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sabato 22 giugno 2024

Quattro considerazioni sul caso di mons. Carlo Maria Viganò

Ricevo via mail e volentieri condivido l'interessante commento di Aurelio Porfiri sul caso Viganò che, tra l'altro, afferma: "L’apostasia che stiamo vivendo non è molto diversa da quella dei Vescovi che giurarono fedeltà a Enrico VIII pur di non perdere rendite e benefici: la differenza è che oggi l’atto di obbedienza è richiesto verso Bergoglio, il Concilio Vaticano II, il Novus Ordo, la “chiesa sinodale”, la Pachamama". Richiamo l'attenzione di chi legge sulla mia nota riguardante fondamentali precisazioni nei confronti del Concilio  e del nostro comportamento al riguardo.

Quattro considerazioni sul caso di mons. Carlo Maria Viganò
Aurelio Porfiri

In molti stiamo seguendo la situazione che coinvolge mons. Carlo Maria Viganò, arcivescovo Italiano a processo da parte del Dicastero per la Dottrina della Fede con la pesante accusa di scisma.

Devo premettere che in passato ho avuto un rapporto molto cordiale con mons. Viganò di cui ho anche favorito la pubblicazione di alcuni libri. Poi purtroppo, non per mia scelta, il rapporto si è diradato, ma voglio naturalmente conservare quella buona memoria conseguente ai nostri scambi di e mail di qualche anno fa.

Quindi le mie considerazioni vogliono essere uno sguardo imparziale sulla situazione che si è venuta a creare.
  1. 1. Non credo che l’attenzione vaticana sia una grande sorpresa per mons. Viganò. Del resto le sue posizioni, dimostrate anche dalla risposta da lui diffusa, testimoniano di una radicalità nelle sue posizioni che difficilmente potrebbe favorire una riconciliazione con la Santa Sede, una riconciliazione che allo stato attuale lui non sembra cercare particolarmente.
  2. Nella sua Dichiarazione recente viene fatto un riferimento a mons. Marcel Lefebvre. È un riferimento interessante. Dice mons. Viganò:
    “Cinquant’anni fa, in quello stesso Palazzo del Sant’Uffizio, l’Arcivescovo Marcel Lefebvre venne convocato e accusato di scisma per aver rifiutato il Vaticano II. La sua difesa è la mia, le sue parole sono le mie, miei sono i suoi argomenti dinanzi ai quali le Autorità romane non hanno potuto condannarlo per eresia, dovendo aspettare che consacrasse dei Vescovi per avere il pretesto di dichiararlo scismatico e revocargli la scomunica quando ormai era morto. Lo schema si ripete anche dopo che dieci lustri hanno dimostrato la scelta profetica di Mons. Lefebvre”. Capisco come mons. Viganò possa sentire vicino a sé l’esempio di mons. Lefebvre, anche se, ovviamente, la posizione di fronte al Papa non è la stessa. Mons. Lefebvre cercò di non mettere in dubbio la legittimità dei Papi a lui contemporaneo mentre mi sembra mons. Viganò abbia in questo una posizione molto più radicale: “La Rinunzia di Benedetto XVI e la nomina da parte della Mafia di San Gallo di un successore in linea con i diktat dell’Agenda 2030 doveva consentire – e ha effettivamente consentito – di gestire il golpe globale con la complicità e l’autorevolezza della Chiesa di Roma. Bergoglio è per la Chiesa ciò che altri leader mondiali sono per le loro Nazioni: traditori, eversori, liquidatori finali della società tradizionale e certi dell’impunità. Il vizio di consenso (vitium consensus) da parte di Bergoglio nell’accettare l’elezione si basa appunto sull’evidente alienità della sua azione di governo e di magistero rispetto a ciò che qualsiasi Cattolico di qualsiasi tempo si aspetta dal Vicario di Cristo e dal Successore del Principe degli Apostoli. Tutto ciò che Bergoglio compie costituisce un’offesa e una provocazione a tutta la Chiesa Cattolica, ai suoi Santi di tutti i tempi, ai Martiri che sono stati uccisi in odium Fidei, ai Papi di tutti i tempi fino al Concilio Vaticano II”.
    Detto questo, bisogna però anche dire che le tentazioni sedevacantiste e sede materialiste nascono proprio in seno alla Fraternità (anche se padre Guerard de Lauriers, fautore della Tesi di Cassiciaco, fu allontanato dall’insegnamento nella Fraternità). Le tentazioni di tesi alternative a quelle della legittimità del Pontefice si aggirano come uno spettro nella vita della Chiesa e non da oggi.
  3. Io credo che la figura di mons. Viganò sia interessante anche per un altro fatto. Il suo tentativo di agganciare la spaventosa crisi di fede con il declino morale, civile e politico che il mondo sta vivendo. Questo, paradossalmente, quasi agganciandosi proprio a quella lettura dei segni dei tempi voluta dal Concilio Vaticano II da lui ora tanto osteggiato-(1)
  4. Il punto 3 mi fa porre altri interrogativi: quanti “mons. Viganò” esistono nel clero e nella gerarchia, prelati che in fondo condividono quei giudizi ma che tacciono per paura di perdere posizione e colazione?
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Nota di Chiesa e post-concilio
1. Il concilio è osteggiato, a quanto mi risulta anche da mons. Viganò,  solo in quelle parti dei suoi documenti in discontinuità con la tradizione, spesso ben mascherate da quelli che Romano Amerio (nel suo Iota Unum) chiama circiterismi nel senso di espressioni di un eloquio debordante e ambiguo,  di fatto concretamente veicolate attraverso la pastorale non più definitoria (qui). Ricordo anche i quattro livelli del Vaticano II di mons. Gherardini (solo il IV è quello delle innovazioni da identificare e disattendere qui) e la soluzione proposta da mons. Schneider (qui). 
Del resto sarebbe irrealistico ignorarlo come se non ci fosse mai stato, posto che le variazioni introdotte nella prassi (di cui vediamo il culmine nell'attuale pontificato), hanno prodotto cambiamenti anche nella dottrina, che definire epocali è dir poco...
Quel che è sempre mancata ed ora sembra acquistare addirittura la connotazione di comportamento scismatico è ogni possibilità di discussione e approfondimento sulle applicazioni spurie, negata a tutti i livelli, a partire da tutti i papi conciliari. Io c'ero a quel famoso Convegno (qui), ottimamente frequentato – organizzato dai Francescani dell'Immacolata – dal quale scaturirono molte interessanti relazioni oltre alle due di cui ai link supra. Esso avrebbe dovuto essere, dichiaratamente, l'inizio di un discorso molto serio da proseguire in ambito ecclesiale; il che, a ragion veduta, possiamo considerare una delle cause determinanti della soppressione dei Francescani dell'Immacolata (qui), il cui carisma peraltro è tuttora vivo, sia pure sotto traccia! (Maria Guarini)

5 commenti:

  1. N.B. un arguto commentatore ieri aveva messo in guardia Monsignore dall'andare in Vaticano ricordando la sorte del Cardinale Pell, che non è stato il primo ad avere un banale incidente, ad essere trasportato in ospedale e lì morire. Okkio a tutti i naviganti in quelle acque!
    a.m.

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  2. Sul Vaticano II22 giugno, 2024 10:05

    Se seleziono dalle pagine di  cronaca nera alcuni  concetti, posso sicuramente comporre un sonetto amoroso. Così  potrebbe essere con tutti i documenti del CVII.  I fatti però ci dicono che tutte le buone intenzioni di emendare i famosi documenti sono naufragate per una ragione o per l'altra. Quindi mettiamolo da parte per sempre e per sempre silenzio su quanto non è né carne, né  pesce.

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  3. Trovo altamente salutare questo confronto nazional/internazional popolar/teologico/politico/ morale sul caso Viganò. Finalmente si parla con rispetto anche del vecchio Cattolicesimo, schiacciato all'angolo dalla svampita modernità tecnologica artificiale e bombarola. Il Cattolicesimo sta di nuovo facendo capolino tra le rovine della verbosità incantatoria, della cieca velocità, del meccano ignaro del vivente. Il Cattolicesimo avanza tra le macerie della Fede, dell'onore, della verità,  della sincerità,  della lealtà,  della onestà, del pudore, della fedeltà,  della umiltà,  pronto a ricostruire con l'uomo quanto è stato distrutto, ma solo se l'uomo stesso, davanti a tanta rovina, è ora sinceramente determinato a schierarsi  con nostro Signore Gesù  Cristo.
    m.a.

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  4. « Ubi enim thesaurus vester est, ibi et cor vestrum erit. » (Luca 12:34)

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  5. La diversità di reazione tra mons. Lefebvre e mons. Viganò mi sembra che stia nel diverso grado di eresia e apostasia dei Papi che si sono succeduti durante la vita di mons Lefebvre. Nessuno di loro ha rinunciato al titolo di Vicario di Cristo, scegliendo quello di successore di Pietro, atto che mi sembra piuttosto sottovalutato, se non rimosso, dalla maggior parte dei commentatori del novello "pelide Achille, che tanti lutti adduce alla Chiesa." . La posizione presa dalla FSSPX non mi sorprende, dopo quella presa all'inizio della mattanza mondiale detta pandemia, appiattita sulle posizioni vaticane. Come allora mi addolora, mentre ora non mi sorprende. Cosa farebbe ora mons. Lefebvre non lo so, è quello che viene fatto ora che, in queste orrende condizioni, va valutato. Nessuno, davanti a Gesù Cristo, si può
    giustificare nascondendosi dietro ad un altro, fosse pure un eroe della fede come fu monsignore. Valeria Fusetti

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