Di seguito pubblico l'articolo di don Nicola Bux, come risposta pertinente - e puntuale antidoto - all'ultimo assist di Andrea Tornielli al nuovo corso che si tenta di imprimere alla 'pastorale' familiare, nello specifico aspetto della comunione ai divorziati risposati. Ormai è evidente che - pur nella sua marginalità rispetto ad altre tematiche fondamentali riguardanti non solo questo versante della realtà sociale e spirituale - questo argomento non è altro che il veicolo di concetti dottrinali più complessi come quello di natura umana e di legge naturale.
Clamorosamente e subdolamente ingannevole, su Vatican Insider oggi [qui] : «Il Concilio di Trento non condannò la prassi orientale sul matrimonio». Riporto un passo specifico tratto da «La Civiltà Cattolica», in un recente articolo ivi richiamato che - dice - ricorda una pagina di storia dimenticata. I padri tridentini, pur proclamando l'indissolubilità, decisero di non scomunicare la possibilità delle seconde nozze negli antichi «riti greci» in vigore nelle isole controllate dalla Serenissima.
[...] Secondo l'articolo de «La Civiltà Cattolica», nella Chiesa dei primi secoli per «indissolubilità» s'intendeva l’esigenza evangelica di non infrangere il matrimonio e di osservare il precetto del Signore «di non dividere ciò che Dio ha unito», da contrapporre alla legge civile, che considerava legittimo il ripudio e il divorzio. «Tuttavia - osserva padre Pani - anche al cristiano poteva accadere di fallire nel proprio matrimonio e di passare a una nuova unione; questo peccato, come ogni peccato, non era escluso dalla misericordia di Dio, e la Chiesa aveva e rivendicava il potere di assolverlo. Si trattava proprio dell’applicazione della misericordia e della condiscendenza pastorale, che tiene conto della fragilità e peccaminosità dell’uomo. Tale misericordia è rimasta nella tradizione orientale sotto il nome di oikonomia: pur riconoscendo l’indissolubilità del matrimonio proclamata dal Signore, in quanto icona dell’unione di Cristo con la Chiesa, sua sposa, la prassi pastorale viene incontro ai problemi degli sposi che vivono situazioni matrimoniali irrecuperabili. Dopo un discernimento da parte del vescovo e dopo una penitenza, si possono riconciliare i fedeli, dichiarare valide le nuove nozze e riammetterli alla comunione». [...]
Su questo concetto di oikoinomia della tradizione orientale, richiamo il testo di un monaco ortodosso convertito al cattolicesimo, provvidenzialmente appena pubblicato [qui].
Inoltre riporto di seguito il testo di don Nicola Bux, tratto dalla postfazione che egli ha scritto per l'ultima opera di Antonio Livi, teologo e filosofo della Pontificia Università Lateranense, dedicata agli scritti e discorsi del cardinale Giuseppe Siri (1906-1989): A. Livi, "Dogma e liturgia. Istruzioni dottrinali e norme pastorali sul culto eucaristico e sulla riforma liturgica promossa dal Vaticano II", Casa Editrice Leonardo da Vinci, Roma, 2014. [Ne abbiamo parlato qui]
Recentemente, il cardinale Walter Kasper si è riferito alla prassi ortodossa delle seconde nozze per sostenere che anche i cattolici che fossero divorziati e risposati dovrebbero essere ammessi alla comunione.
Inoltre riporto di seguito il testo di don Nicola Bux, tratto dalla postfazione che egli ha scritto per l'ultima opera di Antonio Livi, teologo e filosofo della Pontificia Università Lateranense, dedicata agli scritti e discorsi del cardinale Giuseppe Siri (1906-1989): A. Livi, "Dogma e liturgia. Istruzioni dottrinali e norme pastorali sul culto eucaristico e sulla riforma liturgica promossa dal Vaticano II", Casa Editrice Leonardo da Vinci, Roma, 2014. [Ne abbiamo parlato qui]
«Chiesa ortodossa e seconde nozze»
Recentemente, il cardinale Walter Kasper si è riferito alla prassi ortodossa delle seconde nozze per sostenere che anche i cattolici che fossero divorziati e risposati dovrebbero essere ammessi alla comunione.
Forse, però, non ha badato al fatto che gli ortodossi non fanno la comunione nel rito delle seconde nozze, in quanto nel rito bizantino del matrimonio non è prevista la comunione, ma solo lo scambio della coppa comune di vino, che non è quello consacrato.
Inoltre, tra i cattolici si suol dire che gli ortodossi permettono le seconde nozze, quindi tollerano il divorzio dal primo coniuge.
In verità non è proprio così, perché non si tratta dell'istituzione giuridica moderna. La Chiesa ortodossa è disposta a tollerare le seconde nozze di persone il cui vincolo matrimoniale sia stato sciolto da essa, non dallo Stato, in base al potere dato da Gesù alla Chiesa di “sciogliere e legare”, e concedendo una seconda opportunità in alcuni casi particolari (tipicamente, i casi di adulterio continuato, ma per estensione anche certi casi nei quali il vincolo matrimoniale sia divenuto una finzione). È prevista, per quanto scoraggiata, anche la possibilità di un terzo matrimonio. Inoltre, la possibilità di accedere alle seconde nozze, nei casi di scioglimento del matrimonio, viene concessa solo al coniuge innocente.
Le seconde e terze nozze, a differenza del primo matrimonio, sono celebrate tra gli ortodossi con un rito speciale, definito “di tipo penitenziale”. Poiché nel rito delle seconde nozze mancava in antico il momento dell'incoronazione degli sposi – che la teologia ortodossa ritiene il momento essenziale del matrimonio – le seconde nozze non sono un vero sacramento, ma, per usare la terminologia latina, un "sacramentale", che consente ai nuovi sposi di considerare la propria unione come pienamente accettata dalla comunità ecclesiale. Il rito delle seconde nozze si applica anche nel caso di sposi rimasti vedovi.
La non sacramentalità delle seconde nozze trova conferma nella scomparsa della comunione eucaristica dai riti matrimoniali bizantini, sostituita dalla coppa intesa come simbolo della vita comune. Ciò appare come un tentativo di "desacramentalizzare" il matrimonio, forse per l'imbarazzo crescente che le seconde e terze nozze inducevano, a motivo della deroga al principio dell'indissolubilità del vincolo, che è direttamente proporzionale al sacramento dell'unità: l'eucaristia.
A tal proposito, il teologo ortodosso Alexander Schmemann ha scritto che proprio la coppa, elevata a simbolo della vita comune, “mostra la desacramentalizzazione del matrimonio ridotto ad una felicità naturale. In passato, questa era raggiunta con la comunione, la condivisione dell'eucaristia, sigillo ultimo del compimento del matrimonio in Cristo. Cristo deve essere la vera essenza della vita insieme”. Come rimarrebbe in piedi questa "essenza"?
Dunque, si tratta di un “qui pro quo” imputabile in ambito cattolico alla scarsa o nulla considerazione per la dottrina, per cui si è affermata l'opinione, meglio l'eresia, che la messa senza la comunione non sia valida. Tutta la preoccupazione della comunione per i divorziati risposati, che poco ha a che fare con la visione e la prassi orientale, è una conseguenza di ciò.
Una decina d'anni fa, collaborando alla preparazione del sinodo sull'eucaristia, a cui partecipai poi come esperto nel 2005, tale "opinione" fu avanzata dal cardinale Cláudio Hummes, membro del consiglio della segreteria del sinodo. Invitato dal cardinale Jan Peter Schotte, allora segretario generale, dovetti ricordare a Hummes che i catecumeni e i penitenti – tra i quali c'erano i dìgami –, nei diversi gradi penitenziali, partecipavano alla celebrazione della messa o a parti di essa, senza accostarsi alla comunione.
L'erronea "opinione" è oggi diffusa tra chierici e fedeli, per cui, come osservò Joseph Ratzinger: “Si deve nuovamente prendere molto più chiara coscienza del fatto che la celebrazione eucaristica non è priva di valore per chi non si comunica. [...] Siccome l'eucaristia non è un convito rituale, ma la preghiera comunitaria della Chiesa, in cui il Signore prega con noi e a noi si partecipa, essa rimane preziosa e grande, un vero dono, anche se non possiamo comunicarci. Se riacquistassimo una conoscenza migliore di questo fatto e rivedessimo così l'eucaristia stessa in modo più corretto,vari problemi pastorali, come per esempio quello della posizione dei divorziati risposati, perderebbero automaticamente molto del loro peso opprimente.”
Quanto descritto è un effetto della divaricazione ed anche dell'opposizione tra dogma e liturgia. L'apostolo Paolo ha chiesto l'auto-esame di coloro che intendono comunicarsi, onde non mangiare e bere la propria condanna (1 Corinti 11, 29). Ciò significa: “Chi vuole il cristianesimo soltanto come lieto annuncio, in cui non deve esserci la minaccia del giudizio, lo falsifica”.
Ci si chiede come si sia giunti a questo punto. Da diversi autori, nella seconda metà del secolo scorso, si è sostenuta la teoria – ricorda Ratzinger – che “fa derivare l'eucaristia più o meno esclusivamente dai pasti che Gesù consumava con i peccatori. […] Ma da ciò segue poi un'idea dell'eucaristia che non ha nulla in comune con la consuetudine della Chiesa primitiva”. Sebbene Paolo protegga con l'anatema la comunione dall'abuso (1 Corinti 16, 22), la teoria suddetta propone “come essenza dell'eucaristia che essa venga offerta a tutti senza alcuna distinzione e condizione preliminare, […] anche ai peccatori, anzi, anche ai non credenti”.
No, scrive ancora Ratzinger: sin dalle origini l'eucaristia non è stata compresa come un pasto con i peccatori, ma con i riconciliati: “Esistevano anche per l'eucaristia fin dall'inizio condizioni di accesso ben definite [...] e in questo modo ha costruito la Chiesa”.
L'eucaristia, pertanto, resta “il banchetto dei riconciliati”, cosa che viene ricordata dalla liturgia bizantina, al momento della comunione, con l'invito "Sancta sanctis", le cose sante ai santi.
Ma nonostante ciò la teoria dell'invalidità della messa senza la comunione continua ad influenzare la liturgia odierna.
Purtroppo, ogni volta che vedo il nome di Bux, ricordo la sua difesa dell'eresie di Muller contra il Santissimo Sacramento e la Verginità perpetua fisica della Santissima Vergine...
RispondiEliminanon mi piace leggere dai fonti inquinati e sporcati...
Romano
Romano,
RispondiEliminaMons. Bux, pur avendo detto molte cose chiare e sposato la causa della Tradizione, è stato uno dei tanti che ha cercato di fare il cerchiobottista: all'epoca Muller era il suo superiore ;).
Io tendo a guardare al contenuto, piuttosto che a chi lo esprime.
In questo caso è chiaro, pertinente a autorevole.
RispondiEliminahttp://www.ilfoglio.it/articoli/v/121469/rubriche/sinodo-famiglia-vescovi-contro-oster.htm
"Quanto descritto è un effetto della divaricazione ed anche dell'opposizione tra dogma e liturgia"
RispondiEliminaSe c'è, come c'è divaricazione tra dogma e liturgia e se la liturgia è, come è, dogma pregato in quanto dono di Dio come lo è il primo, allora la "liturgia" divaricante non è vera liturgia. E se non lo è, non appartiene alla Chiesa come dono che le è dato ma è un tumore che si è in qualche modo annidato nel suo corpo e come un tumore cresce e non permette all'organismo attaccato di vivere come dovrebbe ed arriva fino a minacciarne la vita.
La "liturgia" divaricante veicola il falsi "dogma", è ad esso coerente e tutto ciò mette nell'ombra il Vero Dogma, non lo annulla (ciò che è impossibile), ma lo obnubila, e questo è inganno ed impostura come lo sono tutte le conseguenze di questa perversione.
Se si smantella il sacramento del matrimonio, si smantellano anche gli altri, se si cede sul VI e IX Condamento, non si vede come possano rimanere in piedi anche gli altri. La Verita o e' una, o non e'.
RispondiEliminaA quel punto, che ce ne facciamo di tutta la struttura gerarchica, di tutte le istituzioni, di tutto ció che di umano ha Chiesa ?
E loro, i Cardinaloni, i Vesxovoni, che fine fanno ?
Altro che rimpinguare la Kirchenstauer, finiranno sul lastrico.
Rr
La differenza tra Cláudio Hummes e Braz de Elvis è solo il parrucchino.
RispondiEliminaTornielli ... da benedettino a bergogliano. Buon sangue non mente.
RispondiEliminaIl link postato da Japhet riguarda un importantissimo intervento dell'Arcivescovo e segretario della congregazione per le Chiese orientali, Mons. Cyril Vasil S.J. (en passant, vedete che ci sono ancora buoni Gesuiti?), che è intervenuto con un suo scritto nel famoso libro dei cinque cardinali "Rimanere nella verità di Cristo - Il matrimonio e la Comunione nella Chiesa Cattolica".
RispondiEliminaMons. Vasil, che è di rito bizantino, ha parole chiarissime - e giustamente molto dure - sulla prevaricazione degli pseudo-ortodossi nel campo dei divorziati 'risposati'.
A mio avviso sarebbe molto utile evidenziarlo, questo articolo, perché finora mi sembra passato piuttosto inosservato.
Cyril,Vasil. Ecco un altro che rischia. Chissà se verrà mandato in Patagonia.
RispondiEliminaKasper pensa ai divorziati risposati o li usa per trasformare il sacerdozio? Il matrimonio è l'unico sacramento in cui il ministro è ciascuno dei due sposi, quindi ammettere che un ministro possa sposarsi due volte significa arrivare ai preti sposati. Dopo l'attacco sacrilego al Santissimo Sacramento, toccato da mani consacrate e non, durante la cena di Paolo VI, i vaticanosecondisti vorrebbero trasformare l'Ordine Sacro, modificare la Confessione e annullare il Matrimonio, a loro piacimento.
RispondiEliminaDunque "l'Eucaristia resta il banchetto dei riconciliati" e viene così confermato che non è più il sacrificio espiativo di Cristo che introduce al banchetto... È solo per la "comunione" tra i fedeli. Quindi senza banchetto niente comunione... Ma la comunione, innanzitutto con Dio, non è infranta dal peccato? Chi ha il potere di sciogliere un peccato che si intende reiterare o di non considerarlo più tale?
RispondiEliminaCerto, Palamara, e Mic: la questione dei divorziati risposatisi civilmente, e che riguarda una minoranza della minoranza tra i veri cattolici, è semplicemente un modo obliquo ed ambiguo per finire di protestantizzare la Chiesa: niente più sacrificio sull'altare, niente più sacerdote Alter Christus, ma preti che si sposano, divorzi, comunione fittizia, confessione ridotta ad una chiacchierata tra amici o ad un consulto psicologico...
RispondiEliminaCome scrivo sempre. ma se a loro piace tanto il Protestantesimo, per altro molto in crisi (è di ieri la notizia che è stata annullata una riunione delle chiese anglicane che si sarebbe dovuta tenere a Lambeth l'anno prossimo per evitare "scismi" con gli Anglicani africani ed asiatici, molto più tradizionalisti degli episcopaliani americani), perché LORO non lasciano la Chiesa, e la lasciano a noi ?
E' semplicemente incredibile questa dittatura della minoranza: "non mi va la Chiesa, perché non approva i miei comportamenti sbagliati, o le mie idee eretiche, ed allora io la cambio".
Robb de' matt !
RR
Rosa, hai letto del tuo ex- arcivescovo che non vede l'ora di accogliere a braccia aperte i div-rispo-conviviali-enti desiderosi di.......ma quanti saranno mai mi chiedo io, il 70/80% dei cattolici o uno specchietto per allodole o allocchi volendo, per sviare dal quid del sinodo-scisma? Burke pare andrà a fare il cappellano del Sovrano Ordine Militare di Malta, insomma dove non può assolutamente nuocere, misericordia, misericordia e perdono.Lupus et Agnus.
RispondiEliminaLupus,
RispondiEliminahai presente la " stazza" del mio ex arcivescovo ? Ecco, e' direttamente proporzionale alla stima che ne ho.
Sai, dopo le Cresime, i neocresimati partecipano ad un incontro a S.Siro con l' Arcivescovo di Milano. I genitori sono invitati a partecipare. Quando tocco' a mia figlia, non andai: era l' ultimo anno del Tetta.
Mia figlia torno' a casa triste e delusa: aveva pensato, in base a cio che le era stato detto, ad una specie di happening- spettacolo. Rimase isolata dalle compagne
di oratorio, dimenticata dalla giovane catechista, diciottenne, si annoio' tutto il tempo(" sembravamo tanti cretinetti a canticchiare canzoncine stupide") e non riuscì a vedere e sentire l' Arcivescovo, sempre sommerso da saltellanti accompagnatori.
Rr