Pagine fisse in evidenza

sabato 23 novembre 2013

Un dialogo cercato e promosso, ma finora assente per mancata risposta dei 'pastori' che non lo rifiutano ad altre fedi

Riporto ancora una volta, per condividere, un sottotitolo del II Capitolo del libro di E.M. Radaelli «Il domani – terribile o radioso? – del dogma», edizione pro manuscripto – Aurea Domus, Milano 2013. [vedi]
Ritengo lo studio di grande spessore e quindi un contributo ineludibile al nostro percorso di consapevolezza e di responsabile impegno. Questa volta in relazione al titolo che ne richiama il contenuto. Il dialogo, chiesto da Mons. Gherardini, era stato fatto oggetto di successive suppliche a firma di molti credenti di varia estrazione. Della necessità di dialogo avevamo parlato anche qui. Ma a tutt'oggi, siamo ancora in una asfittica terra di mezzo.

 54. cosa debbono fare tradizionisti e novatori insieme per riottenere dal cielo la pace nella chiesa e fare, prima dell’unità dei cristiani, l’unità dei cattolici.

Vorrei poi dire ai novatori, moderati o radicali che siano, che in verità dobbiamo considerare che le due categorie, le due schiere, dette ‘tradizionisti’ e ‘progressisti’, vivono e pregano ancora entrambe sotto la stessa cupola di san Pietro, ovvero nello stesso ambito spirituale da cui entrambe, almeno finora, prendono in ogni caso il ben più significativo e impegnativo nome di ‘cattolici’. Le divisioni sono enormi. Più dell’unità? Formalmente, finché questi e quelli danno mostra di obbedire al Papa, parrebbe in tutto essere loro preciso dovere, chierici o fedeli che siano, provare a mettere da parte le divisioni ed esaltare l’unità, Corinthii docent
Infatti per quasi due millenni, ossia fino al Vaticano II, tutti i cattolici erano ‘cattolici’ solo per il fatto di credere e fare ciò che oggi invece pare creda e faccia solo quello che molti ritengono essere, e di fatto sono, un gruppo sparuto, quasi un villaggio: i tradizionisti, una multitudinis parva pars.

In altre parole, tutta la cattolicità, fino al Vaticano II, era simpliciter tradizionista, e, se si riguardano carte e atti di quegli anni preconciliari, lo era profondamente: i Padri del Vaticano II celebravano religiosamente, tutti, quel Ritus Romanus oggi dagli stessi tanto aborrito; voglio dire che la cattolicità era ‘tradizionista’ in quanto cattolicità, perché solo con l’avvento del protestantesimo, quattro secoli prima, era iniziato a serpeggiare intorno e all’interno del cattolicesimo il mito fellone, la diceria sottilmente irreligiosa che la traditio cattolica non fosse audace e infuturente come invece è, così chiudendo gli occhi, anzi serrandoli, p. es. davanti all’arte che, per tutto l’arco delle sue nove Muse, da Dante a Giotto, da Palestrina a Michelangelo, per secoli era fiorita, prima da Ierusalem spandendosi per il vicino Oriente, poi dal vermiglio germoglio di Roma per tutta l’Europa e il mondo, spargendo sulla terra a piene mani fiori di futuro, di vita, di bellezza e di civiltà. Immobilisti i cattolici? Non si direbbe.

C’è chi, anche nelle sacre Stanze, vorrebbe ridurre il tradizionismo a una banale questione sentimentale. Rimanderei ad altra sede per una risposta esaustiva, ma qui, in estrema sintesi, direi che proprio gli elementi di logica aletica che ritengo aver potuto portare per suffragare la mia personale posizione nei confronti del Magistero odierno, sono ampiamente dimostrativi dell’inconsistenza dell’ipotesi: al contrario, essi dimostrano la forza con cui gli argomenti di ragione si dispiegano a garantire quanto la posizione tradizionista possa radicare nei più stretti ragionamenti teoretici.
Casomai ribalterei la congettura: ho evidenziato da anni, specie in Sacro al calor bianco, quanto l’elemento sentimentale piuttosto permei (e contamini) l’orizzonte “progressista”. 
Ma il futuro si costruisce solo con « il metodo della vita », col distico Tradizione e Audacia, come mostra la storia della Chiesa: a partire dalle pagine dove qui accenno al “principio dell’Incarnazione” (p. 30 sgg.), si è avuto già modo di toccare con mano la grande, l’immensa risorsa di grazia che fu per la civiltà la Chiesa, e in tutte le pagine successive non è stato difficile mettere in luce che in verità, invece di un generico “Chiesa”, si trattava di ciò che prima di ogni altra cosa fa la Chiesa: la dottrina, che è a dire il dogma, insegnato e illustrato con la forza raddoppiata di Tradizione e Audacia insieme, tanto che si dovrebbe meglio dire che il vero propulsore della civiltà, della cultura e della bellezza nel mondo è proprio la verità dogmatica che l’una e l’altra spinge. 

Il contrario del dubbio, come si legge invece sui giornali d’oggi e come sosteneva il cardinale Carlo Maria Martini. Chiedo un dibattito. Ma i dittatori del dubbio sono troppo irrigiditi sul loro dogma per accettare che se ne dubiti.
Però un dibattito su qual è la forza ultima che incalza singolo fedele e Chiesa tutta a fargli professare la propria fede, specie nell’Anno della Fede, non starebbe male.
Avviene dunque che i novatori siano oggi i dominanti, e trattino con grande dileggio, con una certa neanche troppo malcelata boria, i tradizionisti, e questi ultimi, oggi vittime dei primi, debbano incassare quel che forse darebbero, chissà, con lo stesso spirito, se fossero essi su cattedre e Troni.
Qui faccio mie le espressioni usate da Livi su un blog di internet (www.formazioneteologica.it), per argomentare lì una sua considerazione teoretica riguardo agli errori teologici che l’illustre professore ritiene di aver riscontrato nelle parole di una seconda rinomata personalità del mondo cattolico: 
Io – dice Livi, ma ciascuno di noi cattolici dovrebbe dirlo con lui – non rappresento affatto un’ideologia all’interno della cultura cattolica; non sono impegnato nella difesa dialettica dei progressisti o dei conservatori, ma nella difesa di ciò che trascende ogni ipotesi e ogni opinione in merito alla Parola di Dio, ossia ciò che è garantito come autentica verità certamente rivelata e che pertanto trascende ogni verità ipotizzata dall’uomo, sia pure in un orizzonte di fede. Io, in altri termini, – e ancora: ciascuno di noi – lotto per mettere in luce quale sia l’essenza di verità della fede cattolica nel suo nucleo dogmatico, che è sempre il medesimo per tutti e che è ben più importante delle infinite interpretazioni teologiche (dottrinali e/o pastorali) che la diversità dei contesti storici può suscitare. 
Con tale spirito, in tutto desideroso unicamente di porsi al servizio del bene dogmatico, convinto che ciò sia il fine perseguito sopra ogni altro non solo dai fedeli più stretti ‘a ciò che la Chiesa è’, cioè alla Tradizione, ma anche dai fedeli il cui spirito è più aggettato, diciamo così, al suo domani, intendendo essi tale ‘domani’, beninteso, ancora ‘un domani di dogma’ (ma sarà così?), ecco: di ciò convinto, avanzo agli uni e agli altri un appello, lancio a tutti gli eserciti una proposta, senza alcun patetismo: è proposta seria, ragionevole, fondata non su sentimentalismi che la renderebbero appunto inconsistente, ma sulla più solida ragione, e la ragione è che, essendo la Chiesa in gravi difficoltà sotto tutti i punti di vista, quello della fede in primis, la prima cosa da fare è mettere da parte le passioni, le divisioni, i contrasti nei loro termini più urticanti e reattivi, e incontrarsi sul piano della ragione, sì da riprendere possesso di una visione del mondo generosa, viva. Dunque la proposta:

Fratelli novatori, fratelli tradizionisti: proviamo tutti noi a deporre le armi. Proviamo a non considerarci più ‘nemici’, ma solo ‘avversari’. Sappiamo tutti la differenza. Basta sbranarci a vicenda. Proviamo a ricordarci che la battaglia è sulla dottrina, non sulla carne. Proviamo a non ripetere quel che fecero persino fervorosi santi come la pur grandissima Caterina e l’altrettanto grandissimo Vincenzo Ferrer, che all’epoca del Grande scisma d’Occidente presero le parti, con tutto l’ardore del loro animo cattolico e dei loro più nobili convincimenti, chi per un Papa e chi per l’altro, e anche con alto spirito di religione: però da un lato la Senese bruciava come « stolti e menzonieri » e « dimòni incarnati » i cardinali della parte avignonese, dall’altro l’ardente Valenciano (dello stesso Ordine!) appiccava altrettanto e maggior fuoco sull’altra sponda, e con ancor più zelo, marchiando a sangue come « eretici » e « sedotti dal demonio » i principi della Chiesa di parte romana. 

Fratelli novatori, fratelli tradizionisti – com’è difficile chiamarci “fratelli”, vero? –, stiamo ripetendo una brutta storia, i Corinzi non ci hanno insegnato niente. Proviamo a cambiarla? Ciò non vuol dire non avanzare analisi critiche, riserve e perplessità che si possono e anzi si debbono avanzare, come Livi [vedi], ma elaborarle, pubblicarle e riconoscerle appunto unicamente per quel che sono: argomenti teoretici concernenti non le persone ma le parole, non gli uomini ma le posizioni dottrinali, non i cuori ingiudicabili ma i pensieri espressi, e, in quanto espressi, immessi come sono nell’agorà cattolico, frigido pacatoque animo anche giudicabili.
Indubbiamente il Vaticano II ha rotto l’unità cattolica, ma altrettanto indubbiamente questa unità dovrà venir ricomposta: solo il Trono più alto, esercitando il suo carisma, potrà riportare la barca di Pietro all’integrità della sua natura. È giusto, direi anzi necessario, che nel frattempo ognuno possa portare i propri argomenti: per la verità, come dice Livi, e come forse mostrano anche queste pagine, bisogna anche lottare. Propongo di farlo e di accettarlo come tra fratelli.
In questo spirito, si organizzi, per esempio, una “Tre giorni” sull’unità della Chiesa, o sull’attualità del dogma, o sulla distinzione tra dottrina e teologia. I temi non mancano. Se manca la volontà di confrontarsi, si preghi che nasca, perché non è con le parole che si fa la Chiesa, ma con la buona volontà, ossia con le opere, secondo san Giacomo apostolo (cfr. Gc 2, 18); dunque ci vuole la fede, la dottrina, supportata da genuino impegno relazionante: dalla carità.

Questo l’appello, affinché dopo cinquant’anni di ostilità di ogni tipo si riescano a raggiungere almeno due obiettivi, ineludibili davvero: essere d’aiuto al Trono più alto nella sua opera di discernimento delle scelte ben difficili da compiere riguardo alla più consona interpretazione da stabilire per sempre sul Vaticano II, ed essere d’esempio al mondo come esponenti di una civiltà religiosa, spiritualmente elevata, quale che sia la prospettiva in cui ci si muove, perché in entrambi i casi dev’essere quella di una civiltà cattolica, di una civiltà cioè, nata dal dogma, tutta e sempre tesa al dogma. 

Il Santo Padre ha indetto per il 2013 l’Anno della Fede. È sulla Fede che vanno ricalibrate teologie e dottrine, affinché tornino a essere se non una teologia, cosa persino sconveniente e depauperante, certo una dottrina, cosa non solo conveniente, ma doverosissima. Si preghi dunque tutti, novatori e tradizionisti, che lo Spirito Santo scenda largamente ancora sulla sua Chiesa e riporti in essa il desiderio di unità e di verità, di bellezza e di bontà, sì da poter ancora cantare a doppio coro: « Si dirà di Sion: “L’uno e l’altro è nato in essa /e l’Altissimo la tiene salda”. » (Sal 86, 5). 
Lo Spirito di verità non mancherà certo di scendere nei cuori che lo chiamano, e, pur permettendo e anzi sollecitando le più rigorose analisi critiche, smollerà la loro durezza infondendo loro l’egualmente necessario amore di dedizione, o fraterno, o caritas, che, senza sdolcinature, li renda virili e schietti a fronte della verità e del suo pronunciamento.

Ma quanto si prega? Chissà se sia sconveniente mostrare le lacrime delle preghiere (lacrime, perché: che preghiere sono, senza lacrime?). Non sconveniente, ma utile: utile a riscontrare che la verità – il pensiero, il ragionamento, la logica argomentativa, la valutazione di cose e di parole – pur compiendosi frigido pacatoque animo, ben si può e anzi si deve intrecciare con un sentimento di fondo di pietas, cioè con un’intenzione di finalità caritativa: la verità infatti non è fine a se stessa, ma, direbbe sant’Ignazio d’Antiochia, all’unità.  
Fiumi di lacrime mi scorrono sulle guance, fiotti di pianto dagli occhi; queste pagine sono bagnate più dalle preghiere che dagli inchiostri della ragione: quanti saranno, se pur ci saranno, quelli che, decisi avversari sulle idee, ho implorato e implorato a partecipare a questo nuovo, difficile, ma pur necessarissimo incontro di riunione e di pace? quanti i nomi di alte personalità cattoliche che mai si sono tirate indietro davanti a proposte tese all’unità dei cristiani, e che dunque si poteva credere che ancor più non si sarebbero tirate indietro davanti a una ancor più imprescindibile testimonianza di unità dei cattolici, e che invece, con l’avvilente metodo del silenzio, si sono negate, non considerando in nulla le più profonde speranze riposte nel cuore del dolce Vicario di Cristo, e nel cuore di Cristo stesso: l’unità di fede della Chiesa? 

Eppure, signori, fratelli, amici: tutti noi “differentemente cattolici”, ma comunque, fino a prova contraria, tutti ancora cattolici, incontrarsi si deve. E prima di ogni altro incontro. 
A che, se no, l’Anno della Fede?

27 commenti:

  1. Ho appena visto la conclusione di TG1Dialogo, con il direttore della rivista "San Francesco". Ho copiato il lik al presente articolo e volevo inviarlo alla rivista. Non sono stato capace di trovare l'indicazione della mail. HO pensato che era forse un segno. Si vede che, come mi disse un giorno un prete tradizionista, circa iniziative simili che ho sempre preso in passaTO, forse è meglio che risparmio tali energie e le dedico a dialogare con la mia famiglia.Dialogo che langue. Pregate per la mia famiglia. Del resto, a che pro mettersi in contatto con tali personaggi? E' normale che con noi non vogliano dialogare. Noi siamo la voce della loro coscienza, siamo cassandre (o se preferite, grilli di Pinocchio). Gli ricordiamo cosa erano e cosa sono diventati. Poi, noi, dal dialogo, vorremmo ricavare qualche risultato. Loro adorano il dialogo fino se stesso, che noi sappiamo essere parente prossimo della perdita di tempo. Ma poi, se accettasero di "dialogare" sarebbe un bene? Non dimentichiamo , qualche "prova tecnica" OVVERO i colloqui con la FSPSX, hanno portato più che altro divisione nel nostro campo. Pensateci, cara dottoressa Mic e praecalro Prof. Radaelli.

    RispondiElimina
  2. Ma e' possibile dialogare con i modernisti? Su cosa? Ormai le strade si sono definitivamente divise e le relative posizioni su tutti i dogmi, e persino su Dio e le regole della salvezza sono irrimediabilmente divergenti. Siamo ormai due religioni diverse, e spero che la 'chiesa modernista' prenda per sempre le distanze da quella Cattolica, che se pur minoritaria e' l'unica che conduce l'uomo alla conoscenza del Signore a alla salvezza. Quanto sarebbe bella una 'vera' Chiesa Cattolica, anche se molto piu' piccola, certamente Santa,Una e Apostolica, e soprattutto moda dall'eresia e dal relativismo !!

    RispondiElimina
  3. Le strade "di chi" sonp definitivamente divise?
    De iure nessun dogma è stato toccato, anche se de facto si agisce oltrepassando i dogmi.
    Non c'è ancora nulla di inevitabile. C'è tutto invece da recuperare.

    RispondiElimina
  4. Firenze è ancora più povera.
    Ognissanti senza Padre Lanzetta e la sua pastorale illuminata e San Marco chiude...

    RispondiElimina
  5. La speranza è sempre l'ultima a morire. Ma penso che sia difficile, se non impossibile parlare di dialogo sul dogma, a chi il dogma lo ha già sprezzantemente oltrepassato e non ha alcuna intenzione né la mens per tornare indietro.
    Resta da chiedersi - e forse da verificare - se ci sia qualche possibile interlocutore.

    RispondiElimina
  6. Caro prof. Radaelli,
    Il problema è che non abbiamo pensato ad essere o imitare giocatori di rugby.
    Legga cosa dice Magister oggi:

    http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/

    RispondiElimina
  7. Beh, oggi basta aprire il sito il Sismografo, che sembra essere vicino al Vaticano, per vedere un panorama di quelle che sono le opinioni dominanti nella Chiesa, è facile osservare che al "versante "tradizionale non è concesso alcun spazio, da lì si può arrivare al sito progressista "finesettimana.org e leggere un articolo di Philippe Clanché, che scrive su "Témoignage chrétien" :

    "In Vaticano, alcuni rimpiangono il buon tempo andato dei papi muti. Quando i pontefici si
    esprimevano solo con testi scritti, di loro pugno o no. Quei documenti non uscivano senza essere
    stati “vistati” dai guardiani della Verità."
    Sappiamo che Francesco, invece, ama improvvisare.
    Ogni mattina, durante la messa alla Casa Santa
    Marta, non è il sovrano pontefice che si esprime, ma un pastore gesuita venuto dall'Argentina.
    Ciò
    che gli ispira la liturgia del giorno non è necessariamente parola ufficiale della Chiesa e neanche
    vuole essere tale."


    Capito? E così avremmo un papa a tempo parziale, a volte è papa e a volte è un "pastore gesuita che come tale può dire quel che vuole, uscire dai binari, improvvisare, lasciarsi andare alla sua spontaneità e senza controllo.
    Il problema è che le parole in libertà del pastore gesuita Bergoglio sono pubblicate, raccolte in un libro edito dalla Lev, e lo sono come parole=perle del Papa.

    Dire ancora a Clanchè che personalmente non rimpiango i tempi dei Papi muti(!) ma un tempo ancora recente che lo tsunami della corte bergogliana non è riuscito a cancellare dalla mia memoria, il tempo di un Papa che ovunque e davanti a chiunque parlasse, adattando il suo linguaggio all`uditorio, parlava in modo chiaro, senza ambiguità, senza alimentare controversie sulla Dottrina, senza seminare confusione nelle menti dei cattolici già annebbiate da decenni di deformazione, di indifferenza.

    RispondiElimina
  8. Recentemente il card. Maradiaga, che parla moooooolto, in un`intervista al "Regno", dal titolo : "Una nuova cattolicità" ha detto:

    «...il mondo cerca il dialogo. Non è possibile vivere in uno stato di continue conflittualità. Non nel cristianesimo. Cristo è uno. Lui ha detto a noi nell’ultima cena: “Ut unum sint”. Questo non va mai dimenticato. Mentre pare che, per qualcuno, quanto più siamo divisi, tanto meglio sia. Non è un bene.
    Il Signore ha voluto l’unità, che è fatta di rispetto, ma soprattutto di dialogo, senza pensare che ogni raggruppamento possegga l’unica possibile verità.
    Se si pensa così si crea molto dan- no.
    A cominciare dalla testimonianza della nostra fede.
    Noi siamo chiamati a essere testimoni di comunione. È un’ecclesiologia chiarissima nel Vaticano II. In questi cinquant’anni si sono fatti molti passi avanti sul piano ecumenico, anche se alcuni pensano che l’ecumenismo sia una specie di contorno.
    Ecumenismo vuol dire che ognuno deve conoscere bene la propria Chiesa. Ciascuno cerca i punti che possono unire, senza tentare di “convertire” gli altri».


    L`intervista è qui :

    http://www.ilregno.it/php/view_pdf.php?md5=f11118b7092ee29df3dd634251d9027c

    RispondiElimina
  9. http://firenze.repubblica.it/cronaca/2013/11/22/news/dopo_sei_secoli_chiudono_chiesa_e_coinvento_di_san_marco-71578414/

    RispondiElimina
  10. Mariadaga è amico da anni di Bergoglio, entrambi religiosi. Ed è stato il suo maggiore grande elettore...

    RispondiElimina
  11. Se noi cattolici usiamo dialogo invece di predicazione, ci facciamo modernisti tramite l'accettazione implicita del loro errore, che non c'è verità assoluta, soltanto le « verità » dei sentimenti e delle opinioni....

    Al contrario, dobbiamo capire che i Modernisti sono un tipo di mafia ecclesiastica che non hanno interesse in convertire, soltanto in dominarci...

    Resistenza non è sufficiente...la battaglia ci vuole...le forze e le programmi per svegliarli alla luce

    Romano

    RispondiElimina
  12. Interessante, la lettera (in latino) di Franciscus a Brandmueller, per l'anniversario tridentino.. (Pubblicata oggi nel Bollettino Santa Sede.)

    RispondiElimina
  13. Resistenza non è sufficiente...la battaglia ci vuole...le forze e le programmi per svegliarli alla luce

    Come e con chi, Romano?

    RispondiElimina
  14. E' realistico rendersi conto che le posizioni più il tempo passa più si radicalizzano e già ora sembra impossibile trovare un terreno comune che forse non esiste.

    RispondiElimina
  15. """Un dialogo cercato e promosso"""
    54.Cosa dobbiamo fare tradizionalisti e.....
    - Risposta -
    Cosa possiamo fare e con chi, se Maradiaga, amico di Bergoglio e suo grande elettore, cercano non l'unita' dei Cattolici, l'unita' della Chiesa, (quella Chiesa fondata da Cristo su Pietro) ma cercano un falso ecumenismo, un dialogo con atei, non credenti, vogliono una loro chiesa non docente ma basata sulla coscenza,
    vogliono applicato appieno il conciliabolo, che avrebbe dovuto essere di aggiornamento, mentre ha bistrattato i dogmi, ed e' ritenuto un superdogmatico, ha abbattuto tutti i pilastri fondamentali di quella Chiesa di Cristo.
    Chi e' che non ha ancora capito che ormai ci sono due chiese l'una all'opposto dell'altra che predicano due differenti Dottrine, di cui una sola professa il solo vero Credo di Nicea? Ed anche se piccola e' grandissima perche' professa il Vero Dio e Signore dell'universo, mentre l'altra in modo confusionario lo avversa e lo combatte a suo modo?
    Ma come facciamo a non capire che con questa gente non c'e' alcun dialogo (vedi il dialogo con la FSSPX come e' finito? e se fosse continuato come sarebbe finito?)
    se non un capitolare davanti a loro e finire di disubbire al Signore e tradirlo come ha fatto Giuda Iscariota?
    A voi l'ardua sentenza (decisione).
    Le altre fedi e le altre religioni hanno tutta l'attenzione ed il rispetto della nuova gerarchia dei novatores, mentre noi tradizionalisti della Chiesa Eterna siamo i lebbrosi.
    Preferisco far parte dei lebbrosi - Dio mi giudichera'.
    Intanto io vado avanti nella mia battaglia per il Signore.

    RispondiElimina
  16. Il dialogo che pretende di accogliere insieme Verità e menzogne in par condicio, è un invenzione di satana.
    E la Chiesa l'ha fatta sua a partire dal concilio V.II.
    La Verità non include le menzogne, per presunto spirito di "fraternità" o accoglienza, ma così ci hanno fatto credere da 50 anni, e sempre più prenderà piede tale luciferina idea, tra la gran massa dei cattolici neo-formati dalle catechesi conciliarizzate, che mettono il dialogo al di sopra di ogni valore, di tutta la dottrina perenne, di tutti i Santi di 20 secoli e anche dei 10 comandamenti, come stiamo vedendo dai cedimenti inauditi sulle direttive morali, nel clero in alto e in basso.

    RispondiElimina
  17. Il dialogo che pretende di accogliere insieme Verità e menzogne in par condicio, è un invenzione di satana.
    E la Chiesa l'ha fatta sua a partire dal concilio V.II.


    Di certo l'estensore dell'articolo, come del resto tutti noi, a tutto intende riferirsi tranne che alla par condicio...

    Il resto è conseguente. Le direttive morali scaturiscono dalla dottrina. Dunque è lì che ci si sta battendo e a buon titolo, direi.

    RispondiElimina
  18. Jorge Bergoglio parla molto, che lo faccia come parroco di Santa Marta o come Successore di Pietro le sue parole sono riprese, diffuse, oggetto di discussioni e libri, c`è chi è sicuro che è un progressista e come tale rivoluzionerà la Chiesa realizzando finalmente lo "spirito del Concilio", c`è chi calma il gioco, no... guardate che cosa ha detto a Marchetto, e poi ha stigmatizzato il “progressismo adolescenziale”, e poi i media non riprendono le sue parole quando non vanno nel solco da loro tracciato.
    E così Magister può scrivere il suo ultimo articolo :

    http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350668

    ma un certo Albini( che non conosco ma ripreso da Sismografo) subito lo contraddice, ma nooo volete far dire al papa quel che non ha detto, guardate i fatti:

    http://www.finesettimana.org/pmwiki/uploads/Stampa201311/131122albini.pdf

    Insomma una bella confusione fra gli stessi esegeti di questo Papa e tutti partono dalle sue parole.
    I cattolici che ancora hanno qualche nozione di Dottrina possono essere scossi, chi è nell`ignoranza, e già si è costruito una religione fa da te, seguirà chi vede nelle parole del Papa un appoggio alle sue "scelte" e continuerà nell`errore.

    RispondiElimina
  19. Come ricordava 'Bernardino', un tentativo di dialogo è già stato fatto, e ai più alti livelli possibili, tra i teologi della FSSPX e quelli delegati dal Vaticano. Un tentativo doveroso, ma la FSSPX ha dovuto concludere che negli incontri si parlavano linguaggi completamente diversi. Del resto, non si saprebbe su che basi intavolare un discorso con chi, come i modernisti ed i loro odierni discepoli, ritiene che "la verità non è immutabile più di quanto non lo sia l'uomo stesso, poiché si evolve con lui, in lui e per mezzo di lui" (Lamentabili sane exitu, n. 58). Perché questo è il nocciolo della questione.
    La via da seguire è piuttosto quella già tracciata e percorsa da San Pio X nella Pascendi, anche a livello pratico e pastorale.
    I guai infatti sono cominciati quando, a partire da Benedetto XV, si è preferito allentare un po' la morsa sui modernisti.

    RispondiElimina
  20. Caro Amicus,
    Come negare l'evidenza?
    Tra l'altro , l'anomalia del non rendere pubblici i contenuti!
    Nella Chiesa universale un confronto del genere dovrebbe avvenire coram populo.
    Ora, le posizioni della Fraternità sono ben note; gli stessi punti controversi sono stati richiamati più volte e da più studiosi tradizionali. Un silenziamento ed una secretazione a dir poco sconcertanti.

    RispondiElimina
  21. cara luisa,
    non e' solo Maradiaga a parlare e parlare, ma anche Marx, che oltre a criticare Muller sul matrimonio, afferma che la Chiesa dovrebbe pentirsi per aver spaventato per secoli i fedeli con l' Inferno e il Purgatorio, che non esistono. E che il giorno del Giudizio il Signore non stara' li' a contare e valutare i nostri singoli peccati, ma stara' li ad accoglierci a braccia aperte.
    Meno male che Michelangelo e' intoccabile, se no coprivano la /Sistina per nascondere il Giudizio
    rosa

    RispondiElimina
  22. l' Inferno e il Purgatorio, che non esistono

    quindi costui nega apertamente e sfrontatamente ciò che Gesù stesso dice nel Vangelo, tutte le volte che parla dell'inferno.....
    ad es. :
    "Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa;
    quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!"
    (Matteo 7, 13-14)
    Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima; temete piuttosto colui che può mandare anima e corpo all'inferno!"

    ----------------

    e costoro sarebbero pastori di anime ?
    ma di quale chiesa esattamente ?

    RispondiElimina
  23. rafminimi@infinito.it23 novembre, 2013 20:41

    Marx, [NOMEN OMEN, come il capo massone che era omonimo di un grande comico] afferma che la Chiesa dovrebbe pentirsi per aver spaventato per secoli i fedeli con l' Inferno e il Purgatorio, che non esistono. E che il giorno del Giudizio il Signore non stara' li' a contare e valutare i nostri singoli peccati, ma stara' li ad accoglierci a braccia aperte.
    Dove lo avrebbe detto? onestamente ci credo poco. Non perchè sia impossibile, ma perchè non nel costume dei modernisti parlare in modo tanto esplicito. E non solo e non tanto per doppiezza/ menzogna, ma perchè hanno in abominio le definizione/ comunicazione schietta. Forse avrà affermato, in modo indiretto/implicito/sibillino qualche cosa passibile di essere interpretata così. Interpetazione che poi nessuno conferma, ma nemmeno smentisce.

    RispondiElimina
  24. le notizie sul cardinal Marx si trovano sul sito katolisches. io le ho lette su un blog inglese. non so come si fa ad inserire illink, ma se si va su katolisches, si trova facilmente l' articolo.
    Marx e' uno dei C8
    Rosa

    RispondiElimina
  25. Ecco il link a cui si riferiva Rosa:
    http://www.katholisches.info/2013/11/18/c8-kardinalsrat-1-kardinal-marx-korrigiert-jesus-und-schafft-hoelle-und-fegefeuer-ab/

    Ma è normale che 'Francesco' abbia chiamato tristi figuri come il card. Marx nel C8, cosa vi aspettavate?

    RispondiElimina
  26. caro amicus,
    io dall' 11 febbraio non mi aspetto piu' nulla di buono. se poi mi sbaglio, ed invece arriverranno frutti copiosi e benefici, saro' la prima a cospargermi di cenere il capo ed ad andare in pellegrinaggio a S. Marta. PEr ora rimango a Milano ( dove pare che il Duomo sia gremito di fedeli confessantisi)
    Rosa

    RispondiElimina
  27. Molto interessante a questo proposito l'intervista di O'Malley, che da buon francescano ha le idee molto chiare.
    http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/30072/

    RispondiElimina

I commenti vengono pubblicati solo dopo l'approvazione di uno dei moderatori del blog.