Come capire il Concilio Vaticano II? Cosa ha rappresentato l’ultima grande assise ecumenica per tutta la Chiesa? Una svolta per molti. Un cambiamento radicale per tanti. Un aggiornamento. La domanda ci coglie divisi, non tanto impreparati. Sembra strano ma è sempre più difficile trovare una via di dialogo e di confronto sereno all’interno del cattolicesimo.
Il motivo della divisione sta probabilmente in un approccio alquanto moderno o post-moderno al problema, che non funziona: tutto il Concilio Vaticano II si risolve in un problema di adattamento ermeneutico più o meno riuscito alla modernità? Era necessario un Concilio per rispondere alle sfide del nostro tempo? La domanda non vuole essere storica perché la storia non si cambia. Dovremmo perciò imparare a vedere con la Chiesa una ed ininterrotta che un concilio si osserva a partire dalla Chiesa e da essa lo si giudica: se il Concilio ha raggiunto il suo fine non dipende solo dallo stesso Concilio, ma anche dalla fede che ha insegnato. E dal lavoro che si renderebbe necessario se ci accorgessimo d’imprecisioni, d’arbitrarie prese di posizione o intoppi di sorta (dalla IV di copertina).
Perché è opportuno discutere sul Concilio Vaticano II
Il lavoro teologico più urgente, che oggi si necessita nella compagine ecclesiale, è quello di far luce sul Vaticano II come uno dei diversi concili della Chiesa. Non l'unico né l'ultimo. Uno dei 21, con un taglio sui generis rispetto a quelli dogmatici immediatamente precedenti, che non può però essere inteso come lo spartiacque della storia. Non può essere un nuovo cominciamento, perché la Chiesa non inizia da un concilio ma dalla volontà istitutrice di Cristo per portare il Regno di Dio ad ogni uomo e favorire l'ingresso di ogni uomo in questo Regno. Purtroppo, il Vaticano II è stato letto abbondantemente come "nuovo inizio". Le maglie ampie della pastoralità e della non-definizione, furono viste, scorrettamente, come possibilità di dire pastoralmente la fede, in modo da non dover più contraddire l'altro (ad intra ma soprattutto ad extra). La diversità declinata come pluralismo fu la condizione previa e necessaria del dialogo. Col risultato però di aver smarrito profondamente l'identità cattolica, perché frammischiatasi spesso con il mondo, la modernità, la politica, l'antropocentrismo.
Crollati ora i modelli culturali sui quali si era basata la modernità, perché inverati dalla liquidità del post-cristianesimo, sembra che siano venuti meno anche i presupposti sui quali scommettere per una "riscrittura" della fede cominciando dalla riscrittura dei trattati teologici. Gli zelanti persecutori di un Vaticano II come speranza del cominciamento, ora fanno i conti con una domanda, che poi è anche la nostra: che cosa non ha funzionato? Perché la Chiesa non è (ancora) veramente ripartita ma si trova a fare i conti con un vuoto di senso? Forse è prevalso lo "spirito" più che il «Concilio vero»? (per dirla con Ratzinger). Il «Concilio vero», poi, è da leggersi nella continuità dell'ininterrotta Tradizione e alla luce di questa. Per il fatto, ripetiamolo, che la Chiesa non inizia dal Concilio, ma un concilio si celebra nella Chiesa e per la Chiesa. Bisogna correggere, se si dovesse, non la Chiesa, non la sua ininterrotta Traditio, ma quegli elementi più teologici e discorsivi del Concilio che hanno dato parvenza di stridore, o che si son prestati a letture equivoche. Non è in discussione la provvidenza del Concilio per il nostro tempo e la sua inerranza (assenza di errori) in materia di fede e di morale (ma non in materia di sport, di comunicazione sociale, di scelte politiche, di profezie sul tempo che è da venire, ecc.). L'assistenza dello Spirito Santo impedisce la presenza nei testi conciliari di errori ma non consacra, sic et simpliciter, l'infallibilità magisteriale del tutto. Bisogna distinguere per capire meglio.
Sì, bisogna conservare veramente una mente aperta per leggere il Vaticano II.
Non ci si può semplicemente scandalizzare, quando si tenta - con tutti i limiti certo, perfezionabili da una nuova lettura più arguta e più precisa, un meliore iudicio - una lettura sanamente critica, un giudizio teologico. La teologia, se non ha smarrito il suo compito, è scienza della fede, intelligenza del dato rivelato alla luce del Magistero della Chiesa. Nei suoi limiti ha il compito di indicare ciò che a parer dell'osservatore sembra perfettibile. Per il bene della fede nella sua unità, di ieri come di oggi. Se si interviene nel dibattito bisogna dire ciò che è sbagliato circa il giudizio di perfettibilità, ma non raccontare le proprie impressioni.
Né si può semplicemente squalificare la ricerca e la critica, dicendo che il S. Padre, con il suo ormai famoso discorso del 22 dicembre 2005, non avrebbe affatto inaugurato una discussione sul Concilio. Questa visione tranciante permetterebbe di risolvere in nuce il problema del tradizionalismo: il Concilio non si discute! Basta l'ermeneutica della riforma nella continuità.
Certo, il S. Padre non ha aperto una discussione. Quando però veramente e di proposito nella storia il Pontefice ha aperto una disputa teologica? Piuttosto l'ha moderata o, quando era arrivata al limite del sopportabile, l'ha sospesa. Si ricordi il problema del rapporto natura e grazia. Altre volte ne è stato indirettamente fautore. Si pensi ad esempio all'istituzione della festa in occidente del "Concepimento immacolato di Maria" (sec. X) attraverso vari monasteri e chiese cattedrali. Anche se la Curia romana non la festeggiava, Bonifacio VIII però la indulgenziò.
Il Papa voleva dire che la Madonna è immacolata concezione, redenta in modo preventivo? Si era aperta, di fatto, una proficua discussione, che vide i francescani attori intrepidi di una difesa di Maria preservata dal peccato originale, sin dal primo istante del suo concepimento. Si arrivò poi alla definizione del dogma nel 1854. Speriamo pure che la rinuncia di Benedetto XVI al titolo "Patriarca d'occidente", sia presa in seria considerazione ecclesiologica, per spiegare che non c'è nella Chiesa, né è possibile, una sinodalità sempre in atto. La Chiesa è comunione non comunità di comunità.
Se il Magistero ora lascia aperta la discussione perché dobbiamo noi volerla chiudere? Solo per paura di scandalizzare i semplici? Ma non è forse vero che lo scandalo di una fede desolata sotto gli occhi delle nostre parrocchie - quasi tutte nate col Concilio - è molto più pernicioso di una cattolica messa a punto per una vera ripresa della fede? Se invece si insiste nel ritenere il Concilio intoccabile perché dono dello Spirito Santo, allora, probabilmente si è incorsi nell'errore che oggi è sulla bocca di molti: identificare il soffio dello Spirito Santo con il Concilio (senza le opportune distinzioni) e finalmente lo Spirito Santo con il Concilio stesso. Questo è in ultima analisi il parto di quello "spirito del Concilio", che funesta da mane a sera, e diventa giudice e fautore ora della Chiesa, ora della fede, ora della prassi. Proprio questo non funziona.
Per molti, infine, il vero problema oggi nella Chiesa sono le cose che non vanno, questo o quel gruppo. I tradizionalisti o, per altri, i progressisti. Questa è una visione piuttosto pragmatica della realtà: la bontà di un'azione la si giudica dal risultato degli effetti e non dall'in sé, dall'oggettività. Non è la prassi che non va ma le idee. Forse perché mancano. Manca uno sguardo metafisico su Dio e sull'uomo, e questo ci impedisce di rivolgerci al vero problema. Se solo riuscissimo a vederlo avremmo già fatto un grande passo in avanti. Saremmo cioè già usciti dalla mentalità della prassi, che ahimé domina. Molto spesso a discapito del Concilio. Ma soprattutto della Chiesa.
p. Serafino M. Lanzetta, FI
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L'Autore del libro: P. Serafino M. Lanzetta (1977), frate francescano dell’Immacolata, è docente di teologia dogmatica presso l’Istituto teologico Immacolata Mediatrice (Cassino). È parroco della Chiesa di Ognissanti in Firenze e dal 2006 dirige la rivista teologica «Fides Catholica». Ha pubblicato diversi studi di ricerca in ambito mariologico, dove si segnala la sua tesi di dottorato sul Sacerdozio della Vergine Maria (Roma 2006), e in altri ambiti della dogmatica. Scrive per alcuni giornali, tra cui «L’Osservatore Romano» e collabora con diverse riviste. Sta per conseguire presso la Facoltà teologica di Lugano l’abilitazione alla libera docenza, con una tesi sull’ermeneutica del Concilio Vaticano II, sotto la direzione del Prof. Dr. Manfred Hauke.
[Fonte: Approfondimenti di Fides Catholica]
[Fonte: Approfondimenti di Fides Catholica]
Io sinceramente mi sono stufato di dover leggere vagonate di altri libri per poter capire in chiave tradizionale i documenti del Vaticano II. Non si può vivere solo per fare sforzi immani a capire bene l'ultimo concilio. Nella vita c'è anche altro.
RispondiEliminaNella vita c'è molto altro, Anonimo.
RispondiEliminaQuesta è un'Agorà in cui non ci si stufa di parlare del Concilio, perché il dibattito si allarghi e la consapevolezza si diffonda.
Tuttavia è un discorso che dovrebbe uscire dall'ambito accademico e da quello delle discussioni, per cominciare a fecondare anche la 'pastorale', la formazione dei sacerdoti, la cultura...
Padre Lanzetta, come generosamente dimostrato dai documenti messi a disposizione da voi, è uno degli studiosi ben orientati da poter prendere come punto di riferimento.
RispondiEliminaGrazie dell'info. Spero che il libro, che leggerò con interesse, abbia una ottima diffusione!
Sono stufo pure io di leggere libri di questo genere, come diceva l'anonimo delle 11.58. Infatti il concetto é più o meno sempre lo stesso, anche se ognuno con qualche particolare distinguo.
RispondiEliminaPerò sono contento e spero che di simili lavori se ne pubblichino e se ne diffondano ancora tanti e a lungo, anche solo per bilanciare le pubblicazioni di segno opposto. Anche gli specialisti adagio adagio si devono svegliare dal loro torpore. Ed inoltre non dimentichiamo che tanti, nella loro mediocrità democraticamente sopravvalutata, hanno bisogno di vedere lunghe e recenti bibliografie per iniziare a riflettere...
Chiaramente nella vita di un credente c'é e ci deve essere soprattutto dell'altro. È però opera meritoria additare la Verità a chi brancola nel buio delle evanescenti certezze postconciliari. È dunque assai importante, come dice Mic, che questi discorsi possano al più presto iniziare a fecondare la pastorale.
fecondare la pastorale....
RispondiEliminasì però....in che senso fecondare ? quali sono i contenuti del concilio capaci di "fecondare" la pastorale ?
torniamo sempre agli stessi quesiti.
E quello fondamentale, come diceva Areki, alla fine, è solo UNO:
stabilire se questo 21.mo concilio sia stato (o possa essere) BUONO per le anime o CATTIVO, visto che il fine della Chiesa è soltanto la salvezza delle anime.
Cioè ci si chiede dopo 50 anni:
c'è in esso qualcosa - di insostituibile?- che serva a salvarsi l'anima e a diventare santi, qualcosa di essenziale che sia una ricchezza che i santi fino al 20.mo secolo non potevano conoscere o possedere ? oppure in esso non c'è affatto una simile ricchezza o mezzo santificante ?
se essa non vi si ravvisa, ma piuttosto vediamo che ha procurato e procura confusione in tutto ciò (dottrina-liturgia-pastorale) che prima era ben chiaro, allora bisogna concludere che è stato quantomeno inutile, non avendo raggiunto alcuno scopo buono, ma facendo disperdere (dissipare) forze e scopi che prima si raggiungevano con chiarezza e semplicità (parliamo sempre di salus animarum, non di cultura, che uno può sempre ampliare a piacimento, ma che resta un valore umano terreno e caduco, non soprannaturale).
D'altro canto, realtà dei FATTI:
si vede bene che esso ha fatto solo danni alla Chiesa e alle anime. E allora, come si fa a credere che potrà dare buoni frutti una pianta che finora ne ha dato solo cattivi ? per quale misteriosa "conversione" o mutazione di sostanza ?
Dovremmo cercare di spiegare ai cattolici comuni, i piccoli delle parrocchie (dove il concilio è mito e tabù allo stesso tempo) almeno 3 cose strane:
- Perchè (dall'alto, dalla parte degli intellettuali del clero e laicato) si magnifica il concilio, come fatto mitico e insuperabile, che ha però superato l'intera storia precedente, e il perchè di tale presunta rilevanza nella formazione dei cattolici odierni;
- perchè non si riescono a spiegare o chiarire i suoi contenuti dottrinali (irrinunciabili? nuovi e inediti?)
- perchè continuano tuttora a scaturirne frutti cattivi.
(Potrà una pianta, guasta fin dalle radici, diventare per miracolo sana e fruttifera, portatrice di nuovi mezzi di santità ? e tra quanti secoli dovrebbe avvenire questa magica trasformazione?)
Se il concilio mi complica l'andare a Gesù con cuore bambino, esso mi danneggia soltanto, poichè Egli ha detto: "Lasciate che i piccoli vengano a me, poichè di essi è il Regno dei cieli".
Se per andare a Gesù devo prima studiare il concilio, se questo ci viene prescritto (oggligatorio?) come mezzo per accostarmi a Lui, di pari o maggiore importanza del Vangelo, beh....sicuramente esso non mi faciliterà il cammino, ma me lo intralcerà terribilmente, per la sua insanabile ambiguità, il suo "fumo" così lontano dallo stile e dal linguaggio del Divino Maestro: Sì Sì, NO NO.
(Potrà una pianta, guasta fin dalle radici, diventare per miracolo sana e fruttifera, portatrice di nuovi mezzi di santità ? e tra quanti secoli dovrebbe avvenire questa magica trasformazione?)
RispondiEliminaNon intendevo che fosse il concilio a fecondare la pastorale; ma il ripareggiamento della verità che si impone e che prima o poi dovrà concretizzarsi, pena guasti ancor più seri che, alla fine, solo dal Cielo (e non possiamo sapere come!) potrebbero esser sanati!
Se i libri sul concilio, come qui leggo, non servono a granché, anche le nostre continue critiche non hanno il minimo valore. Si chiuda la discussione e passiamo a raccontarci qualche barzelletta.
RispondiEliminaBen vengano, invece, questi studi seri, approfonditi, opera di teologi cattolici a prova di bomba a dimostrare, non tanto a noi che non abbiamo bisogno d'esser ancora consolidati nelle nostre convinzioni - ma nuove letture ci offrono altri orizzonti, altre argomentazioni degne di riflessione e condivisione -, quanto ai colleghi teologi, ai sacerdoti ed alla gerarchia per prima, come il concilio si debba interpretare e come, dice bene Mic, la retta lettura possa eliminare gli aspetti negativi o forieri di errori per la loro ambiguità in sé o per inesatta o maliziosa esegesi che inficiano la pastorale.
Se siamo stanchi di veder sfregiata la sana dottrina, non dobbiamo stancarci di portare ulteriori pietre per ricostruire l'edificio dlla Verità.
Se siamo stanchi di veder sfregiata la sana dottrina, non dobbiamo stancarci di portare ulteriori pietre per ricostruire l'edificio dlla Verità.
RispondiEliminae ringraziamo il cielo che c'è ancora chi lo fa!
E' un libro che acquisterò, che regalerò, ma che non leggerò!
RispondiEliminaQuesto pomeriggio mi ero prefissato di preparare un post di analisi della Pastore dabo vobis, alla luce della Tradizione, ho incominciato a tagliuzzare tutti i numeri, un lavoro immane, alla fine mi sono reso conto di aver evidenziato quello che è stato già scritto sulla formazione da Pio XI in Ad Catholici Sacerdotii, con la differenza che Pio XI così come PIO XII e B23, avevano ben individuato, a differenza della PdV, cosa fosse il sacerdote: un Alter Christus. Insomma, ho ritenuto un 10% e ho buttato il 90%. E questo 10% è carente di tanti elementi tradizionali fondamentali, quindi è insufficiente.
Con il V2 ben credo si potrebbe giungere alla stessa conclusione.
Comunque apprezzabile questo lavoro, più che altro per lo stomaco dell'autore!
Mo' vado in bici!
Una consapevolezza che va recuperata, anche se di per sé dovrebbe risultare banale, consiste nella distinzione tra Chiesa docente e Chiesa discente.
RispondiEliminaAlla Chiesa discente non può esser chiesto di farsi docente, e quindi studiare le "problematiche" della teologia conciliare o risolverle; al contrario la Chiesa discente ha DIRITTO di ricevere nel proprio tempo, dalla predicazione della docente, la dottrina degli apostoli, cioé la Tradizione, cioé la retta dottrina che porta alla salvezza. Punto.
E' anche vero (e meno male!) che esiste un sensus fidelium, il quale, grazie alla Fede ricevuta attraverso il Battesimo e agli altri sacramenti, con l'azione dello Spirito Santo nel Corpo Mistico, permette anche ai comuni fedeli che costituiscono la Chiesa discente, di riconoscere, senza bisogno di sottili ragionamenti, le bestialità propalate da eventuali lupi. Se quindi un Vescovo o un prete confuso predicano cretinate ho tutto il diritto - previo esame di coscienza e sicuro di essere in grazia di Dio attraverso una buona confessione - di fare una pernacchia e mandarli a quel paese.
Su quest'ultima cosa si sono mostrati conseguenti gli ultimi due Papi. Infatti Giovanni Paolo II, nel documento dottrinale volto a reprimere gli abusi liturgici (ora non mi ricordo il titolo) ha espressamente attribuito ai fedeli il diritto di fare QUERELA contro gli abusi dei quali si accorgono. E il Romano Pontefice regnante, col SP, ha assegnato agli stessi fedeli (oltre, naturalmente, ai sacerdoti) l'iniziativa di ripristinare di fatto la Santa Messa nel rito romano gregoriano, A PRESCINDERE DAL PARERE DEI VESCOVI.
In un caso e nell'altro si tratta di disposizioni chiaramente eccezionali, giacché nella normalità ognuno dovrebbe fare la propria parte, e la Chiesa discente non dovrebbe mettere becco in campo liturgico. Ma questo dimostra soltanto il vero e proprio STATO DI ECCEZIONE nel quale la Santa Chiesa Cattolica si trova per colpa di gruppi clericali e porzioni di Gerarchia irreponsabili.
Chiedo scusa a tutti se mi sono dilungato troppo e, soprattutto, ho semplificato con toni magari irriguardosi. Forse è dovuto al fatto che, come tanti, sono STANCO di sottostare a un ceto clericale che più sbandato non si potrebbe, in troppe sue manifestazioni.
Permettetemi solo un'ultima notazione. Paradossalmente (?), il sensus fidelium ha trovato negli ultimi anni un ambito privilegiato di espressione nel contesto più nuovo che si possa dare: in internet! Alcune volte in modo confuso, altre in modo più resposabile (come in questo sito). Di tutto questo le più alte Gerarchie non possono non essersi accorte. Molto bene, come si vede le vie della Provvidenza sono inesauribili: ora la smettessero di fare troppo le pulci alla FSSPX, e tornassero finalmente a predicare come si deve, senza scaricare su altri le proprie responsabilità.
. Si chiuda la discussione e passiamo a raccontarci qualche barzelletta.
RispondiEliminaLa conoscete quella della "QUERCIA del Tasso"? O quella dei "Malik, i cavalieri colorati"? O quella dei viaggiatori che si perdono nella brughiera scozzese? Sono motti e facezie che, volendo, possono durare da pochi secondi, a giornate intere.
Anonimo delle 17:51,
RispondiEliminagrazie per il suo contributo.
Sono perfettamente d'accordo sul rispetto dei ruoli. Del resto i guai peggiori della nostra epoca son proprio venuti fuori dalla circostanza che hanno fatto testo più le idee dei teologi - e neppure le più 'sane' e 'sapienti' - che gli insegnamenti dei Pastori, ai quali compete il munus magisteriale.
E purtroppo il 'sensus fidelium', che per grazia soccorre molti, non può esser sufficiente a ripareggiare la verità e a sanare tante storture che costituiscono la "Passio Ecclesiae", perché questo compete al Trono più alto.
E allora, continuiamo il nostro percorso di approfondimento e divulgazione, in attesa che tempora bona veniant!
Sono l'anonimo del primo commento. Non intendevo dire che libri come questo del padre Lanzetta o di altri, come per esempio il mons. Gherardini, siano inutili. Anzi, sono utilissimi, e anche se non nell'immediato son sicuro che apriranno qualche breccia nelle mura della vulgata progressista sull'ultimo concilio. Intendevo dire che io ( e infatti ho ben specificato che mi riferivo a me stesso ho infatti detto "io sinceramente mi sono stufato....". Utilissimi sono pure i contributi che appaiono su questo ed altri blog. Io però sono anni e anni che leggo i documenti conciliari per cercare di capirli in continuità con il Magistero precedente, e non ci sono ancora riuscito. Io sono ingnorante, però quando leggo i documenti del Vaticano I o del concilio tridentino o le encicliche preconciliari, nonostante la mia ignoranza, li capisco molto bene; quando leggo i documenti del Vaticano II capisco solo di non aver capito gran ché. Sono anni che leggo articoli, interventi, libri che vogliono far capire e mostrare la continuità del Vaticano II col magistero precedente. Ed è propio di questo che mi sono stufato: di dover leggere vagonate di libri per capire, o per cercare di capire, i documenti dell'ultimo concilio. E mi son rotto le scatole, propio perché non ho più voglia di star chino sui libri per cercare di capire il Vaticano II. Basta. Io non ne posso più. Non mi posso fossilizzare sull'ultimo concilio. l'ho letto, ho capito di non averlo capito; ho pure letto tanti libri che mi spiegavano come capirlo e nonostante ciò non lo capisco ancora. Basta. Preferisco leggere i documenti del tridentino, o le encicliche preconcilari: le capisco subito, e non ho bisogno di comprare mille altri libri per capirli.............. (come avete compreso quindi il mio è uno sfogo, non un invito rivolto agli altri a non documentarsi. io stesso prima di arrivare a questo sfogo mi son documentato tanto, tanto, tanto)
RispondiEliminaAll'Anonimo delle 08:45
RispondiEliminaDa modesto cattolico, alquanto ignorantello, ma allo stesso tempo piuttosto preoccupato per le sorti di Santa Madre Chiesa (e per riflesso della sorte mia e dei miei famigliari) mi permetto di consigliarle - prima di abbandonare la sua encomiabile ricerca - la lettura dell'articolo "La nuova evangelizzazione e la Santa Liturgia" di mons. Athanasius Schneider, generosamente tradotto dall'infaticabile mic e pertanto consultabile su questo blog. Questo illuminato monsignore non si può definire 'tradizionalista' nell'accezione più frequente del termine, se non altro perché non vede nel Concilio Vaticano II - come la maggioranza dei cosiddetti ‘tradizionalisti’ - la causa principale degli attuali mali della Chiesa. Ma men che meno può essere definito 'progressista' uno che definisce 'ferite liturgiche o usi infelici' la celebrazione versus populum, la comunione nella mano, il totale abbandono del latino e del canto gregoriano e l’intervento delle donne per il servizio di lettura e quello di accolito, aggiungendo inoltre che 'non hanno di per sé nulla a che fare con la forma ordinaria della Messa'. E allora come e dove collocare questo monsignore quando afferma: 'Questa è la vera mentalità del Concilio (Vaticano II) che voleva essere nello spirito del papa S. PIO X, e con questi sei principi (rif. a principi enunciati nei documenti del Concilio Vaticano II, citati con nome e paragrafo) per leggere correttamente il Concilio Vaticano II, interpretare, è necessario anche vedere le fonti sulle quali il Concilio Vaticano II si appoggia, si ispira e i documenti... voi vedete che nel Sacrosanctum Concilium l'autore che è stato citato più spesso in questo testo sulla Liturgia è papa PIO XII; Mediator Dei, l'enciclica famosa sulla Liturgia e questa è l' evidente ispirazione dei padri conciliari, e questi sono gli strumenti per interpretare veramente sia il testo del Concilio Vaticano II, sia il cosiddetto Spirito del Concilio Vaticano II, e fare un esame sincero sul nostro stato attuale della Liturgia come corrisponde o no. (trascrizione di una sua conferenza, senza adattamenti). Ripeto: per ciascuna delle sue affermazioni cita nome e paragrafo del documento del Concilio Vaticano II a cui si riferisce. In merito all’argomento ‘Concilio’, come cattolico ‘autodidatta’ non ho trovato in giro niente di più convincente e cattolico di questo, mons. Brunero Gherardini (del quale sono un ammiratore) ed FSSPX (che stimo, ma con riserva) compresi. E’ tutto, caro anonimo delle 08:45. Sono d’accordo con lei che c’è dell’altro nella vita, ma non disperi: tra le vagonate di pagine più o meno oscure, rimane sempre un po’ di luce per chi la desidera.
Stefano
grazie Stefano, ma io non sono per nulla disperato. più semplicemente sono stanco,molto stanco, perchè dopo 20 anni (vent'anni, non venti mesi: VENT'ANNI) di lettura dei documenti conciliari e di innumerevoli chiavi di lettura, mi ritrovo al punto di partenza. No, caro amico, le mie letture riguardo all'argomento Vaticano II sono finite. Ho di meglio da fare. Voi continuate pure a leggere, e quando avrete trovato il bandolo della matasse, fatemi un fischio. Io mi dedico a letture più semplici, adatte a me povero ignorantello, e spiritualmente nutrienti: come i testi del concilio di Trento, o le encicliche preconciliari. Il Vaticano II non è per poveri ignoranti come me, ma solo per dottissimi intellettuali con qualche dozzina di lauree in tasca.
RispondiEliminaBuona lettura. a voi. e pure a me.
Il Vaticano II non è per poveri ignoranti come me, ma solo per dottissimi intellettuali con qualche dozzina di lauree in tasca.
RispondiEliminaNon c'entra l'intellettualismo o le lauree. E, poi, Vaticano II non è TUTTA la Chiesa!
Ma, poiché la "nuova" chiesa sembra non si nutra che di questo, il fatto di conoscerlo, insieme al Magistero perenne, ci aiuta e può aiutare molti a discernere ciò che è buono e giusto da ciò che non lo è...
Comprendo il suo percorso personale e le auguro buon proseguimento nel Signore!