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venerdì 7 novembre 2014

Critica del Documento Finale Synod14

Critica del Documento Finale Synod14
di Fr. Alexis Bugnolo
[Tradotto dall'originale inglese [qui] a cura di Chiesa e post-concilio]

Ora che il documento finale del Synod14 è stato pubblicato in una traduzione ufficiale in inglese [qui] - versione italiana [qui] — la cui realizzazione ha richiesto curiosamente molto più tempo di quanto non ne avesse comportato la Relatio pubblicata circa a metà del Sinodo, tradotta in cinque lingue in un solo fine settimana — soddisferò la richiesta di molti cattolici commentando il documento. Darò a questo commentario il titolo di critica, dato che il testo e la sua struttura presentano chiarissime e profonde distorsioni e un punto di vista non cattolico della famiglia umana e cristiana.
Per non omettere nulla, procederò paragrafo per paragrafo. Il testo ufficiale è scritto in carattere verde, grassetto, corsivo; i miei commenti sono scritti in nero.
Introduzione
1. Il Sinodo dei Vescovi riunito intorno al Papa rivolge il suo pensiero a tutte le famiglie del mondo...
L'introduzione al documento finale mostra – in maniera lampante – la mancanza di due elementi assolutamente fondamentali.
In primo luogo, delle dichiarazioni che condannino da parte del Sinodo, o mediante cui esso prenda ufficialmente le distanze, dalla Relatio di mezzo termine preparata dal comitato di redazione del Cardinal Erdo con la nefasta assistenza di Monsignor Bruno Forte. — La mancanza di una pubblica refutazione o smentita è ipso facto un tacito consenso pubblico o quanto meno una grave mancanza di onestà cristiana e di carità pastorale nei confronti di miliardi di cattolici e non cattolici a cui è stato fatto credere che tale documento rappresentasse l'insegnamento della Chiesa, tanto nel caso in cui essi fossero scandalizzati nel vero senso della parola come nel caso opposto, qualora una visione della famiglia perversa e non cristiana non permettesse loro di sentirsi scandalizzati.
In secondo luogo, manca nell'Introduzione un'affermazione dei Padri Sinodali che indichi la loro adesione all'unica vera Fede Cattolica e la denuncia di tutti gli errori che si oppongono ad essa. Si tratta di un elemento necessario, poiché tanto la Relatio di mezzo termine come l'assenza della sua refutazione nell'Introduzione di questa Relatio finale hanno indotto a sospettare che alcuni dei Padri Sinodali e forse persino il Papa non professino assolutamente la Fede Cattolica, oppure stiano cercando di adulterarla con dottrine incompatibili con quelle rivelate da Dio. L'omissione di una riaffermazione aperta, succinta e preliminare della Fede cattolica induce altresì a dubitare che le dottrine presentate nella Relatio finale siano state proposte dal Sinodo in modo cattolico, ossia come dottrine della Chiesa per il bene della Chiesa. Questa assenza, a mio avviso, fornisce ad ogni cattolico il diritto di considerare questa Relatio finale come un documento non ecclesiale che non rappresenta in modo vero ed autentico il Magistero della Chiesa.
_______
I Parte
L’ascolto: il contesto e le sfide sulla famiglia
Il contesto socio-culturale
5. Fedeli all’insegnamento di Cristo guardiamo alla realtà della famiglia oggi in tutta la sua complessità, nelle sue luci e nelle sue ombre, etc.
La prima deviazione lampante in questa Relatio finale è rappresentata dalla confusione dei suoi autori a proposito dei concetti di Fede e Ragione. La Fede è l'atteggiamento che ha a che vedere con l'adesione alle verità rivelate; la Ragione è la facoltà della mente che giunge a conclusioni a partire da affermazioni o negazioni di proposizioni. Utilizzando il linguaggio di tutti i giorni, possiamo includere all'interno del dominio della Ragione le scoperte e le osservazioni delle varie scienze, tanto filosofiche come empiriche o umane. Le scienze umane che hanno a che vedere con la famiglia sono varie: l'Antropologia, la Sociologia, la Psicologia, etc. Quelle empiriche: Biologia, Medicina, etc.
Risulta ovvio ad ogni fedele che credere a quanto Dio ha rivelato è un dovere imposto dalla fede. Ma in che parte della Scrittura o della Tradizione viene menzionato l'obbligo di  “guardare alla realtà della famiglia oggi, in tutta la sua complessità”? Qualora si stesse conducendo uno studio scientifico della famiglia umana, sarebbe molto utile considerare la famiglia di oggi in un modo così scrupoloso, che tuttavia ha tanto a che fare con la fedeltà all'insegnamento di Cristo quanto l'essere un fisico, un antropologo o uno psicologo con le prescrizioni della fede.
Si nota facilmente, pertanto, che gli autori di questa Relatio finale sono confusi riguardo alla loro funzione di Vescovi e Pastori a cui sono stati impartiti gli ordini sacri per amministrare al fedele l'unica Fede, l'unica dottrina e l'unica morale che salvano.
E se essi sono confusi a proposito della loro funzione non possiamo aspettarci altro che un documento pieno di confusione, poiché allo stesso modo in cui la bocca parla dalla pienezza del cuore, così la penna si muove in conformità con la pienezza o con il vuoto che c'è nella testa di chi scrive.
Da un punto di vista teologico è pertanto contrario alla fede il fatto che un Vescovo sostituisca chiari insegnamenti e chiare affermazioni dottrinali e morali con osservazioni fenomenologiche. Possiamo quindi concludere che quanto è scritto nella Prima Parte, paragrafi 5-8 contraddice l'essenza di ciò che le prime quattro parole dello stesso paragrafo 5 dovrebbero significare.
La rilevanza della vita affettiva


9. A fronte del quadro sociale delineato si riscontra in molte parti del mondo, nei singoli un maggiore bisogno di prendersi cura della propria persona, di conoscersi interiormente, di vivere meglio in sintonia con le proprie emozioni e i propri sentimenti, di cercare relazioni affettive di qualità, etc.
Qui la Relatio finale cade in un altro errore grave: quello di sostituire il concetto di moralità con quello di affettività. La moralità ha a che vedere con la qualità morale di azioni ed abitudini, vale a dire con la loro natura buona o cattiva secondo il loro genere, le circostanze, il loro fine, il tutto a sua volta in conformità con la giusta ragione e i principi della verità rivelata, ossia in conformità con l'ordine naturale e la Legge Divina, che è la volontà dell'Unico e Vero Dio così come Si è rivelato al mondo: Padre, Figlio e Spirito Santo.
L'affettività, invece, è una qualità o uno stato dell'essere che riguarda il possesso e l'utilizzo della parte affettiva dell'uomo, la parte sensibile dell'anima: la gioia e il dolore, la rabbia e l'odio, la paura, la speranza, l'amore: in poche parole, le passioni o le emozioni. (Esistono anche virtù teologali che prendono il nome di speranza e carità e che sono tuttavia qualcosa di differente.)
Quindi, sostituire la riflessione sull'ordine morale con l'ordine affettivo significa omettere del tutto la riflessione sulla moralità. Tale modo di procedere è la conseguenza logica e necessaria della sostituzione della fedeltà pastorale con osservazioni fenomenologiche. Qualcuno potrebbe obiettare che gli autori della Relatio finale stiano semplicemente tentando di essere diplomatici; ma se la diplomazia ha come priorità assoluta la fedeltà al Monarca che essa rappresenta, ignorare i Suoi insegnamenti sulla moralità è un offesa di gran lunga più grave dell'omissione di un'osservazione scientifica, ed è inoltre un fatto che semina confusione e induce a pensare che il proposito del Sinodo non fosse tanto quello di insegnare ma di filosofare o di presentare un'ideologia in luogo di una dottrina della Fede.
La sfida per la pastorale

11. In questo contesto la Chiesa avverte la necessità di dire una parola di verità e di speranza. Occorre muovere dalla convinzione che l’uomo viene da Dio e che, pertanto, una riflessione capace di riproporre le grandi domande sul significato dell’essere uomini, possa trovare un terreno fertile nelle attese più profonde dell’umanità. I grandi valori del matrimonio e della famiglia cristiana corrispondono alla ricerca che attraversa l’esistenza umana anche in un tempo segnato dall’individualismo e dall’edonismo. Occorre accogliere le persone con la loro esistenza concreta, saperne sostenere la ricerca, incoraggiare il desiderio di Dio e la volontà di sentirsi pienamente parte della Chiesa anche in chi ha sperimentato il fallimento o si trova nelle situazioni più disparate. Il messaggio cristiano ha sempre in sé la realtà e la dinamica della misericordia e della verità, che in Cristo convergono.
La Prima Parte della Relatio finale si conclude con questo (n. 11) eccellente esempio di pastone per maiali politicizzata. Pastone per maiali, perché il paragrafo contiene un miscuglio di frammenti di realtà eterogenee e serve a soddisfare quanti non hanno un vero motivo intelligente di cercare o capire la verità. Può sembrare un linguaggio ambiguo, ma in realtà è molto fedele ai suoi principi, come possiamo constatare se solo identifichiamo alcune frasi chiave.
Occorre muovere dalla convinzione che l’uomo viene da Dio
Un momento: non è forse vero che la Chiesa dovrebbe agire solamente sulle basi della sua Fede, Speranza e Carità per l'Unico Vero Dio? A cosa serve definire la sua Fede una “convinzione”, o rimpiazzare la professione di fede in Dio creatore dell'umanità con la frase “l'uomo viene da Dio”? Persino un platonista o un indù sarebbero d'accordo con quest'ultima affermazione e chiunque creda nell'uguaglianza di tutte le religioni tra di loro utilizzerebbe il termine “convinzione”.
e che, pertanto, una riflessione capace di riproporre le grandi domande sul significato dell’essere uomini, possa trovare un terreno fertile nelle attese più profonde dell’umanità.
Non so voi ma – per quanto mi riguarda – tutto mi aspettavo meno che questo Sinodo proponesse una “riproposizione delle grandi domande sul significato dell'essere uomini”. Tale formulazione è quanto di più lontano si possa immaginare dal proposito specifico di una definizione della Famiglia. Utilizzando il verbo “riproporre” e associandolo alle parole “le attese più profonde” (in luogo di “essenza” o “bisogni”) si lasciano palesemente le porte aperte all'idea che la Relatio finale e financo l'intero Sinodo intendessero piuttosto ridefinire certe questioni relative alla stessa natura umana o proporre insegnamenti del tutto nuovi che avrebbero rotto col passato, dato che la parola “attese” riguarda un criterio soggettivo, e “riproporre” significa chiaramente abbandonare – almeno potenzialmente – tutto quanto è stato insegnato o pensato anteriormente.
Dato che nel testo che segue questo paragrafo abbondano le ovvietà, per quanto riguarda la parte sopra citata basti dire che persino un idiota sa che la famiglia e il matrimonio non sono valori, ma istituzioni divine e umane.
Occorre accogliere le persone con la loro esistenza concreta.
Questo è probabilmente il credo e il grido di battaglia dei progressisti e liberali che sono al potere oggi in tutto il mondo. Da bravi materialisti, vogliono rimpiazzare la morale con la prassi e rifiutano di definire buona o cattiva qualsiasi azione umana. Secondo la loro prospettiva, esiste solamente l'ingiustizia sociale, che essi definiscono come mancanza di denaro o di accesso al potere (ossia, in base al loro vocabolario, di “libertà” o “diritto di voto” o “uguaglianza”). Se questa frase fosse provvista di alcun senso oggettivo, non sarebbe necessario nemmeno pronunciarla, dato che si tratta di una tautologia per quanto riguarda il senso comune dei termini che contiene, specialmente se intende asserire: “L'essere umano, come oggetto di studio, deve essere preso in considerazione così com'è, non come dovrebbe essere”. Ma in tal modo si starebbe affermando un principio di scienza empirica e contrapponendo un metodo a un approccio filosofico o teologico, il che sicuramente non ci si aspetterebbe da un Sinodo di vescovi cattolici – sempre e quando essi stiano professando fedeltà agli insegnamenti di Cristo.
II PARTE
Lo sguardo su Cristo: il Vangelo della famiglia
Lo sguardo su Gesù e la pedagogia divina nella storia della salvezza
12. Al fine di «verificare il nostro passo sul terreno delle sfide contemporanee, la condizione decisiva è mantenere fisso lo sguardo su Gesù Cristo, sostare nella contemplazione e nell’adorazione del suo volto [...]. Infatti, ogni volta che torniamo alla fonte dell’esperienza cristiana si aprono strade nuove e possibilità impensate» (Papa Francesco, Discorso del 4 ottobre 2014).
La seconda parte della Relatio finale esordisce con l'affermazione del principio della novità che Papa Francesco ha stabilito come regola del suo papato. Come egli stesso afferma: “Io non credo in un Dio cattolico; non esiste un Dio cattolico”, e i cattolici dovrebbero essere aperti al “Dio delle sorprese”. Questo Dio delle sorprese – un nome di Dio che non si trova in nessun passo delle Scritture, della Tradizione o dei Padri della Chiesa e nemmeno nei discorsi dei santi – è il Dio della Relatio finale, dato che la stessa ermeneutica impiegata nella seconda parte si basa su una lettura della Scrittura priva di qualsiasi limite imposto da tutto quanto è stato stabilito in passato.
Qui non abbiamo più a che fare con la nozione cattolica della exegesis scritturale, bensì con una visione adatta alla eisegesis insegnata dai modernisti. Exegesis è un termine greco che designa la lettura della Scrittura finalizzata alla comprensione della verità contenuta in essa. Eisegesis è ciò che si legge nel testo, un significato che vi si vuole trovare a ogni costo. La distinzione tra exegesis ed eisegesis è la distinzione tra il Cattolicesimo e tutti i vari metodi di lettura della Scrittura non cattolici o acattolici. I modernisti hanno bisogno di ricorrere all'eisegesis per poter far sembrare che le loro dottrine false e innovative siano fondate sulla Scrittura – mentre in realtà non lo sono affatto – e per potersi giustificare di fronte a quanti si appellano ancora alla Scrittura come fonte di autorità per la fede.
D'altra parte, nella Costituzione Dogmatica sulla Fede Cattolica, capitolo 2, l'Infallibile Concilio Ecumenico del Vaticano I ha sancito quanto segue:
  • Poiché quelle cose che il santo Concilio Tridentino decretò per porre conveniente freno alle menti presuntuose sono state interpretate in modo malvagio da taluni, Noi rinnoviamo il medesimo decreto e dichiariamo che questo è il suo significato:
    • nelle cose della fede e dei costumi
    • appartenenti alla edificazione della dottrina Cristiana
    • deve essere tenuto per vero quel senso della sacra Scrittura
    • che ha sempre tenuto e tiene la Santa Madre Chiesa
  • alla cui autorità spetta giudicare del vero pensiero e della vera interpretazione delle sante Scritture;
  • perciò a nessuno deve essere lecito interpretare tale Scrittura contro questo intendimento o anche contro l’unanime giudizio dei Padri.
Pertanto, la strada del “Dio delle sorprese” è sbarrata, dal momento che il Vaticano I ha proibito che chicchessia possa interpretare la Scrittura in modo tale da attribuire ad essa qualcosa che la stessa Chiesa non abbia già decretato e compreso all'epoca del Vaticano I stesso.

Possiamo quindi concludere che la Seconda Parte comincia con un'affermazione eretica sul modo in cui si legge la Scrittura. Ciò rende indubbiamente molto difficile o addirittura impossibile credere che quanto venga successivamente asserito sulla Famiglia o sul Matrimonio, che si basa sulla fede nella Scrittura, sia detto in modo conforme all'interpretazione cattolica della stessa, che la Chiesa possiede avendola ricevuta dal suo Signore Gesù Cristo.

Questo modo erroneo di leggere la Scrittura reca il suo primo frutto al n. 13:
Nella creazione: poiché tutto è stato fatto per mezzo di Cristo ed in vista di Lui (cf. Col 1,16), i cristiani sono «lieti di scoprire e pronti a rispettare quei germi del Verbo che vi si trovano nascosti; debbono seguire attentamente la trasformazione profonda che si verifica in mezzo ai popoli» (Ad Gentes, 11).
Si noti come il concetto di Creazione sia associato a quello di “trasformazione profonda”. La nozione cattolica della Creazione si basa su quanto Gesù Cristo ha detto sullo stesso Matrimonio: “L'uomo non separi ciò che Dio ha unito”, sicché possiamo affermare: “L'uomo non distrugga, cambi o alteri ciò che Dio ha creato”. Insinuando furtivamente il concetto secondo il quale la fedeltà al Creatore richiederebbe una sorta di disciplina del cambiamento, la Relatio introduce dal nulla l'idea di fede come fedeltà al “Dio delle sorprese” – non al Dio della Costanza Immutabile – e che la Creazione non sia qualcosa di fisso e compiuto, ma mutevole e sempre nuovo. Ciò sostituisce il classico senso cristiano della metafisica con uno pressoché hegeliano.
Nella vita cristiana: in quanto con il battesimo il credente è inserito nella Chiesa mediante quella Chiesa domestica che è la sua famiglia, egli intraprende quel «processo dinamico, che avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio» (Familiaris Consortio, 11), mediante la conversione continua all’amore che salva dal peccato e dona pienezza di vita.
In questa frase, che segue immediatamente quella appena citata, riscontriamo di nuovo l'errore della sostituzione dell'ordine soprannaturale con quello naturale. Il Battesimo è un Sacramento che fa di una persona un membro della vera Chiesa, quando viene ricevuto nella Chiesa; ma ciò non riguarda solo i neonati: anche gli adulti convertiti possono riceverlo, per esempio. È quindi inesatto dire che il battesimo venga impartito dalla Chiesa domestica, dato che l'essere membri di una famiglia o la presenza di membri della famiglia come garanti durante il Battesimo stesso non sono e non sono mai stati requisiti del Sacramento. Non riesco davvero a comprendere come sia potuto passare inosservato questo errore lampante a dei vescovi in buona fede.

La seconda parte della frase introduce una falsa nozione della gradualità nelle realtà spirituali. Secondo l'insegnamento cattolico, il mondo spirituale ha a che vedere con realtà non materiali: lo spirituale riguarda non realtà separabili o composte da parti, ma esclusivamente realtà semplici. Ora, tutti gli spiriti, siano essi angeli o anime umane, sono realtà semplici, e le realtà semplici cambiano solo in conformità con la totalità. Quindi, gli angeli e le anime sono creati interi, non a parti; allo stesso modo, quando un'anima si converte, lo fa in un istante, non lo fa poco a poco. Se parliamo di conversione nel senso ampio della parola, quello di una preparazione mediante passi successivi in cui si è sempre più aperti alla grazia della conversione stessa, possiamo definirla un processo, ma usare la parola “conversione” per la preparazione alla conversione è improprio e induce alla confusione. Utilizzare il termine “conversione” in questo modo, analogamente, nega la verità, ossia che l'uomo si converte in un istante, e che la conversione, per essere autentica, deve essere totale. Si aprono in questo modo le porte all'accettazione nella Chiesa e ai Sacramenti di quanti vivono in peccato mortale pubblico e abituale, il che è esattamente quanto il Cardinal Kasper propone.

Inoltre, tutti coloro che sono dotati della virtù teologale della Carità sono dotati anche della capacità di amare Dio; tale amore è semplice, quando esiste; chi ama Dio non ha bisogno di convertirsi, poiché la conversione riguarda un volgersi dell'anima. La conversione non è quindi un processo costante. Solo la perfezione, o meglio, il perfezionamento compiuto vivendo una vita cristiana, è un processo costante. I non cristiani devono pentirsi e convertirsi; il cristiano che non è fedele deve pentirsi, non convertirsi. Tramite il Battesimo si ricevono tutti i doni di Dio, in se stessi o in seme o come promessa; non si è pertanto meno cristiani al momento del Battesimo di quanto lo si sia in Cielo. Ne consegue che l'affermazione riguardante la “progressiva integrazione dei doni di Dio” è quanto meno mal formulata.
Quanto segue al n. 14 non sfugge in nessun modo agli errori precedenti.
14. Gesù stesso, riferendosi al disegno primigenio sulla coppia umana, riafferma l’unione indissolubile tra l’uomo e la donna, pur dicendo che «per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così» (Mt 19,8). L’indissolubilità del matrimonio (“Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi” Mt 19,6), non è innanzitutto da intendere come “giogo” imposto agli uomini bensì come un “dono” fatto alle persone unite in matrimonio. In tal modo, Gesù mostra come la condiscendenza divina accompagni sempre il cammino umano ...
Ciò non elimina in alcun modo gli errori precedenti perché, secondo un principio naturale del linguaggio umano, ogni affermazione deve essere intesa non solo in base a quanto asserisce ma anche al contesto in cui viene fatta. Si noti pertanto come il paragrafo n. 14 non menzioni assolutamente le forme false di matrimonio e si limiti a definire quello vero “disegno primordiale”; dato che, nelle parti antecedenti, la Relatio finale apre la strada a  letture innovative della Scrittura e a nuove proposte, l'affermazione della “primordialità” non impedisce future affermazioni di quanto è “nuovo”, poiché la novità può essere vista come un nuovo frutto della lettura della Scrittura o della Tradizione in armonia col “Dio delle sorprese”, che è il dio di questo documento.
è diventata la forma storica di matrimonio nel Popolo di Dio ...
Il contenuto del paragrafo 15 ha un'apparenza molto buona, ma contiene in realtà vari errori di espressione che spalancano le porte a tutti gli altri errori che ho precedentemente segnalato in questa critica. La descrizione del matrimonio all'interno della storia è lacunosa: la realtà storica è che il Popolo di Dio è stato chiamato tra quei figli di Adamo che erano caduti nel peccato e nell'idolatria; quando vennero chiamati, quindi, non sempre vivevano in matrimoni che rispettassero il disegno primordiale di Dio espresso già in Adamo ed Eva, che è il matrimonio monogamo di un solo uomo e di una sola donna per tutta la vita. Affermando, al contrario, che quelle forme peccaminose di unione divennero la forma storica di matrimonio nel Popolo di Dio, la Relatio finale fornisce un precedente che apre la strada alla possibilità che la Chiesa stessa approvi forme di matrimonio proposte dal momento storico contemporaneo.
Il Vangelo della famiglia attraversa la storia del mondo sin dalla creazione dell’uomo ad immagine e somiglianza di Dio (cf. Gen 1, 26-27)
Nel paragrafo 16 viene ribadito l'errore consistente nella confusione tra l'ordine naturale e quello soprannaturale. In teologia, il Vangelo ha a che vedere col messaggio di salvezza che Dio ha rivelato solo in Cristo: non è quindi esatto definire l'ordine di cose originario che Dio ha stabilito all'inizio del mondo o della nostra specie “vangelo”, perché ha a che vedere con l'ordine naturale, non con l'ordine della grazia e della salvezza. Oltretutto, definire il disegno primordiale un “vangelo” è un'assurdità, dato che “Vangelo” significa “buona novella”: quanto è antico non costituisce una “novella”, neanche quando è buono.
La famiglia nei documenti della Chiesa

17. «Nel corso dei secoli, la Chiesa non ha fatto mancare il suo costante insegnamento sul matrimonio e la famiglia. Una delle espressioni più alte di questo Magistero è stata proposta dal Concilio Ecumenico Vaticano II, nella Costituzione pastorale Gaudium et Spes, che dedica un intero capitolo alla promozione della dignità del matrimonio e della famiglia (cf. Gaudium et Spes, 47-52).
A partire dal Vaticano II si riscontrano nei documenti della Chiesa delle stupide esagerazioni così frequenti e costanti che ci si può aspettare di trovarle in qualsiasi documento di una certa lunghezza. Una di tali sciocchezze è l'asserzione secondo la quale nel Vaticano II la Chiesa avrebbe insegnato meglio di quanto non lo abbia fatto prima –  come se fosse stata ignorante e incolta per 1929 anni (1962 d.C. - 33 d.C. = 1929)!

Definire la Gaudium et Spes “una delle espressioni più alte” dell'insegnamento della Chiesa è quindi tanto ridicolo come antistorico. Ridicolo, dato che lo stesso Benedetto XVI, quando era ancora un semplice teologo, disse della Gaudium et Spes che era di gran lunga il più problematico tra tutti i documenti del Vaticano II: si tratta di un documento pesantemente macchiato dall'eresia del pelagianesimo, dottrina secondo la quale la salvezza e la grazia offerte in Cristo sarebbero utili ma non necessarie per la salvezza, e  pertanto l'attenzione alle cose naturali a scapito di quelle soprannaturali o relative alla grazia non sarebbe una mancanza grave.

Quindi, prendere la Gaudium et Spes come la più alta espressione della Chiesa significa denigrare gli altri documenti come se fossero inferiori. Ma è un dato di fatto che ogni Enciclica papale anche di duecento anni anteriore al Vaticano II ha più autorità di qualsiasi documento del Vaticano II stesso, dato che – come Papa Pio XII ha dichiarato – quanto è insegnato nelle Encicliche deve essere accettato come insegnamento cattolico; d'altro canto, il Vaticano II e Papa Paolo VI non hanno imposto tale obbligo riguardo ai documenti del Vaticano II.

La Chiesa, tuttavia, possiede un documento chiaro e molto più autorevole sul Matrimonio e la Famiglia: la Lettera Enciclica di Papa Pio XII, Casti Connubii, del 31 dicembre 1930, il cui testo è tuttora disponibile sul sito Internet del Vaticano. Ai paragrafi 5 e 6, la Chiesa insegna:
5. E per esordire da quella stessa Enciclica, che quasi unicamente mira a rivendicare la divina istituzione, la dignità sacramentale e la perpetua indissolubilità del matrimonio, resti anzitutto stabilito questo inconcusso inviolabile fondamento: che il matrimonio non fu istituito né restaurato dagli uomini, ma da Dio; non dagli uomini ma da Dio, autore della natura, e da Gesù Cristo, Redentore della medesima natura, fu presidiato di leggi e confermato e nobilitato. Tali leggi perciò non possono andar soggette ad alcun giudizio umano e ad alcuna contraria convenzione, nemmeno degli stessi coniugi. Questa è la dottrina della Sacra Scrittura, questa la costante ed universale tradizione della Chiesa; questa la solenne definizione del Concilio Tridentino che proclama e conferma con le parole stesse della Sacra Scrittura l’origine da Dio Creatore della perpetuità e indissolubilità del vincolo del matrimonio, e la sua stabilità ed unità.
6. Benché però il matrimonio di sua natura sia d’istituzione divina, anche l’umana volontà arreca in esso il suo contributo, e questo nobilissimo. Infatti ogni particolare matrimonio, in quanto unione coniugale fra quest’uomo e questa donna, non può cominciare ad esistere se non dal libero consenso di ambedue gli sposi; e questo atto libero della volontà, col quale ambedue le parti danno e accettano il diritto proprio del connubio, è talmente necessario perché esista vero matrimonio, che non può venire supplito da nessuna autorità umana. Senonché tale libertà a questo soltanto si riferisce: che i contraenti vogliano realmente contrarre matrimonio e contrarlo con questa determinata persona; ma la natura del matrimonio è assolutamente sottratta alla libertà umana, in modo che una volta che uno abbia contratto matrimonio, resta soggetto alle sue leggi e alle sue proprietà essenziali. Infatti il Dottore Angelico, trattando della fede e della prole, dice «Questo è causato dallo stesso patto coniugale, così che se nel consenso, che fa il matrimonio, si esprimesse qualche cosa di contrario a ciò, non esisterebbe vero matrimonio».
È da considerarsi molto grave il fatto che questa Enciclica non sia stata citata in questa parte della Relatio finale; la sua omissione mette in dubbio l'onestà dell'intenzione di aderire all'insegnamento cattolico da parte dei Padri Sinodali.

L'erronea Definizione della Famiglia nella Relatio finale

Si trova al paragrafo 17 della stessa, la cui traduzione ufficiale, parlando del documento del Vaticano II Gaudium et Spes, afferma:
Esso ha definito il matrimonio come comunità di vita e di amore (cf. Gaudium et Spes, 48),
Qualsiasi persona dotata della benché minima intelligenza può notare immediatamente come questa definizione sia insufficiente, poiché un essere umano può condurre una comunità di vita e di amore con molte altre persone umane, non solo quelle che appartengono alla sua famiglia, e una comunità di amore umano può esistere tra un qualsiasi numero di persone di entrambi i sessi; una comunità caratterizzata da quell'affetto umano che è l'amore può esistere – unilateralmente – persino tra una persona e un animale domestico, per esempio un cane. Questa definizione della famiglia, dopo tutti gli scandali del Synod14, è quindi sorprendente per la sua incompletezza. Permette di formulare sulla Famiglia e sul Matrimonio tutti gli errori a proposito dei quali i cattolici si aspettavano una refutazione da parte del Sinodo stesso.

Questo errore non è corretto nei paragrafi 17-20, dato che IN NESSUN PUNTO vengono scartate tutte le possibili nozioni di famiglia che possono rientrare in questa definizione così vaga. Nemmeno le affermazioni a proposito della famiglia formata da un uomo e da una donna escludono logicamente gli altri concetti di famiglia e matrimonio. Evitiamo di essere così stupidi da supporre altre spiegazioni: coloro che hanno scritto questo documento sono laureati in teologia e in filosofia, comprendono perfettamente la logica e le sue regole e non possono essere assolti dalla colpa di aver lasciato spalancate – nel cuore stesso del testo finale della Relatio – le porte della perversione e dell'immoralità. Essere costretti a citare queste definizioni estremamente vaghe quando Pio XII ne aveva fornita una molto buona nei paragrafi 5 e 6 della Casti Connubii è semplicemente incredibile e svuota di ogni credibilità il valore ecclesiologico della Relatio finale.

Termino qui la mia critica, dato che credo che il lettore potrà continuare a leggere la Relatio e trovarvi ripetuti più volte gli stessi errori e le stesse porte aperte alla perversione, e quindi concludere ragionevolmente che il testo finale del Synod14 è un cavallo di Troia nella città di Dio.
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Fr. Alexis Bugnolo ha conseguito un baccalaureato in Antropologia Culturale presso l'Università della Florida, in cui è stato nominato per il Phi Beta Kappa; si è laureato cum laude al Seminario Our Lady of Grace di Boston ed ha studiato in tre Università Pontificie di Roma: l'Angelicum, Santa Croce e il Seraphicum. Sta studiando per conseguire un baccalaureato in Sacra Teologia. Per una lista delle sue pubblicazioni consultare The Franciscan Archive e la sua pagina personale su Academia.edu.

24 commenti:

  1. non ho nemmeno terminato di leggere, cosa che farò al più presto, e sono già d'accordo con anche le virgole per la prima parte.

    eccetto una frase, che prelevo:

    "Risulta ovvio ad ogni fedele che credere a quanto Dio ha rivelato è un dovere imposto dalla fede."

    Tristemente, non è più vero. Siamo già molto oltre. Diciamo che dovrebbe risultare ovvio, ma non lo è.

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  2. "La cultura è cambiata così radicalmente che non possiamo insegnare come nel passato"
    Uno dei miei peccati tra i più inveterati è la bugia. Ogni giorno ne dico qualche dozzina.
    E fino al giorno di oggi le dicevo in confessionale.
    Da oggi in avanti mi sento Liberato, perché la cultura di oggi, così radicalmente cambiata, è diventata un´unica bugia.
    quindi ...

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  3. magister sugli ultimi cambiamenti al Culto Divino.....

    http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2014/11/07/cambio-di-equipaggio-al-culto-divino-e-per-burke-malta-e-sempre-piu-vicina/

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  4. Testo importante e molto articolato, che non si ferma solo su quei punti talmente pazzeschi già in evidenza, da ricordare l'asina muta che riprende Balaam,
    ma ha l'acutezza di scandagliare punti apparentemente più pacifici e digeribili della Relazione, di metterne in chiaro l'ambiguità più sottile e farci capire che non erano ...nemmeno quelli oasi in un testo sbagliato, infedeli anche questi.


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  5. Non entro nel merito del dotto e interessantissimo articolo, faccio soltanto una marginalissima osservazione lessicale a tutto beneficio di questo eccellente blog, sempre serio e curato: nella traduzione si legge a un certo punto, certo per una svista, "pastoia (per maiali)" al posto, suppongo dal contesto, di pastone. Pastoia significa infatti briglia o, metaforicamente, impaccio.
    Scusate la pedanteria.
    cordiali saluti
    massimiliano

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  6. Dal momento che Forte è nominato,
    propongo:

    http://oldcristianesimocattolico.iobloggo.com/2958/bruno-forte-il-vescovo-glocal

    (l'originale è su papalepapale che oggi non si apre)

    qui l'Ecobihum il progetto di neoumanesimo e di chiesa composta da credenti + non credenti (?) che cita in “Una teologia per la vita. Fedele al cielo e alla terra” scritto con Marco Roncalli

    http://www.ecobihum.eu/

    RispondiElimina
  7. http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2014/10/07/sinodo-mons.-gaenswein-matrimonio-e-indissolubile-_13606da6-d22e-49d1-9a76-08936a56327e.html

    e

    http://www.osservatoreromano.va/it/news/la-pastorale-del-matrimonio-deve-fondarsi-sulla-ve

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  8. http://disputationes-theologicae.blogspot.it/2010/01/mons-gherardini-stronca-la-cristologia.html

    Mons. Gherardini ha "qualcosa" di molto preciso da dire su alcune idee di Forte.

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  9. Questo Dio delle sorprese – un nome di Dio che non si trova in nessun passo delle Scritture, della Tradizione o dei Padri della Chiesa e nemmeno nei discorsi dei santi

    Il dio bergogliano delle sorprese è Nettuno. Tutte le sorprese di Jorge Bergoglio si riducono a versare sempre più acqua sulla dottrina cattolica.

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  10. Neptune ? Pas plutôt Saturne, qui préside à l'hiver et dévore ses enfants ? Mais Bergoglio a-t-il jamais été un père pour qui que ce soit ?

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  11. Vorrei approfondire con chi ha la bontà di leggere alcuni spunti di Fr. Alexis.

    Al punto 9: Errore molto grave di sostituire il concetto di "moralità" con quello di "affettività".

    In effetti la moralità è dello spirito, mentre l'affettività è della psiche/anima. La vita nello spirito è dell'uomo spirituale, mentre la vita psichica è ancora, spiega San Paolo, inserita nell'essere vivente secondo la carne, appiattito sul mondo.
    La natura buona o cattiva delle azioni non la decido io, ma l'ha già decisa Dio.
    La moralità è già convertita verso Dio (pur con tutti i limiti di un peccatore bisognoso di pentirsi e della misericordia di Dio), mentre l'affettività potrebbe essere rivolta anche in tutt'altra direzione e così "sicura" di sé stessa da non aver alcun bisogno di pentimento, tutt'al più rinfacciando la misricordia di Dio a chi osasse far presente che c'è qualcosa che non va...
    L'uomo spirituale vede prevalere nel cuore lo Spirito di Dio, mentre l''uomo psichico ha il cuore tutto occupato dai sensi, cioè dal mondo e dal secolo. Da lì consegue che tutta la riflessione pastorale possa sostituire la fedeltà a Dio con osservazioni fenomenologiche.

    In questo senso al punto 11 la riproposizione delle "grandi domande sul significato di essere uomini" sbanda pericolosamente dalla definizione oggettiva della natura umana (fatta di carne/corpo, anima/psiche e spirito/pneuma) per rispondere alle "attese" umane moderne e postmoderne, con criteri essenzialmente soggettivi, in cui "riproporre" significa abbandonare ciò che si è sempre affermato in nome di un "divenire" richiesto dalle mutate attese.

    Al punto 12 emerge la falsità biblica del "Dio delle sorprese". In realtà Dio di sorprese ne ha fatte già molte, specialmente incarnandosi per farsi crocifiggere nella propria umanità e farci rinascere alla vita spirituale, rendendoci coeredi del Regno in Cristo!
    Le sue sorprese sono diuturne, nel senso di sottrarci al giogo della mondanità e di ricrearci "creature nuove". Ben diverso è il concetto se servisse a dire che Dio improvvisamente dicesse che ciò che ha sempre fatto sapere, tramite la Rivelazione, è da considerarsi "sorpassato" perchè così la pensa il mondo!

    L'esegesi trae dalla miniera inesauribile della Scrittura le intime confidenze di Dio all'umanità. Viceversa un'insidiosissima eisegesi va a cercare nella Scrittura ciò che serve a farle dire anche il suo contrario! Anche il diavolo, tentando Gesù nel deserto, sapeva fare molto bene eisegesi...

    Al punto 13 c'è un punto nodale: il concetto che la fedeltà al Creatore richieda una dottrina del cambiamento, un divenire continuo, una sorta di "sintesi" hegeliana che muta la metafisica in idealismo. Il mondo spirituale riguarda "i cieli". Il mondo psichico "la terra". Non si può atterrare e basta e parlare di spirito. Si farebbe solo della psicologia, ma non si porterebbe il cuore, a vuotarsi del mondo, per fare dell'uomo una creatura nuova. Anzi, sarebbe ogni giorno più vecchia, irrimediabilmente rivolta ai sensi, alla materia caduca, chiusa alla Grazia divina, la VERA UNICA GRANDE CARITA'; incapace di vera "povertà di spirito" (l'UMILTA').

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  12. Riassunto :
    http://www.riscossacristiana.it/firenze-la-dura-vita-di-arcivescovo-di-pucci-cipriani/

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  13. Il Cardinale Marx: e' stato Papa Francesco che ha 'aperto la porta' ai temi dell'omosessualita' e dell comunione ai divorzayi risposati e nessin voto contrario del Sinodo potra' ottenere qualcosa

    http://www.riposte-catholique.fr/riposte-catholique-blog/points-non-negociables-riposte-catholique-blog/synode-pour-le-cardinal-marx-cest-le-pape-qui-veut-la-discussion-sur-les-divorces-remaries-et-les-homosexuels

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  14. correzione a tralcio:

    La psiche non è l'anima, appunto perchè è partte della "carne".

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  15. Bel contributo, questo di fr. Alexis. E' tuttavia incompleto, perché ci sarebbe molto altro da dire su una Relatio intrisa di modernismo dalla prima all'ultima riga. Basti pensare che sono dedicate a Maria due tre righe in tutto. Nessun accenno, poi, al valore della castità. Vescovi e sacerdoti coraggiosi, dove siete? Fatevi avanti!!!

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  16. Psiche è il vocabolo greco della parola che sta per "anima" (nefesh) nella Bibbia.
    Ma il greco usa anche anemos, vento.
    Pneuma è la parola giusta in greco per "spirito" (ruah).

    E' evidente che la cultura greco-latina, dualistica, ha dapprima confuso anemos/anima, e poi assommato due parti (spirito/anima) della triplice articolazione biblica dell'uomo, che è corpo, anima e spirito (chiarissima tanto nell'Antico quanto nel Nuovo Testamento)

    Da lì la potenziale confusione tra anima e spirito e in particolare della parola "anima" nella duplice accezione di psiche/nefesh e pneuma/ruah.

    Se consideriamo l'anima solo la "psyche" della Bibbia (la nefesh), allora essa è "mortale", sensuale, emozionale, "informata" dalla carne, bisognosa di redenzione come il corpo, dato che anch'essa segnata dal peccato originale.

    Nell'uomo non ci sono solo la sensibilità e l'emozione, ma anche la mente, la razionalità e il pensiero (Gesù le distingue bene). Queste molteplici facoltà (particolarmente sviluppate nell'uomo) non sono del tutto sconosciute ad altri esseri viventi, pur essendo solo degli animali (con la nefesh).

    L'uomo ha tuttavia in più la capacità di "porsi fuori", di astrarsi, di ideare e di comunicare con un linguaggio ricchissimo, pur nella babele delle lingue.
    L'uomo, pur "decaduto" dopo il peccato, mantiene lo spirito (che è umano, pur essendo "da Dio", non è quello "di Dio"): l'anima in versione mondana è però alternativa allo spirito donato da Dio all'uomo originario, distinguendolo dagli altri animali.

    La "capacità" di Dio, sancita dal catechismo, è dono di Dio, germe di Dio in noi, frammento spirituale, anima (se la si vuol chiamare "anima" pensando all'anemos e non alla psyche) immortale per la vita spirituale. Lo Spirito di Dio, accolto dallo spirito umano, feconda nel cuore una vita nuova, che cresce inn noi, facendoci di Cristo, "informando" l'anima umana, la cui intelligenza progressivamente conosce e sceglie Dio e la Sua volontà e non la seduzione dell'altro spirito, che è del principe di questo mondo, opposto a Dio.
    In Dio c'è carita, verità, umiltà.
    Senza Dio prevalgono superbia, invidia, falsità.

    Non c'è necessariamente un'alternativa "manichea" tra le parole psiche e anima, come mi rimprovererebbe l'anonimo, ma bisogna distinguere i termini e capire di che cosa si parla, senza dare la colpa a nessuno.

    La psiche non è immortale e abbisogna di redenzione, venendo dai genitori. Lo spirito è immortale, venendo da Dio. L'anima del senso di un uomo "duale" assomma psiche e spirito, contenendo una potenziale ambiguità (termino)logica; nel senso dell'uomo "ternario" (biblico) sarebbe solo la psiche, cioè una parte di noi mondana e comunicante soprattutto con il mondo e i sensi.

    Perchè il nostro spirito, "dimenticato" nella psiche, potesse librarsi e librarci ad essere figli di Dio, proprio Dio è stato disposto a incarnarsi e lasciarsi crocifiggere nella sua umanità!

    Va da sé che una cattiva teologia abbia schiacciato la pastorale sull'affettività e la psicologia, in pratica sul soggetto che crede. Una buona teologia invece insegna all'uomo ad essere genuinamente spirituale, con il proprio spirito nutrito dallo Spirito santo, e il cuore umano (trincea tra anima/psiche/nefesh e anima/anemos/spirito/ruah) capace di discernimento e perciò puro e tenero e non duro e impuro alla volontà di Dio.
    L'umanità di Gesù è un'umanità spirituale, un cuore aperto alla Grazia del Padre, che chiede pregandoLo con fede. Il cuore che ama crede, il cuore che sa conosce.
    L'anima psichica di Gesù conosce perchè crede; la razionalità dell'uomo Gesù è informata dal Padre e non dal mondo.
    L'uomo Gesù è anche verissimo uomo, dando valore immenso alle sue scelte per niente facili, anche se egli è anche Dio.

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  17. In ebraico il termine più adatto per designare la psiche forse è neshama="l'anima che respira" qualcosa di più alto (nephesh è semplicemente lo spirito vitale che appartiene anche agli animali).
    A parte che ci sono cinque diversi livelli di evoluzione (a partire da nephesh) di ciò che gli ebrei intendono per anima... Dunque il duscorso si farebbe più cimplesso.

    Piuttosto ho qualcosa da osservare sull' incarnazione, che non è una "sorpresa", ma fa parte della rivelazione.

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  18. Inoltre l'anima non viene dai genitori ma è creata da Dio e per questo è immortale. La redenzione accolta ne detemina la sorte definitiva per l'eternità.

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  19. Dissento amabilmente gentile mic.

    Non sulla "sorpresa" di Dio, che ho messo tra virgolette proprio per ironizzare su come intenderebbe le sorprese di Dio un certo modernismo, pronto a farsene sconcertare sul piano dottrinale.

    Concordo pienamente con te che l'incarnazione è parte della Rivelazione, ma è innegabile che tutta la Rivelazione sia sorprendente per un uomo decaduto dopo il peccato originale e portato o a non credere a Dio, o a credere a degli idoli o al massimo a farsi un'idea strana e sospetta del Creatore, suggerita si può ben capire da chi...

    Invece sull'anima mi permetto di rintuzzare, senza pretese di dogmaticità, con l'umiltà di chi si accosta al mistero, cercando di ridirlo in termini più accessibili a tutti:
    la parola usata nella Bibbia per essere vivente è nefesh, ma essa è usata anche in corrispondenza alla creazione degli animali prima e dell'uomo;
    ma a proposito dell'uomo c'è anche nishemat, quando (solo all'uomo) viene aggiunto lo spirito di vita.

    Due cose diverse. E l'anima e lo spirito, nell'AT e nel NT sono due cose diverse

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  20. Dissento da chi asserisce che il Dio dell'Incarnazione si può nominare un dio delle sorprese...

    In riguardo alla teologia, si, il Dio revelatore anche se è incarnato, ma non è Dio delle sorprese, perchè l'Iddio non ha nascosto agli amici suoi, i Santi e profeti di un tempo, tutto ciò che stava per fare; anche l'Incarnazione era preannunciata, e quindi non era sorpresa...

    Il concetto di sorpresa significa non preannunciato... e quindi se si permette l'usare di questo nome "Dio delle sorprese" si spacca l'unità tra l'azione ad extra della Santissma Trinità e la rivelazione dei segreti agli Profeti della vecchia Alleanza, e così si apre la possibilità a un dio che agisce fuori i limiti della rivelazione...

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  21. Neshama (non nishamat) e viene dopo Ruach, che segue nefesh...

    Ma non è il caso di proseguire. Perché il discorso si fa davvero complesso, anche in relazione ai significati precisi mutuati dai diversi 'mondi' concettuali e linguistici.

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  22. Purtroppo, la critica non va oltre l'inizio del documento...


    Romano

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  23. Papalepapale è stato hackerato e cancellato.....okkio!

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  24. Romano,
    È sperabile che l'Autore intenda andare oltre. :)

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