Non ho potuto far a meno di soffermarmi su uno scritto del blog di padre Matias Augé: Lo Spirito Santo e l'Eucaristia nei Messali del 1962 e del 1970-2002. Ho constatato uno dei tanti aspetti della vera e propria 'mutazione genetica' operata dalla Chiesa conciliare, che viene veicolata e purtroppo è ormai entrata nella pratica quotidiana attraverso l'uso di affascinanti parole e dotte citazioni, che risultano accattivanti e convincenti; ma non per chi non può accogliere Annunci "altri", perché già vive il 'cuore pulsante' della propria Fede e riesce a cogliere e ad identificare il senso delle 'variazioni' che la stanno contaminando.
La dimensione pneumatologica dell’Eucaristia è strettamente connessa a quella di memoriale, come ricorda molto bene il CCC, al n. 1099: “Specialmente nell’Eucaristia […], la liturgia è Memoriale del mistero della salvezza. Lo Spirito Santo è la memoria viva della Chiesa”. E’ nota la difficoltà di individuare nel canone romano una vera e propria epiclesi in cui si chiede l’intervento dello Spirito affinché avvenga la santificazione o consacrazione del pane e del vino. Il testo del Quam oblationem (“Santifica, o Dio) viene generalmente considerato come la prima epiclesi [invocazione allo Spirito - ndR] del canone romano. Si tratta di un testo però che ha subito una lunga evoluzione, e che nelle sue origini non era nato per questo scopo[1]. Le nuove preghiere eucaristiche del Messale Romano 1970-2002 hanno invece due epiclesi. Per quanto concerne l’eucologia minore dei due Messali ci limitiamo ad esaminare il contesto della parola Spiritus, riferita alla terza Persona della SSma Trinità. Il termine appare frequentemente nell’eucologia dei due Messali, anche se in proporzione notevolmente diversa: 105 volte nel Messale 1962, e ben 260 volte nel Messale 1970-2002. Il contesto eucaristico del termine Spiritus è riscontrabile praticamente in una sola orazione del Messale 1962, la postcommunio della feria III dell’ottava di Pentecoste, in cui si chiede che lo Spirito renda fruttuosa la nostra partecipazione ai divini sacramenti: Mentes nostras, quaesumus, Domine, Spiritus Sanctus divinis reparet sacramentis... La formula proviene dall’antica raccolta del Veronese come orazione sulle offerte, dove al posto della forma verbale reparet, è scritto praeparet[2]. Con quest’ultima dicitura viene ripresa dal Messale 1970-2002 come orazione sulle offerte della messa mattutina del sabato dopo la domenica VII di Pasqua. Il significato quindi in questi ultimi due casi è diverso: si chiede che lo Spirito venga e “disponga i nostri cuori a celebrare degnamente i santi misteri”. Nell’eucologia del Messale 1970-2002, lo Spirito è menzionato in altri contesti eucaristici, di notevole interesse teologico. Così, l’orazione sulle offerte della IV Domenica di Avvento si esprime in termini chiaramente epicletici: Altari duo, Domine, superposita munera Spiritus ille sanctificet, qui beatae Mariae viscera sua virtute replevit. “Accogli, o Dio, i doni che presentiamo all’altare, e consacrali con il tuo Spirito, che ha riempito con la sua potenza il grembo della Vergine Maria”. Si tratta di un testo nuovo, proveniente dal Sacramentario Bergomense[3]. L’orazione sulle offerte della Messa vespertina nella Vigilia della Domenica di Pentecoste, ha un contenuto simile. Qui però si chiede che lo Spirito scenda sui doni e susciti nella Chiesa la carità ardente. Il testo, che è nuovo con elementi che provengono dal Veronese[4], si configura quindi come una specie di epiclesi di comunione: Praesentia munera, quaesumus, Domine, Spiritus tui benedictione perfunde, ut per ipsa Ecclesiae tuae ea dilectio tribuatur, per quam salutaris mysterii toto mundo veritas enitescat. La carità è il frutto dell’Eucaristia. Di non minor interesse è l’orazione sulle offerte della Messa del giorno della Domenica di Pentecoste. Il testo, che proviene dal Bergomense[5], recita: Praesta, quaesumus, Domine, ut, secundum promissionem Filii tui, Spiritus Sanctus huius nobis sacrificii copiosius revelet arcanum. Si fa riferimento a Gv 14,26; 16,13, dove Gesù promette lo Spirito che insegnerà ogni cosa ai discepoli. Un’altra preghiera, di nuova composizione, l’orazione dopo la comunione della festa dei santi Cirillo e Metodio, afferma che “nell’unico pane e nell’unico Spirito”, siamo stati fatti commensali ed eredi del banchetto eterno. Dalle poche testimonianze sopra riportate si desume la ricchezza pneumatologico / eucaristica che il Messale 1970-2002 sviluppa attorno alla parola Spiritus.
Non è difficile identificare in questo scritto una classica controreplica all'obiezione che chi ama la Tradizione fa al Novus Ordo di aver impoverito il rito della messa. I novatori tentano di contrattaccare adducendo due argomenti: il primo è che nel NO sono state aumentate le letture (il che è vero; ma riguardo all'enfasi sulla 'mensa della Parola' occorrerà un thread a parte), il secondo è appunto quello che nel canone della messa è stata introdotta l'epiclesi, ovvero l'invocazione allo Spirito Santo, che nel canone romano non si trova esplicitamente (implicitamente sì, ma non è necessario dilungarsi su questo).
Quel che essi sminuiscono o addirittura "dimenticano", è il fatto che le preghiere dell'offertorio nel Vetus Ordo sovrabbondano di invocazioni allo Spirito Santo e alla Trinità, mentre nell'offertorio del Novus Ordo non solo non c'è traccia dello Spirito Santo ma neanche di Gesù Cristo, perché l'offertorio del NO ("Benedetto sei tu Signore" ecc.) è in realtà una preghiera ebraica trasportata lì di peso e si fa sulle offerte e non sull'Offerta: l'Hostia pura, Santa, immacolata, che è il Pane santo della vita eterna. Esso è diventato la benedizione (proprio nel senso della berakàh ebraica) delle "offerte del popolo santo", che non sono più l'"Offerta": l'Hostia pura santa e immacolata. NON ce ne può essere un'altra, altrimenti non è più autentico culto a Dio reso non dall'Assemblea soltanto, ma dall'unico Sacerdote, il Signore Gesù, nel quale l'Assemblea è unita e dalla cui pienezza riceve grazia su grazia...
Tuttavia la considerazione basilare, che annichilisce ogni ulteriore panegirico sulla dimensione pneumatologica del'Eucaristia nel NO è la semplice considerazione che non è l'invocazione dell'Assemblea allo Spirito Santo che transustanzia il Pane nel Corpo di Cristo e il Vino nel Sangue Suo; ma sono le Parole della Consacrazione che il Signore ci ha consegnato e che il Sacerdote pronuncia in persona Christi. E quelle Parole realizzano ciò che significano perché sono pronunciate dal Verbo Incarnato, Colui "per mezzo del quale tutte le cose sono state create", Colui nel quale sono consustanzialmente Presenti il Padre e lo Spirito Santo. Di cos'altro c'è bisogno?
Purtroppo l'antropocentrismo che ha portato all'esaltazione dell'Assemblea al posto del Sommo Sacerdote Santificatore, ha perduto completamente il senso della Soprannaturalità dell'evento che si "attua" nel Rito che, se è Actio Christi e anche della Chiesa in quanto suo Mistico Corpo, viene snaturato quando questa si sostituisce e non si 'incorpora' a Cristo. Una cosa è aggiornare i riti a mutazioni oggettive intervenute nel tempo rispetto ad alcune espressioni liturgiche; altra cosa è stabilire il principio - e metterlo in atto attraverso una creatività senza più canoni (cioè ordine e misura) - che il rito debba essere adeguato alla psicologia, alle mode, al "genio delle nazioni e perfino degli individui", sulla base di due errati presupposti sulla liturgia:
- che essa debba essere immediatamente comprensibile: invece le sue insondabili ricchezze - purtroppo oggi in larga parte abbandonate in quanto misconosciute, espungendo il Sacro ed il Soprannaturale - precedono e oltrepassano la persona, che entra nel mistero e lo accoglie e se ne lascia trasformare gradualmente nel corso di un'intera vita di fedeltà
- che debba esprimere i sentimenti dei fedeli e sia una loro produzione: essa esprime invece la realtà del mistero ed è una azione di Cristo.
Ed ecco la "liturgia" trasformata in "poetica" dal greco poiesis, sostantivo dell'azione di poiein che ha il significato di 'fare', 'creare'. Azione dell'uomo che si fa dio...
Per non parlare di quello che già Pio XII nella Mediator Dei chiamava "insano archeologismo liturgico", consistente nell'andare a pescare ed introdurre antiche formule in una Liturgia, consegnataci intatta, almeno nella sua 'forma' strutturalmente significativa, dalla fede di generazioni di credenti. Basta ricordare che già nel IV secolo Papa Damaso non volle 'toccare' la Vetus latina, che è un gioiello di linguaggio sacro e denso del mistero e delle meraviglie che il Signore È e fa per noi. L'unico cambiamento che introdusse, fu sui testi delle letture, per le quali utilizzò la Vulgata appena tradotta da S. Girolamo.
Quando si parla di riforma di un rito secolare portatore di una fede integra e autentica, non si può pensare a cambiamenti che ne snaturano il significato, come è avvenuto; ma ad ‘aggiornamenti’ adeguati: tipo aggiungere le celebrazioni dei nuovi santi e nuovi prefazi, introdurre il volgare per le letture... Altro, invece, non è contaminazione o discontinuità?
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RispondiEliminaPaolo VI nella Mysterium Fidei:
RispondiElimina...
50. Insiste san Giovanni Crisostomo: « Non è l'uomo che fa diventare le cose offerte corpo e sangue di Cristo, ma è Cristo stesso che è stato crocifisso per noi. Il sacerdote, figura di Cristo, pronunzia quelle parole, ma la loro virtù e la grazia sono di Dio. Questo è il mio corpo: questa parola trasforma le cose offerte »
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RispondiEliminaMa come vedi non c'è affatto apertura da parte di chi vi scrive, nei confronti di un NC meno arrabbiato, e più tranquillo e convinto.
RispondiEliminapiù tranquillo e convinto? Certamente!
Ma assolutamente para**** ;)
Io non mi sono offesa di niente. Ho solo manifestato il mio rammarico e le mie considerazioni sul tuo comportamento.
Comunque trovo scorretto che intervieni qui per parlare di quanto ho scritto sull'altro blog e di cui lì ti ho detto cosa penso delle tue conclusioni completamente fuori luogo....
Ti ho dimostrato in kilometri di post che non sono per la censura e non mi danno fastidio gli OT se servono per comunicare, ma francamente il modo in cui continui ad esprimerti non comunica, accusa.
Quelli che tu chiami appelli cos'altro erano se non accuse, per di più infondate, se ha un senso tutto quel che ti ho sempre comunicato?
Francamente, de hoc satis!
Mi scuso per aver messo il commento qui. ma davvero credi che sia facile per me scrivere lì, dopo essere stato descritto dagli altri come il più subdolo di tutti?
RispondiEliminaSuvvia. Sai bene che ti rispetto, e che il mio appello era solo l'invito a moderare i toni. E sai bene che i toni moderati aiutano a entrare in comunicazione, anche fra me e te, come hai mostrato mille volte in questo blog.
Alessio
Scusa Mic, ho scritto un commento sul tread di questo blog che avevi scritto su di me (saprai trovarlo). Ti prego di rispondermi lì, prima possibile.
RispondiEliminaGrazie, Alessio
Quando si scopre a che cosa sono serviti i contributi di mic, frutto della sua competenza e esperienza, dati con generosità e disponibilità ad un dialogo, nella speranza fosse sincero, ogni giustificazione a posteriori è molto poco credibile .
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