro con cui cooperare al conseguimento della grazia della giustificazione e che in nessun modo è necessario che egli si prepari e si disponga con un atto della sua volontà:  sia anatema”[5].
Contro l’eresia connessa del sola gratia, il canone n. 11:
“Se qualcuno afferma che gli uomini sono giustificati o per la sola imputazione della giustizia di Cristo, o con la sola remissione dei peccati, senza la grazia e la carità che è diffusa nei loro cuori mediante lo Spirito Santo [Rm 5, 5] e inerisce ad essi; o anche che la grazia, con cui siamo giustificati, è solo favore di Dio:  sia anatema”[6].
Contro l’eresia che fa delle buone opere un semplice frutto o conseguenza della giustificazione ottenuta solo per fede e per grazia, come se le buone opere non vi potessero concorrere in alcun modo, il canone n. 24:
“Se qualcuno afferma che la giustizia ricevuta non viene conservata ed anche aumentata dinanzi a Dio con le opere buone, ma che queste sono solo frutto e segno della giustificazione conseguita, e non anche causa del suo aumento:  sia anatema”[7].
Il “qualcuno” qui condannato è notoriamente Lutero, assieme a tutti quelli che la pensano come lui sulla natura della giustificazione. E come Lutero non sembra ragionare anche la straordinaria Dichiarazione congiunta? Sulla quale vi sarebbe anche altro da dire, per esempio sull’ambiguo par. 4.6 dedicato alla certezza della salvezza. Questa sciagurata Dichiarazione congiunta è giunta alla fine di un pluridecennale “dialogo” con i luterani intensificatosi durante il regno di Giovanni Paolo II, e quindi con la completa approvazione sua e dell’allora cardinale Ratzinger, che ha evidentemente mantenuto la sua adesione all’iniziativa, una volta diventato Benedetto XVI. Bisogna dunque ammettere che Papa Francesco, nel suo modo di esprimersi privo di sfumature, ha tratto alla luce ciò che era implicito nel “dialogo” con i luterani e nel suo frutto finale, la Dichiarazione congiunta:  che Lutero aveva visto giusto, che la sua concezione della giustificazione “non era sbagliata”. 

Tanto di cappello a Lutero, allora!  Questo noi cattolici dobbiamo sentirci dire, e in tono del tutto convinto, a 500 anni da quello scisma protestante, che, in un modo forse irreparabile, ha devastato la Chiesa universale dalle fondamenta?  Il “cinghiale sassone” che tutto ha calpestato ed insozzato aveva dunque ragione?  Ed è addirittura un Papa ad assicurarcelo?

Sappiamo che la dottrina luterana propugna l’idea, contraria alla logica e al buon senso oltre che alla S. Scrittura, secondo la quale noi siamo giustificati (trovati giusti da Dio e accettati nel suo Regno alla fine dei tempi) sola fide, senza il necessario concorso delle nostre opere ossia senza bisogno dell’apporto della nostra volontà, che cooperi liberamente all’azione della Grazia in noi.  Per ottenere la certezza della nostra individuale salvezza, qui ed ora, basta avere (dice l’eretico) la fides fiducialis: credere che la Crocifissione di Cristo ha meritato e conseguito la salvezza per tutti noi. Per i suoi meriti, la  misericordia del Padre si sarebbe stesa su di noi tutti come un mantello che copre i nostri peccati. Non occorre, dunque, ai fini della salvezza, che ognuno di noi cerchi di diventare un uomo nuovo in Cristo, slanciandosi con generosità verso di Lui in pensieri, parole, opere e chiedendo sempre l’aiuto della sua Grazia a questo fine (Gv 3). Basta la fede passiva nell’avvenuta salvezza ad opera della Croce, senza bisogno del contributo della nostra intelligenza e volontà. Le buone opere potranno scaturire da questa fede (nell’esser stati giustificati) ma non possono concorrere alla nostra salvezza:  ritenerlo, sarebbe commettere peccato di superbia!
   
* * *

Scopo di questo mio intervento non è l’analisi degli errori di Lutero. Voglio invece occuparmi della seguente questione, che non mi sembra di secondaria importanza: Lo scandaloso elogio pubblico di Papa Francesco alla dottrina luterana sulla giustificazione, condannata formalmente come eretica, non è esso stesso eretico?

Infatti, affermando pubblicamente che Lutero “non aveva sbagliato” con la sua dottrina sulla giustificazione sola fide e sola gratia, il Papa non invita forse a concludere che la dottrina luterana non è sbagliata, e quindi è giusta?  Se è giusta, allora l’eresia diventa giusta e Papa Francesco mostra di approvare un’eresia sempre riconosciuta e riprovata come tale dalla Chiesa, sino all’incredibile Dichiarazione congiunta (la quale, è bene ricordarlo, non ha comunque il potere di abrogare i decreti dogmatici del Concilio di Trento: essi restano validi in perpetuo, con tutte le loro condanne, dal momento che appartengono al Deposito della Fede ed è semplice flatus vocis cercare di  sminuire queste condanne a semplici “salutari avvertimenti di cui dobbiamo tener conto nella dottrina e nella prassi”)[8].

Ma nessun Papa può approvare un’eresia.  Il Papa non può professare errori nella fede o eresie, anche come individuo privato (come “dottore privato”, come si suol dire).  Se lo fa, bisogna chiedergli pubblicamente di ritrattare e professare la retta dottrina, come è accaduto nel XIV secolo a Giovanni XXII, uno dei “Papi di Avignone”. 

Però il caso di Giovanni XXII non si presta a costituire un precedente per la situazione attuale.  In numerose prediche quel Papa aveva sostenuto, nella parte finale della sua lunga vita, che l’anima del Beato non sarebbe subito ammessa alla Visione Beatifica ma dovrebbe attendere il giorno del Giudizio universale (teoria della visione differita). Però presentava questa sua tesi come una questione dottrinale aperta, per risolvere delle questioni  relative alla teologia della visione beatifica, per esempio quella dell’eventuale maggior visione di Dio dopo il Giudizio universale rispetto a quella goduta dal Beato subito dopo la sua morte. Questione complessa da approfondire nella calma di un dibattito teologico di alto livello[9]. Ma le passioni politiche si intromisero – era l’epoca della lotta acerrima contro le eresie degli Spirituali e l’imperatore Lodovico il Bavaro – accendendo gli animi.  Cominciarono certi Spirituali ad accusare faziosamente il Papa di eresia e il problema della “visione beatifica immediata o differita” venne a coinvolgere l’intera cristianità. Dopo numerosi ed accesi dibattiti, si affermò, presso  la gran maggioranza, inclusi ovviamente teologi e cardinali, l’opinione che la tesi del Papa fosse insostenibile. Egli vi insistette, tuttavia, anche se, a ben vedere, non si può dire che si trattasse di un’eresia, sia perché quel Papa dimostrò ampiamente di non avere l’animus dell’eretico sia perché si trattava di una questione non ancora definita dottrinalmente. Alla fine si ritrattò quasi novantenne alla vigilia della morte, di fronte a tre cardinali, il 3 dicembre 1334.  Il successore, Benedetto XII, definì ex cathedra, nella costituzione apostolica Benedictus Deus del 29 gennaio 1336, esser la “visione immediata” l’articolo di fede da tenersi, lasciando tacitamente cadere la questione dell’eventuale aumento della visione beatifica al momento della resurrezione finale e del giudizio universale[10]. 

Ritrattò dunque Giovanni XXII l’opinione sua privata di teologo. È utile ricordare il caso di Giovanni XXII proprio per capire che esso non può costituire qui un precedente, dal momento che quel Papa non ha certamente fatto l’elogio di eresie formalmente già condannate dalla Chiesa, come invece l’attuale e regnante, limitandosi a propugnare (e con ampio dibattito) una soluzione dottrinale nuova, dimostratasi poi non pertinente.

A me sembra che l’elogio all’eresia luterana fatto da Papa Francesco non abbia precedenti nella storia della Chiesa. Per ovviare allo scandalo e allo sconcerto da lui provocati, non dovrebbe egli ritrattarsi e ribadire la condanna dell’eresia luterana? Oso affermare, da semplice credente: d e v e farlo,  poiché confermare tutti i fedeli nella fede, mantenendo inalterato il Deposito, è specifico  d o v e r e  del Romano Pontefice. Elogiando apertamente l’eresiarca Lutero e i suoi gravi e perniciosi errori, Papa Francesco è venuto meno, in primo luogo, al suo dovere di Pontefice, di Supremo Pastore delle pecorelle che Dio gli ha affidato per difenderle dai lupi  non per darle loro in pasto.

Tra l’altro, proclamare che Lutero “non aveva sbagliato” non significa dichiarare implicitamente che avevano sbagliato coloro che lo hanno condannato formalmente come eretico?  Se Lutero era nel giusto, allora erano nel torto i Papi che in successione lo hanno condannato (ben tre:  Leone X, Adriano VI, Clemente VII) e lo era anche il dogmatico Concilio di Trento che  ne ha stigmatizzato capillarmente gli errori. Dicendo che Lutero “non si era sbagliato” si contraddicono cinquecento anni di Magistero della Chiesa ed anzi si dissolve questo stesso magistero, privandolo di ogni autorità, dal momento che per cinquecento anni avrebbe condannato Lutero per un errore che invece non c’era. La frasetta buttata lì nell’intervista aerea implica che per tanti secoli si sarebbero sbagliati tutti: Papi, cardinali, vescovi, teologi, sino al semplice sacerdote! La Chiesa sarebbe stata priva per tanti secoli dell’ausilio dello Spirito Santo, che sarebbe all’opposto comparso solo di questi tempi, con il Vaticano II, con le riforme da esso promosse, tra le quali  la Dichiarazione congiunta...

Qualcuno potrebbe obiettare, a questo punto: è legittimo sostenere che chi condivide apertamente e pubblicamente un’eresia patente, deve esser considerato a sua volta eretico?
Lo è, nel modo più assoluto. Eretico per condivisione o correità, se così si può dire. È certissimo che chi approva in cuor suo gli errori professati dall’eretico se ne rende moralmente complice perché li fa propri sul piano intellettuale. E se ne rende complice anche sul piano esterno se manifesta pubblicamente questa sua approvazione. Tale approvazione non può esser considerata neutra ed ininfluente nei confronti del Deposito delle verità di fede. Chi approva in piena coscienza,  per di più senza distinguo, condivide e fa suo ciò che ha approvato: lo sottoscrive liberamente e integralmente, vi aderisce, vi partecipa. Chiunque approvi liberamente un’opinione altrui mostra di averla fatta propria e si può attribuirgliela, come fosse sua. Ciò vale anche per le eresie, che nascono come opinioni personali dell’eretico.

Infatti, “vien detta eresia l’ostinata negazione, dopo aver ricevuto il battesimo, di una qualche verità che si deve credere di fede divina e cattolica, o il dubbio ostinato su di essa” (CIC 1983, c. 751). Indurendosi nella sua errata opinione, l’eretico comincia a fabbricare quella “medicina” (come dice Papa Francesco) che è in realtà un veleno che penetra nelle anime, allontanandole dalla vera fede e spingendole alla ribellione contro i legittimi pastori. Lodare Lutero e trovar giusta la sua eresia del sola fide significa, come ho detto,  manifestare un’opinione incomparabilmente più grave di quella errata di Giovanni XXII sulla visione beatifica. Molto più grave, avendo il presente Pontefice lodato un’eresia già condannata da cinque secoli formalmente e solennemente come tale, dai Papi singolarmente  e da un Concilio Ecumenico della Santa Chiesa, quale appunto fu il dogmatico Tridentino. Se la maggior gravità del fatto non incide sulla sua natura, che resta quella di una dichiarazione privata, dell’esternazione improvvida di un Papa esprimentesi come “dottore privato”; nello stesso tempo, tuttavia, l’esser esternazione privata non ne diminuisce la gravità, sovvertitrice dell’intero magistero della Chiesa: occorre pertanto una pubblica riparazione, nella forma di una rettifica.

Un’altra obiezione potrebbe essere la seguente:  queste dichiarazioni contra fidem Papa Francesco le ha fatte in discorsi privati, anche se tenuti di fronte a un pubblico e per la platea mondiale dei media. Non risultando da documenti ufficiali della Chiesa, non hanno valore magisteriale.  Non basterebbe ignorarle?
È vero che non hanno valore magisteriale. Se l’avessero,  gli organi ecclesiastici competenti (il Collegio cardinalizio o singoli cardinali) sarebbero certamente legittimati (io credo) a chiedere che Papa Francesco venisse messo formalmente sotto accusa per eresia manifesta.

Tuttavia, non è possibile far finta di nulla.  Oltre a rappresentare una grave offesa per Nostro Signore, queste dichiarazioni a braccio e di taglio eterodosso del Papa hanno un gran peso sull’opinione pubblica, contribuendo di sicuro al modo errato nel quale tanti credenti e i miscredenti vedono la religione cattolica oggi. Il fatto è che un Papa, anche quando si limita a rilasciare interviste, non è mai un semplice privato. Anche quando non parla ex cathedra, il Papa è sempre il Papa, ogni sua frase viene sempre considerata e soppesata come se fosse pronunciata ex cathedra.  Insomma, il Papa fa sempre autorità ed un’autorità che non si discute. Anche come “dottore privato” il Papa mantiene sempre quell’autorità superiore alle usuali autorità del mondo civile, perché autorità che proviene dall’istituzione stessa, dal Papato, dall’esser esso l’ufficio del Vicario di Cristo in terra. La mantiene, a prescindere dalle sue qualità personali, se tante o poche. 

Non è dunque accettabile che un Papa, anche come semplice “dottore privato”, faccia l’elogio dell’eresia.  Non è accettabile che Papa Francesco dichiari opinione “non sbagliata”, e pertanto giusta, l’eresia di Lutero sulla giustificazione.  Per il bene della sua anima e di quelle di tutti noi fedeli, egli deve al più presto ritrattarsi e rinnovare le condanne argomentate e solenni che da cinque secoli la Chiesa docente ha infallibilmente comminato a Lutero e ai suoi seguaci.
Paolo  Pasqualucci (Iter) - Sabato, 23 settembre 2017  
_________________________
[1] Testo ripreso dal sito Riscossa Cristiana, articolo di M. Faverzani del giugno 2016, p. 2 di 2, originariamente sul sito Corrispondenza Romana. Il testo riproduce fedelmente il parlare all’impronta del Papa, come riportato dalla stampa internazionale. Grassetto mio. Sull’elogio di Papa Francesco a Lutero, vedi due miei precedenti interventi, sul blog Chiesa e Postconcilio: P. Pasqualucci, Lo scandaloso elogio di Bergoglio a Lutero, sulla giustificazione, 7 luglio 2016;  P. Pasqualucci, La vera dottrina della Chiesa sulla giustificazione, 29 ottobre 2016.  
[2] Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, www.vatican.va, p. 5/22.
[3] Op. cit., p. 5/22 e 6/22.  Grassetti miei.
[4] Op. cit., p. 10/22.  Grassetti miei.  Si noti il carattere vago e generico attribuito alla nozione di “buone opere”:  nessun accenno al fatto che esse attuano l’osservanza dei Dieci Comandamenti e la lotta quotidiana di ognuno di noi per la sua santificazione, con l’aiuto imprescindibile e decisivo della Grazia.
[5] Giuseppe Alberigo (a cura di), Decisioni dei Concili Ecumenici, tr. it. di Rodomonte Galligani, UTET, 1978, p. 553;  DS 819/1559.
[6] Op. cit., p. 554;  DS 821/1561.
[7] Op. cit., p. 555; DS 834/1574.  Vedi anche i canoni n. 26 e 32, che riaffermano il significato di “premio” delle buone opere per la vita eterna e pertanto “meritorio”delle stesse, sempre per la vita eterna:  si intende, compiute sempre le buone opere dal credente “per la grazia di Dio e i meriti di Gesù Cristo (di cui è membro vivo)”:  op. cit., pp. 556-557 (DS 836/1576; 842/1582).  Anche se le buone opere mancano del tutto, il luterano è convinto di salvarsi lo stesso!
[8] Così non teme di esprimersi la Dichiarazione congiunta, al n. 42, nel par. 5.
[9] Sul punto vedi le precise osservazioni del teologo P. Jean-Michel Gleize, FSSPX, nella panoramica di sei suoi brevi articoli intitolata: En cas de doute…, ‘Courrier de Rome’, janvier 2017, LII, N. 595, pp. 9-11.  Gli articoli trattano in modo approfondito il problema del “Papa eretico”. 
[10]  Voce Giovanni XXII dell’Enciclopedia Treccani, di Charles Trottman, tr. it. di Maria Paola Arena, p. 25/45, reperibile su internet. Vedi anche Gleize, op.cit., p. 10.  Per i testi: DS 529-531/990-991; 1000-1002. 

23 commenti:

  1. La correzione inaudita nella storia della Chiesa di un papa da parte di qualche laici, anche donne, e' l'apoteosi dello spirito del cv2. Non si puo' immaginare qualcosa di meno contrario alla tradizione. Ridicolo e inutile.

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  2. La "correzione filiale" fatta da prevalentemente da fedeli laici evidenzia la depravazione dottrinale del clero postconciliare intriso di modernismo fino al midollo. Non ricordo chi ebbe a dire che questo è il tempo dei laici. Spetta a voi laici sia conservare l'ortodossia immutata e immutabile della fede e sia manifestare ai pastori i pericoli per la fede che certe loro idee causano. Indubbiamente è inusuale che dei fedeli laici correggano i pastori e addirittura che correggano il papa stesso. Inusuale, molto inusuale, ma possibile, totalmente possibile. La teologia tradizionale contempla questa rara possibilità che i fedeli laici correggano gli errori dei sacri pastori. Coraggio. Andate avanti che il Signore è con chi difende la Verità rivelata non con chi la offende e la violenta.

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  3. PP ha detto: "È vero che non hanno valore magisteriale. Se l’avessero, gli organi ecclesiastici competenti (il Collegio cardinalizio o singoli cardinali) sarebbero certamente legittimati (io credo) a chiedere che Papa Francesco venisse messo formalmente sotto accusa per eresia manifesta".

    Giusta osservazione, che, tuttavia, mi pare poter rimanere vittima di un dilemma.
    1) La giurisprudenza, cioè l'atto legalmente valido in quanto tale, non è cosa di secondaria importanza, poiché, contro ogni "esoterismo" (da intendersi in senso etimologico = dal greco "eso" = dentro, chiuso, nascosto), l'atto legale rappresenta di per sé ciò che è "essoterico" (con due "s" poiché proveniente dal greco "exo" = fuori, aperto, esplicito), ossia ciò che è totalmente esplicitato e può dunque essere controllato da tutti. Da ciò consegue che, non trattandosi di atti formalmente eretici, non ne deriva la necessità di una correzione formale, ossia svolta sul piano della legge canonica con atti ufficiali.

    2) Tuttavia, per chi conosca l'essenza gnostica del modernismo, risulta altrettanto evidente che esso di necessità, da un lato, cioè sul piano teoretico sfrutta proprio la differenza tra affermazioni teorico-dottrinali e "prassi etica" e, dall'altro, cioè sul piano legale, sfrutta la differenza tra atto formalmente legale e atto, diciamo così, "privato" o ufficioso. In altre parole il modernismo sul piano teorico difficilmente farà affermazioni dottrinali precise, essoteriche e non ambigue, proprio perché, avendo la pretesa di realizzare la "coincidentia oppositorum" di cusaniana memoria (v. definizione del modernismo data da Cornelio Fabro nell'Enciclopedia Cattolica del 1952), non può non essere ambiguo, dato che la coincidentia oppositorum significa negazione del principio di non contraddizione. Ecco allora che l'eresia è introdotta non con l'esplicita e chiara negazione delle dottrine vere, ma con un linguaggio ambiguo che permette interpretazioni ambivalenti e, di conseguenza, una "prassi etica" ambivalente, cioè di fatto corrispondente nella realizzazione pratica di eresie (dunque di gravi peccati).
    [segue]

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  4. [segue]
    2.1) Quando poi, perché i tempi sono maturi (in senso negativo), ci si possa spingere sino ad affermazioni esplicitamente eretiche, come pare il caso per la citata "Dichiarazione congiunta", ci si limita a farlo in forme più o meno magisteriali, comunque sempre formalmente non impegnanti l'infallibilità.

    3) Ecco allora il dilemma: posta questa essenziale ritrosia del modernismo all'essoterismo, esso la usa evidentemente anche come tattica per disorientare l'avversario e non dargli mai il destro "legale" di procedere con atti ufficiali e formalmente legali.

    Non sarebbe allora il caso di studiare bene il problema e giungere a chiarire il nesso essenziale tra "prassi eretica" ed eresia formale (anche sul piano del diritto canonico)?

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  5. A sentir Wojtyla Lutero non era poi così male...

    -Wojtyla, 22 giugno 1996: "Oggi, 450 anni dopo la morte di Martin Lutero, il tempo che è passato permette di comprendere meglio la persona e l'opera del riformatore tedesco e di essere più equi con lui [...]. La richiesta di riforma della Chiesa fatta da Lutero, nel suo intento originario, era un appello alla penitenza e al rinnovamento. Molti sono i motivi per i quali da quell'inizio si è poi arrivati a questa scissione. Tra questi vi sono la non corrispondenza della Chiesa cattolica..." https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1996/june/documents/hf_jp-ii_spe_19960622_cathedral-paderborn.html

    -Wojtyla, 31 ottobre 1983: "...si è delineata chiaramente la profonda religiosità di Lutero che, con bruciante passione era sospinto dall’interrogativo sulla salvezza eterna..." https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/letters/1983/documents/hf_jp-ii_let_19831031_card-willebrands.html

    -Parole di elogio di Wojtyla per l’eretico boemo Ian Hus: https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1999/december/documents/hf_jp-ii_spe_17121999_jan-hus.html

    -Repubblica del 06/07/1989: "IL PAPA ASSOLVE MARTIN LUTERO 'LA SCOMUNICA E' DECADUTA" http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1989/06/07/il-papa-assolve-martin-lutero-la-scomunica.html

    -Repubblica del 10/06/1991: "CATTOLICI E LUTERANI FANNO PACE" http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1991/10/06/cattolici-luterani-fanno-pace.html

    L'elenco potrebbe continuare ma è meglio fermarsi qui...

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  6. Caro mattutino anonimo delle 7:22, caso mai l'apoteosi del CVII è un vescovo di Roma che dialoga a ruota libera con il mondo, pontefice così esperto di umanità da trascurare l'esigenza della salvezza eterna delle anime, che sarebbe il vertice della cura pastorale.

    S'è fatto così idolo dell'uscire, da dimenticarsi che la porta è comunque e solo Cristo e che la porta è fatta per rientrare, nella casa del Padre, recuperando le pecore disperse, non abbattendo il recinto dell'ovile!

    E' solo per l'offerta che Egli fa di sé al Padre, come Agnello del sacrificio, consacrata sull'altare dal sacerdote (con Cristo che è sacerdote, altare e vittima!) a dare senso al nostro unirci in comunione, rinnegando noi stessi, prendendo la croce e seguendoLo.

    E' l'Unico a poter essere offerta gradita al Padre e noi, in comunione, lo possiamo essere in Lui, unendo l'umanità alla divinità, purificandoci prima di accostarsi all'offerta, che non è "benedetta" semplicemente in quanto frutto nostro, ma perché "anticipo" del sacrificio sul Calvario che sta per essere rinnovato in modo incruento (non semplice cena).

    L'apoteosi del CVII è la tavola imbandita, senza sacrificio. Per questo oggi non è più troppo a tema adorare Chi si sacrifica. Se poi dei laici (donne incluse) questa adorazione la mantiene e la segnala a pastori che paiono troppo attenti ad abolire il peccato per sedersi al banchetto senza farsi o fare troppi problemi agli invitati... beh, veda lei.

    Non confonderei la Tradizione con una "cosa", ma la identificherei con la consapevolezza e la certezza di una relazione vivente e vitale con una Persona, presente realmente! E' questa comunione che viene offerta, in riparazione di oltraggi, sacrilegi e indifferenze.

    Nel vangelo odierno Gesù pare mancare di rispetto alla Mamma (e Gesù non mancava al quarto comandamento, come a nessuno degli altri nove), ma in realtà non è così, perché la Madonna ha sempre ascoltato la Parola di Dio, mettendola in pratica.

    Non è la Madonna, con tutti quelli che si sforzano di essere in grazia di Dio, a essere "esagerata". Ella è degna della compagnia di Gesù al pari di chi, come Lei, lo ama e lo segue... Purtroppo oggi pare che sia più importante prestare attenzione a chi non lo fa, anzi proponendo il criterio che Dio stesso in certi casi "lo consiglierebbe".

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  7. Relativamente alle parole riportate dette da San Giovanni Paolo II, tralasciando i titoli di giornali soprattutto Repubblica, non possiamo metterle sullo stesso piano con quanto detto o portato avanti dal Papa regnante.
    Da una parte, quella del Papa polacco, c'era un tentativo di dialogare (condivisibile o meno questo è ovvio) con fratelli in errore col fine ultimo di riportarli nella Chiesa Cattolica dove è l'unica Chiesa fondata da Cristo e in cui la Verità è mantenuta integra (confrontare Dichiarazione Dogmatica "Dominus Iesus" anno 2000).
    Con l'attuale pontificato assistiamo ad uno sdoganamento dell'errore protestante per il quale si dice che poi tanto errore non era, sino ad dare adito che la Chiesa fondata da Nostro Signore non sussista nella Cattolica ma sia fatta da una somma di tutte le chiese di cui la Cattolica Romana è una di queste. Questo tra l'altro è un errore evidenziato nella suddetta Dominus Iesus.

    Si può discutere sulla opportunità di queste dichiarazioni di San Giovanni Paolo II (ad esempio il cardinal Biffi non era tanto d'accordo) improntate a carità verso gli erranti ma è falso e passibile di giudizio temerario affermare che l'agire del Papa polacco e dell'attuale Papa regnate sia uguale.
    Oggi, come evidenziato dalla Correzione Filiale, si sta sdoganando l'errore.

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  8. Martino hai assolutamente ragione,del resto documentata e dimostrata ma ,mi spiace dirlo,anche su questo sito,molti da questo orecchio non ci sentono.
    L'attuale situazione é grave,a mio parere,anche perché in passato c'è stata scarsissima opposizione agli errori.
    Per quel che mi risulta solo il grande Amerio ha avuto questa capacità e coraggio.
    Antonio (Napoli)

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  9. @Martino

    Sappiamo bene che il problema non nasce con Francesco, ma dall'ecumenismo, e quindi è vecchio di decenni. Tuttavia, GPII - pur spingendosi troppo in là nel "dialogo" - non portò a conseguenze questo errore tentando di luteranizzare la Cattolica sui sacramenti, come sta facendo Francesco.

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  10. # Precisazione a Catacumbulus

    Mi sembra più che giusto il problema che lei pone e che si traduce, alla fine, nel far valere l'esigenza di un approfondimento del nesso tra la "prassi eretica" e l'eresia formale, anche dal punto di vista del CIC. Per quanto riguarda la mia frase, da lei citata, quello che volevo dire era questo e non so se ho reso bene il concetto:

    Se le frasi eretiche o ereticali di PF fossero presenti in un documento dal valore magisteriale, come ad esempio un'esortazione apostolica, mi chiedo se ciò non legittimerebbe una richiesta di messa in stato d'accusa di PF, da parte dell'autorità competente, per eresia manifesta o comunque errore nella fede che conduce all'eresia etc. Trattandosi dell'approvazione esplicita di PF della dottrina di Lutero sulla giustificazione espressamente condannata come eresia in senso formale dalla Chiesa, si può forse parlare di approvazione dell'eresia in senso formale da parte del Papa.

    L'esempio concreto viene dalla questione dei Dubia finora inevasi. Se i due cardinali superstiti colmano la lacuna rappresentata dalla vacanza imposta da PF all'ex S. Uffizio, e dettano loro l'interpretazione corretta (conforme alla dottrina di sempre) dei passi controversi di Amoris Laetitia, dichiarando contrarie alla dottrina e sospette d'eresia etc. le interpretazioni difformi, ne consegue che il Papa dovrebbe prendere posizione in modo ufficiale, dato che l'interpretazione ufficiosa (non meramente privata però) da lui data ai vescovi argentini nella famosa lettera, è proprio quella che cadrebbe sotto le censure di Burke e Brandmueller. A seconda della sua risposta, che, ripeto, non potrebbe a questo punto avvenire nella forma di una dichiarazione privata, si potrebbe chiedere, io credo, la sua messa sotto accusa come eretico o comunque "a fide devius".
    La correctio formalis dei due cardinali costringerebbe il Papa a rispondere in un documento ufficiale, dal significato magisteriale come si suol dire, perché una sua eventuale replica privata, via interviste etc., verrebbe considerata una non-risposta, cosa che potrebbe avere comunque per lui conseguenze negative, esponendolo ad accuse di complicità con l'errore e di incapacità ad esercitare il ministero petrino.

    All'anonimo delle 7:22
    Santa Giovanna d'Arco non agiva certo nello spirito del CV2 eppure fu proprio una giovanetta intrepida e coraggiosa come lei, l'inviata che lo Spirito Santo ispirò ed inviò per far risorgere la Francia oppressa dall'invasore straniero, dalla guerra civile, da ogni sorta di vigliaccheria e di tradimento, da governanti pusillanimi ed incapaci... E magari si degnasse il Signore di far sorgere anche presso di noi oggi una donna eroica come lei, che trascinasse la Chiesa (e l'Italia) alla riscossa e alla rinascita nel nome di Cristo! PP
    PP

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  11. Caro signor Antonio, le dichiarazioni a fini pastorali hanno una valenza, le dichiarazioni dogmatiche (come la Dominus Iesus) hanno un'altra valenza, del tutto maggiore. Se con le prime possiamo o meno essere d'accordo con le seconde dobbiamo esserlo se vogliamo essere cattolici.
    Se con gli erranti possiamo e si deve sulla scorta dell'esempio del Maestro usare carità (nella Verità), con l'errore dobbiamo essere netti e riaffermare la Verità (nella carità).
    Questo ha sempre fatto San Giovanni Paolo II, questo non fa Francesco (come sopra detto e come indicato nella Correzione).

    Poi se si vuole far passare che san Giovanni Paolo II (o anche tutti i Papi dopo il Concilio Vaticano II) è caduto in errore pertinace e quindi in eresia...bè non è questione di non sentirci, questo ribadisco è giudizio temerario. Gli atti di Magistero del Papa polacco (come anche di Benedetto che ne è stata la sua continuazione) non danno nessun dubbio a riguardo. Ed il Catechismo della Chiesa Cattolica edizione 1994 è piuttosto chiaro.

    Amerio era un grande ma l'attuale situazione è grave perché pur avendo avuto Papi degni anche dopo il Concilio che hanno tenuto a galla la "nave" tanti e troppi episcopati caduti in errore hanno propalato in modo ribelle le eresie fregandosene del Magistero dei Supremi Pastori.
    Ora l'errore è salito sino al soglio di Pietro? Mi pare evidente.
    Dobbiamo disperarci??? Non penso.
    Preghiamo e speriamo che l'attuale Papa regnante segua l'esempio di San Pietro che accettò la correzione da San Paolo, e si ravveda confermando i fratelli nella fede.
    Lo farà? Preghiamo. Nel caso non lo faccia sappiamo quello che c'è da fare,
    "bisogna ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini (Atti 5, 29)" e ribadire senza indugio la Verità.

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  12. @Professor PP
    Sì, in effetti ora è più chiaro cosa intendeva dire e concordo. Mi pare ipotesi più che valida: negazione non privata di materia formalmente condannata come eretica = possibilità di un "capo d'imputazione" (mi si passi l'espressione impropria) formalmente valido.

    Temo, tuttavia, che le reazioni che lei prospetta in conseguenza di una correzione formale, presumendone la conformità all'uso di una corretta consecutio logica, si svilupperebbero invece su un piano puramente di "forza bruta", ossia sul piano del peso mediatico (ed eventualmente legalistico) delle parti. Continuerebbero a non pervenire risposte sul piano dottrinale ufficiale, ma più probabilmente un aumento della delegittimazione mediatica (fino alla persecuzione) dei propagatori della correzione formale.

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  13. Caro signor Emanuele,
    io ho condiviso ciò che Martino aveva mostrato, dichiarazioni di G.P.II, documenti alla mano.
    Detto ciò, ne io ne nessuno abbiamo messo i due papi sullo stesso piano.
    E' falsa, comunque, la sua affermazione d'infallibilità della Dominus Jesus.
    Sia lei che F.Giudici e tanti altri,come avevo preannunciato, rifiutate di vedere la realtà, tanto è vero che non rispondete mai nel merito.
    Riguardo ad Amerio, le ricordo che a proposito dell'enciclica di G.P.II, "Tertio Millennio Adveniente", non gliene fa passare una.
    Sinceramente le sue accuse di eresia mi fanno ridere.
    Antonio

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  14. A Lutheran’s love letter to Pope Francis

    "Yet, ever since you became the Bishop of Rome in 2013, I have become increasingly convinced that you are the pope that Luther was looking for 500 years ago. Here are four reasons why."
    https://www.americamagazine.org/faith/2017/09/19/lutherans-love-letter-pope-francis

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  15. I have become increasingly convinced that you are the pope that Luther was looking for 500 years ago. Here are four reasons why.

    E infatti anche noi ne siamo sempre più e più convinti.

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  16. Bergoglio non potrebbe affermare oggi le ben note eresie luterane se non avesse avuto dei precursori (oltre che nei testi del CVII) nei papi postconciliari, tra cui Papa Wojtyla, che ha dato un sostanzioso contributo in tal senso.
    Lo possiamo constatare in foro esterno, ci basta e avanza, non abbiamo bisogno di addentrarci nelle sue intenzioni, che solo l'Onnipotente può giudicare.

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  17. tanto è vero che non rispondete mai nel merito.

    Io le ho risposto nel merito, e anche Emanuele: intanto non abbiamo negato che GPII abbia commesso errori; ma abbiamo fatto presente che non ha intaccato i Sacramenti come viene fatto oggi. Tant'è che i bergogliani si stanno scagliando violentemente contro certe istituzioni messe in piedi da GPII, ad esempio il suo Istituto di Studi sulla Famiglia: perché lì dentro - lo dicono esplicitamente - ci sono le sacche di resistenza più pericolose contro le eresie propagate da Francesco.

    Ora tocca a lei rispondere nel merito.

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  18. Ma anche BXVI in quanto a precursore non fu da meno:

    Per me, come Vescovo di Roma, è un momento di profonda emozione incontrarvi qui, nell’antico convento agostiniano di Erfurt. Abbiamo appena sentito che qui Lutero ha studiato teologia. Qui ha celebrato la sua prima Messa. Contro il desiderio del padre, egli non continuò gli studi di giurisprudenza, ma studiò teologia e si incamminò verso il sacerdozio nell’Ordine di sant’Agostino. E in questo cammino non gli interessava questo o quello. Ciò che non gli dava pace era la questione su Dio, che fu la passione profonda e la molla della sua vita e dell’intero suo cammino. “Come posso avere un Dio misericordioso?”: questa domanda gli penetrava nel cuore e stava dietro ogni sua ricerca teologica e ogni lotta interiore. Per Lutero la teologia non era una questione accademica, ma la lotta interiore con se stesso, e questo, poi, era una lotta riguardo a Dio e con Dio.

    "Questa scottante domanda di Lutero e cioè "Qual è la posizione di Dio nei miei confronti? E come mi trovo io davanti a Dio?" deve diventare di nuovo concretamente anche la nostra domanda. Penso che questo sia il primo appello che dovremmo sentire nell'incontro con Martin Lutero".

    "Il pensiero di Lutero, l'intera sua spiritualità era del tutto cristocentrica.
    "Ciò che promuove la causa di Cristo" era per Lutero il criterio ermeneutico decisivo nella interpretazione della Sacra Scrittura"

    https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2011/september/documents/hf_ben-xvi_spe_20110923_evangelical-church-erfurt.html

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  19. Conosciamo anche quelle frasi di BXVI. Il quale però non ha mai detto che "Lutero è una medicina per la Chiesa".

    Ora, comprendo benissimo che queste "aperture", pur essendo sostanzialmente solo diplomatiche e non dottrinali (vale il punto citato prima sulla "Dominus Iesus"), abbiano contribuito all'indebolimento nella percezione ortodossa dei fedeli. È vero che questo indebolimento percorre tutti i decenni del post Concilio. Come si vede, non faccio una difesa a spada tratta di quei due papi. Ma non si possono mettere sullo stesso piano di Francesco, e non solo per le intenzioni.

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  21. @ marius,

    FI, non è un corpo estraneo. E' organico.

    Grazie.

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  22. Buon giorno Fabrizio,
    non avrei bisogno di entrare nel merito
    in quanto aveva già provveduto Martino,a cui avevo dato il mio assenso.A mia volta Ho citato la Tertio millennio alla quale Amerio ha dedicato ben 55 chiose,se non ricordo male.
    GPII e Benedetto XVI hanno sicuramente difeso la fede di sempre su alcuni punti essenziali. Il primo su sacramenti e famiglia l'altro mettendo al primo posto i valori non negoziabili. Evidentemente non possono essere messi sullo stesso piano,quindi non é il caso di insistere su questo punto.
    Non si può tacere, però, che entrambi hanno accettato e propagato i nuovi e falsi insegnamenti conciliari su libertà religiosa, ecumenismo e rapporto con le altre religioni e scusate se é poco. Se volessi davvero entrare nel merito potrei scrivere volumi.
    In tanto faccio notare che il prof Pasqualucci
    ha praticamente demolito la dichiarazione congiunta fra cattolici e protestanti,voluta e approvata da GPII e Ratzinger, evidenziandone i gravi errori in essa contenuti.
    Nessuno ha pensato,però, di accusarlo di eresia.
    Lo stesso prof.ha chiaramente detto di considerare quella dichiarazione la premessa agli odierni errori Bergogliani.
    Penso che possa bastare.
    Antonio

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  23. Antonio,

    sul commento delle 10:57 possiamo dire di avere trovato una sintesi e l'accordo.

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