Il tema della liturgia è stato centrale nel magistero di Benedetto XVI, che ha sempre combattuto contro abusi e degenerazioni del periodo post-conciliare. Chi ha mal sopportato quegli interventi pensa ora, in questo inizio di pontificato di Francesco, all'insegna della semplicità, di tornare indietro. Così che espressioni come "vivere la liturgia con semplicità e senza sovrastrutture" si sentono sempre più spesso, equivocando il concetto di semplicità.
Per capire bene il valore della semplicità nella liturgia e il rapporto con la fede abbiamo chiesto l'intervento di un esperto di liturgia come monsignor Nicola Bux.
Per capire bene il valore della semplicità nella liturgia e il rapporto con la fede abbiamo chiesto l'intervento di un esperto di liturgia come monsignor Nicola Bux.
Cosa vuol dire vivere il rapporto con la liturgia e con la fede con semplicità e senza sovrastrutture? Cominciamo con la struttura: la fede ha una struttura come la liturgia, in quanto c'è un rapporto tra le due (lex orandi-lex credendi). Per esempio, nella Messa ci sono le litanie (preghiere di invocazione), dal greco liti, processione; preghiere che si fanno procedendo da un luogo di culto ad un altro o all'interno del medesimo; si pensi alle stationes descritte da Egeria a Gerusalemme. Oppure al movimento dei neofiti dal battistero, all'esterno della Chiesa, dopo il battesimo, verso l'interno della Chiesa, per partecipare all'Eucaristia. Questo movimento processionale esprimeva l'idea del pellegrinaggio del popolo cristiano verso l'eternità.
Dunque, le litanie (chiamate ectenie, dal greco: supplica) sono sequenze di invocazioni a Dio per varie necessità di carattere universale (per i vivi e i defunti, la Chiesa e il mondo...). Esaminando l'unità liturgica della litania possiamo risalire alla sua origine storica. Quando, per esempio, il diacono dice:... "preghiamo", poi "inginocchiamoci" e tutti pregano in silenzio, poi "tutti in piedi"... e il sacerdote raccoglie le intenzioni in una colletta, dopo che tutti hanno pregato individualmente... abbiamo la forma primitiva della litania; ancora oggi noi abbiamo le preghiere-collette all'inizio della Messa. Col tempo, questa forma si è sviluppata in un novero di intenzioni, di invocazioni, alle quali si aggiungono le risposte del popolo. Nella Messa di rito bizantino se ne contano almeno quattro, mentre nella Messa latina è costituita essenzialmente dalla oratio fidelium o preghiera universale. Oggi è presente nella forma ordinaria del rito romano, ma era rimasta nella forma più solenne il Venerdì Santo, attestando così ulteriormente la sua antichità.
La litania o preghiera universale, che accompagnava il movimento processionale, non ha condiviso la sorte del resto del rito a cui apparteneva con la messa, ma ha seguito un suo percorso e questo fenomeno, gli studiosi lo chiamano "fenomeno strutturale". Cioè, la struttura della liturgia non è rigida, non lasciando spazio alle singole unità di modularsi o adattarsi alle situazioni storiche. Per esempio, la recita del Credo non avviene sempre: come mai? Ci sono senz'altro ragioni storiche, ma anche il Credo è una 'unità liturgica' che si è ricavata uno spazio e si comporta in maniera relativamente autonoma dal resto. La struttura in definitiva è il rito e la sovrastruttura il suo splendore.
Il discorso sulla struttura porta a comprendere che l'uomo ha bisogno di riti (nascita, sposalizio, funerali, apoteosi...), che servono ad eternare l'oggi. Ma con Cristo, l'eterno è disceso nel tempo, il sacro nel profano, consacrando quanti l'hanno accolto e aiutandoli ad ascendere con lui in alto - di discesa e ascesa è fatta la liturgia - ponendo il criterio di distinzione tra sacro e profano: nel Nuovo Testamento (1 Cor 11) la distinzione è stata sancita da Paolo quando ha separato dalla celebrazione eucaristica il pasto o agape da fare a casa.
Venendo alla sovra-struttura della liturgia dobbiamo parlare della Bellezza: il Catechismo della Chiesa Cattolica (no.1157) indica tre criteri: la bellezza espressiva della preghiera, l'unanime partecipazione dell'assemblea nei momenti previsti, il carattere solenne della celebrazione, al fine di rendere gloria a Dio e favorire la santificazione dei fedeli. Benedetto XVI ha insegnato che la liturgia è strettamente legata alla bellezza, come sperimentata da Pietro, Giacomo e Giovanni alla Trasfigurazione del Signore: "com'è bello stare qui...". La sovra-struttura non è stata abolita, perché la Costituzione Sacrosanctum Concilium al no. 34 parla di 'nobile semplicità': sembra un ossimoro, la nobiltà non è un di più della semplicità, una sovrastruttura da abolire appunto perché rifulga la semplicità? Ecco come la interpreta l'Esortazione Apostolica Sacramentum Caritatis al no. 41: è necessario che "in tutto ciò che riguarda l'Eucaristia vi sia gusto per la bellezza. Rispetto e cura dei paramenti, arredi, vasi sacri, affinché collegati in modo organico e ordinato fra loro, alimentino lo stupore per il mistero di Dio, manifestino l'unità della fede e rafforzino la devozione"; potremmo commentarlo con un passaggio della sequenza Lauda Sion: Quantum potes tantum aude: quia maior omni laude, nec laudare sufficit.
A questo punto si può affermare che il sacro si fa presente in una bellezza 'normativa' (rito = ordo) a cui bisogna prestare servizio; cioè i ministri possono solo amministrarla, servirla, non fare da padroni, a tutto vantaggio della cattolicità del culto; qui l'ordo del rito diventa ethos. Giustamente la liturgia è basata sul dogma e non su opinioni teologiche: cosa garantita dall'ordo.
Questa sovra-struttura, per dir così, la 'nobile semplicità' della liturgia, si può eliminare in nome dell'adattamento? O piuttosto vivere il rapporto con la liturgia e con la fede con semplicità e senza sovrastrutture, significa eliminare nel rito, nella musica e nell'arte, il profano e il desacralizzante, perché favoriscono il disordine, lo spontaneismo, la creatività e persino l'immoralità?
Proprio san Francesco raccomanda il massimo rispetto del Sacramento e che i calici, i corporali, gli ornamenti dell'altare e tutto ciò che serve al sacrificio, debbano averli di materia preziosa (cfr Fonti Francescane, Prima lettera ai custodi, 241,3); prescrive che il Santissimo Sacramento sia posto e custodito in luogo prezioso (4) e quelli che non lo faranno dovranno rendere ragione davanti al Signore nel giorno del giudizio (Lettera a tutti i chierici, 14).
Se, come ha affermato Benedetto XVI, nella liturgia assistiamo a deformazioni al limite del sopportabile, bisogna ammettere che ciò è divenuto possibile perché, dopo il Concilio Vaticano II, siamo passati da una liturgia di ferro ad una liturgia di caucciù (cfr. Civiltà Cattolica, Editoriale 20.12.2003).
abbiamo chiesto l'intervento di un esperto di liturgia come monsignor Nicola Bux.
RispondiEliminae qui scatta la risata... non continuo neanche a leggere!
Eppure dice cose sensate. Non vedo che c'è da ridere.
RispondiElimina
RispondiEliminaOT, dietro segnalazione di un commentatore su MIL di oggi:
Papa Francesco [il 16 maggio scorso, durante l'incontro della Caritas Internationalis] ha dato spazio ad alcune domande dei presenti, ma prima ha spiegato in che modo vada inteso l’amore cristiano, gratuito, simboleggiato dai pochi pani e pesci del Vangelo che sfamarono una folla:
“Non si moltiplicarono. No, non è la verità: semplicemente non finirono, come non finì la farina e l’olio della vedova. Non finirono. Quando uno dice ‘moltiplicare’ può confondersi e credere che faccia una magia… No, semplicemente è la grandezza di Dio e dell’amore che ha messo nel nostro cuore, che – se vogliamo – quello che possediamo non termina”.
http://www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/PapaCaritasInternationalis.aspx
No comment...
No, semplicemente è la grandezza di Dio e dell’amore che ha messo nel nostro cuore, che – se vogliamo – quello che possediamo non termina”.
RispondiEliminaEsatto il significato simbolico. Ma i miracoli sono interventi diretti sulla realtà da parte del Verbo della Vita, "per mezzo del quale tutte le cose sono state create" e dunque Egli ha il potere anche di influire materialmente sulla realtà concreta delle cose; il che non è magia: è "miracolo", appunto. Che poi il miracolo diventi anche un 'segno' dal significato ben più ampio, è un altro discorso...
“La Chiesa, Sposa e Corpo Mistico di Cristo, è la società più diversificata, più strutturata, più gerarchica che esista: dal vertice fino alla base tutto in essa porta l’impronta d’una sacra gerarchia, emanazione del suo centro vivificante. Questa Chiesa celeste, composta di angeli e di eletti che gli antichi artisti hanno rappresentato con gli occhi grandi, le mani giunte e allineati intorno all’Agnello, dagli splendenti Serafini fino alle anime del Purgatorio che salgono a prender posto tra gli innumerevoli cori celesti, è la nostra vera patria ed è vedendola abbozzata sotto i nostri occhi che abbiamo un saggio dell’eternità”, dom Gerard Calvet.
RispondiEliminaEcco perché non c'è modo di celebrare degnamente la Messa nel Novus Ordo.
Si potrà avere più o meno riguardo per le norme liturgiche, ma sarà solo legalismo, mai una vera Messa cattolica.
Non ho mai capito, presso i tradizionalisti cattolici, l'avversione per le altre religioni. Le hanno studiate tutte così bene per dire che sono opera del demonio?
RispondiEliminaNon ho mai capito, presso i cattolici conciliari, l'avversione per la Tradizione. L'hanno studiata tutta così bene per dire che è opera del demonio?
RispondiEliminaQuoniam omnes dii Gentium dæmonia: Dominus autem cælos fecit (Salmo 95, 5).
RispondiEliminaLouis Martin ha detto...
RispondiEliminaQuoniam omnes dii Gentium dæmonia: Dominus autem cælos fecit (Salmo XCV, 5).
Tutte le altre religioni(non tutte un in identico modo, ma TUTTE) sono il frutto, quanto meno de facto, di come influssii diabolici e/o superbia umana hanno trasformato la rivelazione primitiva di DIO ad Adamo.
“Non si moltiplicarono. No, non è la verità: semplicemente non finirono, come non finì la farina e l’olio della vedova. Non finirono. Quando uno dice ‘moltiplicare’ può confondersi e credere che faccia una magia… No, semplicemente è la grandezza di Dio e dell’amore che ha messo nel nostro cuore, che – se vogliamo – quello che possediamo non termina”
RispondiEliminaAmmettiamo che non furono moltiplicati i pani, ma che semplicemente non finirono mai: mi si spieghi dunque come mai le briciole ed i resti del pasto furono, se le Scritture non sono menzoniere, più abbondanti dei pani iniziali.
Perdonate una domanda fuori tema: se, in un giorno feriale, arrivo tardi alla S. Messa (Paolo VI, purtroppo...), al momento della Consacrazione per esempio, posso ricevere la S. Comunione? Oggi mi è capitato di arrivare tardi e di fare la Comunione. Il sacerdote, finita la distribuzione, ha detto che solo chi partecipa alla Messa per intero può ricevere la Comunione, altrimenti si offende Dio. È vero? A me risulta di no! Esiste qualche documento che afferma il contrario? Grazie mille per l'attenzione.
RispondiEliminaCanone 918 Codice Diritto Canonico vigente: "Si raccomanda vivissimamente che i fedeli ricevano la sacra comunione nella stessa celebrazione eucaristica; tuttavia a coloro che la chiedono per giusta causa fuori della Messa venga data, osservando i riti liturgici". A maggior ragione quindi ci si puo' accostare al Sacramento (in giorno feriale) durante la Messa, anche se ci si arriva tardi, e i preti che contestano questa possibilita' commettono un abuso ai danni di un legittimo diritto dei fedeli. Felice
EliminaTenuto conto di quanto scritto da Felice, sarebbe opportuno aggiungere che il sacerdote attento alla cura delle anime esorti i fedeli alla partecipazione della Messa per intero.
EliminaCioè chiarisco:
EliminaSe arrivo tardi per pigrizia, tiepidezza, trascuratezza certamente devo emendarmi. Se invece faccio un ritardo importante ma casuale, nonostante il mio cuore abbia le giuste e pie disposizioni verso la Santa Eucarestia è ovvio che non commetto nulla di male.
Il discorso di 'Viandante' è logico. Ma evidentemente il "Vescovo di Roma" Francesco si sbizzarrisce nel trovare esempi, termini e paragoni che colpiscono sì l'immaginazione, ma sono spesso imprecisi o ambigui, come in questo caso. E di questi tempi non è certo ciò di cui abbiamo bisogno.
RispondiEliminaC'è un argomento-valore, giustamente richiamato da don Bux, che è drammaticamente sottovalutato: quello della Bellezza. La modernità tende, nelle migliori delle ipotesi, a ignorarlo, quando non a distorcerlo, a corromperlo, a capovolgerlo. E' la "perdita del centro", la "morte della luce" denunciate da Hans Sedlmayr, le cui origini sono oscure non perché ignote, ma perché demoniache.
RispondiEliminaLa modernità, tra le sue molte caratteristiche, ha questa "ignoranza" del Bello, che spesso si trasforma in vero e proprio odio. E' il trionfo del brutto, del mostruoso, dell'incomprensibile, dell'in-significante (nel senso letterale), del volgare, del disgustoso. Non è casuale, ma parte del progetto della Rivoluzione. Un mondo brutto è più facile preda dell'oscurità, perché è già oscurità.
Ci si lamenta della bruttezza delle nuove chiese: ma lo loro bruttezza è perfettamente coerente con - e funzionale a - la sciatteria della nuova liturgia, la sua scompostezza, la sua volgarità (nel senso di assenza di solennità e di capacità anagogica).
E poiché la Verità e il Bello sono metafisicamente consustanziali, tornare a quella significa tornare a questo (e viceversa): ad entrambi questi trascendentali sono attribuibili le tomistiche caratteristiche della "claritas", "integritas" e "debita proportio".
Anche in questo senso la Liturgia di sempre è bella perché vera e vera perché è bella: per le sue proporzioni interne perfette, per i suoi ritmi, per le sue voci eufoniche e i suoi silenzi contemplativi. Tutto ciò perché consustanziale alla Verità.
Analogamente, la restaurazione sociale dell' "omnia in Christo" è soprattutto questo: il ritorno a un ordine sociale che ponga il Vero e il Bello al centro e che a questo s'ispiri la vita quotidiana, anche attraverso l'ispirazione data da un mondo simbolico che il contadino medioevale capiva e noi non più. Un mondo luminoso, armonico e naturaliter gerarchico che la volgarità politica ed esistenziale ha distrutto: è quel mondo che Johan Huizinga, nel suo "Autunno del Medio Evo" così descrive: "Ci si immagini quale godimento può offrire un mondo, in cui ogni pietra preziosa brilla con tutti i bagliori dei suoi valori simbolici (...) Si vive in una vera polifonia del pensiero. Tutto è pensato a fondo".
@ 'Anonimo' delle 21.03 :
RispondiEliminatrattandosi di una S. Messa feriale e non di precetto, puoi tranquillamente comunicarti - alle dovute condizioni da sempre stabilite dalla Chiesa - in qualunque momento tu fossi arrivato.
Anche nel caso in cui ci fosse stata qualche negligenza da parte tua, si tratterebbe comunque solo di un peccato veniale, di cui potresti chiedere perdono con un semplice atto di sincero pentimento.
Certo però che dover partecipare alla Messa di Paolo VI... Beh, per parafrasare una vecchia pubblicità (Alpitour): "No Messa Romana antica? Ahi ahi ahi ahi ahi"...
Per Marco:
RispondiEliminaconoscere le altre religioni non fa altro che confermare al cuore e alla mente del credente quanto esse siano lontane dal dare la salvezza che viene dall'Unico Signore, venuto al mondo proprio per riscattare la natura umana ferita con la Croce, restaurarla con la Risurrezione, ricongiungerla al Padre con l'Ascensione e vivificarla con la Sua Presenza e il Suo Spirito di Risorto fino alla fine dei tempi.
Il pensiero post-illuminista, che purtroppo è stato influente anche all’interno della Chiesa, ha portato all’affermazione che le diverse religioni sono tra loro complementari: ognuna conterrebbe i “semi di verità”, che in realtà i Padri – come λοgόι-σπερματικόι/Semina Verbi – attribuivano alle filosofie, anche se l’espressione risulta coniata da Giustino. Ma anche Giustino, più che le altre religioni, valorizza la ricerca filosofica e morale dell’uomo, percependo che lo sforzo di comprendere il bene e la verità insito nell’uomo ha a che fare con Dio e con il suo Logos, sebbene in forma incompleta ed anche contraddittoria: «Ciascuno infatti, percependo in parte ciò che e congenito al Logos divino sparso nel tutto, formulo teorie corrette; essi pero, contraddicendosi su argomenti di maggior importanza, dimostrano di aver posseduto una scienza non sicura ed una conoscenza non inconfutabile...»
Anche secondo i Padri dei primi secoli, compreso S. Agostino, i semina Verbi non fecondano le religioni pagane, alle quali essi riservano giudizi molto severi, quanto piuttosto la filosofia greca e la sapienza dei poeti e delle Sibille.
Nella sua ripresa moderna, e nella Chiesa a partire dal concilio, la formula è applicata proprio alle religioni non cristiane, secondo due significati. Il primo è anche quello del Concilio Vaticano II, nei cui documenti i ‘semina Verbi’ sono la misteriosa presenza di Cristo salvatore in tutte le religioni (es Nostra Aetate 2), in quanto esse possono avere di “vero e santo” e quindi anche di salvifico, sempre però attraverso Cristo per vie che solo lui conosce. Il secondo compare in alcune correnti teologiche della seconda metà del XX secolo, secondo le quali le religioni non cristiane avrebbero capacità salvifica non mediata ma propria, perché esprimerebbero molteplici esperienze del divino, indipendenti e complementari, e Cristo – piuttosto che l’unica Via necessaria – sarebbe il simbolo di questa molteplicità di esperienze e di percorsi dell’intelletto e dello spirito.
E così, invece che unica portatrice della Verità da portare a tutto il mondo con l'Annuncio del Signore e della sua opera di salvezza, la Chiesa si considera alla ricerca della verità, alla pari con chi ancora è appunto ancora in ricerca.
Infatti il nuovo ‘senso’ dottrinale ha influito sulla pratica pastorale, sulla missione, sul profilo pubblico della Chiesa. E purtroppo porta a ritenere che la rivelazione Apostolica custodita nella Chiesa cattolica non avrebbe la pienezza della Verità e dunque fa cadere nell’inganno di credere che le verità parziali possano essere la porta d’accesso alla verità totale. Invece “in una dottrina globalmente falsa la verità non è l’anima della dottrina, ma la schiava dell’errore” (R. Garrigou Lagrange). Non si può negare che i frammenti di verità presenti nelle altre religioni e confessioni cristiane hanno un ruolo parziale incompleto mentre gli errori all’interno dei quali sono costrette distorcono la verità e ne falsano la vera portata.
Grazie Silente,
RispondiEliminaun discorso chiaro, limpido, da incorniciare.
Grazie a lei, carissima Mic, e grazie per quanto ci dona con questo bel sito.
RispondiEliminaQuel che osserva Viandante non dovrebbe sfuggire a chi ha dimestichezza con le parole della Scrittura. Basta una lettura attenta dando peso ad ogni dettaglio, come del resto insegna una corretta esegesi e una lectio sapienziale alla quale il papa non dovrebbe essere estraneo, anche in quanto gesuita.
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