Aggiornamento:
La comunicazione che segue, pervenuta da parte di Marco Bongi, che ha sempre il filo diretto con la Fraternità, propone i punti cardine della situazione e la inquadra in coordinate ragionevoli, che lasciano spazio alla speranza e - se non prendo un abbaglio - sembrano preparare il terreno agli atteggiamenti futuri.
Roma e verità
Nei discorsi, negli articoli, nei dibattiti in rete di queste ultime settimane, man mano che i tempi del confronto fra autorità romane e FSSPX si fanno più serrati, emerge, spesso fra le righe, ma anche a volte apertamente, un dualismo di posizioni che sembra sostanzialmente irriducibile e insuperabile.
Eccone, in estrema sintesi, i punti cardine. C'è chi, pur con tutti i distinguo e le precisazioni del caso, gradirebbe, in fin dei conti, un sacrificio, parziale e contingente finchè si vuole, della Verità in ossequio della Romanità e del principio di Autorità del Sommo Pontefice. Altri, al contrario, sarebbero disposti a sacrificare, sempre comunque per fattori contingenti, questi ultimi valori teologici, pur di non transigere sulle Verità di Fede.
Intorno a questo nodo si stanno versando fiumi di inchiostro e chilometri di pagine WEB, senza contare i commenti ai post, sempre più schierati ed irriducibili. Esiste però, mi chiedo, un'assoluta inconciliabilità fra tali due posizioni? Essere, in altre parole, intransigenti sulle Verità di Fede, significa inevitabilmente non amare il Papa e ciò che Egli rappresenta? E... al contrario: riconoscere e rispettare Benedetto XVI, deve voler dire, forzatamente, chiudere un occhio sulle evidenti contraddizioni del Magistero conciliare rispetto alla Tradizione Cattolica di sempre?
Francamente non lo credo. Penso anzi che la legge della Carità imponga ad ogni cattolico, guidato dalla retta ragione, di usare, verso il Pontefice come nei confronti dell'ultimo dei fratelli, sempre la Carità nella Verità e la Verità nella Carità.
Se, per ipotesi, si dovesse giungere ad una rottura fra Roma e la FSSPX, i responsabili della Fraternità dovrebbero comunque sempre rispettare la figura e la persona del Papa, rivolgersi a Roma, andare a Roma, invocare Roma, supplicare Roma affinchè siano riconosciuti e corretti gli errori e le ambiguità dottrinali di questo tempo tribolato.
Se, al contrario, si dovesse giungere ad una riconciliazione, ciò non significherebbe automaticamente la fine delle critiche e delle richieste di chiarificazione che, in ogni caso, concernono punti estremamente importanti della Fede e della teologia.
In ogni caso, come sta del resto facendo comunque sempre mons. Fellay, andrebbero bandite assolutamente espressioni irrispettose, maliziose ed offensive nei confronti del Pontefice. Anche le obiezioni più motivate e gravi, come ad esempio in relazione al raduno di Assisi, dovrebbero, a mio parere, essere espresse in forma di supplica od appello. Prese di posizione acide e saccenti finiscono, in fin dei conti, per apparire, e spesso essere, null'altro che espressioni di quello "zelo amaro" che non porta mai frutti positivi nè soluzione ai problemi. Restiamo dunque in orante attesa ed uniamoci all'auspicio espresso dall'ultimo comunicato della Casa Generalizia FSSPX affinchè sempre "fiat voluntas Tua".
"Citazione del giorno" del 14 aprile del Distretto tedesco della Fraternità riportata da Rorate caeli: appare un ulteriore segnale positivo e Dio voglia possa avere anche una valenza profetica.
La comunicazione che segue, pervenuta da parte di Marco Bongi, che ha sempre il filo diretto con la Fraternità, propone i punti cardine della situazione e la inquadra in coordinate ragionevoli, che lasciano spazio alla speranza e - se non prendo un abbaglio - sembrano preparare il terreno agli atteggiamenti futuri.
Roma e verità
Nei discorsi, negli articoli, nei dibattiti in rete di queste ultime settimane, man mano che i tempi del confronto fra autorità romane e FSSPX si fanno più serrati, emerge, spesso fra le righe, ma anche a volte apertamente, un dualismo di posizioni che sembra sostanzialmente irriducibile e insuperabile.
Eccone, in estrema sintesi, i punti cardine. C'è chi, pur con tutti i distinguo e le precisazioni del caso, gradirebbe, in fin dei conti, un sacrificio, parziale e contingente finchè si vuole, della Verità in ossequio della Romanità e del principio di Autorità del Sommo Pontefice. Altri, al contrario, sarebbero disposti a sacrificare, sempre comunque per fattori contingenti, questi ultimi valori teologici, pur di non transigere sulle Verità di Fede.
Intorno a questo nodo si stanno versando fiumi di inchiostro e chilometri di pagine WEB, senza contare i commenti ai post, sempre più schierati ed irriducibili. Esiste però, mi chiedo, un'assoluta inconciliabilità fra tali due posizioni? Essere, in altre parole, intransigenti sulle Verità di Fede, significa inevitabilmente non amare il Papa e ciò che Egli rappresenta? E... al contrario: riconoscere e rispettare Benedetto XVI, deve voler dire, forzatamente, chiudere un occhio sulle evidenti contraddizioni del Magistero conciliare rispetto alla Tradizione Cattolica di sempre?
Francamente non lo credo. Penso anzi che la legge della Carità imponga ad ogni cattolico, guidato dalla retta ragione, di usare, verso il Pontefice come nei confronti dell'ultimo dei fratelli, sempre la Carità nella Verità e la Verità nella Carità.
Se, per ipotesi, si dovesse giungere ad una rottura fra Roma e la FSSPX, i responsabili della Fraternità dovrebbero comunque sempre rispettare la figura e la persona del Papa, rivolgersi a Roma, andare a Roma, invocare Roma, supplicare Roma affinchè siano riconosciuti e corretti gli errori e le ambiguità dottrinali di questo tempo tribolato.
Se, al contrario, si dovesse giungere ad una riconciliazione, ciò non significherebbe automaticamente la fine delle critiche e delle richieste di chiarificazione che, in ogni caso, concernono punti estremamente importanti della Fede e della teologia.
In ogni caso, come sta del resto facendo comunque sempre mons. Fellay, andrebbero bandite assolutamente espressioni irrispettose, maliziose ed offensive nei confronti del Pontefice. Anche le obiezioni più motivate e gravi, come ad esempio in relazione al raduno di Assisi, dovrebbero, a mio parere, essere espresse in forma di supplica od appello. Prese di posizione acide e saccenti finiscono, in fin dei conti, per apparire, e spesso essere, null'altro che espressioni di quello "zelo amaro" che non porta mai frutti positivi nè soluzione ai problemi. Restiamo dunque in orante attesa ed uniamoci all'auspicio espresso dall'ultimo comunicato della Casa Generalizia FSSPX affinchè sempre "fiat voluntas Tua".
Marco BONGI
"Citazione del giorno" del 14 aprile del Distretto tedesco della Fraternità riportata da Rorate caeli: appare un ulteriore segnale positivo e Dio voglia possa avere anche una valenza profetica.
Non siamo qui per criticare, ma per conservare
Non siamo qui per criticare Vescovi e preti. Non siamo qui, per così dire a ribellarci contro l'episcopato. No! Assolutamente no! Non è assolutamente nostra intenzione. Al contrario, ci auguriamo che i vescovi e i sacerdoti che ci vedono possano ammettere che nella loro gioventù, durante tutto il periodo prima del Concilio quando erano sacerdoti e celebravano sempre la messa che celebriamo, la Chiesa cattolica era più fedele di oggi.
Quel che hanno fatto in gioventù può essere condannato oggi? [La foto a lato mostra J. Ratzinger, suddiacono, nel 1951]. Noi non crediamo questo. Perciò oggi vogliamo spiegare davanti a voi, fratelli mie carissimi, che non siamo ostili a nessuno. Al contrario, noi siamo il più fedele servo della Chiesa, il servo fedele del Papa e dei Vescovi. Siamo profondamente in debito con loro. Proprio perché siamo determinati a conservare la fede di tutti i tempi e a rimanere in comunione con la chiesa di tutti i tempi. È anche per questo che siamo qui. Noi speriamo che tutti intorno a noi capiscano in modo da pregare con noi per la Chiesa. Speriamo siano convinti che non siamo, in ogni modo, ostili al Papa e ai vescovi, ma, al contrario, che vogliamo aiutare, a lodare Dio e ad amare la Santa Chiesa cattolica, ci teniamo immensamente.
(Mons. Marcel Lefebvre, durante l'inaugurazione del Seminario del Sacro Cuore - Zaitzkofen, 1978)
(Mons. Marcel Lefebvre, durante l'inaugurazione del Seminario del Sacro Cuore - Zaitzkofen, 1978)
La Chiesa Cattolica è perfetta così come è, e non ha perso nulla, ma troppi suoi ministri hanno quanto meno "obnubilato" la sua Verità.
RispondiEliminaE' questo il problema. Il riconoscimento canonico della FSSPX potrà aiutare tutti noi (la Chiesa) a dissipare tante nubi e tanta nebbia.
"Et nos credidimus caritati"
RispondiEliminaSpero vivamente in una conclusione positiva della questione e che si arrivi al pieno riconoscimento canonico della FSSPX senza scomuniche, senza sospensioni, in piena regolarità.
RispondiEliminaSi metterebbero a tacere tanti critici della FSSPX soprattutto quelli che martellano sulla validità delle Confessioni e Matrimoni amministrati da loro. Di fronte ad una piena regolarizzazione cadrebbe immediatamente l'argomento legalistico.
Certo è comprensibile la paura ed i rischi, ma il bene per le anime sarebbe davvero tanto.
Ad una condizione però. Che non si imponga alla FSSPX l'accettazione del 100% del Concilio, del Magistero non infallibile post 1965, della celebrazione anche "una tantum" della Santa Messa in N.O. e dell'imposizione del silenzio su determinati argomenti e su critiche rispettose.
Marco Marchesini
Marco Bongi Caro, non sono certo contrario "all'ingresso", io ho sempre asserito che non sono MAI usciti, quindi, mi spaventa solo l'eventuale modalità! Prelatura personale? non credo, Ordinariato "universale" tradizionale, più plausibile.
RispondiEliminaMa prima di qualsiasi cosa è necessaria: la presa di coscienza e la dichiarazione del Papa che la Chiesa è in crisi giustificando LO "stato di necessità".
Se non si vedrà chiaramente questo in un eventuale rientro la Fraternità sarà messa "in nicchia", così come i motupropriani, e tutto sarà vano!
Diversamente si innescherà una reazione a catena che coinvolgerà tutta la Chiesa.
Caro don Camillo, riconoscere lo stato di necessità tante volte denunciato dalla FSSPX vorrebbe dire, per il Papa, condannare per eresia almeno due dei suoi predecessori. Ecco perché credo che da Benedetto XVI non sentiremo mai una simile dichiarazione.
RispondiEliminaP. S. Mi scuso per la franchezza, se i gestori del blog lo ritengono opportuno, cancellino pure questo commento.
Per carità, ci mancherebbe. E' una franchezza che non manca di riscontri ed è realistica.
RispondiEliminaE tuttavia il Papa un segnale sulla "necessità" (richiamando anche l'obbedienza) mi pare lo abbia dato con l'omelia della Messa del crisma di Giovedì Santo...
Significativa coincidenza, anche Mons. Fellay, nella sua omelia dal Giovedì Santa ha parlato dell'obbedienza...
Non mi risulta che la S. Pio X abbia mai condannato i Papi postconciliari per eresia. Né avrebbe potuto farlo.
RispondiEliminaSe non la si pianta con queste affermazioni apodittiche e zeppe di rancore non si andrà mai avanti.
E' proprio la necessità richiamata in termini ben chiari dalla comunicazione di Marco Bongi, che non è il portavoce ufficiale della Fraternità, che io sappia, ma che parla sempre per contatto diretto e, quindi, non per sentito dire...
RispondiEliminaL'omelia della Messa Crismale ti assicuro non mi è sfuggita, come non mi è sfuggita neanche la nota di Schönborn dove si sperticava a rassicurare i "suoi" che Roma NON avrebbe comunque preso alcun provvedimento disciplinare. ...così 'na partaccetta per amicizia... come non mi è sfuggita la lode ai movimenti, ma neanche il sorprendente stupore del Pontefice nel "conoscere" come se fosse la prima volta, una NEO liturgia celebrata dai neocatecumenali. Solo dovrei capire se B16 è lo stesso Vescovo Ratzinger che alla fine degli anni '70 ha accolto Kiko e il Cammino a Monaco di Baviera e ha celebrato la loro Messa.
RispondiEliminaVogliamo continuare? ci sarebbe molto da dire ma meglio di no. Qui dovremmo perdere la memoria ogni sei mesi, perchè se ci dovessimo ricordare tutto TUTTO, altro che zelo amaro, usciremmo tutti fuori di testa!
Dico solo che, sì la Chiesa non è morta, rettifico, vabbene, prendetela come sfogo, ma se non è morta (perchè ancora ci sono dei battezzati un "piccolo resto" vivente che han compreso la situazione) non gode certo di ottima salute.
Non ci sono solo i battezzati-piccolo gregge. Esiste la Chiesa gerarchica che, pur nelle ombre che ben conosciamo, conserva e trasmette la luce.
RispondiEliminaSe non ci fosse la gerarchia, non ci fosse Pietro non ci sarebbe la Chiesa.
Quindi, don Camillo, non puoi ridurre la Chiesa ai soli battezzati-piccolo gregge. La Chiesa o è o non è nella sua integralità.
E con quest'animo, con questa certezza incrollabile ora vo ad aprir la mia chiesa.
“Il Cristianesimo è stato dichiarato morto infinite volte.
RispondiEliminaMa, alla fine, è sempre risorto, perché Dio conosce bene la strada per uscire dal sepolcro”.
Gilbert Keith Chesterton
STATO di NECESSITA' (1)
RispondiEliminaIeri ero a un funerale nella campagna fancese di una conoscenza lontana cattolica sulla carta.
il rito funebre é stato fatto (come in + del 90% dei casi oltralpe) senza messa e senza prete. Tre donne hanno invece presidiato al cerimonia immergendo un ramo di olivo nell'acquasanta e aspergendo il feretro prima di passsarlo alla fila di gente che ha fatto altrettanto.
Poi le tre marie hanno messso i CD con le canzoni pop-rock preferite dal defunto, prima che qualcuno della famiglia abbozzi una predica poi tutti al ristorante a pappare al calduccio.
STATO di NECESSITA' (2)
RispondiEliminaStamattina sono entrato in una chiesa a caso di una grande città francese dove si celebrava il NO (non per il precetto domenicale, ovviamente) entrato mi sono beccato in pieno queste parole del presidente dell'assemblea
"Ed ora in unione con i nostri fratelli protestanti, in unione con i nostri fratelli musulmani,
inunione con tutti coloro che credono nel Dio unico recitiamo insieme il Padre Nostro. Padre Nostro che sei nei cieli..."
esterrefatto esco e chiedo lumi a dei presenti li fuori, solo per scoprire che ormai da una ventina d'anni il sottosuolo e la cripta della Chiesa é stato trasformato in moschea per ragioni ...ecumeniche
http://www.unavox.it/Documenti/doc0162.William1.07.htm
RispondiEliminaIn questa intervista mons. Williamson non emette una condanna formale per eresia al Papa perché non può farlo. Però ci si avvicina.
Marco Marchesini
E' una vecchia intervista che tocca punti controversi, ma dolorosi, nella vicenda ecclesiale ed è espressa in termini più che corretti.
RispondiEliminaComunque le critiche, purché rispettose e argomentate soprattutto col Magistero, credo che siano e saranno pur sempre ammissibili.
Per Poirot,
RispondiEliminain certi luoghi sembra di essere alla frutta!
Continuiamo a pregare, ad aver fiducia e a fare quel che possiamo a partire da noi...
Ah quanto zelo amaro tra i fratelli della fraternità...
RispondiEliminamic più che "in certi luoghi" direi "ormai ovunque": in Francia e Europa del Nord l'80% delle parrocchie sono cosi'...
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