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mercoledì 17 dicembre 2025

Novena di Natale - II giorno : O Sapiéntia!

Oggi è il secondo giorno della Novena di Natale [vedi]. Anche quest'anno, in una temperie oscura ma piena di grazie, oltre che col testo base di cui al link, la percorreremo ogni giorno con una delle Antifone "O" nella meditazione di dom Guéranger. La meditazione della prima Antifona è preceduta da un'ampia preziosa introduzione, che appartiene alla riscoperta dei nostri tesori nel cuore della Chiesa.

17 Dicembre - Inizio delle grandi Antifone

La Chiesa apre oggi la serie settenaria dei giorni che precedono la Vigilia di Natale, e che sono celebrati nella Liturgia con il nome di Ferie maggiori. L'Ufficio ordinario dell'Avvento assume maggiore solennità; le Antifone dei Salmi, alle Laudi e alle Ore del giorno, sono proprie del tempo e hanno un rapporto diretto con la grande Venuta. Tutti i giorni, ai Vespri, si canta una grande Antifona che è un grido verso il Messia e nella quale gli si dà ogni giorno qualcuno dei titoli che gli sono attribuiti nella Scrittura.

Il numero di queste Antifone, che sono dette volgarmente antifone O dell'Avvento, perché cominciano tutte con questa esclamazione è di sette nella Chiesa romana, una per ciascuna delle sette Ferie maggiori, e si rivolgono tutte a Gesù Cristo. Altre Chiese, nel medioevo, ne aggiunsero ancora due: una alla Santissima Vergine, O Virgo Virginum! e una all'Angelo Gabriele, O Gabriel! Oppure a san Tommaso, la cui festa cade nel corso delle Ferie maggiori. Quest'ultima comincia così: O Thomas Didime! [1]. Vi furono anche delle Chiese che portarono fino a dodici il numero delle grandi Antifone, aggiungendone alle nove di cui abbiamo parlato altre tre, e cioè: una a Cristo, O Rex pacifice! una seconda alla Santissima Vergine, O mundi Domina! e infine un'ultima a mo' d'apostrofe a Gerusalemme, O Hierusalem!
Il momento scelto per far ascoltare questo sublime appello alla carità del Figlio di Dio è l'ora dei Vespri, perché è alla sera del mondo, vergente mundi vespere, che è venuto il Messia. Si cantano al Magnificat, per denotare che il Salvatore che aspettiamo ci verrà da Maria. Si cantano due volte, prima e dopo il Cantico, come nelle feste Doppie, in segno della maggiore solennità; ed era anche antica usanza di parecchie Chiese cantarle tre volte, cioè prima del Cantico stesso, prima del Gloria Patri e dopo il Sicut erat. Infine, queste meravigliose Antifone che contengono tutto il midollo della Liturgia dell'Avvento, sono adorne d'un canto armonioso e pieno di gravità, e le diverse Chiese hanno conservato l'usanza di accompagnarle con una pompa tutta speciale, le cui manifestazioni sempre espressive variano secondo i luoghi. Entriamo nello Spirito della Chiesa e riceviamole per unirci, con tutta l'effusione del nostro cuore, alla stessa santa Chiesa, allorché fa sentire al suo Sposo questi ultimi e teneri inviti ai quali egli infine si arrende.
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[1] Quest'antifona è più moderna; ma a partire dal XIII secolo sostituì quasi universalmente quella: O Gabriel!
(da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 308-309)

* * *
«Chi dice “O…” sta contemplando con il cuore colmo di stupore. Questi testi esprimono lo stupore commosso della Chiesa nella sua secolare, instancabile contemplazione del Mistero. Attraverso le classiche immagini della Bibbia essi enumerano una serie di titoli del Verbo incarnato. Ognuno di essi è una finestra aperta sul mondo» (Mariano Magrassi).
Assai sorprendente poi è l’acrostico che si ottiene quando le prime lettere (dopo la «O») delle sette antifone vengono lette in ordine inverso, dal basso verso l’alto:
Emmanuel
Rex
Oriens
 
  Clavis
Radix
Adonai
Sapientia
le iniziali delle parole producono la frase latina «ERO CRAS» (trad. «Sarò lì domani»), espressione assai appropriata per i giorni che precedono il Natale. Questa disposizione dei testi è da alcuni attribuita ad una precisa operazione liturgica dei monaci benedettini dell’abbazia di Fleury, nella quale l’uso di queste antifone ebbe grande importanza. Tuttavia, non vi sono prove certe che ciò sia frutto di una intenzionale scelta compositivo-liturgica e non piuttosto una fortunata coincidenza, ben colta dalla sensibilità medioevale molto attenta ad acronimi, giochi di parole e simbolismi numerici.
L’invocazione contiene già l’esaudimento della preghiera; la nostalgia dei beni perduti diviene gioia del possesso; il desiderio di incontrare il Dio salvatore si fa contemplazione della sua vicinanza: il “vieni” che dopo la contemplazione introduce l’invocazione porta su di sé tutto il peso della speranza cristiana.

I Antifona
O Sapiéntia, quæ ex ore Altíssimi prodiísti, attíngens a fine usque ad finem, fórtiter suavitérque dispónens ómnia: veni ad docéndum nos viam prudéntiæ O Sapienza, che sei uscita dalla bocca dell’Altissimo, che attingi l’uno e l’altro estremo, e disponi di tutte le cose con forza e dolcezza: vieni ad insegnarci le vie della prudenza.

O Sapienza increata che presto ti renderai visibile al mondo, come si vede bene in questo momento che tu disponi tutte le cose! Ecco che, con il tuo divino permesso, è stato emanato un editto dell'imperatore Augusto per fare il censimento dell'universo. Ognuno dei cittadini dell'Impero deve farsi registrare nella sua città d'origine. Il principe crede nel suo orgoglio di aver mosso a suo vantaggio tutto il genere umano. Gli uomini si agitano a milioni sul globo, e attraversano in ogni senso l'immenso mondo romano; pensano di obbedire a un uomo, e obbediscono invece a Dio. Tutto quel grande movimento non ha che uno scopo: di condurre cioè a Betlemme un uomo e una donna che hanno la loro umile dimora in Nazareth di Galilea, perché quella donna sconosciuta dagli uomini e amata dal cielo, giunta al termine del nono mese dalla concezione del suo figliuolo, dia alla luce a Betlemme il figlio di cui il Profeta ha detto: "La sua origine è fin dai giorni dell'eternità; o Betlemme, tu non sei affatto la più piccola fra le mille città di Giuda, poiché da te appunto egli uscirà". O sapienza divina, quanto sei forte, per giungere così ai tuoi fini in un modo insuperabile per quanto nascosto agli uomini! Quanto sei dolce, per non fare tuttavia alcuna violenza alla loro libertà! Ma quanto sei anche paterna nella tua premura per i nostri bisogni! Tu scegli Betlemme per nascervi, perché Betlemme significa la Casa del Pane. Ci mostri con ciò che tu vuoi essere il nostro Pane, il nostro nutrimento, il nostro alimento di vita. Nutriti d'un Dio, d'ora in poi non morremo più. O Sapienza del Padre, Pane vivo disceso dal cielo vieni presto in noi, affinché ci accostiamo a te, e siamo illuminati dal tuo splendore; e dacci quella prudenza che conduce alla salvezza.
(da: P. Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, Edizioni Paoline, 1959, p. 309.)

2 commenti:

  1. Qui l'autore ne ha tratto una composizione classicheggiante, mettendo in fila l'inizio delle sette antifone. Purtroppo la resa del coro inglese inciampa un po' su qualche pronuncia latina! https://therevleon.substack.com/p/o-emmanuel

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  2. Perché Paul Claudel parla dell’eterna infanzia di Dio?

    1.Il 25 dicembre 1886 un giovane Paul Claudel entrò ateo nella Cattedrale di Notre-Dame de Paris per uscirne cristiano. Il racconto autobiografico che segue pone l’accento su quel sentimento dell’innocenza, dell’eterna infanzia di Dio che il Natale celebra come fattore di svolta per il cuore assettato di Assoluto.

    2.Leggiamo e riflettiamo sul racconto che il poeta e scrittore francese ci ha lasciato sulla sua conversione: Ecco come era il giovane infelice che il 25 Dicembre si recò a Notre-Dame per assistere all’Ufficio di Natale. Cominciavo allora a scrivere e mi sembrava che nelle cerimonie cattoliche, considerate con superiore dilettantismo, avrei trovato uno stimolo opportuno e la materia per qualche esercizio decadente. In queste condizioni, urtando a gomitate la folla, assistetti alla Messa solenne con poco piacere. Poi, non avendo nient’altro di meglio da fare, tornai al pomeriggio per i Vespri. I bambini del Coro, vestiti di bianco, e gli alunni del Seminario Minore di Saint-Nicolas-du Chardonnet stavano cantando ciò che più tardi ho saputo essere il Magnificat. Io ero in piedi tra la folla, vicino al secondo pilastro rispetto all’ingresso del Coro, a destra, dalla parte della Sacrestia. In quel momento capitò l’evento che domina tutta la mia vita. In un istante il mio cuore fui toccato e io credetti. Credetti con una forza di adesione così grande, con un tale innalzamento di tutto il mio essere, con una convinzione così potente, in una certezza che non lasciava posto a nessuna specie di dubbio che, dopo di allora, nessun ragionamento, nessuna circostanza della mia vita agitata hanno potuto scuotere la mia fede né toccarla. Improvvisamente ebbi il sentimento lacerante dell’innocenza, dell’eterna infanzia di Dio: una rivelazione ineffabile! Cercando –come ho spesso fatto– di ricostruire i momenti che seguirono quell’istante straordinario, ritrovo gli elementi seguenti che, tuttavia, formavano un solo lampo, un’arma sola di cui si serviva la Provvidenza divina per giungere finalmente ad aprire il cuore di un povero figlio disperato: ‘Come sono felici le persone che credono!’ . Ma era vero? Era proprio vero! Dio esiste, è qui. È qualcuno, un essere personale come me. Mi ama, mi chiama. Le lacrime e i singulti erano spuntati, mentre l’emozione era accresciuta ancor più dalla tenera melodia dell’ ‘Adeste, fideles’ […]. Che me ne importava del resto del mondo, davanti a quest’Essere nuovo e prodigioso che mi si era svelato?”
    https://itresentieri.it/avvento-innocenza-infanzia-di-dio/

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