Si tratta di una riflessione ripresa da TradiNews. Certamente riguarda la Fraternità San Pio X, ma non è estranea a tutto quanto ha a che fare con la Tradizione in generale. Si fa riferimento all'atteggiamento di Benedetto XVI; ma il tutto può essere tranquillamente riposizionato nella nuova, ma in realtà non-nuova, situazione odierna. Sbocchi? Assolutamente imprevedibili.
Mi viene spontanea un'osservazione notando, se non sbaglio, un atteggiamento contrario in assoluto ad una "accettazione delle riforme" e penso che, se ci si riferisce al Concilio nel suo insieme, mi pare irrealistico prescinderne e non trovarvi elementi condivisibili. Assolutamente non condivisibile, invece è il cosiddetto "spirito del concilio", quello che Mons. Gherardini chiama, ben a ragione, il gegen-Geist (contro spirito) affermatosi grazie ad esso [vedi anche]. Questo non significa che dobbiamo attribuire ogni responsabilità solo ad una ritenuta falsa applicazione; ma che è necessario trovare una via d'uscita ai guasti perpetrati fino ad oggi con una rilettura sapiente dei documenti che permetta il risanamento dagli inquinamenti ben individuati - ritenuta possibile, per esempio, da Mons. Schneider. Effettivamente si sono dovute registrare alcune - più d'una - riforme problematiche. Ma forse la spiegazione sta proprio nell'uso, ed anche negli effetti, del termine "riforma".
In realtà nessun amante della Tradizione è di per sé chiuso agli "aggiornamenti" espressi anche attraverso "novità" che non ne tradiscano i principi, ma la trasmettano fedelmente ad ogni generazione. Del resto aggiornamento e non riforma era il termine usato da Giovanni XXIII in apertura del Concilio. Può essere utile ripercorrere questa riflessione di alcuni mesi fa che mette in luce il metodo soggettivista, già presente in precedenza e insinuatosi subdolamente, pur riconoscibile da alcuni segnali, che è più facile leggere ora, che ne avvertiamo gli effetti e gli sviluppi.
Faccio mia la seguente affermazione, il cui senso ho espresso in molte occasioni. La difesa della Tradizione non è un tornare indietro, ma un continuo trasmettere ciò che ci è stato donato, consegnato perché lo ritrasmettessimo integralmente. L'approfondimento dovrà sempre essere eodem sensu eademque sententia. La Tradizione non è un peso morto né qualcosa di sorpassato, perché contiene e trasporta la linfa vitale delle radici. Essa è, come ben scrive mons. Gherardini, la vita e la giovinezza eterna della Chiesa.
Mi viene spontanea un'osservazione notando, se non sbaglio, un atteggiamento contrario in assoluto ad una "accettazione delle riforme" e penso che, se ci si riferisce al Concilio nel suo insieme, mi pare irrealistico prescinderne e non trovarvi elementi condivisibili. Assolutamente non condivisibile, invece è il cosiddetto "spirito del concilio", quello che Mons. Gherardini chiama, ben a ragione, il gegen-Geist (contro spirito) affermatosi grazie ad esso [vedi anche]. Questo non significa che dobbiamo attribuire ogni responsabilità solo ad una ritenuta falsa applicazione; ma che è necessario trovare una via d'uscita ai guasti perpetrati fino ad oggi con una rilettura sapiente dei documenti che permetta il risanamento dagli inquinamenti ben individuati - ritenuta possibile, per esempio, da Mons. Schneider. Effettivamente si sono dovute registrare alcune - più d'una - riforme problematiche. Ma forse la spiegazione sta proprio nell'uso, ed anche negli effetti, del termine "riforma".
In realtà nessun amante della Tradizione è di per sé chiuso agli "aggiornamenti" espressi anche attraverso "novità" che non ne tradiscano i principi, ma la trasmettano fedelmente ad ogni generazione. Del resto aggiornamento e non riforma era il termine usato da Giovanni XXIII in apertura del Concilio. Può essere utile ripercorrere questa riflessione di alcuni mesi fa che mette in luce il metodo soggettivista, già presente in precedenza e insinuatosi subdolamente, pur riconoscibile da alcuni segnali, che è più facile leggere ora, che ne avvertiamo gli effetti e gli sviluppi.
Faccio mia la seguente affermazione, il cui senso ho espresso in molte occasioni. La difesa della Tradizione non è un tornare indietro, ma un continuo trasmettere ciò che ci è stato donato, consegnato perché lo ritrasmettessimo integralmente. L'approfondimento dovrà sempre essere eodem sensu eademque sententia. La Tradizione non è un peso morto né qualcosa di sorpassato, perché contiene e trasporta la linfa vitale delle radici. Essa è, come ben scrive mons. Gherardini, la vita e la giovinezza eterna della Chiesa.
La mancata sottoscrizione dell'accordo non è un fallimento perché questo accordo non sarebbe stato una buona cosa: esso non avrebbe apportato nulla alla Chiesa, perché la situazione delle ED è quella che è e avrebbe fatto esplodere in volo la FSSPX che vi si era incamminata. Sarebbe stato un accordo da vittime, dottrinalmente confuso, che è la cosa peggiore, ma soprattutto, sarebbe sfociato in ciò che la FSSPX ha sempre rifiutato : mettersi sotto l'autorità di chiunque in una maniera o nell'altra volesse condurla all'accettazione delle riforme.
Su questo punto, le autorità romane, sia il papa che i suoi collaboratori più prossimi, non si sono mai nascosti : lo scopo dichiarato e perseguito è l'accettazione del concilio e delle sue riforme da parte della FSSPX. E se le comunità ED malgrado tutte le vessazioni hanno potuto conservare il tesoro della tradizione è perché la FSSPX era la loro scappatoia. Ma quando non ci sarà più scappatoia, come agiranno coloro che hanno imposto d'autorità la rivoluzione nella Chiesa? Purtroppo non è molto difficile da indovinare...
Invece, ciò che Benedetto XVI ha fallito non è l'accordo, è la "regolarizzazione" canonica, perché niente gli impediva di dare unilateralmente uno statuto alla FSSPX, senza contropartita dottrinale. Se non l'ha fatto, mi sembra sia perché questo papa crede fermamente che il concilio Vaticano II è la bussola della Chiesa e deve impregnare la Chiesa intera, e dunque non poteva concepire una regolarizzazione senza accettazione a termine almeno parziale ed effettiva del Concilio, e vedeva l'integrazione della FSSPX nella instabilità conciliare come mezzo per controbilanciarne le velleità troppo progressiste.
Non è che l'ermeneutica della riforma.
Utili letture:
RispondiEliminaNell’autunno del 2012, Mons. Gerhard Ludwig Müller, neoprefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF), in riferimento all’attuale “contenzioso” che oppone la Santa Sede e la FSSPX, nell’intervista concessa alla radio tedesca “Norddeutsche Rundfunk”, si è così espresso:
“La porta è aperta… ma non vi è alcun compromesso in termini di fede cattolica soprattutto perché tutto è stato definito regolarmente dal Vaticano II. Non possiamo rinnegare la fede cattolica, [!] non ci può essere nessun compromesso.[!]”
L’immediata impressione che si avverte e si ricava da questa dichiarazione dice come la Chiesa e il Magistero si dimostrino paradossalmente rigide, sul terreno dell’ortodossìa, proprio con chi – la Fraternità - si professa per il rispetto e per la conferma della stessa ortodossìa e della Tradizione.
Ma tutti conoscono che il tema del contendere non è tanto una certa “ortodossìa” in sé, quanto l’accettazione della supposta ed imposta validità, inalterabile ed inoppugnabile, del Concilio Vaticano II, di questo concilio e delle formulazioni contenute nei suoi documenti, a cui Benedetto XVI ha attribuito “l’ermeneutica della continuità”, vale a dire un Vaticano II che si pone in linea, coerente e regolare con tutti i precedenti concilii e con la Tradizione, senza alcuna soluzione di continuità.
Ora, la FSSPX, almeno fin quando la dirigeva Mons. Lefebvre, [precisazione non trascurabile, nota del blogger qui trascrivente], lo ha sempre ritenuto e considerato come inficiato di errori e di stravolgimenti in traduzione modernista, e necessariamente lo ripudia come fonte di “dottrina tradizionale” tanto più che il carattere impressogli da Giovanni XXIII è quello della pastoralità e non della dogmaticità. Parere condiviso da molti ed autorevoli studiosi.
[....](più avanti....):
Se non che, mentre alla Fraternità si lascia la porta spalancata, nessun compromesso patteggiando per un rientro che si configura come resa senza condizioni, la Santa Chiesa, la Gerarchia, il Magistero e il Santo Padre, quella porta aperta - che secondo il salmista deve accogliere i giustificati che rientrano per essa: “Haec porta Domini, justi intrabunt in eam” (Ps. 117, 20) - l’hanno da tempo varcata, attraversata e sono usciti andando incontro al mondo, anzi, sono entrati nel suo più interno cubicolo festeggiando, con esso, non l’adesione e la conversione al Vangelo, ma sottoscrivendo la stipula di un’amicizia collaborativa per la quale, datasi stima vicendevole, cadono le barriere dottrinarie e le reciproche scomuniche, collimano i princìpii, cade il Primato di Pietro e, con ciò, ci si assicura una coesistenza pacifica, senza troppi sgomitamenti.
Coesistenza pacifica e aggregazione che si vuol spacciare per “unità”.
È la scoperta dell’ecumenismo irenico e del dialogo sterile e verboso,
etc.
tratto da
Ecumenismo a senso unico
Commento A Mons. Gerhard Ludwig üller
art. di Prandianus
RispondiEliminaIl Concilio, vittima di opposte fazioni
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-il-concilio-vittima-di-opposte-fazioni-6341.htm
L'esempio del card. Dolan:
RispondiEliminaTUTTI SONO BENVENUTI!
MA............
http://www.cantualeantonianum.com/2013/04/quando-saper-comunicare-aiuta-spiegare.html
Chi puo' dire cosa sarebbe stato?
RispondiEliminaStefano Fontana, autore di un'indagine sul Vaticano II dal titolo
RispondiElimina“Il Concilio restituito alla Chiesa” (La Fontana di Siloe, Torino 2013)
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-il-concilio-vittima-di-opposte-fazioni-6341.htm
Scusi, anonimo!
RispondiEliminaNon ho visto che aveva già segnalato il libro di Fontana.
Credo che il discorso sia molto da sviluppare e approfondire. Ma la chiudo qui.
RispondiEliminaLasciamo aperto il cuore alla Speranza.
Conosciamo quanto effettivamente il concilio sia stato non tanto il campo di opposte fazioni, quanto il teatro d'azione di una minoranza determinata: l'alleanza renana et similia, che ha portato avanti un'azione di fronda tanto subdola quanto rivoluzionaria.
C'è molto da riparare; ma niente è impossibile presso Dio. Al momento è indispensabile resistere, pregare e non trascurare per quanto e ove possibile una pastorale tradizionale.
Discorso complesso, quello sul concilio. Che non sia da approvare in blocco, o da rifiutare in blocco, è assodato. Occorre valutare i singolo atti, le singole frasi, in funzione della diversa autorevolezza dottrinale e canonica. Il tutto alla luce della Tradizione, supremo giudice, e avendo ben presente la rinuncia, da parte dello stesso concilio, di ogni valenza dogmatica e definitoria. E' l'autodichiarata "pastoralità" del concilio a renderlo, legittimamente, discutibile, anche per l'ambiguità del termine "pastorale", ignoto alla Chiesa di sempre, adusa alla nettezza dottrinaria e giuridica del "sì sì, no no". Per non parlare poi del famigerato "spirito del concilio", espediente politico e retorico per contrabbandare principi che lo stesso concilio non ha mai affermato.
RispondiEliminaCose ben note, qui, ma che ogni tanto vale la pena ricordare e riaffermare.
niente gli impediva di dare unilateralmente uno statuto alla FSSPX, senza contropartita dottrinale
RispondiElimina???
Ma scherzi?
Glielo impediva il fatto stesso di essere un cattolico!!!
Ah sì? E lei è sicuro di essere cattolico, se arriva a mettere in dubbio lo sia la FSSPX, che non fa altro che custodire la Tradizione di sempre?
RispondiEliminaL'assenza di ogni valenza dogmatica e definitoria, ben ricordata da Silente, è un'eredità del concilio perdurante fino ad oggi e ora consolidata negli atti dirompenti, nei discorsi lapidari, il tutto senza spiegazioni, del nuovo papa.
RispondiEliminaResistere, appare per ora l'unico rimedio, perché la nuova chiesa-dialogante con tutti, paradossalmente non dialoga solo con la Tradizione.
mic dice:
RispondiEliminanon fa altro che custodire la Tradizione di sempre
custodisce solo un errato concetto di tradizione.
Siete fuori dalla storia oltre che dalla Chiesa.
Non pubblico i numerosi commenti dei soliti neocat beffardi e menzogneri che ovviamente, nella loro 'estraneità al cattolicesimo autentico, hanno un'avversione viscerale per la Fraternità, alla quale non ho bisogno di aderire per essere cattolica, ma che non è meno cattolica di me.
RispondiEliminaEssi copiano-incollano, senza dare alcun peso alle nostre ragioni, testi che in realtà contraddicono la rimozione della scomunica (senza condizioni) operata da Papa Benedetto e, nel sostenere come nel commento che precede che la Fraternità custodisce un "errato" concetto di Tradizione, non fanno altro che giudicare "errato" - senza peraltro darne alcuna spiegazione - il concetto di Tradizione che ha portato fino a noi la fede integra della Chiesa bimillenaria...
E quale sarebbe il vero concetto di tradizione??? Forse "tradizione vivente"...come fiume che scorre....etc....(vedi Ratzinger...) pretesto per una nuova religione sentimental-naturalistica dove ognuno fa ciò che vuole e prende la "passato" solo ciò che aggrada???
RispondiEliminaUn po' di igiene mentale le farebbe vedere chi è fuori dal tempo.....di Dio!
@ 'Anonimo' delle 9.40:
RispondiEliminanon ho capito se sei un ignorante (nel senso etimologico del termine) o un tipico neomodernista 'conciliare'.
Nel primo caso ti do un consiglio: studia una buona volta la dottrina, la liturgia, il diritto e la pastorale che la Chiesa ha professato fino al 1958, e paragonali a quanto gli uomini di Chiesa - Papi, vescovi e preti - insegnano e fanno oggi. Se sei ancora dotato di normale facoltà di raziocinio, noterai la patente contraddizione.
Nel secondo caso invece, per lunga esperienza personale, e a differenza che nei confronti di esponenti di altre false religioni, so che non c'è nulla da fare: un neomodernista è mentalmente e spiritualmente completamente cotto e bollito, non resta che pregare per una sua (poco probabile) conversione.
L'espressione "Siete fuori dalla storia oltre che dalla Chiesa" (Anonimo delle 9:40) è particolarmente grave, per un cattolico. Tralascio, per la palese assurdità, l'accusa di essere "fuori dalla Chiesa". Ma quella di essere "fuori dalla storia" denuncia una mentalità storicista e quindi relativista assolutamente incompatibile con la Dottrina, persino quella post-conciliare di Benedetto XVI, che tanto si è speso contro il relativismo, anche se con efficacia ed esiti incerti.
RispondiEliminaGiusto stamane, leggevo un vecchio articolo comparso su "La Civiltà Cattolica" del 1910 sul modernismo: "Modernismo che è? Non è semplicemente l'adattarsi delle idee religiose al tempo presente (...) Per esso non c'è un punto fermo, come non c'è verità assoluta (...) La cultura umana è sempre in moto (...) Questo è il concetto del panteismo, per il quale il gran tutto è perpetuamente in divenire". La Civiltà Cattolica, Quaderno 1441, 2luglio 1910,pag. 6.
Diceva Leon Bloy: "La storia è un incubo da cui cerco di svegliarmi". Nulla è più lontano dal pensare cattolico dell'idolatria della storia. Stat Crux dum volvitur orbis.
Chiedo scusa: la frase "la storia è un incubo da cui sto cercando di svegliarmi" è di James Joyce, non di Leon Bloy (anche se sono convinto che Bloy la pensasse nell stesso modo...).
RispondiEliminaanche se sono convinto che Bloy la pensasse nello stesso modo
RispondiEliminaSono rimasta sbigottita fin da subito che nella sua prima omelia (se non ricordo male nella prima Messa dopo la nomina), il nuovo Papa abbia citato come PRIMO autore proprio Leon Bloy
ono rimasta sbigottita fin da subito che nella sua prima omelia (se non ricordo male nella prima Messa dopo la nomina), il nuovo Papa abbia citato come PRIMO autore proprio Leon Bloy.
RispondiEliminaPersonaggio a dir poco discutibile.
Ha deto e fatto molte cose buone, ma altrettante davvero strane e malsonanti, quando non proprio eretiche.
Cara Mic, la citazione del "sulfureo", intransigente e "furioso" cattolico Leon Bloy, ammiratore dell'altrettanto sulfureo Barbey d'Aurevilly, così apparentemente lontano dalla "pastoralità" di Papa Francesco, aveva stupito anche me. Francamente, non so che significato attribuire a questa citazione. Di Bloy dissero i grandi cattolici Domenico Giuliotti e Giovanni Papini: "Scrisse furiosamente, come scrivendo a sabbiate, su blocchi di fuoco. Ogni volume è una demolizione d'idoli sporchi e una glorificazione sempre più alta di Dio" (D. Giuliotti- G. Papini; Dizionario dell'omo salvatico, pag.325; Il Cerchio, Rimini 2012).
RispondiEliminaMi piacerebbe che saraafino (sic)delle 16:58 mi giustificasse perchè lo definisce "discutibile" e perchè ritiene le sue idee "strane e malsonanti, quando non proprio eretiche".
Certo Leon Bloy, atleta della fede, può essere considerato "eretico" solo da qualche cattolico conciliare, pacifista, buonista, collotorto e drogato di miti quali quello del "dialogo", dell' "accoglienza", dell'ecumenismo indifferentista.
@per Silente:
RispondiEliminasi è mai il pur pieno di belle pagine, "La salvezza viene dai giudei"? Si è fermato per caso a "Il sangue dei poveri"?
Cosa le sembra dell'identificazione tra Spirito Santo e "demonio" [sic DAVVErO mI SONO VENUTI I BRIVIDi-GIURO!- mentre lo scrivevo), presente nelle pagine di"la salvezza.."? Sono stato un entusiasta di Bloy, del Bloy discepolo di l'abbé Tardif de Moidrey (che sosteneva la tesi che tutti gli
atti umani, di qualunque tipo e natura, concorrono alla stesura ed
all'esegesi di un unico libro che potrebbe chiamarsi i"Paralipomeni della
Sacra Scrittura"). Anche per questo, mi sono sentito in dovere, dopo averne lette le critiche che ne fa "Sodalitium", di presentare e tenere tale autore per quel che è .