Il mensile Catholic Family News, che ha una versione quotidiana on-line, ha intervistato il prof. Roberto de Mattei sulle prossime canonizzazioni del 27 aprile. Di seguito la traduzione italiana dell’intervista
Professor de Mattei, le imminenti canonizzazioni di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II suscitano, per vari motivi, dubbi e perplessità. Come cattolico e come storico, quale giudizio esprime?
Posso esprimere un’opinione personale, senza pretendere di risolvere un problema che si presenta complesso. Sono innanzitutto perplesso, in linea generale, per la facilità con cui negli ultimi anni si avviano e si concludono i processi di canonizzazione. Il Concilio Vaticano I ha definito il primato di giurisdizione del Papa e l’ infallibilità del suo Magistero, a determinate condizioni, ma non certo l’ impeccabilità personale dei Sovrani Pontefici. Nella storia della Chiesa ci sono stati buoni e cattivi Papi ed è ridotto il numero di quelli elevati solennemente agli altari. Oggi si ha l’impressione che al principio dell’infallibilità dei Papi si voglia sostituire quello della loro impeccabilità. Tutti i Papi, o meglio tutti gli ultimi Papi, a partire dal Concilio Vaticano II vengono presentati come santi. Non è un caso che le canonizzazioni di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II abbiano lasciato indietro la canonizzazione di Pio IX e la beatificazione di Pio XII, mentre avanza il processo di Paolo VI. Sembra quasi che un’aureola di santità debba avvolgere l’era del Concilio e del postconcilio, per “infallibilizzare” un’epoca storica che ha visto affermarsi nella Chiesa il primato della prassi pastorale sulla dottrina.
Lei ritiene invece che gli ultimi Papi non siano stati santi?
Mi permetta di esprimermi su di un Papa che, come storico, conosco meglio: Giovanni XXIII. Avendo studiato il Concilio Vaticano II ho approfondito la sua biografia e ho consultato gli atti del suo processo di beatificazione. Quando la Chiesa canonizza un fedele non vuole solo assicurarci che il defunto è nella gloria del Cielo, ma ce lo propone come modello di virtù eroiche. A seconda dei casi, si tratterà di un perfetto religioso, parroco, padre di famiglia e così via. Nel caso di un Papa, per essere considerato santo egli deve avere esercitato le virtù eroiche nello svolgere la sua missione di Pontefice, come fu, ad esempio, per san Pio V o san Pio X. Ebbene, per quanto riguarda Giovanni XXIII, nutro la meditata convinzione che il suo pontificato abbia rappresentato un oggettivo danno alla Chiesa e che dunque sia impossibile parlare per lui di santità. Lo affermava prima di me, in un celebre articolo sulla “Rivista di Ascetica e Mistica”, qualcuno che di santità se ne intendeva, il padre domenicano Innocenzo Colosio, considerato come uno tra i maggiori storici della spiritualità nei tempi moderni.
Se, come Lei pensa, Giovanni XXIII non fu un santo pontefice e se, come sembra, le canonizzazioni sono un atto infallibile dei pontefici, ci troviamo di fronte a una contraddizione. Non si rischia di cadere nel sedevacantismo?
I sedevacantisti attribuiscono un carattere ipertrofico all’infallibilità pontificia. Il loro ragionamento è semplicista: se il Papa è infallibile e fa qualcosa di cattivo, vuol dire che la sede è vacante. La realtà è molto più complessa ed è sbagliata la premessa secondo cui ogni atto, o quasi, del Papa è infallibile. In realtà, se le prossime canonizzazioni pongono dei problemi, il sedevacantismo pone problemi di coscienza infinitamente maggiori.
Eppure la maggioranza dei teologi, e soprattutto i più sicuri, quelli della cosiddetta “scuola romana” sostengono l’infallibilità delle canonizzazioni
L’infallibilità delle canonizzazioni non è un dogma di fede: è l’opinione della maggioranza dei teologi, soprattutto dopo Benedetto XIV, che l’ha espressa peraltro come dottore privato e non come Sovrano Pontefice. Per quanto riguarda la “Scuola romana”, il più eminente esponente di questa scuola teologica, oggi vivente, è mons. Brunero Gherardini. E mons. Gherardini ha espresso sulla rivista Divinitas, da lui diretta, tutti i suoi dubbi sull’infallibilità delle canonizzazioni [vedi su questo blog]. Conosco a Roma distinti teologi e canonisti, discepoli di un altro illustre rappresentante della scuola romana, mons. Antonio Piolanti, i quali nutrono gli stessi dubbi di mons. Gherardini. Essi ritengono che le canonizzazioni non rientrano nelle condizioni richieste dal Concilio Vaticano I per garantire l’infallibilità di un atto pontificio. La sentenza della canonizzazione non è in sé infallibile perché mancano le condizioni dell’infallibilità, a cominciare dal fatto che la canonizzazione non ha come oggetto diretto o esplicito una verità di fede o di morale, contenuto nella Rivelazione, ma solo un fatto indirettamente collegato con il dogma, senza essere propriamente un “fatto dogmatico”. Il campo della fede e della morale è vasto, perché comprende tutta la dottrina cristiana, speculativa e pratica, il credere e l’operare umano, ma una precisazione è necessaria. Una definizione dogmatica non può mai implicare la definizione di una nuova dottrina in campo di fede e di morale. Il Papa può solo esplicitare ciò che è implicito in materia di fede e di morale ed è trasmesso dalla Tradizione della Chiesa. Ciò che i Papi definiscono deve essere contenuto nella Scrittura e nella Tradizione ed è questo che assicura all’atto la sua infallibilità. Ciò non è certamente il caso delle canonizzazioni. Non a caso né i Codici di Diritto Canonico del 1917 e del 1983, né i Catechismi, antico e nuovo, della Chiesa cattolica, espongono la dottrina della Chiesa sulle canonizzazioni. Rimando su questo tema, oltre che al citato studio di mons. Gherardini, ad un ottimo articolo di José Antonio Ureta sul numero di marzo 2014 della rivista Catolicismo.
Ritiene che le canonizzazioni abbiano perduto il loro carattere infallibile, in seguito al mutamento della procedura del processo di canonizzazioni, voluto da Giovanni Paolo II nel 1983?
Questa tesi è sostenuta sul Courrier de Rome, da un eccellente teologo, don Jean-Michel Gleize. Del resto uno degli argomenti su cui il padre Low, nella voce Canonizzazioni dell’Enciclopedia cattolica, fonda la tesi dell’infallibilità è l’esistenza di un poderoso complesso di investigazioni e di accertamenti, seguito da due miracoli, che precedono la canonizzazione. Non c’è dubbio che dopo la riforma della procedura voluta da Giovanni Paolo II nel 1983 questo processo di accertamento della verità sia divenuto molto più fragile e ci sia stato un mutamento dello stesso concetto di santità. L’argomento tuttavia non mi sembra decisivo, perché la procedura delle canonizzazioni si è profondamente modificata nella storia. La proclamazione della santità di Ulrico di Augsburg, da parte del Papa Giovanni XV, nel 993, considerata come la prima canonizzazione pontificia della storia, fu proclamata senza alcuna inchiesta da parte della Santa Sede. Il processo di investigazione approfondita risale soprattutto a Benedetto XIV: a lui si deve, ad esempio, la distinzione tra canonizzazione formale, secondo tutte le regole canoniche, e canonizzazione equipollente, quando un Servo di Dio viene dichiarato santo in forza di una venerazione secolare. La Chiesa non esige un atto formale e solenne di beatificazione per qualificare un santo. Santa Ildegarda da Bingen ricevette dopo la sua morte il titolo di santa e il Papa Gregorio IX, fin dal 1233, iniziò un’inchiesta in via della canonizzazione. Tuttavia non c’è mai stata una canonizzazione formale. Neanche santa Caterina di Svezia, figlia di santa Brigida fu mai canonizzata. Il suo processo si svolse tra il 1446 e il 1489, ma non fu mai concluso. Essa fu venerata come santa senza essere canonizzata.
Che cosa pensa della tesi di san Tommaso, ripresa anche dall’articolo Canonisations del Dictionnaire de Théologie catholique, secondo cui se il Papa non fosse infallibile in una dichiarazione solenne come la canonizzazione, ingannerebbe sé stesso e la Chiesa.
Bisogna dissipare innanzitutto un equivoco semantico: un atto non infallibile, non è un atto sbagliato, che necessariamente inganna, ma solamente un atto sottoposto alla possibilità dell’errore. Di fatto quest’errore potrebbe essere rarissimo, o mai avvenuto. San Tommaso, come sempre equilibrato nel suo giudizio, non è un infallibilista ad oltranza. Egli è giustamente preoccupato di salvaguardare la infallibilità della Chiesa e lo fa con un argomento di ragione teologica, a contrario. Il suo argomento può essere accolto in senso lato, ma ammettendo la possibilità di eccezioni. Concordo con lui sul fatto che la Chiesa, nel suo insieme non può errare quando canonizza. Ciò non significa che ogni atto della Chiesa, come l’atto di canonizzazione sia in sé stesso necessariamente infallibile. L’assenso che si presta agli atti di canonizzazione è di fede ecclesiastica, non divina. Ciò significa che il fedele crede perché accetta il principio secondo cui normalmente la Chiesa non sbaglia. L’eccezione non cancella la regola. Un autorevole teologo tedesco Bernhard Bartmann, nel suo Manuale di Teologia dogmatica (1962), paragona il culto reso a un falso santo all’omaggio reso al falso ambasciatore di un re. L’errore non toglie il principio secondo cui il re ha veri ambasciatori e la Chiesa canonizza veri santi.
In che senso allora si può parlare di infallibilità della Chiesa nelle canonizzazioni ?
Sono convinto che sarebbe un grave errore ridurre l’infallibilità della Chiesa al Magistero straordinario del Romano Pontefice. La Chiesa non è infallibile solo quando insegna in maniera straordinaria, ma anche nel suo Magistero ordinario. Ma così come esistono delle condizioni di infallibilità per il Magistero straordinario, esistono condizioni di infallibilità per il Magistero ordinario. E la prima di queste è la sua universalità, che si verifica quando una verità di fede o di morale viene insegnata in maniera costante nel tempo. Il Magistero può insegnare infallibilmente una dottrina con un atto definitorio del Papa, oppure con un atto non definitorio del Magistero ordinario, a condizione che questa dottrina sia costantemente conservata e tenuta dalla Tradizione e trasmessa dal Magistero ordinario e universale. L’istituzione Ad Tuendam Fidem della Congregazione per la dottrina della Fede del 18 maggio 1998 (n. 2) lo ribadisce. Per analogia si potrebbe sostenere che la Chiesa non può sbagliare quando conferma con costanza nel tempo verità connesse alla fede, fatti dogmatici, usi liturgici. Anche le canonizzazioni possono rientrare in questo novero di verità connesse. Si può essere certi che santa Ildegarda da Bingen sia nella gloria dei santi e possa essere proposta come modello, non perché essa è stata solennemente canonizzata da un Papa, visto che nel suo caso non c’è mai stata una canonizzazione formale, ma perché la Chiesa ha riconosciuto il suo culto, senza interruzione, fin dalla sua morte. A maggior ragione, per i santi per cui c’è stata canonizzazione formale, come san Francesco o san Domenico, la certezza infallibile della loro gloria nasce dal culto universale, in senso diacronico, che la Chiesa ha loro tributato e non dalla sentenza di canonizzazione in sé stessa. La Chiesa non inganna, nel suo Magistero universale, ma si può ammettere un errore delle autorità ecclesiastiche circoscritto nel tempo e nello spazio.
Ci vuole riassumere la sua opinione?
La canonizzazione di Giovanni XXIII è un atto solenne del Sovrano Pontefice, che promana dalla suprema autorità della Chiesa e che va accolto con il dovuto rispetto, ma non è una sentenza in sé stessa infallibile. Per usare un linguaggio teologico, è una dottrina non de tenenda fidei, ma de pietate fidei. Non essendo la canonizzazione un dogma di fede, non esiste per i cattolici un positivo obbligo di prestarvi assenso. L’esercizio della ragione, suffragato da un’accurata ricognizione dei fatti, dimostra con tutta evidenza che il pontificato di Giovanni XXIII non è stato di vantaggio alla Chiesa. Se dovessi ammettere che Papa Roncalli abbia esercitato in modo eroico le virtù svolgendo il suo ruolo di Pontefice minerei alla base i presupposti razionali della mia fede. Nel dubbio io mi attengo al dogma di fede stabilito dal Concilio Vaticano I, secondo cui non può esserci contraddizione tra fede e ragione. La fede oltrepassa la ragione e la eleva, ma non la contraddice, perché Dio, Verità per essenza, non è contraddittorio. Sento in coscienza di poter mantenere tutte le mie riserve su questo atto di canonizzazione.
Lo affermava prima di me, in un celebre articolo sulla “Rivista di Ascetica e Mistica”, qualcuno che di santità se ne intendeva, il padre domenicano Innocenzo Colosio,[oltre tutto amico personale di Roncalli] considerato come uno tra i maggiori storici della spiritualità nei tempi moderni.
RispondiEliminatodos caballeros.Bobo
RispondiEliminaIl "NY Times" contro Wojtyla
RispondiEliminahttp://www.liberoquotidiano.it/news/esteri/11600180/Il-NY-Times-contro-Wojtyla-.html
ulteriore conferma di santità...
http://www.karol-wojtyla.org/It/Home%20Page.aspx
http://www.preghiereperlafamiglia.it/karol-wojtyla-giovanni-paolo-ii.htm
Giuste le perplessità di De Mattei. Valgono per i santi in pectore e anche per quelli del passato. Si può essere pienamente cristiani senza credere alla santità di Pio X o di Giovanni Paolo II.
RispondiEliminaFare la morale a Wojtyla
RispondiEliminaPresto sugli altari, ma la sua etica è sotto attacco nella chiesa. E Ratzinger (oggi) ribadisce: si erano persi i fondamenti metafisici, Giovanni Paolo li ha ristabiliti
http://www.ilfoglio.it/soloqui/23006
Negri: «Giovanni Paolo II è stato un grande amico degli uomini perché amico di Dio»
Invia per Email Stampa
aprile 16, 2014 Matteo Rigamonti
Alla presentazione del libro “Accanto a Giovanni Paolo II” del giornalista polacco Redzioch è intervenuto l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio ricordando a tutti chi era papa Wojtyla
«Giovanni Paolo II, amico degli uomini perché amico di Dio»
http://www.tempi.it/luigi-negri-giovanni-paolo-ii-amico-uomini-amico-dio#.U1jX-bmKDyc
ERRATA "de tenenda fidei"
RispondiEliminaCORRIGE "de tenenda fide"
Caro Baronio quando potrò tornare a leggere i suoi documentatissimi articoli sul suo blog? Un saluto in Christo.
RispondiEliminaAnche se si trattasse di un errore non avrei potuto correggere il testo citato solo aggiungere un (sic); tuttavia non ho fatto nemmeno questo perché l'uso del genitivo può essere corretto.
RispondiEliminahttp://milano.repubblica.it/cronaca/2014/04/24/news/brescia_crolla_la_croce_del_papa_di_enrico_job_muore_un_ragazzo_di_21_anni-84359079/?rss?ref=rephpnews
RispondiEliminaIn diretta d Canale 5: un quadro della Madonna incoronata, al Santuario di Campocavallo, muove gli occhi: come nel 1796 a Roma e negli Stati Pontifici, poco prima dell’invasione napoleonica? (cfr “Gli occhi di Maria”, di Rino Cammilleri e Vittorio Messori); che sia un segno di una qualche violenza alla Chiesa Cattolica? magari anche solo dottrinale, o relativa a chi vuol additare Roncalli e Wojtyla ad esempio per tutta la cristianità? P.S.: altra tremenda notizia, dalla Valcamonica (Brescia); a Ceva è crollata una enorme croce di legno eretta in onore di Giovanni Paolo II, uccidendo un giovane di 23 anni. Segno del Cielo? Staremo a vedere
RispondiEliminaAdesso, con l'eresia manifesta pubblica di Bergoglio ("non è peccato di ricevere communione" e convivere con un divorziato), non ho nessun dubbio che le canonizazioni saranno invalidi...e dichiarate invalidi da un papa futuro...
RispondiEliminala risposta neutra di Lombardi che non ha negato il fatto maligno, prova la verità storica che Bergoglio lo ha detto
il Silenzio di Bergoglio in non fare ritrazione pubblica mostra la sua pertinacità...
Romano
Ma ci stiamo IMPAZZENDO?!
RispondiEliminaSe si mettono in dubbio le canonizzazioni, si appoggiano i Protestanti, i quali estromettono il culto dei Santi.
Non inculchiamo nei poveri fedeli anche questo dubbio, vi prego!
Il giovane morto travolto dalla croce abitava in via Papa Giovanni XXIII.
RispondiEliminahttp://bergamo.corriere.it/notizie/cronaca/14_aprile_24/drammatiche-coincidenze-ragazzino-morto-518b8118-cbc4-11e3-b768-8b37958dddda.shtml
Per favore non fatelo straparlare al telefono.Fatelo girare per Piazza S. Pietro , baciare i bambini e fare le foto col naso da..... ma non fatelo parlare.Abbiamo un Papa che purtroppo oltre alle banalità dice anche eresie. Speriamo in Maria Santissima.Bobo
RispondiElimina"un quadro della Madonna incoronata, al Santuario di Campocavallo, muove gli occhi: come nel 1796 a Roma e negli Stati Pontifici, poco prima dell’invasione napoleonica?... che sia un segno di una qualche violenza alla Chiesa Cattolica?"
RispondiEliminanon so dirti caro Cattolico, io so solo che il Santuario della Beata Vergine Addolorata (con l'immagine della Vergine che ha il cuore trapassato da sette spade...) di Campocavallo di Osimo (An) è retto dai Francescani dell'Immacolata e che accanto ci sono pure le suore...
Secondo il teologo Vito Mancuso e la regina dei cronisti radical-chic Maureen Dowd, la Chiesa sbaglia a proclamare santi insieme Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.
RispondiEliminahttp://www.tempi.it/giovanni-paolo-ii-non-fu-un-santo-repubblica-e-new-york-times-contro-lo-struzzo-giramondo#.U1mMPLmKDyc
m
Vorrei segnalare i preziosi studi di don Gleize a mio avviso più approfonditi dello studio precedente che avevo citato:
RispondiEliminahttp://www.sanpiox.it/public/index.php?option=com_content&view=article&id=1322:giovanni-paolo-ii-un-nuovo-santo-per-la-chiesa&catid=64&Itemid=81
http://www.sanpiox.it/public/index.php?option=com_content&view=article&id=1323:le-nuove-canonizzazioni-obbligano-in-coscienza-tutti-i-fedeli-cattolici&catid=64&Itemid=81
http://www.sanpiox.it/public/index.php?option=com_content&view=article&id=1324:giiovanni-paolo-ii-puo-essere-canonizzato&catid=64&Itemid=81
http://www.sanpiox.it/public/index.php?option=com_content&view=article&id=1325:giovanni-paolo-ii-un-vero-santo&catid=64&Itemid=81
Devo dire che rispondono perfettamente a tutti i miei interrogativi e perplessità su queste nuove "canonizzazioni".
Invito tutti a leggerle
A soli tre giorni dalla canonizzazione di Angelo Roncalli e Karol Wojtyla una pesante croce eretta in onore di quest’ultimo (in perfetto stile modernista: pericolosa, oltre che brutta) crolla addosso ad un giovane disabile, uccidendolo sul colpo. Si viene subito a sapere, inoltre, che il ragazzo abitava in via Giovanni XXIII, a Lovere, sul lago d’Iseo (nella provincia che ha dato i natali ad angelo Roncalli). La disgrazia è avvenuta a Cevo, laciltà dell’alta Val Camonica, nel parco dell’Adamello, in provincia di Brescia.
RispondiEliminaAltro fatto inquietante: da qualche tempo un dipinto della Madonna incoronata, a Campocavallo, frazione di Osimo, non molto distante da ancona, muove gli occhi. Diverse persone hanno assistito al prodigio, riferendone al Rettore del Santuario. Sembra che quel quadro della Madonna abbia già mosso gli occhi altre volte, verso la fine dell’800.
Questo prodigio ricorda molto le analoghe mariofanie avvenute nel 1796 a Roma e negli stati pontifici, subito prima dell’arrivo delle armate napoleoniche. Tra l’altro, il caso più eclatante, perché coinvolse direttamente Napoleone, avvenne proprio ad Ancona, quando Napoleone era alle porte, dopo aver già conquistato Bologna e Ferrara. Lì, nella chiesa di san Ciriaco, il 25 giugno 1796, un quadro della Madonna iniziò a muovere gli occhi. Il prodigio durò circa sei mesi. I giacobini locali sottrassero di nascosto il miracoloso dipinto per farlo vedere a Napoleone, che avrebbe così dimostrato che si trattava di un imbroglio dei preti. Napoleone dette subito ordine che il quadro venisse distrutto, ma prima volle vederlo egli stesso: ebbene, presolo in mano, tutti lo videro impallidire improvvisamente e, cosa inusuale per il suo carattere, revocò l’ordine e disse di limitarsi solo a coprire ilo quadro, senza distruggerlo; inoltre restituì alla Vergine tutti gli onori che le aveva tolto. Si veda in proposito l’ottimo libro “Gli occhi di Maria”, di Vittorio Messori e Rino Cammilleri, Edizioni Piemme.
In quell’occasione, la Madre di NSGC e Madre nostra volle avvertire gli abitanti dell’Urbe e degli stati pontifici dell’imminente persecuzione dei giacobini francesi e dei loro (pochi) fiancheggiatori italiani. Si trattò quindi di una messa in guardia da un pericolo imminente per la Chiesa e per i fedeli.
Alla luce di queste considerazioni mi sorge spontanea una domanda: semplici coincidenze, quelle attuali, o inviti alla riflessione, alla messa in guardia da qualche pericolo imminente per la fede e per la Chiesa? Bisognerebbe rivolgersi al bravo Antonio Socci, che un tempo era maestro in questi accostamenti di date, numeri, giorni mancanti o successivi ad eventi ecclesiali, per trarne conclusioni spesso insospettabili, qualità, questa, che gli venne rimproverata dal Cardinal Bertone come fissazione sulla numerologia (al tempo della diatriba sul terzo, o quarto, segreto di Fatima).
Personalmente, non mi sento di archiviare il tutto come semplici coincidenze, la disgrazia di Cevo e la mariofania di Campocavallo; troppo acceso il dibattito sull’imminente duplice canonizzazione, molto aspra la contesa tra il mondo cattolico tradizionalista ed i progressisti al potere nella Chiesa sull’opportunità (o addirittura sulla legittimità) di tanta tempestività di queste canonizzazioni, mentre altre aspettano da molti anni, o sono ormai state archiviate per evidenti motivi ideologici: si vedano, ad esempio, i processi canonici di Merry Del Val, Segretario di stato di San Pio X e suo stretto collaboratore nella battaglia antimodernista, del vescovo di Arezzo Giovanni Volpi, anch’egli stretto collaboratore di Papa Sarto, e di Eugenio Pacelli, Pio XII (il cui processo di beatificazione sembra sia fortemente osteggiato dalla massoneria ebraica), il papa che ha proclamato il quarto dogma mariano.
Secondo il teologo Vito Mancuso e la regina dei cronisti radical-chic Maureen Dowd, la Chiesa sbaglia a proclamare santi insieme Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.
RispondiElimina..hanno fatto bene ad unire le canonizzazioni (che non contesto) altrimenti le speculazioni si sprecavano..
Vito Mancuso new age
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2010/02/19/vito-mancuso-un-modernista-pieno-di-ragnatele/
http://www.uccronline.it/2013/07/04/ecco-cosa-pensano-i-veri-teologi-di-vito-mancuso/
http://www.diocesidichioggia.it/index.php/archivio/1046-mancuso-l-io-al-posto-di-dio
Giovanni Paolo II, nel suo ultimo libro Memoria e identità, ha bollato a fuoco «lo sterminio legale degli esseri umani concepiti e non ancora nati (…) uno sterminio deciso addirittura da Parlamenti eletti democraticamente, nei quali ci si appella al progresso civile delle società e dell’intera umanità. Né – aggiunge – mancano altre gravi forme di violazione della Legge di Dio. Penso, ad esempio, alle forti pressioni del Parlamento europeo perché le unioni di omosessuali siano riconosciute come una forma alternativa di famiglia, a cui competerebbe anche il diritto di adozione. È lecito e anzi doveroso porsi la domanda se qui non operi ancora una nuova ideologia del male, forse più subdola e celata, che tenta di sfruttare contro l’uomo e contro la famiglia, perfino i diritti dell’uomo. Perché accade tutto questo? Qual è la radice di tali ideologie post-illuministe? La risposta, in definitiva, è semplice: questo avviene perché è stato respinto Dio quale Creatore, e perciò quale fonte della determinazione di ciò che è bene e di ciò che è male. (…) Se vogliamo parlare in modo sensato del bene e del male, dobbiamo tornare a san Tommaso d’Aquino, cioè alla filosofia dell’essere» (Memoria e identità, Rizzoli, Milano 2005, pp. 22, 23).
RispondiEliminahttp://www.riscossacristiana.it/marcia-per-la-vita-la-primavera-latina-e-i-problemi-dellora-presente-di-roberto-de-mattei/
il prossimo (si spera presto) Pio XII
RispondiEliminahttp://www.vatican.va/holy_father/pius_xii/index_it.htm
Più sensato esprimere cordoglio per la morte del povero ragazzo che ha perso la vita nell'incidente della (bruttissima) croce camuna. Caricare gli eventi tragici di significati reconditi è un esercizio pericoloso. Qualche progressista ha visto nella morte di Palmaro un castigo di Dio per le esternazioni contro il papa. Lasciamo stare questi argomenti e concentriamoci sul merito della questione. Il nocciolo è esattamente quello che spiega il professor de Mattei: le canonizzazioni non sono atti d'infallibilità e non sono vincolanti.
RispondiEliminaA rileggere questo articolo dopo qualche giorno lo trovo più accettabile di quanto mi fosse parso a una prima lettura; tranne l'ultimo punto, su fede e ragione.
RispondiEliminaMi pare che de Mattei stia promuovendo la propria ragione ad arbitra degli insegnamenti della Chiesa: questi non vanno valutati secondo il magistero costante della Chiesa, ma secondo la compatibilità con la propria ragione - quella sì infallibile.
Personalmente lo capisco benissimo: con buona pace di S. Ignazio, è difficile riuscire vedere bianco ciò che vediamo nero solo perché così ci dice la Chiesa.
Ma mi chiedo: questa non è la premessa per prendere ciò che ci piace del magistero e rifiutare ciò che non ci piace (o non troviamo giusto, o mina i presupposti razionali della nostra personale fede, evidentemente indiscutibili)?
È questo che insegna la Chiesa?
(Mi spiace, mic, ma Baronio ha ragione. È chiaramente un lapsus, ma è ancor più chiaramente sbagliato.)
Grazie per l'ultima precisazione, latinista. Avevo abuto anch'io il dubbio nel pubblicare. Poi ho pensato che l'uso del genitivo fosse voluto. Ma, nonostante la mancanza di simmetria tra il verbo tenenda e il sostantivo pietate pensavo che l'uso potesse essere voluto. Cioè la distinzione tra cose della fede (non per fede) da riitenere e cose riguardanti espressioni devozionali della fede.
RispondiEliminaPer la perplessità non linguistica, condivido. È il dilemma del nostro tempo che sto elaborando anch'io dentro di me ma che così a caldo penso debbano riguardare i "fondamentali". E credo che il dramma sia che sono proprio quelli ad essere 'toccati'. Ma dovró motivare e argomentare questa affermazione, appena riesco a darmene il tempo e la ponderatezza richiesti.
mi scuso dei refusi: sto scrivendo dal cellulare.
RispondiEliminami scuso dei refusi e della fretta: sto scrivendo dal cellulare.
RispondiElimina"cose della fede (non per fede) da riitenere"
RispondiEliminaQuesto si potrebbe rendere con "de tenendis fidei", ma "tenenda" (ablativo femminile singolare) richiede per forza "fide", se no non ha senso.
Del resto de Mattei allude a un'espressione già esistente: "de fide tenenda", cioè, per il poco che ne so, quelle dottrine e quegli insegnamenti che, pur non essendo espressamente contenuti nella rivelazione (ad esempio perché legati a una contingenza storica successiva), sono "da ritenere" infallibilmente sanciti dalla Chiesa. Appunto ciò che de Mattei, contro l'opinione comune, nega che siano le canonizzazioni.
In questo caso specifico concordo in toto con de Mattei (eccezion fatta per l'inciampo grammaticale latino). Dal suo argomento discendono notevolissime implicazioni, che dovrebbero aiutarci a vivere alcuni pronunciamenti del passato e del presente in modo meno drammatico.
RispondiElimina