Monsignor Antonio Livi, nato a Prato nel 1938, è uno dei più importanti teologi italiani. Allievo di Etienne Gilson (1884-1978), è iniziatore nel Novecento della scuola filosofica del senso comune, rappresentata dalla ISCA (International Science and Commonsense Association), che ha come organo ufficiale la rivista "Sensus communis - International Yearbook of Alethic Logic", di cui è fondatore e direttore. Docente, di antropologia, filosofia e di logica, socio ordinario della Pontificia Accademia di San Tommaso, è stato il Decano della Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Lateranense dal 2002 al 2008 e Professore emerito di Filosofia della conoscenza nella Pontificia Università Lateranense dal 2008. Autore di diversi libri importanti, tra cui «Vera e falsa teologia. Come distinguere l'autentica "scienza della fede" da un'equivoca "filosofia religiosa"», edito dalla Casa Editrice Leonardo da Vinci, della quale è anche il direttore editoriale.
Riprendiamo l'intervista che segue dal sito Cooperatores Veritatis [qui]. Richiamo la parte conclusiva, dedicata al sinodo, dal titolo significativo: Matrimonio e famiglia, la pastorale deve insegnare la dottrina, non raggirarla. Mons. Livi dimostra di esser consapevole che occorre parlare adesso. E lo fa con chiarezza.
La metafisica è alla base della teologia cristiana
Mons. Livi, prima di tutto, La ringraziamo per averci concesso quest’intervista. Vorremmo cominciare chiedendoLe se può spiegare in cosa consiste esattamente la metafisica.
La metafisica non è un optional per l’intelligenza. Essa è l’essenza stessa della filosofia, in quanto esigenza razionale dell’uomo che desidera orientarsi nel mondo in cui vive e si domanda da dove viene, dove va e che ruolo gli spetta nella vita. La filosofia è ricerca di quella sapienza che è molto più necessaria per l’uomo di quanto non siano le conoscenze tecniche offerte dalle scienze particolari. Questa sapienza l’uomo la trova in sé stesso, inizialmente, nelle certezze fondamentali che costituiscono il “senso comune”, e poi anche nella religione naturale, che è presente in forme diverse tutte le civiltà. Ma un approccio propriamente scientifico (ossia rigoroso e dimostrativo) ai grandi temi della sapienza è pure necessario, e per questo la civiltà greca classica elaborò una “scienza dell’intero” che è appunto la metafisica. Essa fu ed è tuttora talmente ricca di vera sapienza naturale che il cristianesimo, quando si diffuse nel modo ellenistico, ne fece lo strumento privilegiato dell’interpretazione razionale della verità rivelata. Così nacque la teologia cristiana, che senza metafisica non può esistere, perché i dogmi della Chiesa cattolica - che la teologia è chiamata a interpretare razionalmente - sono tutti formulati in termini metafisici. Lo spiegò molto bene, agli inizi del Novecento, Réginald Garrigou-Lagrange (vedi il suo capolavoro, Il senso comune, la filosofia dell’essere e le formule dogmatiche, trad. it., Casa Editrice Leonardo da Vinci, Roma 2013).
Nella stragrande maggioranza dei seminari, così come nelle università teologiche, nonché dalle cattedre episcopali, viene insegnato che la metafisica tomista è superata, perché ha un concetto dell’uomo come di un “animale razionale”. La “svolta antropologica”, invece, avrebbe restituito alla persona umana la dignità che le compete: essere il centro dell’universo. Qual è la sua opinione?
Chi dice cose di questo tipo dimostra una sconfinata ignoranza delle cose di cui parla. In realtà, la dignità dell’uomo è stata difesa e attuta nella prassi sociale proprio dalla teologia cristiana, che ha elaborato già nell’età patristica l’originale e feconda nozione dell’uomo come “persona”. E questa preziosa nozione è di natura schiettamente metafisica, tant’è che coloro che la mettono da parte non hanno più argomenti per difendere la vita dalla prassi abortista e dalle leggi che la giustificano. Senza metafisica tutte le opinioni, anche le più assurde, sul nascituro sembrano convincenti e ammissibili, tanto che di fatto sono ammesse dalla cultura dominante. Quanto alla “svolta antropologica”, essa in realtà ha solo tolto alla teologia la nozione di Dio come creatore e redentore dell’uomo, facendo credere a qualche sprovveduto che è l’uomo e non Dio l’autore della legge morale.
Una delle sue opere più belle e più importanti è, senz’altro, «Vera e falsa teologia. [qui] Come distinguere l’autentica “scienza della fede” da un’equivoca “filosofia religiosa”» [qui]. Può spiegare, per quando sia possibile farlo in un’intervista, come riconoscere la “scienza della fede” dalla “filosofia religiosa”»?
La vera teologia è quella scienza che fa un cristiano che crede alla rivelazione divina, formalizzata nei dogmi della Chiesa, e tenta di illustrare razionalmente i contenuti di questa rivelazione, svolgendo così una missione culturale preziosa al servizio della fede di tutti noi. Quando invece uno studioso, cattolico o luterano che sia, prescinde dalla verità della rivelazione divina e mette i dubbio o interpreta arbitrariamente i dogmi della fede, le sue tesi sono mera “filosofia religiosa”. La “filosofia religiosa” si riconosce subito, perché è sempre un discorso ambiguo, spesso soltanto retorico, che tenta di imporre anche ai credenti una sapienza meramente umana, con la pretesa di possedere una conoscenza superiore rispetto alla fede dei “semplici” e persino rispetto al magistero della Chiesa (tecnicamente questo si chiama “gnosticismo”).
Nouvelle théologie, faux théologiensLa “nouvelle théologie” è vera o falsa teologia?
La “nouvelle théologie” [qui] comprende studiosi e opinioni teologiche molto diverse. Alcune di queste opinioni sono state severamente condannate da Pio XII nell’enciclica Humani generis (1950). Altre sono state accettate dal magistero ecclesiastico, ma sempre come opinioni, che restano legittime nella misura in cui non escludono fanaticamente le opinioni diverse (ad esempio quelle della benemerita e sempre valida scuola tomistica).
Le facciamo alcuni nomi molto noti nel mondo teologico contemporaneo: Pierre Teilhard de Chardin, Karl Rahner, Henri de Lubac, Jean Daniélou, Hans Urs von Balthasar, John Courtney Murray; Yves Congar, Dominique Chenu, Edward Schillebeeckx; Louis Bouyer, Bernhard Häring, Johann Baptist Metz e Hans Küng. Può dirci, fra costoro, chi è stato un autentico teologo e chi, invece, un ambiguo filosofo religioso?
Si fa presto a rispondere: Pierre Teilhard de Chardin, Karl Rahner, Edward Schillebeeckx, Bernhard Häring, Johann Baptist Metz e Hans Küng sono tutti autori di teorie teologiche false, in quanto contrarie allo spirito e talvolta anche alla lettera del dogma cattolico. Le loro opere sono tutte espressioni della medesima filosofia religiosa di stampo immanentistico e progressistico, anche se ciascuno di essi ha lavorato in campi diversi. Degli altri autori da Lei citati si può dire che sono teologi seri, autori di opere importanti, anche se alcuni di loro hanno aderito talvolta a correnti di pensiero di orientamento fideistico. Ci sono poi altri nomi da ricordare tra i veri teologi, ad esempio lo svizzero Charles Journet e naturalmente il tedesco Joseph Ratzinger.
"Falsi profeti" e "cattivi maestri"? No, grazie.
Lei è stato protagonista di un’annosa polemica con Enzo Bianchi [qui - qui - qui ] il “priore” della comunità di Bose. In più di una occasione Lei ha messo in guardia i fedeli dai “falsi profeti” e dai “cattivi maestri”. Come riconoscere – e difendersi – da queste due pericolose categorie?
Ripeto ancora una volta che il criterio cattolico per discernere il vero profeta dal falso profeta e il buon maestro dal cattivo maestro è la fedeltà ai dogma cattolico. Già san Paolo ammoniva i primi cristiani: «Se qualcuno propone un Vangelo diverso da quello che io vi ho annunciato, non unitevi a lui!». L’unico Maestro è Gesù, come Egli stesso ha formalmente dichiarato. Poi Gesù ha voluto affidare la rivelazione dei misteri della salvezza agli Apostoli, dicendo: «Chi ascolta voi, ascolta me; chi disprezza voi disprezza me». Quindi, noi cattolici dobbiamo dare retta sempre e soltanto al magistero della Chiesa, ossia alla dottrina degli Apostoli e dei loro successori, una dottrina che costituisce una catena ininterrotta di fedele trasmissione degli insegnamenti e dei comandamenti di Cristo Maestro. Quando sentiamo teologi o “santoni” che criticano il magistero della Chiesa (quello solenne dei concili ecumenici e quello ordinario dei Papi), e propagandando una nuova Chiesa «senza dogmi e senza magistero», possiamo essere certi che si tratta di “cattivi maestri”. Dobbiamo evitare di diventarne discepoli, e se possiamo sarà bene anche dissuadere gli altri da credere che siano davvero la “voce dello Spirito”. Non occorre parlar male di nessuno: basta chiarire che ci sono forti e fondati motivi per credere al magistero della Chiesa, che sappiamo essere assistito infallibilmente dallo Spirito Santo, mentre non c’è assolutamente alcun motivo per credere a quelle persone, quale che sia l’appoggio del quale godono da parte dei mass media...
Siamo nel cinquantesimo del Vaticano II. Il 21° concilio che cosa è stato, concretamente, per la Chiesa cattolica? Uno mezzo, un fine, una benedizione, un disastro, una svolta, oppure?
Sono state dette tante cose sul Vaticano II in questi cinquant’anni. Io, come cattolico, non voglio parlarne se non come un momento di quella «evoluzione omogenea del dogma» (secondo l’espressione felice di Marin Sola) che assicura sempre ai fedeli la trasmissione fedele della dottrina di Cristo e la sua opportuna applicazione pastorale in ogni tempo. Questo concilio ecumenico non ha voluto introdurre alcuna variazione sostanziale nel dogma, ma solo aprire la strada a una nuova evangelizzazione, nei modi ritenuti più confacenti alla situazione culturale del mondo moderno. Le riforme conciliari, come quella della liturgia, sono state viste come utili alla pastorale anche da personalità ecclesiastiche di profonda spiritualità e di sicura ortodossia, come il cardinale Siri (vedi Giuseppe Siri, Dogma e liturgia, a cura di Antonio Livi, Casa Editrice Leonardo da Vinci, Roma 2014). Certo, ci sono stati anche tanti orribili abusi liturgici, ma sono tutti contrari alla lettera e allo spirito dei decreti conciliari. Como sono contrari alla lettera e allo spirito dei decreti conciliari i discorsi di chi manipola il Vaticano II per imporre, sotto l’etichetta di “teologia conciliare”, la propria ideologia. Il Vaticano II è un momento del magistero ecclesiastico, che ha come unici titolari i vescovi in comunione con il Papa. Un concilio è autorevole perché un Papa lo ha convocato, un Papa lo ha presieduto e infine un Papa lo ha promulgato. Il Concilio non è un’assemblea di teologi, con una maggioranza (i progressisti) che ha vinto e una minoranza (i conservatori) che è stata sconfitta. Lo ha spiegato bene papa Benedetto XVI, quando ha voluto distinguere opportunamente tra il vero Concilio e il «concilio dei media». E qui torniamo al discorso dei falsi profeti e dei cattivi maestri, il cui imperdonabile peccato è di essersi sostituiti arbitrariamente, con l’uso accorto della retorica, a chi nella Chiesa ha autorità (divina) per insegnare, dirigere e santificare.
Il personalissimo pontificato di papa Francesco – forse il primo vero “papa del Vaticano II” –, fatto più di gesti che di magistero, entusiasma molti, ma lascia perplessi altrettanti. Un papa può essere criticato? E, se la risposta è positiva, in che modo?
Io non direi che l’attuale pontefice sia «il primo vero papa del Vaticano II». Stando alla realtà, ossia ai criteri dettati dalla dottrina teologica, il Vaticano II è stato fedelmente e pienamente attuato già dagli insegnamenti e dalle decisioni pastorali di Paolo VI, di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Non ha alcun senso affermare il contrario (come fanno falsi i teologi come Hans Küng e cattivi maestri come il cardinal Martini). Papa Francesco, quando ha parlato come maestro della fede, non ha mai contraddetto i suoi predecessori. I suoi due unici documenti dottrinali (l’enciclica Lumen fidei e l’esortazione apostolica Evangelii gaudium) non contengono alcun insegnamento in contrasto con quelli di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Se poi si vuole parlare di gesti e discorsi che non impegnano in alcun modo l’infallibilità, e quindi non vincolano in coscienza i fedeli cattolici, tutti sono liberi di commentarli positivamente o negativamente (sempre con il dovuto rispetto). Ma io raccomando a tutti di usare meglio il poco tempo che abbiamo a disposizione: ci dobbiamo dedicare soprattutto a conoscere, ad amare e a vivere sempre di più la nostra santa fede cattolica e i comandamenti divini, meditando la Sacra Scrittura e prestando attenzione ai documenti del Magistero, compendiati nel Catechismo della Chiesa Cattolica.
Potrebbe dare dei consigli pratici sia ai “fedeli entusiasti”, affinché non cadano nella papolatria, e ai “fedeli perplessi”, affinché non inciampino nella disobbedienza?
Vale per questa domanda quello che ho detto rispondendo alla domanda precedente. Preciso solo una cosa: la disobbedienza al papa si ha solo quando si agisce contro ciò che è stabilito dal Diritto canonico o è stato formalmente ordinato dall’autorità pontificia attraverso uno dei dicasteri della Santa Sede. Non c’è disobbedienza se un fedele cattolico assume opinioni e attua iniziative all’interno di quei precisi margini di libertà che la Chiesa gli riconosce.
Matrimonio e famiglia, la pastorale deve insegnare la dottrina, non raggirarla
Parliamo della famosa “relazione Kasper” dello scorso febbraio sulle situazioni irregolari di molte famiglie. Pensa che la “soluzione”, chiamiamola così, del cardinale tedesco sia quella giusta? Non Le pare – Le porgiamo la domanda in quanto teologo dogmatico – che si stia cercando di “raggirare” l’“ostacolo” dell’immutabilità dogmatica per mezzo della prassi pastorale?
Se da una parte il cardinal Kasper (che come teologo è assai ambiguo e incoerente) vaneggia di una presunta “pastorale” che di fatto mette da parte il dogma sacramentario e il diritto canonico, altri cardinali teologicamente molto più credibili (tra gli altri, Carlo Caffarra, Mauro Piacenza e Walter Brandmüller) hanno chiarito a più riprese che nella Chiesa la pastorale è un’applicazione fedele e intelligente del dogma all’opera di santificazione dei fedeli. Non è una mera prassi di “accoglienza” e di benevolenza umana con le persone che sono in stato di peccato mortale e non ne vogliono uscire, cambiando vita e ricorrendo al sacramento della riconciliazione. La pastorale è incoraggiamento alla conversione, non connivenza con il peccato altrui (forse per rendere la propria coscienza meno avvertita circa i peccati propri).
Infine, nel ringraziarla ancora calorosamente, le domandiamo – se ai prossimi sinodi sulla famiglia vincerà la “soluzione Kasper” – come dovrà comportarsi il piccolo gregge che vuole restare fedele al comandamento del suo vero e unico Buon Pastore?
Escludo nel modo più categorico la possibilità che il Papa avalli un sinodo dei vescovi nel quale venga abolita la dottrina sacramentaria e canonica sul matrimonio e l’Eucaristia. Se ciò avvenisse, sarebbe davvero l’inizio di uno scisma nella Chiesa. Eventualità che nessun fedele cattolico può auspicare e tanto meno contribuire a che si verifichi. L’attivo contributo a far sì che ci siano eresia e scisma costituisce uno tra i peggiori peccati contro lo Spirito Santo. Se uno legge il libro dell’Apocalisse si accorge che Dio prevede questi mali per la sua Chiesa: non solo le persecuzioni da “fuori”, ma anche gli attentati da “dentro”, come sono appunto l’eresia e lo scisma. Ma la Scrittura ci assicura anche che «le porte degli inferi non prevarranno». La Chiesa è di Cristo, ripeteva Benedetto XVI negli ultimi giorni del suo pontificato. Ciò significa che noi, semplici fedeli, nel tempo del nostro pellegrinaggio terreno non dobbiamo fare altro che essere personalmente fedeli, cioè vivere uniti a Cristo con la grazia santificante, e poi adoperarci con tutti i mezzi dell’apostolato affinché anche gli altri (quelli che possiamo orientare con il nostro esempio e la nostra parola) lo siano. Poi, lasciamo tutto nella mani della Provvidenza, e non pretendiamo di sostituirci ad essa.
Siamo OT RIC, ancorchè.
RispondiEliminaSe l`anticipazione di Magister dovesse rivelarsi esatta, ed io spero che non lo sia, sarebbe un altro messaggio di papa Bergoglio, che più chiaro non potrebbe essere, rivolto in particolare a chi non è sulla sua stessa linea di pensiero e ha l`ardire di rettificare certe sue fuoriuscite.
Avevo notato che ormai sono finiti i venticelli romani che facevano fuoriuscire dai corridori vaticani notizie e anticipazioni, ormai tace chi, con Benedetto XVI, si era illustrato con i suoi scoop, le sue fughe di notizie provenienti da "fonti autorevoli" nonchè anonime, ormai, da quel "fronte" niente più scoop e anticipazioni che potrebbero contrariare papa Bergoglio, ma solo articoli che indicano, anche fra le righe, una certa direzione e volontà papale.
Diversi sono i motivi per cucire la bocca e silenziare la coscienza, e non sto evidentemente parlando di chi attende con malcelata ansia la relizzazione della rivoluzione bergogliana, ma di coloro che ci avevano abituato ad altro con Benedetto XVI.
La ragione per cui, pur nella grande stima del filosofo e dello studioso, del quale ho avuto anche personalmente l'opportunità di apprezzare gli insegnamenti, ora capite perché in alcune occasioni l'ho definito "reticente". Sul concilio e del concilio parla come se non esistessero i famosi "punti controversi" individuati e sviluppati da molti studiosi (penso a mons. Gherardini in primis) e anche da me delineati nel mio saggio sulla continuità e le istanze dogmatiche dopo il concilio, che pubblica anche gli atti della presentazione dei testi di Romano Amerio della quale egli era uno dei relatori.
RispondiEliminaPurtroppo questa forma di reticenza impedisce nella Chiesa una valida discussione dei problemi alla radice dell'attuale crisi, che oggi diventa sempre più ineludibile per i motivi ben noti a chi ha seguìto il nostro percorso e le nostre riflessioni.
A chi dovesse leggerci ora, consiglio, se ha interesse ad approfondire, di consultare le pagine fisse del blog della colonna di destra e alcuni documenti pure nella stessa di seguito evidenziati. Inoltre parole chiave inserite nel motore di ricerca ( es. antropocentrismo, collegialità, gregoriano, actuosa participatio, lo stesso piccolo saggio su La questione liturgica, due papi, papa emerito, papato, ecc.) consentono anche di trovare molti documenti sedimentati negli anni, utili per l'analisi a largo raggio della temperie attuale.
Nonché, praticamente, il diario in diretta delle vicende susseguitesi a partire dalle dimissioni di Benedetto XVI.
Dice mons. Livi:
RispondiEliminaEssa [la metafisica] fu ed è tuttora talmente ricca di vera sapienza naturale che il cristianesimo, quando si diffuse nel modo ellenistico, ne fece lo strumento privilegiato dell’interpretazione razionale della verità rivelata. Così nacque la teologia cristiana, che senza metafisica non può esistere, perché i dogmi della Chiesa cattolica - che la teologia è chiamata a interpretare razionalmente - sono tutti formulati in termini metafisici.
Quando parla del concilio, però, e di una non meglio precisata «evoluzione omogenea del dogma», sorvola sul fatto che i principali fraintendimenti nascono proprio dalla difficoltà ermeneutica nella quale si nasconde la carenza della metafisica: problema di forma e di sostanza. Di fatto la modernità fa perdere chiarezza accusando il dogmatismo normativo (vedi affermazioni sempre più esplicite in questo senso di Bergoglio); ma accantonare la metafisica è significato accantonare la fede non solo spontaneista e sentimentaloide e la dottrina che la veicola senza deviazioni, che è messa in un angolo.
Si tratta senz'altro di un filone abbandonato dove i cristiani sono fermamente sconsigliati dall'attingere, al contrario che in passato. E i più arcigni guardiani sono proprio di area clericale. Quando sia avvenuta la frattura è tema per gli storici. Probabilmente il concilio ha messo la pietra tombale anche sull'approccio metafisico o forse questo è entrato in crisi in precedenza.
RispondiEliminaIn effetti sono proprio le mie domande 'scomode' che non vengono fatte in certi contesti ma che soprattutto non vengono raccolte da certi studiosi.
RispondiEliminaIn alcuni casi e entro certi limiti è anche comprensibile perché - diciamocelo chiaro - con l'aria che tira si sarebbe non solo emarginati ma anche silurati, con grave danno per la propria pastorale e per la stessa sussistenza.
Ma è un grosso circolo vizioso, perché noi laici che ancora riusciamo a conservare la liberà di parlar chiaro, anche perché per confutarci dovrebbero argomentare smentendo secoli di tradizione, per offrire un'azione più incisiva dovremmo costituire un Coetus, non imbalsamato. O comunque non dovremmo agire individualmente, ma aggregandoci e creando le famose sinergie che cerco di promuovere da anni. Con la guida irrinunciabile almeno di un sacerdote, ad esempio dell'autorevolezza di mons. Livi, e di un vescovo o di un cardinale, che potrebbe essere ed esempio il card. Burke, del quale, purtroppo si prepara una nuova estromissione dopo quella cocente già subìta...
Al momento, in mancanza di questo, ognuno cerca di promuovere quel che può nel suo contesto.
"""Dunque, se ai prossimi sinodi sulla famiglia, vincerà la soluzione Kasper e Papa Bergoglio avalli quel sinodo dei vescovi nel quale venga abolita la Dottrina sacramentaria e canonica su Matrimoni ed Eucarestia"""
RispondiEliminaSe ciò avvenisse, sarebbe davvero l'inizio di uno scisma nella Chiesa.
Ma la Scrittura ci assicura anche ""le porte degli inferi non prevarranno""
notiamo ciò che è avvenuto per la S.Messa V.O. (di certo non era mai stata abolita da P.VI, ma era stata messa da parte, oscurata, ed era stato obbligato il N.O. - il popolo dei fedeli aveva l'impressione che la V.O. fosse stata abolita ed era proibita - Poi è arrivato B.XVI e con il M.P. Summorum ha ristabilito la verità, liberalizzandola, togliendo lacci e lacciuoli - Dunque il Signore non ci abbandona mai; qualunque cosa farà il Sinodo dei vescovi ed il Papa, la verità verrà a galla; infatti Dio alcuni Papi ce li inflige, altri ce li dona,
Alcuni fanno dei danni dottrinali, altri li riparano.
Chiedo scusa se esula un po' dal tema trattato, ma mi sembra importante segnalare un prezioso articolo pubblicato stamane su La Nuova Bussola Quotidiana. Ecco il link:
RispondiEliminahttp://www.lanuovabq.it/it/articoli-appunti-per-il-sinodo-il-metodo-della-via-stretta-10339.htm
Grazie
Esilio a Malta per il Card. Burke?
RispondiEliminaChicca odierna: "Non sono cattolici e apostolici invece quanti si considerano gli unici destinatari della benedizione"
RispondiEliminaLa pastorale deve incoraggiare alla conversione e non un metodo per raggirarla.
RispondiEliminaScusatemi ma questa è una perla. In modo sintetico e chiaro ci dice cosa è la pastorale indicandoci al contempo quale ne è il maggior abuso attuale. Complimenti.
Per il resto condivido quanto dice Mic sull'ateggiamento di Livi nei confronti del concilio.
Uscendo dal tema dell'articolo, trovo invece salutare l'uscita del libro dei cinque cardinali contro Kasper. Spero si facciano forti e si organizzino perché mi pare che nel frastuono generale gli ultra progressisti sono meglio organizzati. Lo stesso dovette fare, a suo tempo (durante il concilio), un altro vescovo con il Coetus Internationalis Patrum.
Ormai è evidente che lo scisma è in atto, ora l'unica soluzione in caso di ascesso è il bisturi...
Quanto prima arriva, tanto prima si può ricominciare il risanamento.
Burke degradato ed esiliato anche perché ha messo i bastoni tra le ruote all'ingiusto commissariamento delle Francescane dell'Immacolata:
RispondiEliminawww.corrispondenzaromana.it/francescani-dellimmacolata-una-strategia-difensiva-che-non-e-riuscita/
Mi è stato segnalato e ho verificato. Questo è il Sinodo dei media: il Televideo RAI - pag. 162, riporta l'uscita del libro dei 5 cardinali "Permanere nella verità di Cristo. Matrimonio e comunione nella Chiesa cattolica", col seguente titolo:
RispondiEliminaDivorziati. 5 cardinali contro apertura papa.
In effetti il papa ha nominato e lodato Kasper, che si dice nel testo ha parlato a suo nome invocando per i divorziati la "misericordia", che evidentemente non si sa più cos'è e viene confusa col permissivismo.
Questo è quello che 'passa' e che il grande pubblico, in parte indifferente o contro la Chiesa, in parte disinformato, recepisce nei termini che una Santa Sede - che mi verrebbe spontaneo definire 'in vacanza', nel senso di disimpegno che rischia di essere collusione con l'errore, se non temessi di essere equivocata - si guarda bene dal chiarire.
Si dice "carta canta, villan dorme". Del resto parlano i fatti: Piacenza, Burke silurati, Ricca & C. con tutti gli onori.
RispondiEliminaL'importante e' che il messaggio secondo il quale non tutti i vertici della chiesa si omologano al nuovo corso passi anche attraverso i mezzi di comunicazione di massa. Certo ci sono poi le semplificazioni in buona o in cattiva fede,,,
RispondiEliminaMic. Cara signora, "repetita juvant" sed saepe..."scocciant". Per cui se opportuno mi banni pure.
RispondiEliminaTorno al punto principale di mons. Livi. Come pretendere di restaurare le metafisica classica, quella costituitasi con Platone e Aristotele, da cui Agostino e Tommaso, se non si tiene conto che il quadro generale del mondo, come presentato dalla scienza, e' cambiato radicalmente nei secoli della Modernita'? Fino al Medioevo la metafisica era strettamente legata a una cosmologia e a una
scienza della natura prevalentemente "armonistica": l'universo come una immensa scaffalatura in forma di cattedrale in cui generi e specie erano ciascuno ordinatamente al suo posto. Ora non piu'; dominano il conflittualismo ( darwinista! ) visto addirittura come motore drl progresso, il variabilsmo, il "nominalismo" ( vedasi "Il nome della rosa". Tra l'altro una domanda: come e' potuto succedere che la Chiesa di Pio XII abbia perso uno studioso medievista cosi' preparato, brillante e versatile come Umberto Eco, gia' importante dirigente dell'Azione Cattolica giovanile? ). Per cui occorre non semplicemente accettare come tutto sommato marginali e di poco conto le tematiche dello storicismo, dell'evoluzionismo, del variabilismo, ma affrontarle di pieno petto. Saltando molti passaggi, dico che probabilmente il concetto-pilastro della Legge Morale Naturale richiede una distinzione. Ci sono leggi volte a conservare perennemente un ordine e precostituito ( come, ad es. Il Codice della strada o l'orario ferroviario ). Altre invece sono volte a un "miglioramento strutturale", come quelle che innalzano i parametri della "messa a norma" degli impianti. Credo che occorra rivisitare e proporre una Natura Umana non solo biologica ma biologica-spirituale, corporea ma aperta intrinsecamente ai Valori. Non vedo come nel mondo biologico dominato dalla "libido", dalla lotta di tutti contro tutti, dall'esplosivita' delle pulsioni disseminatrici possano essere considerate cose ovvie la castita' prematrimoniale e il matrimonio monogamico indissolubile. A meno che non si consideri la Natura che osserviamo oggi come intaccata nel profondo dalla "maledizione della terra" conseguente alla Caduta Originaria, benche' non priva di tracce dell'azione divina, talora sfolgoranti per chi sa vedere. Per cui la Legge Naturale sarebbe da vedere non come conservazione ostinata, patetica e perdente dello "status quo", ma come MOVIMENTO di recupero dello stato edenico e anticipazione della Gerusalemme Celeste, in cui l'universo sara' trasfigurato: "cieli nuovi e terra nuova". Evidentemente il discorso
dell'etica dovrebbe essere calibrato ne' su una Legge estrinseca, rigida e inesorabile ( "no, mai, in nessun caso e per nessun motivo" ) e nemmeno su una "misericordia" lassista, ma sull'idea della "sublimazione" della "libido", pur con tutte le sue difficolta', come cammino verso il FUTURO di una Natura riportata alle intenzioni del Creatore, guastate dall'hackeraggio demoniaco. Molti detestano il Tradizionalismo perche' lo vedono come un affannoso aggrapparsi a modi, concezioni e costumi superati, e non come anticipazione del MONDO RINNOVATO E GLORIFICATO nell'incontro fra lo sforzo umano e la Grazia proveniente dall'alto. Cosi' dovrebbero essere presentati i dogmi mariani, in particolare quello dell'Assunzione e quelli cristologici, senza i quali i primi sarebbero insostenibili, puro mantenimento del folklore religioso dell'antichita'.
Su questo diverso modo di intendere l'evoluzione il ( per me prezioso ) volumetto di Jean Guitton "Filosofia della resurrezione".
@Franco
RispondiElimina"Tra l'altro una domanda: come e' potuto succedere che la Chiesa di Pio XII abbia perso uno studioso medievista cosi' preparato, brillante e versatile come Umberto Eco, gia' importante dirigente dell'Azione Cattolica giovanile?"
Gli è che Umberto Eco non ha mai fatto misteri (almeno negli ultimi decenni) di non essere credente. Per cui...
Aggiungo, Franco, che la Chiesa di Pio XII aveva dato direttive ma è stata azzerata dal pontificato successivo.
RispondiEliminaL’elevazione al Soglio di Roncalli ridà spazio alla Nouvelle Théologie: il nuovo papa era favorevole alle correnti moderniste.
Andreotti racconta che da seminarista Roncalli fu amico del modernista eretico Bonaiuti, incappato nella scomunica, e di Alfonso Manaresi, che abbandonò la veste talare per sottrarsi ai provvedimenti canonici.
Per Giovanni XXIII Bonaiuti e Manaresi, andarono “oltre il seminato” e basta, ma molte delle anticipazioni di allora erano poi divenute realtà.
Gli stessi atteggiamenti pressapochisti di alcuni tratti del Concilio non sono certo favorevoli a una metafisica, vecchia o nuova che sia.
Idem, Roncalli era amico del vescovo di Bergamo Radini-Tedeschi che non fu fatto cardinale a causa della sua difesa dei modernisti;
seguivano i testi dello scomunicato Duchesne. Da Nunzio apostolico manifestò la sua ammirazione per Marc Sangnier, fondatore del Sillon, movimento che avvicinava la Chiesa alla democrazia laica e le cui tesi erano state condannate da San Pio X con la lettera Notre Charge Apostolique (1910).
dopo l'elezione a Giovanni XXIII i gesuiti reintegrarono de Lubac nell'insegnamento già nel 1958, (appena condannato!)
A ruota i domenicani richiamarono alla docenza Charlier! conferendogli nel 1959 il titolo di “maestro”.
I condannati per eresia nell'Humani generis, cambiata l’aria in Vaticano, tornano a ridire le stesse eresie per gli anni a venire e pretendono di vincolare pure il popolo cattolico a crederle. Oltre a influire non poco nel Concilio adveniente.
>Quale metafisica poi? L’apertura al mondo, orizzontale dunque, fu ribadita nell’allocuzione inaugurale del Concilio, Gaudet Mater Ecclesia (11 ottobre 1962). Il discorso si apre con una reprimenda nei confronti dei “profeti di sventura”:
siamo al capovolgimento del modo di sentire evangelico, siamo al "vietato vietare": non solo il mondo adesso sarebbe naturalmente buono, e non da redimere, (sottovalutazione del peccato) ma anzi ora sarebbe pure profeta di sventura chi osasse denunciare la via eventualmente errata che i potenti tracciano e che le moltitudini per conformismo e pavidità sono portate a seguire.
Chi ricorda che c’è un Giudizio Finale sarebbe ora un…profeta di sventura.
Dall’apertura indiscriminata al mondo si instaura una nuova prassi (praxis mica metafisica) che mette al centro, in luogo della missione ad gentes, il dialogo con chiunque ad ogni costo, in primis coi negatori di Cristo.
Da allora la Chiesa sembra non riconoscere più che, sul proprio cammino, si possono frapporre dei “nemici”, coloro che rifiutano con tutte le forze il Regno e il suo Signore.
Non essendoci più nemici ma, al massimo, dolci e innocue pecorelle smarrite, anzi degli erranti che vengono assurdamente creduti pure come portatori di molte verità, viene di fatto resa superflua la funzione della Chiesa come baluardo della Verità in nome di un non mai esplicitato (ed ereticale) primato della Carità (senza Verità) sul Logos.
Incredibilmente il Concilio vide i CONDANNATI …Rahner elevato a peritus (consulente teologo!), de Lubac fu nominato membro della Commissione preparatoria. Rahner raggiunse poi de Lubac (e Bernard Häring) nella Commissione teologica, mentre a de Lubac fu Paolo VI a conferire lo stato di peritus. Anche Daniélou, Küng, Chenu e Congar vennero convocati come esperti. Schillebeeckx partecipò invece solo come consulente dei vescovi olandesi e Chenu come teologo di un vescovo del Madagascar.
Tutti costoro formavano un manipolo schierato costantemente contro il Sant’Uffizio e il card. Alfredo Ottaviani, prefetto della congregazione, oltre che erano un numero di teologi tutti condannati apertamente dalle ultime encicliche dei papi precedenti.
Il card. Giuseppe Siri denunciò le attività di un gruppo molto potente che, organizzatosi tramite riunioni previe, influenzò, sin dall’avvio, la composizione delle commissioni conciliari.
E tu ti domandi dov'è la metafisica....