Vorrei aggiungere che tutte le volte che sento parlare di "continuità" mi viene un crampo.
L'accanimento nel centrare i discorsi sulla "continuità" è un modo per spostare il centro dell'attenzione dai contenuti della fede alle persone o ai fatti storici, alla contingenza. A me, come anima bisognosa della salvezza, interessa che il parroco mi porti alla Via, Verità e Vita: non mi interessa se sia o meno in "continuità" col parroco precedente. Non mi interessa verificare che le deliberazioni del consiglio pastorale parrocchiale siano in "continuità" coi consigli precedenti: mi interessa solo che proclamino la verità e lo facciano subito: sia se ciò apparisse "continuità", sia se ciò apparisse "discontinuità". In qualità di cattolico non tollero che i doni di Dio (i sacramenti, le verità di fede, la liturgia...) vengano usati come uno dei tanti strumenti dei giochi di potere curiali. La vera "continuità", se c'è, è un risultato evidente, non è un neodogma da dimostrare, tanto meno distribuendo punizioni e patenti di "cripto-lefebvrismo".
Intendere la "continuità" come un "valore" è un artificio retorico (fondato su ambiguità scelte accuratamente volta per volta) per mettere in difficoltà chi non è prono allo status quo. "Francesco in continuità con Benedetto XVI" è un modo per dire: "non criticate il primo perché altrimenti dirò in giro che state criticando anche il secondo". Oppure: "ermeneutica della continuità", espressione che i nemici di Benedetto XVI hanno utilizzato come sinonimo di: "non osate criticare il Vaticano II perché altrimenti dirò in giro che state criticando tutti i Concili".
Non pensavo che fosse necessario precisarlo: ho detto "parroco" ma vale ancor più per "vescovo" e per "papa".
RispondiEliminaLo spunto era la chiusa di mons. Livi [qui].
È dal fatidico 11 febbraio che ho il "crampo" e ancora non va giù, più passano i mesi e peggio e' ... altro che continuità!
RispondiEliminaNeri
Si capiva lo stesso, per me questa ermeneutica (che poi il 99,9% della gente al massimo crede abbia a che fare con la marineria) della continuità non esiste, non esisterà mai perché ognuno di noi è diverso dall'altro, un'altra entità con proprie idee e modi di agire e non potrà mai essere un continuum con chi l'ha preceduto o con chi lo seguirà, quello che fa specie, in primis ad uno come me che non si è mai occupato della storia della cc e che non ci andava in chiesa né mai sarebbe tornato, è che dei 20 concili ecumenici della cc solo il vat2 sia diventato un totem inattaccabile ed intoccabile come la révolution française, ma è mai possibile che solo 2 dei postulati siano stati estrapolati dal contesto e siano divenuti assiomi cui non si può opporre neanche una obiezione? Perché con questo concilio si è riusciti a distruggere nel giro di un paio di generazioni la millenaria sapienza didattica e pastorale, quella sì, della chiesa cattolica, perché si è permesso di diluire la fede in mille rivoli insignificanti, facendo tabula rasa delle poche granitiche certezze dei nostri nonni che magari erano contadini analfabeti, ma sapevano distinguere il male dal bene, sapevano cosa li portava dritti all'inferno e cosa no, adesso manco l'inferno esiste più, tutto caramellato, addolcito, smussato per aprirsi al mondo, ma quale? EP, siamo distanti forse per conoscenze e culture diverse, ma condivido il suo post e mi associo. Lupus et Agnus.
RispondiEliminaBe', ma insomma, la continuità è un'esigenza della nostra fede, no? In altre parole: senza la continuità, non potremmo credere.
RispondiEliminaContinuità nella sostanza, beninteso: sappiamo tutti che ci sono degli elementi accidentali; e tracciare il confine tra il sostanziale, immutabile, e l'accidentale, che può cambiare, non è facile.
Ma, quanto alla sostanza, la Chiesa del 2014 insegna le stesse verità che ci ha rivelato Gesù Cristo, e che sono state oggetto del suo insegnamento per duemila anni, sì o no?
La mia risposta è un sì convinto. Nonostante tutte le infedeltà, le ambiguità, gli errori gravissimi, l'eresie perfino di singoli pastori e fedeli, per chi lo vuol vedere, il domma della nostra fede splende ancóra luminoso, e intatto.
C'è una gran confusione d'idee, senza dubbio; e noi dobbiamo combattere l'errore.
Ma, come diceva il Pascal, c'è sempre (sempre, e anche ora!) abbastanza luce per chi vuol vedere, e abbastanza tenebra per chi non vuol vedere. E anche queste tenebre rientrano nel piano misterioso della Provvidenza: "Oportet et haereses esse", "È necessario che ci siano anche l'eresie" (I Cor., XI, 19).
Del resto, chi conosce un po' la storia della Chiesa si rende conto che questo non è certo il primo periodo di confusione e di crisi dottrinale; anche se è, questo sì, il peggiore (a parer mio).
Chi risponde di no alla domanda precedente, dovrebbe, per esser coerente, trar conseguenze terribili: che ne è delle promesse del Signore? Ma così NON è, e non potrà mai essere.
Se l'autore dell'articolo vuol dire che la continuità non basta affermarla, bisogna provarla, son d'accordo con lui. È un lavoro non semplice, al quale bisognerebbe accingersi una buona volta con serietà e spirito critico sorretto dalla fede, abbandonando i riflessi condizionati, progressisti o tradizionalisti che siano.
Ma quel che non riesco a capire, è come si possa dire che la continuità non è un problema, che non ce n'importa un fico secco: questo veramente non ha senso! (Parlo in generale, e non voglio dire che questa fósse l'intenzione dell'autore dell'articolo.)
Maso
Sarebbe indispensabile tracciare una linea di continuità col pensiero di Raimondo di Sangro.
RispondiEliminaCarollo
Leggere p. Cavalcoli su la bussola quotidiana. ........
RispondiEliminaLetto, ma in totale disaccordo....Neri, più che di crampi bisognerebbe dire spasmi, sempre più forti. P.S. Ho avuto il piacere di vedere la foto di Maria Guarini nell'articolo di Gualdi che mi è piaciuto così così, altro non aggiungo. Lupus et Agnus.
RispondiEliminaMaso; sulla vera continuità richiamo la sua attenzione su quanto detti nell'articolo precedente, riguardante un invito di Livi.
RispondiEliminaQuesto intermezzo è stato inserito al posto di un altro intervento sul quale abbiamo deciso di soprassedere...
con tutto il rispetto, mi sembra che l' articolo di Cavalcoli sia stato scritto in risposta ad un:" perche' non scrivi anche tu qualcosa su quest' argomento, magari un po' conclusivo?". Il tono mi sembra :" tutto bene, tutto normale, circolare, niente di speciale da osservare". Ed in curia son tutti contenti...
RispondiEliminarosa
un altro intervento sul quale abbiamo deciso di soprassedere...
RispondiElimina...peccato, m'erano parse molto opportune e succose quelle poche righe sul valore della pazienza...
Un saluto
Cara Giovanna,
RispondiEliminaeccoti accontentata.
Ho riproposto solo la "pazienza"... mi sembra possa essere il nostro vademecum attuale :)
Rosa, circa l'intervento di P. Cavalcoli, la penso allo stesso modo!!! Una ignorante
RispondiEliminaIl breve articolo di esistenzialmente periferico e' ottimo. Alessandro mirabelli
RispondiElimina"Ermeneutica della continuità" mi pare innegabilmente un tentativo di dare una soluzione "politica" ad un problema "teologico". Cioè il tentativo di comandare che tutto è giallo, e anche se qualcosa sembrasse verde, è bene considerarlo giallo: è un modo per mettersi d'accordo, facendo leva sullo stare in sintonia col Papa. In realtà a guadagnarci sono stati proprio i suoi nemici, che sbandierano la "continuità" come neodogma a cui tutti devono piegarsi, specialmente quando fanno qualcosa in continuità con sé stessi.
RispondiEliminaDa marzo ad oggi ho preferito evitare il più possibile di parlare di Francesco. Ho messo in pratica fin dal primo giorno ciò che qualche giorno fa consigliava mons.Livi: non preoccuparsi di ciò che non è davvero rilevante quanto a fede e morale. Però non basta: alla lunga sono costretto a pensare anch'io che certe uscitacce gesuiticheggianti ("chi sono io per giudicare?" ecc.), pericolosissime in quest'epoca di comunicazione umorale, velocissima e distorsiva che è l'internet dei polli da batteria con tastino di condividi/retweet/commenta, non mi sembrano più considerabili ingenuità passeggere.
Vorrei dire a Maso che la continuità è un'esigenza della nostra fede solo quando la riconosci come "risultato", non quando imponi di vederla lì dove non è davvero evidente.
Quando tu accenni alle "cose che ha insegnato Gesù Cristo", stai dando un'indicazione fumosa, dai contorni variabili. Lo dico senza polemica: dai l'impressione di un atteggiamento sentimentale, che di fronte ai problemi concreti si ripete che "le porte degli inferi non prevarranno", benissimo, ma intanto se entri in seminario oggi e provi a dire anche solo alla lontana che il peccato contro natura grida vendetta al cospetto di Dio, ti cacciano via a pedate dicendoti: "chi sono io per giudicare? chi sei tu per giudicare?" e ti denunciano al tuo vescovo come omofobo, eversivo, incapace di dialogo e antisemita. Fine della tua vocazione, anche se eri l'unico di tutto il seminario a credere nella presenza reale.
Quindi il punto è che nonostante le tue convinzioni, c'è un "magistero di fatto" che - essendo in "discontinuità" - viene applicato da coloro che professano la "continuità" a parole ma hanno la ribellione nel cuore e le leve del potere ecclesiastico. Siamo in una di quelle epoche in cui il cattolico deve difendersi più dalle persecuzioni "interne" che da quelle "esterne": i tuoi colleghi di lavoro se ne infischiano se vai alla messa tridentina, ma se viene a saperlo il tuo parroco in diocesi sei "bruciato": criptolefebvriano, omofobo, antisemita e incapace di dialogo.
Non mi fa sopresa che i novatori parlano di continuità...è il loro modo necessario di menzognare..
RispondiEliminainoltri, il loro uso continuo della parola « continuità » mostra che psicologicamente, sano che menzognano...
Romano
Articoli come quello di mons. Livi o di padre Cavalcoli esprimono, fra le righe ma non troppo, un forte disagio: si sente che anche loro sono preoccupati dalla piega che stanno prendendo le esternazioni e il "magistero informale" del Papa. Questa è la parte più interessante degli scritti: scontato e molto meno interessante è il tentativo di dare una risposta tranquillizzante a questo disagio invocando la "continuità", sostenendo che non si deve dare peso a qualunque gesto o frase del Papa o magari ipotizzando che Francesco abbia qualche piano segreto che al momento non possiamo capire. Del resto è giusto che un religioso prima di concludere che il Papa sta partendo per la tangente conceda spazio a qualche alternativa.
RispondiEliminaIo non sono daccordo con l'incipit di questo articolo.
RispondiEliminaLa Tradizione "è" continuità!
Essa è la più alta espressione di continuità che esista!
Attenzione però: la continuità non è, e non deve, essere intesa solo (tanto per fare un esempio) fra il Papa precedente e l'attuale.
Se così fosse sarebbe solo uno sterile progressismo (quello che auspicano i più coriacei sostenitori della scuola bolognese).
La continuità presuppone un collegamento (dottrinale, liturgico, morale, teologico, ...) da San Pietro a Francesco (e poi a dir il vero direttamente da Cristo!).
Questa è la continuità, ossia la più valida e veritiera espressione della perenne (cioè immutabile) Tradizione della Chiesa.
Purtroppo succede che vi siano delle discontinuità, è vero, perchè purtroppo nessuno è esente da peccato (soprattutto di superbia), anche lo stesso Pontefice.
Bisogna pregare e mantenersi saldi nella fede anche quando chi dovrebbe conservarla e confermare i fratelli (mi riferisco più ai numerosi vescovi eretici piuttosto che all'attuale Pontefice) vacilla e prende strade errate.
Sono prove da supereare anche queste e criticare Benedetto XVI e la sua "ermeneutica della continuità" è un grande autogol, soprattutto per quelli che amano e difendono la Tradizione di sempre.
E' vero l'espressione benedettiana a tratti può risultare ambigua ma se amiamo veramente la Chiesa non penso che si faccia un buon servizio criticando il Papa che negli ultimi 50 anni è stato il più vicino alla vera restaurazione della Chiesa "in continuità" con la Tradizione.
Cerchiamo di remare uniti, divisi cadiamo...
Giacomo,
RispondiEliminaIl suo equilibrato e in molti punti condivisibile intervento alla fine nasconde un'insidia.
Infatti la critica alla "continuità" di Benedetto XVI non è accademica. Leggendo con attenzione il famoso discorso del 2005 se ne scopre la portata rivoluzionaria che attribuisce al soggetto Chiesa e al suo divenire la continuità che invece appartiene all'oggetto Rivelazione. E ciò ha determinato e determina la conseguenza tutta post conciliare che la tradizione evolve in base alle contingenze del tempo presente che ogni generazione applica in maniera alla fine arbitraria.
L'ho spiegato bene più volte ed è un cambiamento paradigmatico ineludibile che nessuno sembra voler considerare. Tant'è che lo stesso Livi cita la continuità ma senza coglierne proprio questo punto nodale.
Quindi restiamo uniti, certamente, ma senza ignorare ciò che non può essere ignorato. La vera unità non la facciamo noi, è nel Signore, che è la Verità che ci fa liberi.
Giacomo e Mic,
RispondiEliminamolti fanno confusione tra la "continuità" intesa come "risultato" riconoscibile (che è sinonimo di Tradizione), "continuità" intesa come "intento" o "requisito" (cioè il desiderio di seguire la Tradizione: desiderio che in certi casi potrebbe essere equivocato), e "continuità" intesa come "etichetta" avvalorata da qualche autorità (cioè Benedetto XVI che per pacificare gli animi chiede di riconoscere come giallo ciò che a tutti appare verde).
Se io fossi un accanito modernista mi darei da fare per alimentare tale confusione.
In effetti, caro EP, la mia disambiguazione serve proprio a ribadire dove va a parare la tanto sbandierata 'continuità' riferita a Benedetto XVI, che ha espresso la sottile interpretazione nel famoso discorso del 2005, che corrisponde alle applicazioni postconciliari, che i modernisti usano come etichetta.
RispondiEliminaAspettate, non volevo "insidiare" nessuno.
RispondiEliminaConcordo pienamente sul fatto che il linguaggio dagli anni '60 ad oggi sia diventato sempre più equivoco, liquido, e la frase di EP descrive in pieno l'atteggiamento più frequente dei modernisti degli ultimi 30 anni: "Se io fossi un accanito modernista mi darei da fare per alimentare tale confusione".
E tanto è vero che spesso bisogna adottare (paradossalmente) la "corretta ermeneutica" alla stessa "ermeneutica" del Concilio suggerita (purtroppo solo suggerita e non imposta) dal mite Benedetto XVI.
La "continuità" non è e non vuole essere una giustificazione al disastroso "progressismo" postconciliare.
Cerchiamo di essere il più possibile intellettualmente onesti: la Tradizione presuppone la conservazione di alcune cose e il miglioramento di altre. Può esserci un "sano progresso" che non è "progressismo" (cioè l'adeguare i contenuti e le forme della fede alle perverse mutazioni temporali, sociali, morali, ...).
Il problema del Concilio è l'interpretazione che di esso se ne può fare e il postconcilio che abbiamo subìto (sì, noi poveri fedeli l'abbiamo subìto) scaturisce da una errata interpretazione del Concilio (che se volete è nato male, nel periodo più sbagliato, con tutta una serie di coincidenze sfavorevoli, ecc...) e Benedetto XVI ha tentato, forse troppo timidamente, di fornire a quanti in buona fede avessero in cuore di riprendere in mano (con 40 anni di ritardo) un postconcilio che ripeto: è stato un vero ed autentico disastro, e purtroppo continua ad esserlo.
Poi è vero, tanti modernisti, ci sguazzano nelle equivocità che il linguaggio fluido e poco preciso comporta oggi.
Ma la corretta ermeneutica del Concilio per il momento rimane quella che ha fornito Benedetto XVI e da quella bisogna ripartire per "aggiustare" la situazione. Altre soluzioni sinceramente io non ne intravedo e non so se sia lecito, oltre che proficuo, mettersi in contrasto con l'unico Pontefice che, seppur timidamente, ha il merito di aver scoperchiato il problema e tentato di fornire la strada da intraprendere per migliorare la situazione.
Dobbiamo a Benedetto XVI le ultime vocazioni sacerdotali di tanti giovani seri e maturi che hanno a cuore la Tradizione della Chiesa e in piena "continuità" con quello di buono che viene prima e dopo il Concilio.
Chi vivrà, vedrà! :)
Giacomo,
RispondiEliminaNon ho detto che volesse "insidiare", ma che le sue, pur condivisibili affermazioni contengono l'insidia - che noto persiste - di "ripartire dall'ermeneutica di Benedetto XVI".
Non sto a ripetermi, perché l'ho detto e ripetuto miriadi di volte e più su ribadito: ma il punto nodale è proprio questo.
Non capisco perché ignora quanto ho detto - e le innegabili nefaste conseguenze - in ordine allo spostamento tutto storicista della fatidica 'continuità' sul quale non possiamo continuare a far finta di niente.
Ovviamente la continuità NELL'ESSENZA mai potrà venire meno:se ciò per assurdo avvenisse,saremmo di fronte a un ente diverso,non più la Chiesa,che è protetta dalle promesse divine.Ma indubbiamente siamo di fronte a un TENTATIVO (consapevole o no)di operare questo cambiamento,impossibile ,operando sempre su un piano non dogmatico,ma ,falsamente,pastorale.Penso ci sia da una parte un disegno lucido,quello dei novatori spadroneggianti nel Vat.II,e dall'altra un accecamento non sappiamo e non possiamo sapere quanto colpevole.La radice del male è profonda,non si può spiegare tutto lo sfascio con "concilio nato in situazione difficile" ecc....Fosse stato un concilio dogmatico,nessuna situazione avrebbe impedito allo Spirito Santo di attuare la sua divina assistenza.Ma non è stato VOLUTO tale ,proprio per poter i8ntrodurre le novità eretizzanti se non eretiche).Di qui il fallimento di qualsiasi tentativo di interpretazione in continuità:dall'albero cattivo mai frutti buoni,e questo criterio ermeneutico ha una autorità ben superiore alle nostre misere umane elucubrazioni
RispondiEliminaSi può vedere una "continuità" tra i piani dei nemici della Chiesa e la loro attuazione per mezzo di un Concilio qui:
RispondiEliminahttp://opportuneimportune.blogspot.it/2014/01/le-profezie-sul-concilio-del-canonico.html?showComment=1390521600824