Padre Juan-Carlos Iscara, professore nel Seminario San Tommaso d'Aquino, a Winona (Stati Uniti), ha redatto rivolgendole ai suoi colleghi ed amici, alcune riflessioni personali sulle relazioni attuali tra il Fraternità San Pio X e Roma. Il brano delle note che proponiamo qui, con la gentile autorizzazione dell'autore, tratta delle lezioni che dà la storia sulla soluzione delle crisi che hanno scosso la chiesa, da 2000 anni.
La storia ci indica, non ciò che sarebbe dovuto accadere se fossimo vissuti nel migliore dei mondi, ma esattamente ciò che si è prodotto di fatto: la realtà e non le costruzioni dello spirito.
Apprendendo dalla storia come le crisi della chiesa sono state risolte nel passato, l'attesa e/o l'esigenza di un'inversione totale delle posizioni attuali di Roma come condizione preliminare alla nostra « ri-unione » sembra essere utopica ed illusoria. Certi sembrano aspettare che il papa cada in ginocchio, piangendo il suo mea culpa, scusandosi davanti al mondo intero e rinnegando tutto ciò che è stato fatto dal Vaticano II. In effetti, nel passato nessuna delle crisi della chiesa si è risolta in modo tanto chiaro. Roma non ha mai ritrattato nulla esplicitamente, né ha mai ammesso di aver commesso degli errori.
Qualche anno fa siamo stati giustamente sconcertati proprio quando Giovanni Paolo II ha chiesto scusa per le malefatte commesse dagli ecclesiastici nel passato. Perché dovrei adesso, come ciò mi conviene, così esigere o anche aspettare simili pentimenti per mettere un termine a questa crisi?
Nel passato certamente sono stati commessi errori di diverso genere, ma la storia insegna che il modo romano di trattarli è stato il silenzio e l'oblio. Roma ha spesso agito anche come se ciò che era confutabile, non fosse stato mai detto né fatto. Ad esempio, sotto Paolo VI, ci si è detto che la messa tradizionale era stata abrogata. Ciò sembrava essere la fine. Ma, alcuni anni, dopo, Giovanni Paolo II ha accordato un indulto per celebrarla, un « favore » probabilmente, ma che implicava - senza affermarla - la sua abrogazione precedente. Adesso Benedetto XVI ci dice che non è stata mai abrogata. Qualcuno ha sentito delle scuse per le affermazioni fallaci del passato?
La storia ci mostra anche dei grandi santi che agiscono con una moderazione prudente e paziente, anche in materia dottrinale.
Ad esempio, abbiamo l'atteggiamento di San Basilio di Cesarea, ai tempi delle eresie degli ariani e degli pneumatomachi. La chiesa era in un grande sconforto dovuto all'esilio dei vescovi ortodossi ed alle persecuzioni. Per custodire la sua libertà e quella della sua chiesa, ed anche per riportare gradatamente all'ortodossia gli eretici e coloro che esitavano, san Basilio, pur rimanendo perfettamente ortodosso, ha evitato di utilizzare le formule che avrebbero provocato immediatamente l'opposizione e anche per questo, fu accusato di menzogna e di adulazione, in particolare quando, in riferimento allo Spirito Santo, adoperò l'espressione « conglorificatur » senza dire esplicitamente « consubstantialis » o « Theos » (Dio), appoggiandosi sul fatto che il concilio di Nicea non aveva detto niente sulla divinità dello Spirito Santo. San Basilio si è accontentato di esprimere l'homotimia (uguaglianza di onore e di culto) e di affermare che la Spirito Santo non è una creatura. È ciò che Sant'Atanasio e S. Gregorio di Nazanzio hanno chiamato l’« economia » di San Basilio, ma finalmente. le sue espressioni sono state recepite dal secondo concilio di Costantinopoli.
La chiesa è uscita dalle crisi, guidata da Dio che utilizza gli uomini ed i giudizi della prudenza politica.
Un esempio notorio è la fine della terribile crisi del grande scisma di occidente, risolta, e ahimè rinnovata, dal concilio di Costanza-Basilea. Già la stessa convocazione di questo concilio si fece in circostanze senza precedenti. Lo scisma fu risolto con l'elezione di Martino V, ma il concilio rimase in sessione per riformare la chiesa e scivolò velocemente verso la proclamazione della supremazia del concilio sul papa, alterando di fatto la costituzione divina della chiesa. Martino V protestò debolmente, ed il problema riapparve con una nuova intensità sotto il suo successore, Eugenio IV. Messo a confronto con l'alternativa di provocare di nuovo uno scisma o di sottoporvisi, il papa, molto suo malgrado, siglò il decreto conciliarista, ma nello stesso tempo formulò un documento segreto, la famosa Bulla Salvatoria, nel quale sottolineò che aveva firmato pressato dalle circostanze ma che non aveva avuto l'intenzione di opporsi alla dottrina cattolica o di ridurre i diritti ed i privilegi della Santa Sede. Venuto il momento, rese la Bolla pubblica, chiuse il concilio e riaffermò la sua autorità.
È bene considerare che, alla fine di quasi ogni crisi, c'è sempre un piccolo gruppo inflessibile e più rigoroso che rigetta la soluzione provvidenziale. Questi gruppi sono scivolati abitualmente nello scisma e son finiti nell'eresia prima di sparire. Notiamo, ad esempio, gli intransigenti nell'Africa del terzo secolo caduti nello scisma a causa del loro rifiuto di ricevere nella comunione quelli che si erano indeboliti e che erano caduti durante la persecuzione di Decio. I Lucifériani - [dal nome del loro capo Lucifero, vescovo di Cagliari in Sardegna ndT]- che verso la fine dell'eresia ariana nel IV secolo, hanno aderito alla definizione di Nicea, ma hanno criticato aspramente le precisazioni supplementari sancite dal 2° concilio di Costantinopoli. E, nel diciannovesimo secolo, i vescovi francesi che hanno finito per costituire la « piccola Chiesa » , scandalizzati per il « tradimento » di Roma che li privava delle loro sedi episcopali per preparare la via al concordato con Napoleone, sono caduti nello scisma ed hanno finito per negare il primato di giurisdizione del Papa.
Per i veri nemici della chiesa, tali gruppi estremisti non sono sembrati costituire un vero pericolo.
Per esempio, ad Antiochia nel quarto secolo, Euozios, vescovo ariano, ha accordato l'utilizzazione di una chiesa a Paulinos, vescovo niceno estremista consacrato da Lucifero di Cagliari, ancor più esaltato ed estremista di questi, mentre oppose più amaramente a Meletius, vescovo cattolico che, prudente e forse anche troppo moderato, è stato considerato pericoloso proprio perché affermava le dottrine di Nicea e di Costantinopoli.
(Fonte: DICI n°255 del 25/05/12 - Traduzione da DICI, Maria Guarini)
Molto eloquente il messaggio che deriva da questa riflessione.
RispondiEliminaChe arrivi a destinazione sia all'interno della Fraternità che a chi ha orecchie per intendere in Curia.
"Roma non ha mai ritrattato nulla esplicitamente, né ha mai ammesso di aver commesso degli errori."
RispondiEliminaCi mancherebbe altro!
Se Roma rappresenta la Santa Chiesa, è infallibile e immacolata.
mysterium iniquitatis
RispondiEliminaBell'articolo! Trovo interessante la prospettiva molto pragmatica di lasciar calmare gli animi prima di riaffermare compiutamente e chiaramente la sana dottrina.
RispondiEliminaAnch'io l'ho letto con molto piacere, appena pubblicato.
RispondiEliminaImposta in modo realistico ma nello stesso tempo dottrinalmente corretto i problemi che ha di fronte la Fraternità.
Una voce così, pacata e ferma, ricca di fede, di attenzione vigile, di abbandono alla forza dello Spirito Santo, è da tenere in grande considerazione, in tempi, come questo, di divisioni e perfino rancori e risse.
Meditino i membri della Fraternità queste paigine illuminate e illuminanti.
Se Roma rappresenta la Santa Chiesa, è infallibile e immacolata.
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rappresenta non significa "è".
La Chiesa in quanto Corpo Mistico è infallibile nel magistero tale voluto e definito e immacolato nella sua santità.
spiacente, sono fuori dal coro di applausi:
RispondiEliminaa me pare un discorso assurdo e totalmente iniquo.
riflessione "moderata", che vuol dire esattamente ? da quando in qua "moderato" significa "ingiusto" o illogico ?
cioè: a qualcuno bisogna chiedere scusa, per danni o offese che abbiamo arrecato, ma ad altri no ! e perchè mai?
Immaginate....
pensate se si trattasse di un pover'uomo che per colpa di un giudice iniquo ha scontato 20 anni di galera innocente !
quel giudice non dovrà risarcirlo per nulla ? dimentichiamo e tiriamo avanti, senza riparare nessun danno ?
ah sì...i giudici oggi sono una casta di intoccabili.
Il medico va in galera se sbaglia l'intervento, il giudice no.
Gli ecclesiastici dunque, come i giudici (italiani) anche se sbagliano non devono mai ammettere i propri errori nè porvi rimedio ?
Se è vero che Roma (ma chi sarebbe la cosiddetta "Roma", da 50 anni a questa parte?) non ha mai commesso errori, e non deve chiedere perdono di nulla, ma solo OBLIARE... bene allora spiegatemi, di grazia, che senso aveva quella strana scena a cui abbiamo assistito in TV , il 27 marzo 2000, quando Papa GPII andò a mettere quel bigliettino nel muro del pianto a Gerusalemme ?
RispondiEliminaperchè in quell'occasione il Pontefice non ha attivato questo bel principio dell'OBLIO (che risolverebbe, secondo l'esimio sacerdote, tutte le colpe, danni ed offese, senza accusarne i responsabili, nè ripararne le conseguenze, nè chiederne perdono a chicchessia, ovvero innanzitutto a Dio) ?
Cara Ester, che moderazione non sia tout court equivalente a giustizia e verità sono d'accordo con te.
RispondiEliminaE' evidente che nella situazione di cui stiamo parlando abbiamo assistito a molti eccessi verbali e di comportamento, che non aiutano una conciliazione auspicabile e non necessariamente attraverso compromessi e tuttavia nella consapevolezza che il "muro contro muro" non porta da nessuna parte.
Sembra che i due aspetti, secondo me essenziali messi in campo da Mons. Fellay, di fiducia del Soprannaturale e di realismo abbiano difficoltà ad essere applicati.
In ogni caso ho l'impressione che la riflessione che ho pubblicato sia ora in parte ridimensionata dalla recente omelia di Mons. De Maillerait il 3 giugno a Parigi.
Non commento. Ne prendo atto e vedremo...
Se è vero che Roma (ma chi sarebbe la cosiddetta "Roma", da 50 anni a questa parte?) non ha mai commesso errori, e non deve chiedere perdono di nulla, ma solo OBLIARE...
RispondiEliminanon è questo il senso della riflessione.
Vorrei rispondere anche al secondo anonimo, oltre a quanto ha giustamente rilevato Dante, che la Roma immacolata e che non sbaglia mai è la Roma eterna, la Chiesa docente reggente e santificante nella costanza dei suoi insegnamenti.
la Roma immacolata e che non sbaglia mai è la Roma eterna, la Chiesa docente reggente e santificante nella costanza dei suoi insegnamenti.
RispondiEliminaappunto.
Ora resta da vedere se la Roma odierna (quella "rigenerata" dagli eventi, atti e innovazioni del conciliov2) che sta conducendo le trattative con la FSSPX corrisponda esattamente a quella eterna o no.
Ad occhio e croce mi pare di no, dato il deragliamento a cui le gerarchie hanno, nella prassi traviata, conseguente a quelle ambigue aperture del cv2, condotto la Chiesa dal concilio in poi, per applicare l'ecumenismo aberrante (inclusivo di eresie) ad intra ed extra; e le trattative in atto sono proposte di compromessi politici, su basi puramente umane di "scambio" di favori, molto insidioso non tanto per la FSSPX, ma per il rispetto della Verità eterna di cui essa è custode e portatrice, che quindi non tengono alcun conto della Giustizia divina, quella davvero soprannaturale e trascendente, che dovrebbe guidare le decisioni di tutti gli uomini di Chiesa, secondo il comando di Gesù:
Cercate il Regno di Dio e la SUA gloria, il resto vi sarà dato in sovrappiù.
Io non vedo da nessuna parte che l'attuale Roma stia cercando il Regno di Dio, (>la falsa pace, unione irenista-sincretica di ortodossi con eretici non è affatto volontà di Dio nè regno di Dio, ma solo babele indecifrabile, perniciosa per la Fede dei piccoli) bensì sempre compromessi, adeguamenti con i poteri e lo spirito del mondo, che impone ormai il grande calderone fraterno-indifferentista* (lo impone, anche con sotteso ricatto -o così o niente-) come da programma conciliare: il concilio continua così ad essere applicato, (vittoria della prassi relativista) ad imporre la sua volontà/autorità su tutto e tutti, compreso il Papa, che non intende nulla chiarire di esso nè metterne in discussione intenti e documenti.
Il regno del relativismo permane incontrastato, cercando di fagocitare la FSSPX nel proprio schema onni-inclusivo, tacitando fin da ora le sue critiche motivate alle mutazioni epocali della Chiesa (fenomeni imparagonabili a mio avviso a TUTTE le crisi della storia passata, visto che ora l'apostasia è generale e parte dai vertici), il suo essere evangelico "segno di contraddizione" col mondo e le sue logiche ambivalenti, ben assorbite e di continuo usate dalla Roma conciliare (quell'ambivalenza o altalena permanente tra vero e falso, tra PERENNITA' E MODERNITA', TRADIZIONE E MODERNISMO, che alcuni chiamano "cerchiobottismo", alcuni "sintesi" dialogante, altri "equilibrio conservatore", che conserva il dettato conciliare, ovviamente....)
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*vi dirò dove ho trovato il terribile riscontro di questo che affermo: alcuni passaggi-chiave
della teologia dal card. Ratzinger, presa in esame da mons. Tissier, e riportati da don Curzio in
http://www.doncurzionitoglia.com/monstissier_falsa_teologia_bxvi.htm
Non potevo conoscere il pensiero-base dell'attuale papa, prima di aver letto, con stupore e sgomento, certi suoi scritti giovanili riportati su internet; un pensiero che non è affatto superato o abbandonato, ma tuttora si palesa come guida costante delle sue decisioni pratiche e di tutti i suoi discorsi di pontefice.
A me vengono stranamente in mente due altri esempi "moderati": Sant 'Anastasio che fu esiliato e scomunicato per restare fedele a Dio nonostante avesse contro tre quarti di episcopato eretico/ariano e papa Libero ambiguo e San Massimo il Confessore chiamato così perché preferì farsi mutilare lingua e mano destra pur di non accettare il monotelismo. Infine mai nella storia della Chiesa neanche nella peggiore crisi abbiamo avuto la massoneria e l'eresia dentro. Fate vobis
RispondiEliminaIl vescovo Tissier de Mallerais usa indubbiamente un tono ben diverso da quello del professor Iscara. Non è il solo, anzi, forse rispecchia il sentire ed il parlare della maggioranza dei membri della Fraternità, Ester compresa (non so se sia fedele della Fraternità, certo a quelle fonti si abbevera).
RispondiEliminaNessuno, qui, ignora i percorsi tortuosi della Chiesa dell'ultimo cinquantennio. Nessuno mai li ha approvati o li approva. I più vecchi tra noi li hanno combattuti a viso aperto (con nome e cognome!) anche affrontando rischi che oggi non esiston più.
Ma mi chiedo se ragionare invece di urlar sempre, usar un tono pacato e non continuamente rampognante, cercare una linea positiva e propositiva invece che negativa e negatrice sia un delitto contro Dio.
Si affermi la Verità, ci mancherebbe altro, nulla è da nascondere. Ma agiamo con la prudenza necessaria e con la massima fiducia nel Signore che ci vuole uniti.
Quanti di noi hann'approvato le continue richieste di perdono dei Papi a nome della Chiesa? Io no. Le colpe sono state degli uomini di Chiesa, e Giov. Paolo II poteva chieder perdono delle sue colpe non di quelle altrui, che so, fo per dire, di Bonifacio VIII o di Pio IX. Ricordo mons. Fellay che a 30Giorni tanti anni fa disse: "se il Papa mi chiama corro a Roma... non pretendiamo che Roma dica d'aver sbagliato perché comporterebbe la perdita di credibilità della Chiesa" - cito a memoria.
Ora, che in parte il clima è cambiato, mi chiedo: se la Chiesa riammette "nella comunione più perfetta" (non si parla più di scisma) la Fraternità, forse che essa non può combatter dall'interno? non può attrar quei sacerdoti che ad essa guardan con interesse, simpatia e condivisione e dar inizio ad un movimeno teso ad un rinnovamento interno?
Si può fare o no senza intaccar la dottrina? Il problema da sciogliere è questo. Per me si può fare. Se non si fa la mia preoccupazione è che la Fraternità si arrocchi in una presunta superiorità - ma internamente è divisa - ed invece di collaborar alla rinascita della Chiesa finisca per diventar una delle tante sette.
Inoltre ricordo che mons. Lefebvre nei suoi colloqui con Roma, nella lettere scritte quando sembrava possibile la conciliazione mai abbia chiesto il mea culpa di "Roma", anche se poi in discorsi, omelie e conferenze era tagliente.
Quanto al Vaticano II, i suoi precisi limiti sono ben presentati in alcuni studi, fra i quali emergono quelli di mons. Gherardini. Il quale, in fondo, concorda, sia pur con metodo diverso, col grande p. Calmel: i documenti sono parolai, vaghi, contraddittori; una volta presentan la verità, poi la smentiscono, espongono nuove dottrine in rottura con la Tradizione e poi la ricuciono.
Concludo: a volte è necessario alzar la voce, altre volte è necessario un colloquio sereno. Ora mi sembra che sia giunto il tempo del colloquio sereno, delle aperture, che non escludono la richiesta di garanzie per la propria opera.
Ho letto l'omelia di Mons. De Maillerait, ma sostanzialmente, a parte forse il modo, dice le stesse cose: San Basilio non ha usato parole equivoche riguardo agli eretici, che ritornavano alla Chiesa. Ha preteso che professassero la fede cattolica integrale ma con una formula più tenue. Ha fatto uso di prudenza, cosa molto buona, ma professando la vera fede. Non accettando di firmare delle cose equivoche.
RispondiEliminaPer il resto noi dimentichiamo troppo facilmente che il momento storico attuale si inserisce nel contesto più ampio della storia della salvezza, che ha avuto un inizio, una fase intermedia e prima o poi avrà una fine. Non dimentichiamo quindi che prima o poi qualcuno dovrà anche vivere i giorni ultimi. Non so se saremo noi o no, ma la lettura dell'Apocalisse ci può aiutare.
Ai primi cristiani "il ritorno di Cristo" sembrava imminente, noi invece lo poniamo sempre in un futuro non troppo vicino...
In questo senso anche la questione della FSSPX può essere valutata in modi molto differenti.
L'importante é cogliere l'attimo in cui il Signore passa. O l'attimo in cui ritorna...
Ha ragione Pastorelli e le sue considerazioni sono da condividere.
RispondiEliminaLa confusione provocata da certi testi del Concilio, che hanno avuto una genesi "compromissoria" e però non hanno valore dogmatico, deriva dall'intenzione solo pastorale di recepire alcune istanze moderne. Il modo con cui questo è stato fatto è tale da aver determinato l'insuccesso di questo tentativo.
Per esempio, è chiaro - e lo dimostra tutta la ricerca teologica sviluppatasi nel post-concilio - che non è risolto in modo soddisfacente il tema del rapporto tra diritto positivo degli stati costituzionali moderni e dovere morale degli stessi verso la vera religione.
Quindi è evidente che, mentre da una parte i testi del Concilio devono intanto essere spiegati conformemente alla Tradizione, dall'altra parte i punti suscettibili di lettura "ambivalente" dovranno essere meglio autorevolemnte precisati dal Magistero, cosa che peraltro è avvenuta molte volte nella storia.
Tutto questo si fa NELLA Chiesa, altrimenti si perde tempo e si rischia di far danni.
I fissati accusatori della Santa Chiesa e del Papa seguiranno il loro destino settario, che non avrà più nulla di cattolico.
Caro Roberto,
RispondiEliminase apri il volume di don Ennio Innocenti "Inimica Vis" vi leggerai la lista dei vescovi e preti massoni tra '700e '800 fornitagli dal gran maestro Gamberini. E' impressionante.
Don Innocenti è un maestro in materia, non un superficiale o un paranoico che vede dietro ogni angolo l'agguato massonico, il quale ha certamente tanti e forti tentacoli.
Scrivevo poco fa su Toscana Oggi on line, che il problema odierno è di debolezza del governo dacché all'arma della severità si è sostituita quella della misericordia, come se dovesse esser contrapposte e non complementari.
La difesa della Fede con la massima severità verso coloro che la corrompono, dopo decisi avvertimenti, l'ho invocata da sempre. Purtroppo la Chiesa segue strade più prudenti, anche con l'esempio del Papa e di vari ecclesiastici. Sperano di ottener così più frutti? Credo che sia questo il loro pensiero. Io nutro delle perplessità. E lo riaffermo.
Alcune esemplificazioni. caro VIANDANTE, sono comuni al sacerdote americano ed al vescovo Tissier. Speriamo che fruttifichino nella stessa direzione.
RispondiEliminaMic,
RispondiEliminaAristotele dice che la virtù è una media tra i due estremi, ma dice anche che la virtù, in ciò che è di meglio, è un estremo.Quindi, è strano parlare in una moderata prudenza, perché la moderazione è un virtù costitutiva della propria prudenza. Don Curzio parlando della prudenza, citando Garrigou Lagrange, dice:
«Essa [prudenza] determina il giusto mezzo razionale, che è una vetta, in mezzo e al di sopra d’ogni deviazione irragionevole per difetto o per eccesso» e prosegue «non si tratta di prudenza negativa che consiglia quasi sempre di non agire, di non intraprendere grandi cose, e questo per evitare noie e difficoltà. Questa prudenza che ha per principio “niente impicci” è quella dei pusillanimi […], che cerca sempre di farsi perdonare parlando di moderazione e dicendo: “non si deve mai esagerare”. […] La semplicità della colomba, che non è ingenuità, e conserva il silenzio su quanto non si deve dire, ma non parla mai contro la verità» (p. 106 e 110). Vera e falsa prudenza - Risposta a Domenico Savino http://www.doncurzionitoglia.com/veraefalsaprudenza.htm
Quindi, dato il giusto mezzo razionale per l'azione, dobbiamo anche moderare questo?
Oggi è molto facile da sostituire la prudenza, per la moderazione o elegere questa l'ultima, come la principale virtù, e la mettere al posto della prudenza, che è molto più importante. Soprattutto quando la "moderazione" e "prudenza" che vediamo oggi, è quella che San Ezechiele Moreno ha detto nel suo tempo:
"... Molti di quelli che se dicono cattolici" aiutano i rivoluzionari ". Sono sempre 'moderati', che stimano la" pace pubblica "come bene supremo. Questi cattolici tollerante, indulgente, gentile, dolce, gentile con la estrema massoni e nemici furiosi di Gesù Cristo, mantene tuttavia un cattivo umore per quelle che gridano "Lunga vita alla religione!" e sostenere continue sanzioni che soffrono e di esporre le loro vite. per loro, questi ultimi sono "esagerati e imprudente, di intraprendere tutte in perdita gli interessi della 'Chiesa ".