Brunero Gherardini, "Quod et tradidi vobis. La tradizione vita e giovinezza della Chiesa", Casa Mariana, Frigento 2010
Ho avuto la gioia e il privilegio di ricevere dalle mani di Mons. Gherardini la sua più recente fatica a difesa della Tradizione cattolica: "Quod et tradidi vobis" - La Tradizione vita e giovinezza della Chiesa pubblicato su Divinitas, la Rivista Internazionale di Ricerca e di Critica Teologica, Città del Vaticano - e comincio subito ad attingerne, per condividere con voi temi che, dopo il dibattito tridentino, sono stati affrontati solo in termini contestatori "le cui conclusioni ed il cui spirito furon poi come la culla nella quale la dissoluzione modernistica della Tradizione si sarebbe trovata a proprio agio".
Introduzione del principio di inclusività nella Chiesa cattolica e sue conseguenze
(il titolo è mio e si riferisce il punto a) del § 3.6 del Cap. Tradizione e postconcilio, pag. 233-34 riprodotto di seguito)
Non è un testo divulgativo, ma denso e completo di fonti e riferimenti, destinato agli studiosi, ai quali spetta il compito di approfondire e formulare orientamenti e possibili soluzioni in ordine ai problemi che il cosiddetto spirito-conciliare ha introdotto nella Chiesa, divenendo una delle principali concause della crisi epocale che la Chiesa sta attraversando e noi in essa. Tuttavia non ci sottraiamo dal coglierne alcune 'perle' che confermano e incoraggiano la nostra riflessione, perché ci rivelano la profonda sintonia delle piste ermeneutiche che abbiamo seguito fin qui con quelle dell'Autore, di cui vi sottopongo una prima articolazione, in base alla quale è possibile rispondere all'interrogativo sulle ragioni che hanno consentito e consentono che una realtà come il cammino neocatecumenale, insieme ad altre discrasie moderniste, abbia potuto e possa avere diritto di cittadinanza nella Chiesa del nostro tempo...
Introduzione del principio di inclusività nella Chiesa cattolica e sue conseguenze
(il titolo è mio e si riferisce il punto a) del § 3.6 del Cap. Tradizione e postconcilio, pag. 233-34 riprodotto di seguito)
« Inizio dal famoso "subsistit in" di Lumen Gentium 8/b. Il testo ricorre ad un'inutile ed ingombrante circonlocuzione per non offendere gl'interlocutori del dialogo ecumenico con un semplice "Haec unica Christi Ecclesia est Ecclesia catholica". È pur vero che, su quest'identificazione, la circonlocuzione non lascia dubbi, ma il rispetto dei detti interlocutori espunse evidentemente la perentoria formulazione della Professio Fidei Tridentina e del Vaticano I: "Sancta catholica apostolica romana Ecclesia".
LG 8/b lasciò più di una porta aperta ad un concetto di Chiesa inclusivo anche della loro presenza con la proposizione concessiva "extra eius compaginem elementa plura sanctificationis et unitatem catholicam impellunt" [ancorché al di fuori del suo organismo si trovino parecchi elementi di santificazione e di verità, che, appartenendo propriamente per dono di Dio alla Chiesa di Cristo, spingono verso l'unità cattolica]. Unitatis Redintegratio 3 b-d fece poi il resto: riconobbe che fuori della chiesa cattolica esistono "plurima et eximia bona, quibus simul semptis ipsa Ecclesia edificatur et vivificatur" [Inoltre, tra gli elementi o beni dal complesso dei quali la stessa Chiesa è edificata e vivificata, alcuni, anzi parecchi ed eccellenti, possono trovarsi fuori dei confini visibili della Chiesa cattolica].
Ovvia la conclusione da trarre: la Chiesa di Cristo non è quella cattolica, ma questa concorre con altre - ossia con tutte quelle che dispongono dei "bona plurima et eximia quibus ipsa Ecclesia aedificatur et vivificatur" - alla costituzione della Chiesa di Cristo. In codesta Chiesa di Cristo, dunque, e nell'insieme dei soggetti ecclesiali che concorrono a costituirla, sussiste la Chiesa vera. Non quindi nella Chiesa cattolica romana. Ciò significa che la preposizione in venne scelta ad arte per operar il passaggio da un giudizio di identità (Ecclesia Christi est Ecclesia catholica) ad un giudizio di inclusione (la Chiesa di Cristo include in sé quella cattolica e tutte le altre dotate di beni salutari). »
Questo punto è preceduto dalla seguente affermazione: « Oggi, l'estrema incoerenza o la strana dabbenaggine di chi è "maestro in Israele" propone una tradizione vivente [che significa aperta alla commistione con i fenomeni culturali destinati a snaturarla e quindi a neutralizzarla e non viva, cioè tanto vivente in quanto vera (1)], nella quale il sì della verità da sempre trasmessa non elide il no dell'opposta dottrina, ma a questa affida i propri contenuti per un'"autoricomprensione" di essi, nell'ambito di un pluralismo incolore e insensibile allo stridore dell'antitesi. Non è un paradosso, è l'assurdo, il logicamente contradditorio, l'antitesi assurta a validità esemplaristica e ideale. » [Ma quale intesa può esserci tra Cristo e Belial (2 Cor 6,15)? - è anche il titolo di un recente testo di Mons. Gherardini sul falso ecumenismo]
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(1) Inserisco in nota cosa deve intendersi per Tradizione viva, estratto da una mia sintesi della relazione dello stesso Mons. Gheradini al Convegno Summorum Pontificum, dono per tutta la Chiesa, tenutosi a Roma dal 16 al 18 ottobre 2009:
La Tradizione è ininterrotta inalterata fedeltà della Chiesa al proprio atto di nascita, ai suoi principi vitali. Con cristallina chiarezza e profondità teologica, mons. Gherardini ha mostrato l’antitesi tra la “tradizione vivente” – di conio modernista, storicista e soggettivistico, che esclude la continuità e sancisce una rottura sempre nuova, perché “vivente” non è la tradizione, ma il principio che la neutralizza – e la “ermeneutica teologica evolutiva”, perché Tradizione e fissità non stanno insieme. Infatti chiunque voglia dare un nome ai criteri interpretativi di cui si avvale deve farlo secundum normas teologicae interpretationis; il che esclude tutti i criteri immanentistici antropocentrici e storicisti post illuministi che si ispirano al sentimentalismo, al romanticismo e forniscono di volta in volta unicamente risposte a domande contingenti, pretendendo di conformare il dogma e la dottrina alle molteplici variazioni del fragile pensiero umano, anziché ancorarli alla Divina Rivelazione. L’ermeneutica teologica definita della “continuità evolutiva”, esclude tutti quei criteri immanentistici che si sono imposti, dall’Illuminismo ad oggi, sia alla filosofia che alla teologia. Gli Apostoli ci hanno lasciato quanto da Cristo avevano ricevuto ratione ecclesiae, non i carismi personali ma le verità riguardanti la Fede e la Chiesa. Successio et Traditio: al successor viene trasmesso un deposito di cui diventa custos et traditor, ossia custode e trasmettitore di quod semper, quod ubique, quod ab omnibus creditum est. Tradizione da tradere: trasmettere, consegnare, comunicare; il che implica l’atto, il contenuto, l’Autorità che trasmette la sapienza metabolizzata dalle più lontane generazioni consegnata alla presente da consegnare alle future. Paolo a Timoteo afferma che la grazia ricevuta con l'imposizione delle mani lo abilita a trasmettere la verità ricevuta a uomini 'sicuri'. Ecco già in atto la catena della successione apostolica. Tertulliano parla di trasmissione della 'semente apostolica'. I Padri la chiamano Traditio Dominica o Traditio Apostolica “lo Spirito Santo vi ricorderà tutte le cose che vi ho insegnato io” (Gv 14, 26). L’insufflatio dello Spirito non ha per oggetto una o più, ma “quaecumque dixero vobis”: tutte le cose, acquisizioni sempre più approfondite, nova et vetera (Gv 16,13).
ce l'ho un mese di tempo per rispondere? prima però vado a prendere ripetizioni da un Baccalaureato in teologia....
RispondiEliminaMa pian piano ci arrivo... diceva Paolo Brosio: ti ripiglio ti ripiglio...tanto ti ripiglio
Alino77
PS Senza scherzare: lo spessore di ciò che ci proponi è veramente alto e interessante, e degno dell'attenzione di chi incontra questo blog (con questo non intendo denigrare altro...).
Potrebbe essere interessato anche un certo Sig. Giovanni Mandis (che mi sa conosciamo entrambi bene per una certa soffiatina..., e che reputo persona colta, garbata e rispettabile). Io fossi in te lo inviterei a partecipare.
sono felice della tua accoglienza. Il tema non è dei più semplici, ma di sicuro è il cuore del problema...
RispondiEliminanon ho idea della soffiatina di cui parli a proposito di Mandis... io non ho suoi dati, lo incontro solo qualche volta in altri blog... per caso potresti invitarlo tu?
Ti ringrazio per la disponibilità ad approfondire.
Farà molto bene anche a me e a chiunque voglia imbarcarsi in questa avventura.
Ciao. Buona notte
Allora, per ora, ci fermiamo solo su questi articoli, approfondendo su ognuno la riflessione col tempo che ci vorrà.
RispondiEliminaInserirò qualcosa d'altro solo su tuo eventuale suggerimento e se interviente qualche notizia di attualità che vale la pena riprendere e seguire
Lumen Gentium 8/b
RispondiElimina"Haec unica Christi Ecclesia est Ecclesia catholica".
Professio Fidei Tridentina e del Vaticano I: "Sancta catholica apostolica romana Ecclesia".
non è una 'variazione' insignificante, se consideri che in quell'Apostolica c'è tutta la Tradizione e la Successione e così "romana": sembra quasi la cesura del primato petrino e, col senno di poi, fa vedere la centralità di Roma - che negli anni novanta, ne sono testimone personalmente, i protestanti ci invidiavano -decaduta in favore delle Chiese locali con ogni vescovo che fa a modo suo in virtù di una malintesa collegialità
Si dà il caso che tutte le innovazioni del concilio, che pure potevano presentare una qualche buona prospettiva, sono state poi applicate nei termini più rivoluzionari e meno equilibrati
non ho trovato il testo che citi in libreria.
RispondiEliminacome fare per ordinarlo?
Grazie
Io non so nulla di soffiatine, nè tantomeno di una "una certa soffiatina" per la quale sarei conosciuto.
RispondiEliminaG.Mandis
Grazie, Mandis, per la sua precisazione.
RispondiEliminail 'linguaggio sulla 'soffiatina' appartiene ad un mio interlocutore neocat, e neppure io so a cosa si riferisca.
Sarei felice di poter riceve, appena può, i suoi sempre interessanti contributi :)
Mi scuso con Philos, che mi chiede come trovare il testo.
RispondiEliminaPuò provare a rivolgersi a Mons. Michele Basso, Palazzo dei Canonici, 00120 Vaticano
Caro Mic,
RispondiEliminaSono d'accordo con mons. Gherardini, quando dice che la definizione "subsistit in" suggerisce una competizione con altre chiese.
Vedete, la chiesa fu fondata su Pietro, per cui se la Chiesa di Cristo "subsistit
in "la Chiesa cattolica, significa anche, che "la pietra "subisistit in" Pietro ". Ma può anche sussistere nell'episcopato (dove la collegialità è formata), nei Padri e nei fedeli. Così, analogamente alla concorrenza tra le chiese, abbiamo concorrenza all'interno della Chiesa, dove negli ultimi 46 anni, la disobbedienza ai superiori, sono stati frequenti.
Ci sono ancora diversi problemi derivanti dalla definizione conciliare. Ad esempio, due corpi non possono occupare lo stesso posto nello spazio. Ma la definizione conciliare suggerisce esattamente o contrario (che due corpi occupano lo stesso spazio). Oltre a suggerire una Chiesa di Cristo, visibile, fuori della Chiesa cattolica. Sembra una rottura con la ragione, ma il Concilio Vaticano I, si dice, che "la fede non può contraddire la ragione"?
Un saluto dal Brasile