Intervista a Mons. Fellay Superiore generale della Fraternità San Pio X nel 25 ° anniversario delle ordinazioni del 1988.
1. Qual è stata la sua prima reazione quando ha saputo che Mons. Lefebvre l'aveva scelta come uno dei sacerdoti da consacrare?
La mia prima reazione è stata il pensiero che dovevano esserci altri migliori di me, se possibile, questo calice passi da me! La mia seconda reazione è stata per i miei fratelli sacerdoti, i miei fratelli nel sacerdozio, "Pro fratribus", perché è evidente che si tratta di una grande croce. È una questione di dedizione agli altri.
2. Riesce a ricordare le sue emozioni e stati d'animo il 30 giugno 1988, dopo aver ricevuto la consacrazione dalle mani dell'Arcivescovo?
Non ricordo molto dei miei sentimenti o emozioni. Quello che mi ricordo è stato come tutta l'assemblea è stata elettrificata. L'atmosfera era assolutamente elettrica. Cosa che non ho mai visto in tutta la mia vita. Questo ricordo. Durante la cerimonia e anche dopo, una grande gioia, niente altro. È stato travolgente.
3. Nel suo cammino spirituale, Mons. Lefebvre descrive una visione avuta nella cattedrale di Dakar. Riesce a esporre come le Consacrazioni del 1988 potrebbero essere un adempimento di tale visione?
Sorprendentemente, vorrei dire che non so nemmeno fare il collegamento tra le due cose. In realtà, non credo che ce ne sia alcuna. Non credo che la decisione di avere vescovi sia direttamente correlata al lavoro stesso. È solo una decisione di sopravvivenza. Non è l'essenziale del lavoro, che è quello di formare e costruire sacerdoti secondo il cuore di Cristo. Questa è la cosa principale.
È vero che senza vescovi, non avremmo preti, ma non era sicuramente l'elemento essenziale del lavoro. È essenziale per sopravvivere ma non per la natura del lavoro. Naturalmente con tutti gli sviluppi che abbiamo avuto nel nostro apostolato e la situazione della Chiesa la questione dei Vescovi deve essere vista in una nuova luce!
4. Mons. Lefebvre ha tentato di sottolineare la straordinarietà della sua decisione di consacrare come ben distinta da un atto scismatico, sottolineando che lui non ha cercato di trasmettere una qualsiasi giurisdizione episcopale delegata, ma soltanto il potere di ordinazione. Durante gli ultimi 25 anni alcuni hanno espresso disapprovazione per l'elezione di uno dei vescovi come Superiore Generale, sostenendo che tale atto suggerisce una rivendicazione giurisdizionale come vescovo. Ci può spiegare come un tale argomento non è corretto ed elaborare come l'adempimento del ruolo di superiore generale non comporta alcuna pretesa di giurisdizione episcopale delegata?
In primo luogo, perché l'Arcivescovo, al momento della consacrazione, non ha voluto un vescovo come Superiore Generale? È stato espressamente per rendere più facile trattare con Roma. Se il Superiore generale fosse stato un vescovo, sarebbe stato sotto il "rigore" di Roma, che avrebbe reso le discussioni più difficili diversamente da com'è avvenuto, per esempio, con don Schmidberger (Superiore in quel momento). Ciò era chiaramente limitato alle circostanze, non era un principio. È stata una questione di prudenza. Non è stata una diretta esclusione di un vescovo come Superiore Generale per il futuro.
Ma dobbiamo distinguere due tipi di giurisdizione. C'è una normale, ordinaria giurisdizione di un superiore generale sui suoi membri e non c'è giurisdizione episcopale ordinaria. Come vescovo, ora non ho alcuna giurisdizione ordinaria, ma come Superiore Generale, ho quella d'altro tipo. Esse non sono la stessa cosa.
5. Ha un ricordo dell'arcivescovo particolarmente importante che è disposto a condividere?
Da un lato, la sua semplicità e buon senso, e dall'altro, la sua altissima visione delle cose. Era sempre soprannaturale. Ha sempre guardato a Dio. Era evidente che fosse guidato dalla preghiera, dalla fede, e dall'unione con Dio. Per lui era normale e ovvio che si dovesse essere, nelle azioni ordinarie, sempre uniti al Signore.
6. Come si coltiva nei vostri seminaristi e sacerdoti l'unico spirito di pietà sacerdotale, solidità dottrinale, e l'azione contro-rivoluzionaria di Mons. Lefebvre ?
Prima di tutto, cerchiamo di mettere in contatto i seminaristi, per quanto possibile, con lo stesso Mons. Lefebvre: la sua voce, il suo insegnamento, i suoi libri, ecc. Abbiamo i nastri delle sue conferenze per i seminaristi. I francesi qui hanno un vantaggio! Ma stiamo lavorando sulle traduzioni in modo che tutti i seminaristi possano disporne. In inglese, alcuni sono già stati raccolti in forma di libro: Lo hanno detronizzato, La santità sacerdotale, e La messa di sempre.
In secondo luogo, cerchiamo di realizzare e applicare i mezzi che lui stesso ci ha dato nei seminari: l'organizzazione, il piano di studi e le conferenze preparate da lui, per esempio. Ha determinato la loro impostazione, e la loro struttura. Ad esempio, la nostra filosofia e teologia si basa sugli insegnamenti di San Tommaso, come la Chiesa ha raccomandato. Gli Atti del Magistero erano un aspetto particolarmente curato dall'Arcivescovo, che insegna le encicliche dei grandi Papi del 19° secolo fino a Pio XII nella loro lotta contro l'introduzione di principi illuministici nella Chiesa e nella società. Le seguiremo ancora con grandi frutti.
7. Quali sono stati i cambiamenti più significativi, buoni e cattivi, per la Fraternità a seguito delle Consacrazioni del 1988?
Non so se ci sono così tanti cambiamenti. Noi stiamo diventando un po' più vecchi, anche se siamo ancora un giovane congregazione. Ma ora abbiamo sacerdoti anziani, che non avevamo nel 1988. Questo è un cambiamento non essenziale, si può dire. Poi abbiamo avuto 4 vescovi e ora ne abbiamo 3. Questo è di nuovo un cambiamento, ma niente di importante o essenziale. Abbiamo più case in più paesi, ma questo non è tanto un cambiamento quanto un normale sviluppo dell'opera.
Rimaniamo fedeli alla linea che ci ha dato Mons. Lefebvre. Se guardiamo gli ultimi anni, infatti, l'arcivescovo Lefebvre ha detto nel 1988 che Roma sarebbe venuta a noi in 5-6 anni dopo le consacrazioni. È durato quasi 24 o 25 anni, e, ovviamente, le cose non sono ancora mature. I cambiamenti che Mons. Lefebvre prefigurava nella Chiesa, il ritorno, non sono ancora realtà. Ma, ovviamente, se continuano i comportamenti attuali, la distruzione continua, e un giorno si dovrà tornare indietro. E quel giorno verranno di nuovo a noi.
D'altro canto, guardiamo a ciò che è successo in questi ultimi anni: l'affermazione che l'Antica Messa non è abolita, la revoca delle scomuniche "1988" e l'influenza sulla Chiesa che non abbiamo mai avuto prima! E questo per non parlare della crescente critica del Concilio, anche a Roma, al di fuori dei circoli della fraternità, che è un fenomeno relativamente nuovo a questi livelli.
8. Può descrivere le opere ed i servizi degli ultimi 25 anni che sarebbero stati impossibili senza le consacrazioni?
È semplice: dal momento delle consacrazioni, i vescovi della FSSPX hanno ordinato più sacerdoti rispetto al 1988. Pertanto, è chiaro che i vescovi erano necessari per la crescita dell'opera della Fraternità. Senza i vescovi la Fraternità sarebbe morente. È vitale per la continuazione dell’opera. Ci sono anche le cresime, la realizzazione di soldati di Cristo che combattano per Dio e il suo regno. Infine non possiamo negare questa influenza su tutta la Chiesa in modo che la Tradizione possa riconquistare i propri diritti.
9. Alcuni criticano la posizione della Fraternità rispetto alle Comunità Ecclesia Dei nessuna delle quali, ad eccezione del caso di Campos, hanno loro vescovi. Essi sostengono che le consacrazioni erano quindi inutili dal momento che queste comunità permangono senza propri vescovi. In che modo il contrasto tra la storia della Fraternità e le Comunità Ecclesia Dei nel corso degli ultimi 25 anni dimostra ancora più chiaramente oggi che nel 1988, il corretto giudizio dell'arcivescovo che un vescovo della Fraternità era necessario non solo per la sua sopravvivenza, ma per la conservazione della sua missione completa?
Prima di tutto, tutti i membri Ecclesia Dei si rendono conto che se noi non avessimo avuto i vescovi, essi non esisterebbero. Direttamente o indirettamente, essi derivano dalla vita della Società. Questo è molto, molto chiaro. E ora i frutti del loro apostolato sono totalmente sottoposti alla buona volontà dei vescovi locali. Essi limitano drasticamente qualsiasi solido desiderio di stabilire la vita cattolica tradizionale, limitando le possibilità di apostolato in quella direzione. Essi sono obbligati a mescolarsi con le novità del Vaticano II, il mondo, e il Novus Ordo. Questa è la grande differenza tra la Società e i gruppi dell'Ecclesia Dei.
Vedo che alcuni gruppi Ecclesia Dei sono sempre più vicini a noi. Non tutti, però.
10. L'arcivescovo nel corso degli anni precedenti la consacrazione si era speso molto nel viaggiare per il mondo come l'unico vescovo tradizionale (con l'eccezione di Mons. de Castro Mayer, che ha limitato la sua sfera di attività per lo più per la sua diocesi). In seguito ha scelto di consacrare quattro vescovi, piuttosto che semplicemente uno. Il numero dei fedeli tradizionali è cresciuto negli ultimi 25 anni, ma purtroppo il numero dei vescovi nella fraternità è stato ora ridotto a tre. Sono sufficienti 3 vescovi per portare avanti il lavoro della Tradizione? È ora necessario consacrare altri vescovi?
Dal 2009, infatti, abbiamo lavorato solo con tre vescovi. Ovviamente, si sta lavorando. Così, è chiaro che con 3 funziona ancora. Quindi non c’è alcuna urgenza o estrema necessità di consacrare un altro vescovo.
Certamente noi dobbiamo porci la questione riguardante il futuro, anche se in questo momento non c’è alcuna necessità. La mia risposta è molto semplice: se e quando le circostanze che hanno indotto l'Arcivescovo a prendere una tale decisione si presentassero ancora una volta, useremo gli stessi mezzi.
11. Anche se Mons. Lefebvre ha sempre mantenuto la volontà di arrivare ad un rapporto pacifico con le autorità romane, le consacrazioni hanno determinato da parte delle autorità romane una nuova fase di trattamento ostile e persecuzione della Società. Almeno negli ultimi dieci anni, si è tentato di trovare una soluzione a queste ostilità e persecuzioni in modo da non compromettere i principi della missione della Fraternità. Finora almeno questi sforzi non sono pervenuti ad una soluzione. Perché pensa che, nonostante la sua buona volontà, gli sforzi finora non sono riusciti?
Prima di tutto, vorrei sottolineare che l'iniziativa di normalizzazione è venuta da Roma, non da noi. Non ho fatto io la prima mossa. Ho provato a vedere se la situazione era tale che potessimo andare avanti, mantenendo la nostra identità. Ovviamente, ancora non se ne dà il caso.
Perché? Le autorità comunque si attengono ai principi pericolosi e velenosi che sono stati introdotti nella Chiesa al tempo del Concilio. Questa è la ragione per cui non siamo in grado di andare avanti.
Non ho idea di quanto tempo avremo bisogno, o quante tribolazioni dovremo soffrire fino a quel momento. Forse dieci anni, forse più, forse meno. È nelle mani di Dio..
12. Rimanete aperti a ricevere contatti da Roma e, in particolare, dal nuovo Santo Padre?
Certo, io rimango aperto! È la Chiesa di Dio. Lo Spirito Santo è ancora al di sopra e va oltre gli ostacoli messi in atto dopo il Concilio Vaticano II nella Chiesa. Se il Signore vuole mettere a posto le cose, lo farà. Dio sa quando accadrà, ma dobbiamo essere sempre pronti. Una soluzione completa e vera può venire solo quando le autorità si impegneranno di nuovo in quella direzione.
13. Quali segni possiamo osservare per determinare se si verifichi o stia iniziando una conversione alla Tradizione tra le autorità romane?
È molto difficile dire dove inizierà. Abbiamo visto con Papa Benedetto soprattutto il grande segno della liturgia e forse altri sforzi meno forti. Questi sono caduti di fronte a una forte opposizione. Ovviamente, non ce l'ha fatta come possiamo vedere ora. Ma il cambiamento verrà sicuramente dai vertici.
Qualcosa può venire dal basso, da vescovi, sacerdoti e fedeli nel Novus Ordo che vogliono tornare alla Tradizione. Credo che questa tendenza sia già iniziata, anche se non è ancora molto grande. Il clima ancora non c’è, ma è sicuramente un segno. Il cambiamento profondo deve venire dall'alto, dal papa. Potrebbe venire da più lati, ma sicuramente vorrà dire mettere il Dio e Signore nostro Gesù Cristo al posto giusto nella Chiesa: al centro.
14. Ipotizzando una conversione dall’alto, a Roma, come potrebbe procedere l'opera di restaurazione di tutta la Chiesa?
È molto difficile da dire. Ora, se le cose non cambiano, potrebbe significare persecuzione interna e grandi lotte all'interno della Chiesa, come è accaduto al tempo dell’arianesimo. Se qualcosa accade, per esempio, se ci fosse una persecuzione e poi dopo, il Papa tornasse alla Tradizione, la situazione potrebbe essere completamente diversa. Dio sa che tipo di un progetto Egli seguirà per portare la Chiesa di nuovo in ordine.
15. Cosa si può fare per accelerare un tale ritorno alla Tradizione?
La preghiera e il sacrificio! Ognuno deve seguire il proprio dovere di stato, incoraggiare la devozione al Cuore Immacolato di Maria, e pregare il Rosario. Per quanto riguarda il Rosario, io sono aperto a una nuova crociata.
16: Che può dire a coloro che l’accusano di volere o di avere voluto compromettere i principi della Fraternità relativi al Concilio e alla Chiesa post-conciliare?
Si tratta di pura e semplice propaganda diffusa da coloro che vogliono dividere la Fraternità. Io non so da dove traggono queste idee. Certo, essi hanno approfittato della situazione molto delicata dell’anno scorso, per accusare il Superiore di cose che non ha mai fatto e che non ha mai avuto intenzione di fare. Io non ho mai avuto l’intenzione di compromettere i principi della Fraternità.
Comunque sia, ci si ponga la domanda: a chi gioverebbe una divisione nella Fraternità, se non ai suoi nemici? Coloro che dividono la Fraternità con la loro dialettica, dovrebbero riflettere sui motivi della loro azione. Con costoro, intendo dire Mons. Williamson e i sacerdoti che lo seguono.
16: Che può dire a coloro che l’accusano di volere o di avere voluto compromettere i principi della Fraternità relativi al Concilio e alla Chiesa post-conciliare?
Si tratta di pura e semplice propaganda diffusa da coloro che vogliono dividere la Fraternità. Io non so da dove traggono queste idee. Certo, essi hanno approfittato della situazione molto delicata dell’anno scorso, per accusare il Superiore di cose che non ha mai fatto e che non ha mai avuto intenzione di fare. Io non ho mai avuto l’intenzione di compromettere i principi della Fraternità.
Comunque sia, ci si ponga la domanda: a chi gioverebbe una divisione nella Fraternità, se non ai suoi nemici? Coloro che dividono la Fraternità con la loro dialettica, dovrebbero riflettere sui motivi della loro azione. Con costoro, intendo dire Mons. Williamson e i sacerdoti che lo seguono.
17. Guardando indietro negli ultimi anni, c'è qualcosa che avrebbe fatto diversamente?
Oh, certo. Si è sempre più saggi dopo la battaglia. Avrei sottolineato di più quello che ho sempre detto, anche se non pensavo che fosse necessario sottolineare: in qualsiasi tipo di accordo, ci sarebbe sempre una condizione sine qua non che rende impossibile il compromesso. Non c'è altro modo. Restiamo così come siamo. Questo è ciò che ci rende cattolici, e vogliamo rimanere cattolici.
Certamente avrei curato, e in effetti, c’è già, il miglioramento delle comunicazioni. Ero paralizzato dalle fughe di notizie. Adesso agirei diversamente.
18. Al di là di rapporti con Roma, quali sono le sue speranze per i prossimi 25 anni per la Fraternità e la Chiesa?
Che in questi prossimi 25 anni, vedremo il ritorno della Chiesa alla sua tradizione in modo che possiamo vedere una nuova fioritura della Chiesa.
19. In che modo fedeli e sacerdoti possono onorare e commemorare questo XXV anniversario delle consacrazioni?
Onorare il nostro fondatore e cercare di imitare le sue virtù: la sua umiltà, la sua povertà, la sua prudenza e la sua fede. In più, studiare gli insegnamenti di Mons. Lefebvre al fine di comprendere i principi che ci guidano: l’amore per Nostro Signore, per la Chiesa, per Roma, per la Messa e per il Cuore Immacolato di Maria.
19. In che modo fedeli e sacerdoti possono onorare e commemorare questo XXV anniversario delle consacrazioni?
Onorare il nostro fondatore e cercare di imitare le sue virtù: la sua umiltà, la sua povertà, la sua prudenza e la sua fede. In più, studiare gli insegnamenti di Mons. Lefebvre al fine di comprendere i principi che ci guidano: l’amore per Nostro Signore, per la Chiesa, per Roma, per la Messa e per il Cuore Immacolato di Maria.
Ottima scelta, non a caso, di Mons. Lefevbre: tra i tre Vescovi Mons. Fellay si mette in luce per grande equilibrio e sensatezza. In riferimento alla domanda 16.
RispondiEliminaEra chiaro che come i nemici di Cristo infiltrarono malevolmente i loro uomini nella Chiesa, così non tralasciarono di farlo anche nella Fraternità San Pio X. Di esempi eclatanti se ne sono avuti. Provvidenzialmente la FSSPX regge comunque sempre bene.
Che Dio onnipotente conservi i tre vescovi della Fraternità sacerdotale San Pio X in salute santità e grazia per il bene della Santa Chiesa,Che San Giuseppe protettore della Chiesa Universale li protegga e li custodisca Mons.M.Lefebvre dal Paradiso benedici questa santa Opera e falla crescere in santità e grazia Cuore Immacolato di Maria Prega per La Fraternità sacerdotale San Pio X e tutti noi.
RispondiEliminaOvviamente, di Williamson ce ne freghiamo.
RispondiEliminaOvviamente, di Williamson ce ne freghiamo
RispondiEliminaAssolutamente no. E' una storia dolorosa. Ma ognuno ha le sue responsabilità.
Il momento è difficile e buio e non è il caso di buttare benzina sul fuoco.
Chi frequenta la Fraternità si deve serenamente disinteressare di Williamson, visto il suo comportamento inqualificabile verso la stessa ma soprattutto per il sempilce fatto che è stato mandato via. La cosa più disdicevole sarebbe sapere di "fedeli" nascosti tra le file della FSSPX che covano rancore verso il proprio Vescovo Fellay...
RispondiEliminaLei pubblica solo i commenti dei suoi amici, Mic? Questo Ghergon chi cavolo è? E perchè fa le prediche? E' un prete?
RispondiEliminaAntonio, Ghergon non fa le prediche, non è un prete.
RispondiEliminaNon pubblico solo gli interventi inutilmente e sterilmente provocatori. Questo ormai dovrebbe esserle chiaro, anche se si ostina - e dovrebbe esserle altrettanto chiaro quanto inutilmente - a produrne in quantità.
Ho pubblicato questo per risparmiarle la fatica. La mia è solo quella di cancellare...
Grazie per questa bella intervista di mons. Fellay, un Vescovo davvero in gamba.
RispondiEliminaVoglio condividere due preoccupazioni. Una è una corrente pelagiana nella Chiesa in questo momento. Ci sono alcuni gruppi restauratori . So che alcuni, ho dovuto incontrali a Buenos Aires. E si sente che è come tornare indietro di 60 anni fa! prima che il Concilio ... Ti senti nel 1940 ... Un aneddoto, solo per illustrare, non ridere, l'ho preso con rispetto, ma mi riguarda, quando sono stato eletto, ho ricevuto un lettera da uno di questi gruppi, e hanno detto: "Santità, offriamo questo tesoro spirituale : 3.525 rosari". Perché non diciamo noi preghiamo per voi, chiedete ... ma questo lo fanno per tenere traccia ... E questi gruppi ritornano a pratiche e discipline che ho vissuto, non lo fate, perché nessuna disciplina è vecchia ma sono comunque cose che avevano un senso allora,, ma non ora, oggi non sono più ...
RispondiEliminaL'anonimo ci offre una traduzione corretta dell'evidente pregiudizio sulla Tradizione emergente dalle parole del papa riportate da suoi interlocutori del CLAR. Evidentemente perché lo condivide?
RispondiEliminaEbbene, più tardi formulerò la mia risposta. Ma ne attendo altre...
"Non lo fate", questo l'invito del papa.
RispondiEliminaInvece io questo viaggio a ritroso nel tempo l'ho fatto, mi sono lasciato riportare alla liturgia anteconciliare. E cosa ne é venuto fuori?
Ne é venuto fuori che effettivamente si deve dire: "Questa é un'altra Messa, questa é un'altra Chiesa, questa é la Chiesa che hanno vissuto schiere di papi e di santi".
Può essere sbagliata? Evidentemente no, e il papa si guarda bene dal dire questo.
Però, e qui interviene l'ideologia "non lo fate, sono cose che avevano un senso allora", verrebbe da dire che ora sono tutti adulti, verrebbe da dire che tutti hanno come un velo davanti agli occhi e che non vedono i frutti dei loro aggiornamenti,verrebbe da dire...
Meglio tacere.
Signore abbi misericordia di noi!
Una è una corrente pelagiana nella Chiesa in questo momento. Ci sono alcuni gruppi restauratori
RispondiEliminaLiquidare i tradizionalisti con l'accusa di "pelagianesimo", significa aver perso ogni conoscenza e dunque ogni legame con la tradizione autentica. Ma anche ignoranza crassa perché basta semplicemente l'amore e la custodia del Santo Sacrificio del Signore da parte della Tradizione, a togliere qualunque appiglio ad un riferimento del genere, semmai attribuibile a certe correnti moderniste, che lo hanno praticamente espunto.
Né i tradizionalisti pensano di salvarsi col devozionalismo o con il giuridismo. Significa ignorare totalmente la linfa vitale e la fede viva che la Tradizione custodisce e trasmette, al di là degli stereotipi coniati dal concilio che voleva superare proprio certi aspetti ma, per farlo, ha innovato fino a stravolgere, buttando via (per usare un'immagine banale ma efficace) il bambino con l'acqua sporca.
So che alcuni, ho dovuto incontrali a Buenos Aires. E si sente che è come tornare indietro di 60 anni fa! prima che il Concilio ... Ti senti nel 1940 ...
Dovrebbe riscoprire, come dovrebbero farlo in tanti, il 'succo' e non l'apparenza di quel che vede e critica come antiquato e superato, e lo fa sposando in pieno non il concilio, ma il conciliarismo, che ne è la enfatizzazione in termini completamente "rifondativi", rifiutando il passato - e in esso dei fondamenti - senza cui non c'è futuro perché si imboccano strade sviate e svianti...
Un aneddoto, solo per illustrare, non ridere, l'ho preso con rispetto, ma mi riguarda, quando sono stato eletto, ho ricevuto un lettera da uno di questi gruppi, e hanno detto: "Santità, offriamo questo tesoro spirituale : 3.525 rosari". Perché non diciamo noi preghiamo per voi, chiedete ... ma questo lo fanno per tenere traccia ...
Del "tesoro spirituale" ha recepito solo il dato numerico, attribuendogli un significato e anche motivazioni, evidente frutto dei suoi preconcetti.
E questi gruppi ritornano a pratiche e discipline che ho vissuto, non lo fate, perché nessuna disciplina è vecchia ma sono comunque cose che avevano un senso allora,, ma non ora, oggi non sono più ...
Evidentemente è lui che ha vissuto certe pratiche e discipline in maniera solo formale senza coglierne la 'saporosa' fecondità e pensa che non abbiano più senso, perché oggi l'appagante spontaneismo fa 'sentire' tanto bene, esalta il sentimento, ma non tocca la profondità della persona.
Non mi permetto di giudicare la sua spiritualità, che può invece essere più profonda di questo, ma rilevo la gravità di affermazioni che denotano superficialità e banalizzazione di problematiche cui dare la giusta attenzione e valutazione per tentare di avviarle a soluzione.
Con questo pressapochismo, invece, non si arriva da nessuna parte. Ed è doloroso e destabilizzante che venga da un papa.
C'è solo da augurarsi - ma tendo a dubitarne - che si sia espresso in termini diversi da quelli riportati dalla fonte.
In ogni caso i credenti necessitano di chiarimenti su questa e altre affermazioni gravi espresse nella stessa circostanza, che stanno facendo il giro del mondo e, al solito, vengono interpretate in termini strumentali a seconda del commentatore.
Soggettivismo spinto: l'obbiettività, di cui c'è enorme bisogno perché è lì la verità, è andata a farsi benedire!
Ne é venuto fuori che effettivamente si deve dire: "Questa é un'altra Messa, questa é un'altra Chiesa, questa é la Chiesa che hanno vissuto schiere di papi e di santi".
RispondiEliminaPuò essere sbagliata? Evidentemente no, e il papa si guarda bene dal dire questo.
Tra l'altro in netta contrapposizione al suo predecessore, almeno avuto riguardo alla Santa Messa che in ogni caso è fondante per una retta Fede!
Lasciamo che il papa tra questi colpi al passato faccia una sera opera di pulizia:
RispondiEliminahttp://www.lanuovabq.it/it/articoli-lobby-gay-nella-chiesa-lo-dice-anche-il-papa-6662.htm
tra i dire e il fare....ne avrà il tempo...? e la forza?
Domande secca: come è possibile dichiararsi aperti e aspettarsi "la conversione di Roma"? Sorry?
RispondiEliminaCome è possibile dichiararsi aperti e pretendere di restare "così come siamo." e cioè fuori, per ora, dalla comunione con Roma?
Come è possibile ritenere di essere nella verità già oggi senza se e senza ma (restiamo COSI!) e pertanto essere convinti che gli unici errori vengano da Roma e da un atto di Magistero straordinario chiamato Vaticano II? E come è possibile pensarsi nella logica e cercare un dialogo con Roma se l'essere quello che sono è già quello "che ci rende cattolici"? E visto che vogliono "rimanere cattolici" (a loro dire) perché parlare con Roma? Se si credono già perfettamente autorizzati ad essere Vescovi, se credono siano lecite le loro confessioni e i loro sacramenti, se credono che la loro cernita (eh!) della dogmatica tradizionale e la loro rilettura dei dettami dei Concili precedenti sia quella giusta, che senso ha il ripristino della comunione con Roma e con la Chiesa Cattolica?
Mi si può rispondere che è Roma che vuole la comunione. Rispondo che da un lato è giusto perché è assurdo cercare il dialogo con i protestanti lontani da Roma da mezzo secolo (e produrre documenti teologici straordinari) e non riuscire a dialogare con chi si è diviso 50 anni fa.
Inoltre Roma sembra seriamente preoccupata a non creare un nuovo scisma che non aiuterebbe in un momento storico come questo (per questo a mio dire tentenna e non distrugge definitivamente ogni tentativo di nuova comunione).
Sono altresi convinto che Roma stessa non potrebbe accettare un dialogo con un Fellay che si dichiara "cattolico" e senza errori.
E' per questo che considero questa intervista fatta ad uso e consumo dei fedeli della fraternità stessa. Naturalmente con essa, essendo pubblica, Fellay tenta un nuovo aggancio con Roma.
scusate la lunghezza!
Per Minstrel:
RispondiEliminaNon faccio altro che parafrasare alcune espressioni recenti di don Karl Stehlin, superiore della FSSPX per i Paesi dell'Est
"... nella convinzione che il cattolicesimo è innanzitutto per sua natura romano e papale. E che la romanità si esprime in primo luogo nella coscienza nel modo di pensare, di agire. La romanità è primariamente amore della Chiesa rappresentata su questa terra dalla persona del papa. La romanità è guardare il mondo attraverso « le lenti romane » ; uno sguardo sul mondo da Roma e da S. Pietro ritrovando la christianitas, la civiltà cristiana, ma anche la romanitas, la civilizzazione latina e romana che è la più bella incarnazione di questa civilizzazione cristiana generalizzata.
La romanità si dimostra con l'attaccamento al papa che resta immutabilmente padre anche se può avere alti e bassi. Senza dimenticare che la funzione del papa nella Chiesa ha il fondamento nel Signore e rispecchia la paternità del Padre celeste, essendo la paternità anche la partecipazione agli attributi divini: provvidenza giustizia, governo. Ed anche la fondazione l'edificazione la guida e la difesa.
« Aderiamo con tutto il cuore, con tutta la nostra anima alla Roma cattolica, guardiana della fede cattolica e delle tradizioni necessarie per mantenerla, alla Roma eterna, maestra di saggezza e di verità ». La difesa della fede cattolica non può prescindere dalla difesa della Sede Apostolica e del Papato. Il rifiuto della collegialità non è che conseguenza dell'amore per il papato.
« Devi sapere, scriveva San Bernardo di Chiaravalle al papa Eugenio, che sei chiamato sovrano non a causa della tua pienezza di perfezione ma in confronto e in rapporto ai grandi di questo mondo. Non pensare che io paragoni i meriti, io paragono le funzioni. Che ognuno veda in te il servo di Cristo, e il più alto tra i servi, benché ciò, come ho appena detto, non sancisce la santità di chicchessia ».
Ripetiamo oggi a papa Francesco la richiesta sulla Tradizione cattolica che Mons. Lefebvre a suo tempo formulava a Giovanni Paolo II.
« Santo Padre, per l'onore di Gesù Cristo, per il bene della Chiesa, per la salvezza delle anime, la scongiuriamo di dire una sola parola, una sola parola, come Successore di Pietro, come Pastore della Chiesa universale, ai vescovi del mondo intero : „Lasciate fare” ; „Autorizziamo il libero esercizio di ciò che la Tradizione multisecolare ha utilizzato per la santificazione delle anime" ».
Lasciamo che il papa tra questi colpi al passato faccia una sera opera di pulizia:
RispondiEliminaLa pulizia non riguarda solo il disordine morale o la corruzione di qualunque genere, ma anche e soprattutto la rimozione degli errori che inquinano la fede e quindi il retto rapporto col Signore. Prima viene la Verità, poi l'etica, che non è che conseguenza...
La restaurazione autentica parte dal ripareggiamento della verità. Questo la Chiesa può e deve farlo non uscendo da se stessa, perché è essa stessa portatrice e dispensatrice della Verità. Lo hanno chiamato impropriamente "trionfalismo" (ch'è altra cosa). Invece è consapevolezza e responsabilità e, sopratutto Grazia alla quale si corrisponde.
Dunque la Chiesa non deve "uscire da se stessa", ma dal personalismo e dallo storicismo che l'hanno inquinata e che hanno sostituito al sorgivo fulcro Cristocentrico, l'antropocentrismo.
E' questo che ha sovvertito e continua a sovvertire quel che ne resta. Il pressapochismo, la superficialità, il sentimento al posto della conoscenza, il pauperismo, l'orizzontalismo, la banalizzazione, non sono che le conseguenze...
Non ci resta che attendere la restaurazione, pregando, offrendo, custodendo, difendendo, diffondendo la Verità.
Mic, bellissime parole, ma in sostanza cosa ha combinato il CVII da essere considerato un Magistero straordinario errato (cioè non Magistero quindi pura contraddizione)?! Quali ERRORI vanno rimossi? Cosa è sbagliato? Il Concilio?! Quindi va valutata la possibilità teologica che un Magistero infallibile sia assolutamente errato e quindi sia un Magistero contradditorio quindi non-credibile quindi l'intera fede cattolica sia non-credible?
RispondiEliminaO il famoso Post-Concilio (che però negli atti di magistero Papale non può essere errato altrimenti ricadiamo nella contraddizione del Concilio sbagliato)?
Che ci siano interpretazioni teologiche audaci è innegabile, ma ci sono sempre state ed è il tempo e l'autorità magisteriale che stabilisce se sono eretiche, sentenze tollerabili, sentenze pie e via procedendo fino al vertice dogmatico "de fide".
E' giusto che esistano come è giusto che vengano quindi bollate dal Magistero con il tempo.
A me sembra soltanto che oggi girino ipotesi teologiche oltre l'ambito della teologia e degli studi avanzati, probabilmente a causa del web e dell'informazione libera. Questo porta alla confusione. Ma non c'è alcuna confusione in ambito magisteriale. Ci sono questioni aperte (Come ci sono sempre state: esempio la risoluzione dell'essenza divina che ci si divide fra nominalisti, scotisti e tomisti!) ed è compito della teologia con l'assistenza del magistero nello Spirito Santo cercare di chiuderle.
Discorso amplissimo. Scusate la lunghezza di nuovo e soprattutto alcuni voli pindarici che potrebbero aumentare la confusione in alcuni lettori.
in sostanza cosa ha combinato il CVII da essere considerato un Magistero straordinario errato (cioè non Magistero quindi pura contraddizione)?!
RispondiEliminaNon credo che il Concilio di per sé vada demonizzato così come non deve essere mitizzato. Il concilio non è un "unicum", ma consta di svariati documenti, ognuno dei quali esprime il magistero, ma a diversi livelli.
A questo proposito mi rifaccio a mons. Gherardini, uno degli studiosi che ha inquadrato con rigorosa obiettività il fenomeno.
La varietà tematica e la corrispettiva metodologia collocano il Vaticano II su quattro livelli, qualitativamente distinti:
1. quello generico, del Concilio ecumenico in quanto Concilio ecumenico;
2. quello specifico del taglio pastorale;
3. quello dell’appello ad altri Concili;
4. quello delle innovazioni.
Sul piano generico, il Vaticano II ha tutte le carte in regola per esser un autentico Concilio della Chiesa cattolica: il 21° della serie. Ne discende un magistero conciliare, cioè supremo e solenne. La qual cosa di per sé non depone per la dogmaticità ed infallibilità dei suoi asserti; anzi nemmeno la comporta, avendola in partenza allontanata dal proprio orizzonte.
Sul piano specifico la qualifica di pastorale ne giustifica i vastissimi interessi, non pochi dei quali eccedenti l’ambito della Fede e della teologia: p. es. la comunicazione sociale, la tecnologia, l’efficientismo della società contemporanea, la politica, la pace, la guerra, la vita economico-sociale. Anche questo livello appartiene all’insegnamento conciliare ed è quindi supremo e solenne, ma non può vantare, per la materia trattata e per il modo non dogmatico di trattarla, una validità di per sé infallibile e irriformabile.
Quali ERRORI vanno rimossi? Cosa è sbagliato? Il Concilio?! Quindi va valutata la possibilità teologica che un Magistero infallibile sia assolutamente errato e quindi sia un Magistero contradditorio quindi non-credibile quindi l'intera fede cattolica sia non-credible?
Da quel che ho detto sopra, emerge che non è tutto il concilio da dichiararsi errato, ma solo alcuni suoi punti controversi, individuati, argomentando adeguatamente. Inoltre il Magistero non è TUTTO infallibile.
O il famoso Post-Concilio (che però negli atti di magistero Papale non può essere errato altrimenti ricadiamo nella contraddizione del Concilio sbagliato)?
Il post-concilio ha introdotto (e sta tentando di introdurre ulteriormente e consolidare) applicazioni e innovazioni svianti. Il discorso è lungo e articolato. Ti indico due soli termini che rappresentano tendenze che sono qualcosa di più perché hanno innescato una vera e propria rivoluzione: "antropocentrismo", "collegialità"... poi c'è qualcos'altro, ma è tutto concatenato e individuato.
Ovviamente non possiamo esaurire il discorso in un post.
Ma se ti va di approfondire puoi consultare i documenti nella colonna di destra del blog e, se vuoi fare domande o confutazioni, cercherò di risponderti come meglio posso.
Che ci siano interpretazioni teologiche audaci è innegabile, ma ci sono sempre state ed è il tempo e l'autorità magisteriale che stabilisce se sono eretiche, sentenze tollerabili, sentenze pie e via procedendo fino al vertice dogmatico "de fide".
RispondiEliminaTu stesso riconosci che ci sono "interpretazioni teologiche audaci". Ma se questa audacia, che ha comportato una vera e propria 'rottura', ha trovato e trova applicazione e sta manifestando effetti deleteri dai quali è possibile risalire alla causa, ha senso proseguire nell'"audacia"?
Audacia è un termine che mi piace, ma non può non essere coniugato con la fedeltà alla Verità, che la Chiesa custodisce e dispensa.
Il primo che "fa nuove tutte le cose" è il Signore: non ex nihilo, ma ricordandoci "quaecumque dixero vobis"...
E' giusto che esistano come è giusto che vengano quindi bollate dal Magistero con il tempo.
RispondiEliminaE' giusto che esistano nel senso che è bene che i teologi si esprimano e trovino nuove esplicitazioni delle grandi ricchezze spirituali che la nostra Chiesa possiede e ci offre.
Ma compito del Magistero è discernere tra le varie ipotesi e interpretazioni teologiche, quelle da recepire e insegnare (munus docendi, che appartiene al Magistero e non ai teologi). Il problema è nella prassi ateoretica, che sembra aver raggiunto il suo acme con il nuovo Papa, che ha recepito le interpretazioni teologiche senza definizioni dogmatiche, le quali invece richiedono un lavoro di approfondimento e chiarezza espositiva definitoria, ben lontane dall'approssimazione e dalla fumosità dei linguaggi attuali.
I discorsi si fanno lunghi, complessi e per questo profondi e belli. Intanto grazie mic per le risposte, vado a scartabellare la colonna a destra :)
RispondiEliminaAntropocentrismo e collegialità.
Due temi diversi dall'ecumenismo cui di solito si indica a dito il CVII.
Non so se l'hai già addocchiato, ma ti consiglio al riguardo un bell'articolo di Padre Lanzetta proprio sull'ecumenismo.
Lanzetta, Serafino M., L’ecumenismo e il Concilio Vaticano II. Risultati e problemi aperti, http://www.conciliovaticanosecondo.it/articoli/lecumenismo-e-il-concilio-vaticano-ii-risultati-e-problemi-aperti/, 21 gennaio 2013
Per il resto leggo, rifletto e se ha senso scrivo qualcosa.
Per ora accenno solo una cosa: sembra di essere tornati alle diatribe medioevali sull'inclusivismo/esclusivismo della filosofia nella teologia cristiana... antropocentrismo significa escludere totalmente Cristo? E' possibile il Cristo fatot uomo escludendo completamente l'uomo? oppure è necessario ripristinare un movimento ANALOGICO ponendo l'uomo come vertice della creazione con perno. Ripeto: inclusivismo, esclusivismo, paradigma analogico/medio. Forse questa diatriba non è mai stata sanata. :)
Grazie ancora e buon cammino.
antropocentrismo significa escludere totalmente Cristo?
RispondiEliminaDi fatto, se non significa escludere totalmente Cristo, si traduce nel diluirne e anche sviare dalla Sua Azione pienamente umanizzante...
E' possibile il Cristo fatot uomo escludendo completamente l'uomo?
Ma no, caro Minstrel sarebbe assurdo! Non viviamo mica una spiritualità disincarnata!
Questo è uno dei fraintendimenti sulla Tradizione...
Bellissimo spunto. Lo approfondirò appena ho tempo, se ti andrà di leggermi più tardi.
Ripareggiare la verità...
RispondiEliminahttp://www.vatican.va/holy_father/francesco/audiences/2013/documents/papa-francesco_20130612_udienza-generale_it.html
Non si può dire che il papa non o stia facendo, con parole diverse, ma è chiaro e dottrinalmente a posto.
Certo che ti leggo mic, e con piacere!
RispondiEliminaTi offro, nel mio piccolo, un'ulteriore spunto di riflessione al riguardo: il cosidetto socratismo cristiano.
Da qui si può partire a ragionare sul fatto che la fede non è sentimento, che l'uomo è il vertice della creazione, ma è pur sempre creatura. Ma non possiamo dimenticare che, come dice San Tommaso, nell'uomo C'E' TUTTO!
Vado di Padre Barzaghi OP che è chiarissimo:
"“Nell’uomo c’è tutto! Non ci siamo mai chiesti perché i medioevali dicevano che l’uomo è un microcosmo? Non dicevano: l’uomo è microcosmo, ascolta si fa sera! Non dicevano certo “ascolta si fa sera” o altre baggianate. (eheheh, appunto! ndr) Quando dicevano che l’uomo è microcosmo intedevano dire che tutto il cosmo è nell’uomo! Tutto il cosmo è nell’uomo, non gli manca niente! San Tommaso, citando Dionigi pseudoareofagita, diceva: «l’uomo è questa strana creatura che è in mezzo tra le realtà puramente fisiche e le realtà puramente spirituali e quindi non manca né delle une né delle altre.» Quelle fisiche non hanno spirituali, quelle spirituali non hanno fisico, l’uomo ce le ha tutte e due. Quindi c’è tutto il cosmo, non gli manca niente ed è chiamato alla scoperta della totalità in sé, poiché in sé all’uomo non manca niente, assolutamente niente. E vedremo che il cristianesimo è funzionale a questa scoperta, ci vuole la grazia, ma è questa la scoperta!
[...] Per questo dico che il punto focale è solo uno: andare a scoprire Dio nell’uomo e l’uomo in Dio. I classici lo chiamavano il socratismo cristiano. Conosci te stesso diceva Socrate. L’esordio della mistica cristiana infatti fu questo: conosci te stesso e allora ogni discorso che tu farai su Dio, certamente sarà più calibrato. Altrimenti ti ritroverai a farti grandi fantasie religiose, settarie, superstiziose. Bisogna partire di lì o comunque bisogna arrivare a lì. Quando uno prega significa che sta facendo una buona riflessione su questi concetti.”
Padre Giuseppe Barzaghi OP, L’essenza del Cristianesimo, Accademia del Redentore,http://www.accademiadelredentore.it/blog-it/L%27essenza-del-cristianesimo.-Prima-conferenza-45.html, lezione 1
Bisognerebbe esigere chiarimenti specifici alle diverse gravi affermazioni espresse per bocca di un pontefice nella stessa occasione.
RispondiEliminaMa forse avrebbe bisogno di interlocutori diversi da Filoni per farsi "insegnare la Chiesa" e dovrebbe anche superare la sua formazione ed esperienza periferiche per acquisire l'universalità che gli è indispensabile per governare la Chiesa. Gesù non ha creato il "collegio" degli Apostoli, li ha chiamati uno ad uno e, dopo averli 'costituiti' ha conferito a Pietro il primato "per confermare i suoi fratelli".
Caro Minstrel,
RispondiEliminaSono d'accordo con te sul fatto che nell'uomo c'è tutto, nel senso del microcosmo e che è il vertice della creazione.
Ma la sua vera dignità consiste nell'essere "ordinato" a Dio e nel rispondere a questa chiamata in Cristo Signore, nella Sua Chiesa; il che lo rende connaturale a Lui, l'Unico che "ricapitola in sé tutte le cose: quelle del cielo e quelle della terra"
Questo è il fulcro di tutto.
Il resto è spazzatura, come dice Paolo.
Intanto, questo "essenziale" che, se ci rifletti bene, è denso, molto più di quanto appaia a prima vista e dalla stringatezza delle parole.
RispondiEliminaPoi, appena ho tempo, raccoglierò gli altri tuoi spunti.
Absolutely mic! E difatti è assurdo pensarsi vertice della creazione e contemporaneamente pensarsi indipendenti dalla creazione stessa che per essenza divina corrisponde al creatore stesso (poiché è atto puro).
RispondiEliminaVa beh, resta comunque il fatto che sinceramente io tutti questi discorsi li ho recepiti e compresi in pieno post-concilio (son giovincello in fondo, manco 35 anni) e pertanto non ho mai notato questa idea totalmente esclusiva dell'uomo, anche quando frequentavo gruppi di preghiera "particolare" o Taizé o altro.
Quanto alla collegialità è di discorso che mi tocca poco per ora, non ho mai approfondito quindi leggerò volentieri i tuoi scritti passati e quelli futuri che qui troverò.
Buon cammino mic!
Io non riesco, per mio limite culturale, a seguire i vostri ragionamenti. Ho scoperto recentemente questo blog e sono qui di passaggio, non sono nemmeno una tradizionalista, anche se amo la tradizione della Chiesa e mi piace l'approfondimento non superficiale dei contenuti della fede che qui viene fatto. Di certo non sono progressista, però la mia conversione è sfociata ben presto nella consacrazione totale a Cristo e ai fratelli sofferenti, in una vocazione essenzialmente missionaria. Ho amato ed amo profondamente Joseph Ratzinger- Papa Benedetto, ma dovrei trovarmi benissimo anche con Papa Francesco, visto che le cose che dice somigliano così tanto a quelle che dicevo io, soprattutto nell'analisi che vede all'opera in questo mondo la dicotomia tra Dio e Mammona... E invece provo un disagio terribile, un fastidio quasi fisico e non mi sono mai sentita così "frenata" nelle opere come ora... anzi sento che se c'è speranza per questo mondo, ormai possa venire soltanto dalla contemplazione e dalla preghiera...
RispondiEliminaMi spaventano una fede, una speranza e una carità che sembrano diventare ideologia, che non pongono al centro Cristo, ma l'uomo...
Per me ora non dovevamo far altro che capire a fondo le stupende Encicliche Deus Caritas est, Spe salvi e Caritas in Veritate e invece ora mi sembra completamente capovolto l'orizzonte....
Per questo riporto qui alcune mie riflessioni scritte sul Blog di Raffaella, nella speranza di poter fornire un piccolo contributo esperienziale alla speculazione teologica di Mic, ringraziando per l'ospitalità e l'attenzione.
Gesù ha detto che ciò che si fa al più piccolo tra noi è fatto a Lui (non come a Lui)... Gesù dice che quando avremo dato da mangiare agli affamati, vestito gli ignudi, visitato i carcerati... lo avremo fatto a Lui e non come a Lui. Questo è ciò che muove e sperimenta chi opera nella carità, parlo anche per me. E credo che questo sia ciò che in sostanza urge a Papa Francesco. Ciò nonostante vi è un pericolo da evitare ed è l'antropocentrismo e quella sorta di idolatria pauperista tipica della teologia della liberazione. Il fatto che quello che facciamo al povero lo facciamo a Cristo non significa che il povero sia Cristo e il fatto che il Vangelo ci insegni la povertà e ad amare i poveri non significa che la buona novella sia il povero o la povertà. Soprattutto l'amore e la cura che si deve al povero e che di fatto nel povero si dà a Cristo stesso, non può essere confuso o subordinato all'adorazione di Cristo e di Cristo Eucaristia. Non ho competenze intellettuali e dottrinali per spiegare e motivare quanto dico, solo l'esperienza che mi conferma che la presenza di Dio nel povero che servo è diversa dalla presenza di Dio nell'Eucaristia che adoro. Tutta la discussione con Mic era partita da questo.
Scusa... ho visto ora che mentre io ti scrivevo di qua, tu mi scrivevi di là :-D
RispondiEliminaSì Sam ;)
RispondiEliminaQui ti leggo solo adesso. Ti ringrazio per il contributo e trascrivo qui, per gli altri quello che ti avevo risposto, in attesa, però di preparare un articolo sul discorso dell'Incarnazione - che va ben sviluppato - come mi sono ripromessa.
______________
Sam si esprime con assoluta proprietà ed esattezza e fa comprendere ancor meglio che la carne dei poveri è quella di Cristo per "analogia" mentre ad esempio nell'Eucaristia abbiamo il Signore Vivo e Vero...
Ma purtroppo il Papa non lo specifica e magari lo dà per scontato.
Forse qualcuno dovrà dirgli di smetterla di dare per scontate troppe cose, perché il suo è un insegnamento di portata "universale", non solo per le persone a cui si rivolge che vanno oltre la ristretta cerchia del momento anche per effetto dell'enfasi mediatica, ma soprattutto per un contenuto che non può offrire brandelli di verità, e cristianesimo in pillole, ma deve sviluppare e spiegare ogni discorso che fa, come faceva 'sapientemente' e insuperabilmente papa Benedetto (il confronto si impone d'obbligo!)
e come, del resto, hanno sempre fatto e devono fare tutti i Papi.
Ah, Sam, se mi leggi ancora, ci tengo a dirti che essere Tradizionalisti non significa esser fermi a prima del concilio, perché la storia va avanti e noi ci siamo dentro. Solo che dobbiamo imparare a discernere la via dritta da quella tortuosa e la Tradizione autentica da quella 'spuria' che troppi innovatori arrembanti hanno introdotto nella nostra Chiesa.
RispondiEliminaE, non lo facciamo da soli e velleitariamente, ma abbiamo come punti di riferimento, oltre al Magistero perenne, sacerdoti e studiosi di provata serietà e 'sapiente' esperienza.
@ Sam:
RispondiEliminaper approfondire i motivi della battaglia a pro della Tradizione, oltre a testi più 'teologici' come quelli di mons. Gherardini e di Mic pubblicati negli ultimi tempi, ti consiglio la lettura diretta dei libri di Mons. Marcel Lefebvre, dallo stile del tutto pastorale e discorsivo (in gran parte si tratta di trascrizioni di conferenze tenute ai fedeli). Ti consiglio anche il famoso libro del p. Calmel O.P. "Breve apologia della Chiesa di sempre". Li puoi trovare ad esempio qui: http://www.sanpiox.it/public/images/stories/P_Montalenghe/Cedro/Il_Cedro_2013_catalogolibri.pdf
Cosa significa che la creazione per essenza divina corrisponde al Creatore visto che e' atto puro? (questo ha scritto Ministrel).
RispondiEliminaL'essenza divina e' oltre il tempo ma essendo anche questo creato in quanto finito come puo' essere di essenza divina?
Carissima Mic avete tutto il mio apprezzamento e la mia simpatia e chiedo scusa se posso aver dato un'idea dversa. Non mi definisco tradizionalista perchè mi commuovo allo stesso modo in una bella Santa Messa Tridentina, in una bella Santa Messa danzata in Africa e in una bella Santa Messa ordinaria in parrocchia e credo contestualmente nella Dominus Jesus e nella libertà religiosa. Amo la Tradizione viva della Chiesa, sono per l'ermeneutica della continuità e il mio faro illuminante nel mare tempestoso e tra i confusi venti di dottrina del tempo presente è Joseph Ratzinger - Papa Benedetto. <3 Ringrazio tutti voi per il contributo che date alla riflessione e all'approfondimento dei contenuti della nostra Fede.
RispondiEliminadalla creazione stessa che per essenza divina corrisponde al creatore stesso (poiché è atto puro).
RispondiEliminaIl Creatore e la creazione non corrispondono affatto, se no si ricade nel panteismo. Dio è atto puro, le creature invece no, non sono l'essere, ma hanno ricevuto l'essere.
Maldestro utilizzo di parole il mio, chiedo venia.
RispondiEliminaHo espresso malissimamente il concetto della conservazione incessante dell'essere nell'esistenza da parte di Dio.
Ecco le parole giuste dal compendio di Ott:
"S. TOMMASO fonda speculativamente la conservazione divina del mondo sul fatto che Dio non soltanto è causa prima del divenire, ma anche dell'essere delle cose. La creatura pertanto dipende da Lui non solo nel divenire, cioè nell'attimo in cui viene creata, ma anche nell'essere, e precisamente in ogni istante del suo esistere. S. th. I, 104, 1."
Chiedo scusa per la confusione.
Dal Catechismo Tridentino, n. 30:
RispondiEliminaDio non soltanto tutela e regge l'universo con la sua provvidenza, ma spinge con intima efficacia al movimento e all'azione tutto ciò che si muove e opera nel mondo, non già sopprimendo l'efficienza delle cause seconde, bensì prevenendola. La sua efficacia misteriosa raggiunge le singole realtà e secondo la parola della Sapienza, opera con potenza da un'estremità all'altra del mondo e tutto governa soavemente (Sap. VIII,1).
Per Sam: potresti chiarirmi cosa intendi per libertà religiosa ? Questo è uno degli aspetti più controversi e vero snodo della rivoluzione; tutti i novatores vogliono chiamare libertà religiosa la possibilità di mettere sullo stesso piano Verità ed errore, nel nome dei diritti dell'uomo, quindi usare un abito Tradizionale per spacciare e diffondere un contenuto sicuramente eterodosso e dannosissimo. In questo modo la Tradizione diventa un fantoccio privo di contenuti e questa a ben vedere è sicuramente una operazione blasfema, mischiando il sacro con il profano.
@ Sam che scrive: "mi commuovo allo stesso modo in una bella Santa Messa Tridentina, in una bella Santa Messa danzata in Africa e in una bella Santa Messa ordinaria in parrocchia e credo contestualmente nella Dominus Jesus e nella libertà religiosa" ecc.
RispondiEliminaLo avevo intuito, proprio per questo ti ho indicato qualche testo per comprendere lo status quaestionis ed evitare tutta questa confusione... :)
@ Marco P.
RispondiEliminaIntendo esattamente questo:
Dal Catechismo della Chiesa Cattolica:
Il dovere sociale della religione e il diritto alla libertà religiosa
2104 “Tutti gli uomini sono tenuti a cercare la verità, specialmente in ciò che riguarda Dio e la sua Chiesa, e, una volta conosciuta, ad abbracciarla e custodirla” [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 1]. E' un dovere che deriva dalla “stessa natura” degli uomini [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 1]. Non si contrappone ad un “sincero rispetto” per le diverse religioni, le quali “non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini”, [Conc. Ecum. Vat. II, Nostra aetate, 2] né all'esigenza della carità, che spinge i cristiani “a trattare con amore, prudenza e pazienza gli uomini che sono nell'errore o nell'ignoranza circa la fede” [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 14].
2105 Il dovere di rendere a Dio un culto autentico riguarda l'uomo individualmente e socialmente. E' “la dottrina cattolica tradizionale sul dovere morale dei singoli e delle società verso la vera religione e l'unica Chiesa di Cristo” [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 1]. Evangelizzando senza posa gli uomini, la Chiesa si adopera affinché essi possano “informare dello spirito cristiano la mentalità e i costumi, le leggi e le strutture della comunità” [Conc. Ecum. Vat. II, Apostolicam actuositatem, 13] in cui vivono. Il dovere sociale dei cristiani è di rispettare e risvegliare in ogni uomo l'amore del vero e del bene. Richiede loro di far conoscere il culto dell'“unica vera religione che sussiste nella Chiesa cattolica ed apostolica” [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 1]. I cristiani sono chiamati ad essere la luce del mondo [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Apostolicam actuositatem, 13]. La Chiesa in tal modo manifesta la regalità di Cristo su tutta la creazione e in particolare sulle società umane [Cf Leone XIII, Lett. enc. Immortale Dei; Pio XI, Lett. enc. Quas primas].
2106 “Che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza, né impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità alla sua coscienza privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata” [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 2]. Tale diritto si fonda sulla natura stessa della persona umana, la cui dignità la fa liberamente aderire alla verità divina che trascende l'ordine temporale. Per questo “perdura anche in coloro che non soddisfano all'obbligo di cercare la verità e di aderire ad essa” [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 2].
2107 “Se, considerate le circostanze peculiari dei popoli, nell'ordinamento giuridico di una società viene attribuito ad una comunità religiosa uno speciale riconoscimento civile, è necessario che nello stesso tempo a tutti i cittadini e comunità religiose venga riconosciuto e rispettato il diritto alla libertà in materia religiosa” [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 2].
RispondiElimina2108 Il diritto alla libertà religiosa non è né la licenza morale di aderire all'errore, [Cf Leone XIII, Lett. enc. Libertas praestantissimum] né un implicito diritto all'errore, [Cf Pio XII, discorso del 6 dicembre 1953] bensì un diritto naturale della persona umana alla libertà civile, cioè all'immunità da coercizione esteriore, entro giusti limiti, in materia religiosa, da parte del potere politico. Questo diritto naturale “deve essere riconosciuto nell'ordinamento giuridico della società così che divenga diritto civile” [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 2].
2109 Il diritto alla libertà religiosa non può essere di per sé né illimitato, [Cf Pio VI, Breve Quod aliquantulum] né limitato semplicemente da un “ordine pubblico” concepito secondo un criterio positivista o naturalista [Cf Pio IX, Lett. enc. Quanta cura]. I “giusti limiti” che sono inerenti a tale diritto devono essere determinati per ogni situazione sociale con la prudenza politica, secondo le esigenze del bene comune, e ratificati dall'autorità civile secondo “norme giuridiche conformi all'ordine morale oggettivo” [Conc. Ecum. Vat. II, Dignitatis humanae, 7].
(Fine)
Se devo tradurlo in parole mie, in base alla mia esperienza missionaria (spesso tra martiri e veri confessori della fede cattolica), per me la libertà religiosa è un diritto fondamentale dell'essere umano nel consesso civile e sociale, non un diritto morale.
RispondiEliminaVale a dire che l'autorità pubblica (siamo nel campo di Cesare) deve consentire a ciascuna persona la libertà di cercare Dio, di praticare e di professare la propria fede nell'esercizio responsabile del libero arbitrio donatogli dal Creatore (anche perchè non ci sarebbe alcun merito ad essere cristiano se fossi obbligato ad esserlo in forza di un'autorità temporale).
Questo non significa che l'essere umano sia libero anche sul piano morale di scegliere la religione che vuole, indifferentemente!
Davanti allo Stato la persona dovrebbe avere il diritto di professare la religione che vuole, ma davanti al Creatore risponderà dell'esercizio di questa libertà, delle scelte che ha fatto e ne risponderà in maniera tanto più severa quanto più grande sarà stata questa sua libertà.
(Voglio dire... gli apostati occidentali, che rinnegano Cristo senza alcuna coercizione, saranno puniti molto più gravemente di coloro che dolorosamente tengono nascosta la loro fede cristiana per paura delle persecuzioni.)
Quindi il diritto alla libertà religiosa è il contesto ambientale, il contenitore, mentre i doveri della fede cattolica sono il contenuto... la prima parte attiene a quel che è di Cesare, la seconda a quel che è di Dio.
Il problema è che se l'autorità pubblica esercita il proprio potere, per quanto consta alla religione, al fine di consentire alle persone che cadono sotto la propria giurisdizione temporale di professare anche pubblicamente qualsiasi atto religioso a prescindere dalla religione stessa, essa compie un abuso del potere che le deriva dal Cielo e che in ultima analisi le è dato per consentire agli uomini di, conseguire la salvezza eterna. In altre parole la pubblica autorità dovrebbe porre in essere tutti i mezzi possibili affinché gli uomini possano, nelle proprie attività temporali santificarsi per piacere a Dio, ed infine poterLo vedere, cioè guadagnare il Paradiso. Una parte fondamentale di questo è che essi devono a Dio il culto che Gli è dovuto, ma se invece che la Santissima Trinità, lo Stato consente che venga adorato Budda, Maometto, Visnù e via "diavolando", ecco che l'autorità compie un abuso in merito alla libertà religiosa, mentre invece attua perfettamente quanto la rivoluzione vuole, cioè che l'uomo faccia quello che gli pare senza tante storie.
RispondiEliminaNon è da intendersi che la pubblica autorità debba imporre con la forza di essere cattolici, in quanto giustamente uno non deve essere obbligato poiché Gesù non ha imposto nulla; deve però impedire che pubblicamente si pratichino false religioni, ciò potrebbe infatti sviare altre persone e portarle lontano da Dio, con pregiudizio della loro salvezza (cosa di cui i responsabili, oltre che gli apostati medesimi dovranno poi rispondere davanti al supremo e definitivo Giudice).
Questo è ciò che invece è accaduto ed accade in nome della libertà religiosa rivoluzionaria e non cattolica.
Ciò assieme ad altri due o tre punti fondamentali (Liturgia in primis e collegialità) è ciò da cui derivano poi tutte le altre perversioni e storture che sono sotto gli occhi di tutti.
Ad esempio:
se invito a casa mia un musulmano a mangiare, non gli imporrò di recitare la preghiera che con i miei familiari rivolto a Dio prima di prendere il cibo, però non gli consentirò di fare pubblicamente le proprie orazioni ad Allah, infatti ciò potrebbe indurre in errore me e/o i miei familiari, oltre a costituire una chiara offesa a Dio che io in quanto padrone di casa non posso e non debbo tollerare.
Non sono assolutamente d'accordo Marco P.
RispondiEliminaCesare garantisca a ciascuno la libertà di religione (che certo non vuol dire che si debba preoccupare attivamente di fornire luoghi di culto alle minoranze, come sono arrivati a folleggiare a Milano!) e i Cristiani si diano da fare nella santità personale e nell'evangelizzazione. Quanta più libertà c'è, tanto più è in grado di realizzarsi la libera adesione dell'umanità a Cristo che salva, e tanto più ciascuno diventa responsabile del proprio eventuale rifiuto.
Siccome sappiamo di essere deboli, vorremmo spesso essere meno liberi di errare e vorremmo che l'autorità civile ci ponesse quelle limitazioni che non ci ha voluto imporre il nostro Creatore.
Ma è nella nostra libertà che rendiamo gloria a Dio!
La Verità è una sola e si chiama Cristo. Se i Cristiani le restassero saldamente congiunti non dovrebbero temere di essere indotti in errore da nessuno (a parte che oggi - ti assicuro - è molto più facile essere indotti in errore stando tra i cattolici che in partibus infidelium!) e in compenso avrebbero ancora la certezza che tutte le genti attendono la manifestazione di quella Verità e se ne farebbero testimoni. Quanta più libertà civile c'è, tanto più la Verità è messa in condizione di correre per il mondo... purchè ci sia qualcuno che ancora la porti (la Verità e non gli errori di cui non vuole preoccuparsi il Papa.)
Invece mi pare che molti si facciano prendere dalla sindrome di Giona...
Certo, come si vede benissimo in Occidente, la Libertà è una grande prova di responsabilità... Alla prova della libertà, molti Cristiani hanno perso la fede e per questo la libertà spaventa... Tuttavia Dio riceve più gloria da un'adesione passata al crogiolo della prova, di mille apparenti adesioni convenzionali.
Dio vuole essere amato dalla nostra libertà... se avesse voluto imporcelo, bastava non ci consentisse l'alternativa dal principio... non ha certo bisogno di Cesare!
D'altro canto, quando Dio è venuto tra noi, a Cesare ha detto che il Suo regno non è di questo mondo, non si è affidato alla sua difesa e, al di là delle belle intenzioni, Cesare alla fine di Lui se ne è lavato le mani. E questo nella storia si è ripetuto molte volte...
La Chiesa ha sempre insegNato che bisogna pregare e lavorare affinchè
RispondiEliminagiunga il giorno in cui tutto il mondo sia cattolico. In attesa di quel
giorno, nelle situazioni in cui la Chiesa è minoritaria deve impegnarsi per
veder riconosciuto il diritto ad onorare DIO in ciò che sappiamo essere
l'unico modo a Lui gradito. In altri termini la libertà religiosa COME
MEZZO può essere un bene. Può essere l'ultimo ante-murale (questo sì, una
sorta di "Linea del Piave" arretrata) da invocare contro un potere politico
anti-cristiano. Come scopo non lo è.
La costituzione olandese, che dichiara che lo Stato è del tutto incompente
ad occuparsi di ogni materia riguardante la religione, per il cattolico
presente un volto ambivalente.
Da un lato, in astratto, è un illogico obbrorio, poichè nega i diritti di
DIO sulla società, e, a voler essere applicata rigorosamente, crea aporie
continue. Ogni legge, ogni aspetto della vita, volendo, ha risvolti
religiosi. Dall'altro, in quella singola situazione concreta, rappresenta il
massimo bene al momento possibile, in quanto, in quel contesto, uno Stato
confessionale sarebbe al servizio del protestantesimo. Anzi, di fronte a
tentativi di ingerenza di religiosi o di atei, rappresenta, tale
costituzione, uno strumento da poter usare.
Ipocrisia? No. A prescindere che "L'ipocrisia è il pedaggio che il vizio è
costretto a pagare alla virtù" (La Rochefaoucold), non si tratta di
ipocrisia, bensì di argomento AD HOMINEM.
Trad: "Voi dite che la libertà religiosa è un valore? Premesso che avete
torto, dato lo dite voi, NON NOI, siate VOI coerenti con ciò che dite e
mettetela in pratica ANCHE nei riguardi di coloro che, tale valore,
respingono".
IL Cattolico ha il dovere di impegnarsi, in primis con la preghiera e poi,
chi si sente chiamato a ciò anche con la diffusione culurale e/o con
l'azione politica affinchè gli Stati riconoscano la sovranità di Gesù, il
cui Regno NON è esplicitamente delle caratteristiche di questo mondo (almeno
non lo era nel mentre Gesù stava di fronte a Pilato) ma che deve compiersi
ANCHE in questo mondo. ovvero, in concreto nel far sì che le leggi degli
Stati siano tali da aiutare a salvarsi chi si vuole salvare e mettere i
bastoni tra le ruote a chi si vuole dannare, affinchè non si porti altri
dietro all'inferno.
Dato che le altre religioni sono OGGETTIVAMENTE (quanto meno) uno ostacolo
alla salvezza, in una situazione ideale che, oggi non esiste da nessuna
parte del mondo, ma, Ripeto & RibaBAdisco, affinchè giunga il cattolico ha
il dovere di ALMENO pregare, lo Stato non dovrebbe riconoscere alle altre
religioni il diritto al proselitismo pubblico, più di quanto lo potrebbe
riconoscere a color che voglioni costruire ponti basandoi sulla convinzione
che che due più due fa cinque,( tali ponti crollerebbero ). Al massimo tale
diirtto può essere riconosciuto come GENTILE CONCESSIONE. E QUESTO è STATO
L'insegnamento, sempre unanime, della CHIESA fino al 1965
Su questo punto, non c'è arrampicata sugli specchi che tenga, il Vat.II
rappresenta una rottura.
DIO Ci benedica
vostro
UomochenonfuMAI
Tutto il mondo sia cattolico per libera adesione, non per coercizione, lavoriamo per questo. Crediamo nella potenza della Verità.
RispondiEliminaCrediamo nella potenza della Verità.
RispondiEliminaSono d'accordo, cara Sam, ma la Verità bisogna annunciarla opportune et importune: ricordi Romani? «Se non c’è chi annuncia come potranno credere?» (Rm 10,14)
Non avrebbe senso e non sarebbe secondo Dio imporla, ma nemmeno ha senso ritenere quel che il Papa afferma qui:
«Invece ogni uomo non solo può, ma deve fare del bene, qualunque fede professi, perché «ha in sé il comandamento di fare il bene» in quanto «creato a immagine di Dio».
Il brano del vangelo di Marco (9, 38-40) proclamato durante la messa riferisce la lamentela dei discepoli per una persona che faceva del bene ma non era del loro gruppo
Scacciavano i demoni, ma sempre nel Nome del Signore, il quale tra l'altro dice "chi non è contro di me è con me". Si può dire la stessa cosa del 'mondo' e di ebrei ed islamici, ad esempio?
Ma il Papa dice: «Gesù li corregge: Non glielo impedite, lasciate che lui faccia il bene. I discepoli senza pensare, volevano chiudersi intorno a un’idea: soltanto noi possiamo fare il bene, perché noi abbiamo la verità. E tutti quelli che non hanno la verità non possono fare il bene» ha puntualizzato il Pontefice.
Ma il discorso non sta in questi termini: chi fa il bene in Nome di Cristo la Verità ce l'ha, eccome! Altrimenti che bene sarebbe? Si tratterebbe di "opere della legge", coerenti con una coscienza retta, che non salvano nessuno, tranne - davanti a Dio - chi le pratica senza conoscere il Signore... Umanitarismo, non dono di sé in Cristo e non mi pare sia la stessa cosa...
La Chiesa è il Corpo Mistico di Cristo, ed essa possiede la Verità, la custodisce e la trasmette. Dunque, non solo non ha bisogno di cercarla insieme agli altri, ma il fatto che ne è portatrice fa la differenza...
Continua il Papa:
Ma qual è la radice di questa possibilità che appartiene a tutti gli uomini? «Io penso che sia proprio nella creazione» ha risposto il Papa: «Il Signore ci ha creati a sua immagine», e se «lui fa il bene, tutti noi abbiamo nel cuore questo comandamento: Fai il bene e non fare il male. Tutti». E davanti «a chi dice: Ma padre, questo non è cattolico, non può fare il bene, rispondiamo: Sì può farlo, deve farlo; non può ma deve, perché ha questo comandamento dentro», nel suo cuore.
Mi sembra che qui il papa non tenga conto del peccato originale e nemmeno dell'inclinazione al male che rimane pur dopo il Battesimo e ha bisogno della grazia di Cristo nella sua Chiesa per essere vinta. E non mi pare che lo dia per scontato come si poteva supporre in altre occasioni. Ha pronunciato frasi nette e non equivocabili.
Dice ancora:
Pensare che non tutti possono fare del bene è una chiusura, «un muro — ha sottolineato il Santo Padre — che ci porta alla guerra» e «a quello che alcuni hanno pensato nella storia: uccidere in nome di Dio. Noi possiamo uccidere in nome di Dio». Infatti, «dire che si può uccidere in nome di Dio è una bestemmia». Il Signore ha redento tutti con il sangue di Cristo, «tutti, non soltanto i cattolici. Tutti» ha ricordato il vescovo di Roma. E gli atei? «Anche loro, tutti. È questo sangue che ci fa figli di Dio». Ecco perché «tutti noi abbiamo il dovere di fare il bene».
Dunque è l'ambigua cristologia della redenzione universale: la redenzione operata da Cristo agisce in automatico: salva tutti anche senza necessità di accoglierla nella Sua Chiesa... E come la mettiamo col vangelo di Giovanni, Prologo 12-23?
Leggi per intero a questi link, Sam. E poi fammi sapere che ne pensi, per favore.
http://www.vatican.va/holy_father/francesco/cotidie/2013/it/papa-francesco-cotidie_20130522_fare-il-bene_it.html
Ho detto lo stretto indispensabile, ma ci sarebbe da sviluppare un intero volume su queste frasi...
....
RispondiEliminaLa libertà, per la dottrina cristiana, è condizione per aderire alla fede in quanto capace di garantire la purezza dell'intenzione. Dalla libertà come condizione della fede si è fatta discendere coerentemente il dovere di tolleranza e l'imperativo di non costringere alcuno con la forza a professare la religione cattolica, presupposti che hanno costituito come abbiamo visto la migliore credenziale per rivendicare dal potere politico una adeguata tutela giuridica. Ma da diritto da rivendicare nei confronti dello Stato, la libertà religiosa è rifluita pericolosamente nel pensiero stesso della Chiesa, inoculando con alterne fortune il germe di uno strisciante indifferentismo religioso, anche a dispetto del primo comandamento. Essa si è tradotta paradossalmente, proprio a partire dalla Dignitatis humanae, in un allentamento della certezza che quella cristiana sia l'unica religione vera e che rinnegare tale verità di fede significhi rinnegare la fede nell'unico vero Dio. La dichiarazione conciliare ha esasperato questo slittamento, come ha sviscerato in modo esemplare monsignor Brunero Gherardini, fino al punto non solo di tollerare la compresenza della verità e dell'errore, ma di vedere in essa il mezzo per accreditare il valore assoluto quanto surreale dell'autodeterminazione. Quando Ruini esalta il valore della dialettica democratica, senza porsi il problema della posta in gioco e relegando la difesa dei principi “non negoziabili” nello spazio di una coscienza individuale che assomiglia molto a quella di matrice protestante, sembra proprio adeguarsi a questa riduzione della verità cristiana di cui non si valutano mai abbastanza le conseguenze.
Se la libertà di abbracciare la fede senza costrizioni risponde alla esigenza di misurare la bontà dell'intenzione, questo significa che essa si realizza proprio nella capacità riconosciuta al soggetto di scegliere tra il bene e il male e di assumere il peso dell'errore. Implica la responsabilità, perché senza il dovere di rispondere delle proprie scelte la libertà perde di significato. La libertà è misura della responsabilità perché segna la superiorità dell'essere umano messo in grado di riconoscere la volontà di Dio. Il paradigma della libertà cristiana è quello originario dei progenitori di fronte alla possibilità di raccogliere il frutto proibito: la violazione non è senza conseguenze, il prezzo è la cacciata. Dunque la libertà di Adamo è legata alla sua responsabilità ed è libertà di scegliere tra l'osservanza e la violazione della legge divina, cui seguirà ineluttabile il castigo.
Anche quando si esplica nei confronti del potere politico, cioè sul terreno dei domini umani, la libertà del cristiano porta con sé la obbligazione fondamentale di scegliere la verità che sola darà corpo alla libertà, che la realizza, se è la verità che ci fa liberi. Illuminante come sempre, J.Ratzinger osservava che la parola eleuteria nel greco biblico indica uno status, quello di uomo nel pieno possesso dei propri diritti, la sua appartenenza al popolo di Dio, la sua figliolanza divina.
http://www.riscossacristiana.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2461:ruini-e-il-gioco-democratico-di-patrizia-fermani&catid=54:societa-civile-e-politica&Itemid=123
Nel mio intervento avevo scritto:
RispondiElimina"Non è da intendersi che la pubblica autorità debba imporre con la forza di essere cattolici".
Quindi nessuno deve essere costretto ad abbracciare la vera religione per forza, altrimenti non saremmo liberi come invece siamo, essendo creati ad immagine e somiglianza di Dio che è Libertà assoluta, come assoluto ed infinite sono tutte le Sue Virtù.
Però lo Stato deve indicare quale sia la vera religione,cioè quella Cattolica, incoraggiarne il culto e impedire ciò che le è contrario,in primis il proselitismo ed atti di culto volti ad altre pseudo-divinità, altrimenti viene meno alla sua principale funzione, che il bene delle persone, ed il bene delle persone è che giungano a godere del Sommo Bene.
Ogni altra impostazione pur affascinante e ammantata di "bontà" e tolleranza, è malevola perché allontana dal nostro traguardo.
Cara Mic, leggerò senz'altro con maggiore cura il tuo contributo e gli altri, ma già di primo acchito mi pare che siamo pienamente d'accordo su una cosa e cioè che il DIRITTO CIVILE alla libertà religiosa impone ai Cristiani un DOVERE MORALE ancora più stringente nell'evangelizzazione e nell'affermazione e nella propagazione della Verità (possibilmente fino a farla diventare patrimonio condiviso e non imposto dall'alto anche sul piano civile), perchè libertà non significa indifferenza ... è un po' come per il libero arbitrio... Dio non ci impone il bene, ma ce lo indica chiaramente.
RispondiEliminaQuando intendo fino a farlo diventare "un patrimonio condiviso e non imposto dall'alto anche sul piano civile", intendo che si deve arrivare ad un ordinamento legislativo cattolico, ma non in forza di un diritto allo Stato confessionale, bensì perchè la società è autenticamente cattolica e quell'ordinamento la rappresenta. Altrimenti anche i principi costituzionali e le leggi restano grida manzoniane. Intendo dire che l'autorità civile non può surrogare il compito della Chiesa nei compiti suoi propri. Gli ordinamenti cattolici conseguono ai cittadini cattolici, non viceversa.
RispondiEliminaIl libero arbitrio indica la capacità che ha l'uomo di scegliere il male, non ilk diritto di farlo.
RispondiEliminaNessun non cattolico può essere costretto ad abbracciare la Fede, perché la Fede è libero ossequio dell'intelletto.
Come in foro interno lo stato non può entrare. Se la questione è e rimane tra l'uomo e Dio lo stato non deve entrare.
In foro esterno però non esiste per nessuno il diritto di seguire l'errore, di propagandare l'errore e neanche quello di essere impediti a farlo (come invece insegnano alcuni teologi introducendo questa artificiosa distinzione). L'uomo ha il diritto a fare il bene e fuggire il male. Questa è la vera libertà.
Cara Sam,
RispondiEliminaCome non condividere la tua affermazione?
Del resto è irrealistico pensare che l'attuale società sia rappresentativa dei valori che amiamo e che vorremmo vissuti e condivisi.
Stiamo semplicemente, come accade da secoli, soffrendo pregando e agendo, in fondo, per il Regno. Sappiamo, però, che il Regno non è di questo mondo governato da forze oscure mai scatenate come in questo periodo.
Il nostro Signore ha già vinto e noi, in Lui e con Lui, non facciamo altro che la parte che ci è chiesta.
Dicono che la storia è fatta dalle minoranze determinate. Nel nostro caso si tratta di una minoranza che sia "lievito per la pasta"... Cerchiamo di essere lievito, entrando e non estraniandoci dalle situazioni. La "vis" lievitante non è la nostra.
E allora, Sursum corda, habemus ad Dominum. Andiamo avanti. I risultati forse non ci sarà dato vederli; ma tutta la storia è orientata al fine già scritto dal Signore.
Mi viene in mente, come esempio che conosciamo tutti, il "lievito" costituito da quei giovani indomiti "veilleurs" silenziosi e oranti di Parigi... I suoi effetti non sono immediatamente visibili; ma se non ci fossero le tenebre sarebbero ben più fitte!
:-)
RispondiEliminaDio è immenso ed eterno, governa l'universo, al Suo sguardo non sfuggono l'espansione delle galassie, le glaciazioni, la deriva dei continenti, i moti degli elettroni... figuriamoci le nostre discussioni e preoccupazioni ;-)
Se restiamo uniti a Lui non dobbiamo spaventarci di nulla... possiamo ben affidarci alla potenza della Verità.. sappiamo che Sua è la vittoria e anche che alla fine il Cuore Immacolato di Maria trionferà.
Il Signore regna, si ammanta di splendore;
il Signore si riveste, si cinge di forza;
rende saldo il mondo, non sarà mai scosso.
Saldo è il tuo trono fin dal principio,
da sempre tu sei.
Alzano i fiumi, Signore,
alzano i fiumi la loro voce,
alzano i fiumi il loro fragore.
Ma più potente delle voci di grandi acque,
più potente dei flutti del mare,
potente nell'alto è il Signore.
Degni di fede sono i tuoi insegnamenti,
la santità si addice alla tua casa
per la durata dei giorni, Signore.
Coraggio, diamoci da fare! ;-)