Per chi può trovare una Messa in rito tradizionale ragionevolmente vicina a casa (per l’elenco in Italia vedi qui) è consigliabile impegnarsi a frequentarla con una cadenza regolare (per esempio mensilmente): la buona volontà e la Grazia faranno il resto. Per una miglior comprensione del valore della S. Messa in rito tradizionale ricordiamo i due articoli pubblicati di recente: “Breve esame critico del Novus Ordo Missæ presentato al Pontefice Paolo VI dai Cardinali Ottaviani e Bacci” e “Messa Nuova o Messa Tradizionale. Una questione di Fede. Il documento dei sacerdoti della diocesi di Campos, in Brasile”.
Per mantenere una preghiera che sia costantemente unita a quella della Chiesa consigliamo anche, per chi ne abbia la possibilità, di recitare almeno una delle ore del Breviario tradizionale, iniziando da “Compieta”. Per questo si trova un ottimo sussidio sul sito divinumofficium.com, che fornisce la composizione quotidiana di tutto il breviario in lingua latina e traduzione italiana.
Proprio sul tema della liturgia, questa settimana segnaliamo come lettura di formazione “Ponte sul mondo – Commento alla Messa”, una straordinaria opera di Domenico Giuliotti meritoriamente ripubblicata da Amicizia Cristiana. Qui ne riportiamo l’introduzione e alcune pagine dedicate al Prefazio e al Canone. Sono pagine da gustare dal punto di vista letterario e spirituale, in cui diventa evidente quanto il Vero sia connaturale al Buono e al Bello. La Messa di cui parla il grande scrittore toscano, naturalmente, è quella in rito tradizionale e i brani riportati sono tradotti in italiano per comodità del lettore.
NOTIZIE E AVVISI
- Venerdì 1° maggio si terrà a Linarolo (Pavia) la prima giornata della “Lega cattolica per la preghiera di riparazione”. Nella prossima settimana forniremo le prime indicazioni per la partecipazione.
- Diversi amici hanno scritto mettendosi a disposizione per un eventuale lavoro di coordinamento nelle loro zone di residenza. Ringraziamo tutti e pensiamo di essere in grado di avere presto un quadro completo. L’occasione per dare il via a questa fase sarà senz’altro l’incontro in programma Venerdì 1° maggio.
- Ogni primo venerdì del mese, nella parrocchia di Linarolo (Pavia), alle 16.30 si tengono la recita del Santo Rosario di riparazione e delle Litanie, e alle 17.00 la celebrazione della Messa in rito romano antico secondo le intenzioni della Lega per la preghiera di riparazione.
- Ogni venerdì un gruppo di fedeli si ritrova per la preghiera a Firenze, alle 18.30, nell’Oratorio di S. Francesco Poverino.
- Ogni venerdì un gruppo di fedeli si ritrova per la preghiera a Cremona. Per informazioni: Mauro Faverzani – mauro.faverzani@gmail.com
- Ogni primo venerdì del mese viene celebrata la Santa Messa in rito antico alle 19.30 a Modena nella parrocchia dello Spirito Santo in via Fratelli Rosselli. Vi partecipano alcuni aderenti alla Lega di riparazione secondo le intenzioni proposte dalla nostra iniziativa. Ricordiamo che nella medesima chiesa viene celebrata ogni domenica alle 17 la S. Messa (dal 2007) e, a richiesta, anche gli altri sacramenti.
- Se altri sacerdoti fossero disposti a fare lo stesso nella zona in cui operano, ce lo facciano sapere e provvederemo a darne comunicazione.
- Ricordiamo che è possibile anche il semplice incontro tra laici che preghino secondo le intenzioni della Lega come già indicato. Anche in questo caso, sarebbe utile segnalarcelo in modo da poterne dare comunicazione. Rimane il fatto che lo strumento più efficace per la diffusione è il passaparola, che sarebbe meglio chiamare apostolato.
- Nei limiti delle nostre forze, siamo a disposizione per incontrare gli amici che intendono impegnarsi in questa impresa. Per questo, si faccia riferimento all’indirizzo di posta elettronica della Lega di riparazione, legariparazione@email.it , e troveremo il modo e il tempo per farlo.
Paolo Deotto e Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
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Da: Domenico Giuliotti, “Ponte sul mondo – Commento alla Messa”, Amicizia Cristiana, pagine 128, 11 euro.
INTRODUZIONE
La Messa – e non già la Divina Commedia – è il «poema» veramente «sacro al quale hanno posto mano e cielo e terra». Opera dello Spirito Santo, di Cristo e della Chiesa, essa incomincia con un Salmo e finisce con due preghiere di Leone XIII. L’uomo e l’Uomo. Dio, la Trinità e tutti gli Angeli ne formano l’argomento. La Consacrazione, che rinnova l’Incarnazione, è il punto culminante di questo immenso mistero. E il Prete n’è, al tempo stesso, il taumaturgo e il poeta. A un tratto, inesplicabilmente, per mezzo della parola sacerdotale, che ripete la parola divina, il pane e il vino, cambiando natura, diventano Cristo: il Cristo vittima, il Cristo cibo. Allora, noi in Cristo, offriamo Dio a Dio, e noi con Lui. Se offrissimo solo noi non offriremmo nulla; ma offriamo noi con Lui; innestiamo la nostra morte alla Sua Vita e diventiamo viventi. «Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo». E noi mangiamo quel pane che uccide la morte. L’Infinito penetra, così, nel finito; il finito si dilata, splendendo, nell’Infinito. Il Creatore, riabbassandosi, eucaristicamente, fino alla creatura, si dà a lei, entra in lei, celebra con essa le nozze. E il Paradiso è sulla terra, intorno a un piccolo disco bianco, offerto dalle mani di un uomo che, in quel momento, è più grande della Regina degli Angeli. Tale la sintesi della Messa. Il commento che segue si propone di lumeggiarne ogni parte. La Messa, per moltissimi, immersi nell’ignoranza religiosa, è come un affresco che altri afferma prezioso, ma che, agli occhi annebbiati di chi lo guarda, appare tutto coperto da un fitto strato di polvere. Ho tentato di dissipare quella nebbia e di far vedere il dipinto. Ma certamente vi son mal riuscito. Per far ciò ci sarebbe voluto un poeta santo. Ed io sono un povero balbuziente, a cui l’alito del peccato appanna il volto di Cristo.
***
Ma eccoci al Prefazio. È una grande preghiera di lode e di ringraziamento a Dio, per tutti i benefizi naturali e soprannaturali che ci ha fatti. Anche questa è una parte mirabile della Messa. Prelude al Sanctus, e con l’ultime parole, che non cambiano, vi s’intreccia. Scelgo e riproduco, fra tutti i Prefazi, quello più costante, e di natura prevalentemente teologica, che si dice nella Festa della Trinità e nelle Domeniche fra l’anno.
«Veramente è cosa degna e giusta, equa e salutare, che noi a Te sempre e dovunque rendiamo grazie, o Signore santo, Padre onnipotente, eterno Iddio: Che con l’Unigenito Figlio tuo e con lo Spirito Santo sei un solo Dio, sei un solo Signore; non nella singolarità di una sola persona, ma nella Trinità di una sola sostanza. Ciò che infatti della tua gloria, per tua rivelazione, crediamo, il medesimo del Figlio tuo e dello Spirito Santo senza differenza di divisione riteniamo, Cosicché, nella confessione della vera e sempiterna Deità, e nelle persone la proprietà e nell’essenza l’unità e nella maestà l’uguaglianza si adora. La Quale lodano gli Angeli e gli Arcangeli, i Cherubini e i Serafini, che non cessano mai di cantare concordemente, dicendo: (Ed ecco il sublime inno: il Sanctus). Santo, Santo, Santo il Signore Iddio degli Eserciti. Pieni sono Cielo e terra della [grande] gloria tua. Nel più alto dei Cieli, Osanna! Benedetto Colui che viene nel nome del Signore. Nel più alto dei Cieli, Osanna!».
Squilla il campanello e tutti s’inginocchiano. Inno glorioso, immenso. La Chiesa militante l’ha appreso dalla trionfante. Isaia, rapito in estasi lo udì cantare dai Serafini. E lo udì pure l’Evangelista Giovanni. In greco è chiamato Trisagio, che significa «tre volte Santo». Santo il Padre, Santo il Figlio, Santo lo Spirito che procede dal Padre e dal Figlio. Tre in Uno; e quest’Uno è «il Signore Iddio degli eserciti»: degli eserciti degli Angeli, degli eserciti delle stelle, degli eserciti innumerevoli di tutte le cose create. «Osanna!» (gloria): Gloria, dunque, all’Onnipotente, al Creatore, dal nulla, di tutto ciò che è. E benedetto Colui (Cristo) che viene (che sta per discendere sull’altare) nel Nome del Signore dell’Universo.
***
Quel tratto della Messa che sta fra il Sanctus e il Pater, si chiama Canone, ossia norma o regola. Esso contiene tutte quelle cerimonie e preghiere invariabili, che precedono, accompagnano e seguono la Consacrazione. La prima di queste preghiere è il Te igitur: «Te dunque (dice il Sacerdote), clementissimo Padre, noi supplichevoli preghiamo, per Gesù Cristo, tuo Figliolo, Signor nostro, e Ti domandiamo di gradire e benedire questi doni (l’Ostia e il Calice), queste offerte, questi santi e illibati sacrifizi, che noi Ti offriamo anzitutto per la Tua santa Chiesa Cattolica, a ciò che Ti degni pacificarla, custodirla, unificarla e governarla in tutto il mondo, insieme col servo tuo…, nostro Papa, e col nostro Vescovo…, e con tutti quelli che credono e professano la fede cattolica ed apostolica».
Finito il Sanctus e prima d’incominciare questa preghiera, il Sacerdote, in memoria della divina Vittima Crocifissa, stende le braccia e le innalza: poi congiunge le mani, guarda in alto, e subito riabbassa gli occhi. Allora, inclinato profondamente, e sempre a mani giunte dice: «Te dunque, clementissimo Padre, ecc.»: ma giunto alla parola: «Ti domandiamo… (di benedire ecc.)», bacia ancora una volta l’altare, e fa tre segni di croce sull’Ostia e sul Calice. Poi stende di nuovo le mani; ed ecco, prima di tutto (in primis), l’offerta del sacrifizio a vantaggio della Chiesa, che è il Corpo mistico di Cristo. Dio la pacifichi, la custodisca, la unifichi e la governi in tutto il mondo. Il pacifico regno di Cristo, sia, anche visibilmente, universale. Non questa o quella chiesa o confessione, non più membra staccate dalla Chiesa e perciò morte, ma la sola Chiesa, cattolica, apostolica, Romana; Essa sola viva, vera, illuminata, illuminante; e, in lei, tutti gli uomini vivi e santi; Essa sia Una col suo servo, il Papa, Maestro infallibile, perché istruito, guidato, illuminato da Te, Cristo; e col Pastore della nostra diocesi e con tutti i pastori di tutte le diocesi e con tutti coloro che professano la cattolica ed apostolica fede. Tutta la Chiesa, dunque, dal Papa all’ultimo fedele, il Signore si degni di custodire, di rafforzare, di dilatare per tutto il mondo. Il Papa, visibile, al centro della Chiesa visibile; Cristo nel Papa, invisibile; e da questo centro, la luce della verità nelle anime, come raggiera immensa.
Ma ora, a un tratto, questo gran cerchio si restringe. Dall’ampiezza della Chiesa universale, rientriamo nel piccolo mondo dei nostri affetti, dei nostri bisogni individuali e familiari, delle nostre amicizie, dei presenti nel tempio. Ciò è piccolo, in confronto alla vastità della Chiesa militante e della «Comunione dei Santi»; ma è umano, e la liturgia si mostra indulgente alla nostra umana limitatezza e ai bisogni non sopprimibili del nostro povero umano cuore. E perciò il Sacerdote, per sé e per noi, così prega: «Ricòrdati, o Signore, dei tuoi servi e delle tue serve…. (e si nominano), e di tutti i circostanti dei quali Tu conosci la fede e la devozione, per i quali Ti offriamo, e anch’essi Ti offrono, questo sacrifizio di lode per sé e per tutti i loro, a redenzione delle proprie anime, per la speranza della loro salute e conservazione: ed a Te presentano i loro voti, o eterno Dio, vivo e vero».
«Ma improvvisamente (scrive l’Abate Pasque in “La Messe de l’Apotre”) il cerchio troppo stretto si spezza. Noi non possiamo lasciarci avvincere né assorbire da affetti, senza dubbio, legittimi, ma troppo angusti. Noi non siamo isolati, siamo esseri sempre affaticati alla ricerca dell’unità. Siamo i comunicanti. Ma con chi? I «nostri», coloro che per Lui e in Lui sono veramente l’osso delle nostre ossa, e la carne della nostra carne, non sono soltanto quelli che fanno parte della nostra famiglia o della nostra parrocchia o del nostro paese. Noi siamo concittadini di tutti i tempi e di tutti i paesi. E alla parola Comunione, di là da quei pochi che stanno inginocchiati con noi, accorre la moltitudine infinita dei Santi e di tutte quelle nobili anime, che conduce la Regina, l’Unica: Maria. Sottolineiamo qui ancora, questa espressione: in primis. Essa non ha con l’altra (quella che si trova nella preghiera dedicata alla Chiesa) una inutile simmetria. Desiderosi, come siamo di unirci quanto più strettamente è possibile a tutto il Corpo Mistico e di penetrare nelle più lontane profondità, potremmo noi non pensare in primis a Quella per cui tutto ci fu dato, dalla quale nacque Gesù, e che ci generò con Lui?
E dopo di Lei ecco i Martiri. Da secoli e secoli noi ripetiamo la litania dei nomi benedetti di coloro che arrossarono, col proprio sangue, le fondamenta della Chiesa». Noi ci uniamo dunque col nostro cuore prima di tutto a Maria; e subito dopo a coloro che dettero la vita pel suo Divino Figliolo e che seguono, cantando, la Regina dei Martiri. E perciò diciamo: «In comunione e nel ricordo anzitutto della gloriosa sempre Vergine Maria, Madre del nostro Dio e Signore, Gesù Cristo, e anche dei tuoi Santi Apostoli e Martiri, Pietro e Paolo, Andrea, Giacomo, Giovanni, Tommaso, Giacomo, Filippo, Bartolomeo, Matteo; Simone e Taddeo, Lino, Cleto, Clemente, Sisto, Cornelio, Cipriano, Lorenzo, Crisogono, Giovanni e Paolo, Cosma e Damiano, e di tutti i tuoi Santi, per i meriti e per le preghiere dei quali Tu concedi che siamo in tutte le cose muniti dell’aiuto della tua protezione. Per il medesimo Cristo, nostro Signore. Così sia».
La Madre di Dio e degli uomini, la Regina di tutti i Santi, «umile ed alta più che creatura», apre il purpureo corteggio. Vengono primi le due colonne della Chiesa: Pietro e Paolo. Pietro crocifisso con la testa in basso. «Il voit Dieu (canta Claudel) et le sang de ses pieds lui tombe, goutte à goutte, sur la face». Paolo gli sta a fianco con la testa tronca: con quella sua Testa giudaica, ostinata nella Sinagoga prima, ostinata nella Chiesa dopo, che prima difese la lettera contro lo spirito, e poi lo spirito contro la lettera e convertì le genti. Poi viene Andrea, l’Apostolo della Scizia, innamorato della Croce e finalmente inchiodato su quella stessa Croce che tanto amava. Poi Giacomo, il Maggiore, chiamato da Gesù, per la violenza dell’amore, il Figlio del Tuono. Primo martire tra gli Apostoli, fu decapitato dai Giudei. Poi Giovanni, il quarto evangelista, l’Aquila, il sublime teologo del Verbo, che fu gettato, restando miracolosamente incolume, in una caldaia d’olio bollente. Poi Tommaso, quello che volle mettere il dito nella piaga di Gesù, e fu ucciso a bastonate e a pietrate nell’India remota, dove era andato, in espiazione di quell’attimo d’incredulità, a predicare il Vangelo. Poi Giacomo, il Minore, Vescovo di Gerusalemme, detto il Giusto, che fu precipitato dal Tempio, e finito a martellate sul cranio. Poi Filippo, messo in croce dagli idolatri della Frigia; e, poiché tardava a morire, furiosamente lapidato dalla folla. Poi Bartolomeo, detto prima Natanaele. Lo scorticarono vivo gli Armeni, ai quali aveva apportato la Buona Novella. Poi Matteo, già pubblicano, quindi Apostolo, infine evangelista, ammazzato mentre evangelizzava l’Arabia. Poi Simone, lo Zelatore, e Taddeo, suo compagno, l’uno e l’altro segati vivi a mezza vita, durante il loro apostolato in Mesopotamia. E dopo i Martiri apostoli, ecco i Martiri non apostoli: cinque papi, un vescovo, un diacono, cinque laici. Ecco Lino, convertito da San Pietro e suo primo successore sulla Sedia Apostolica. Ebbe mozzo il capo, senza processo, dai sacerdoti dei falsi dèi. Ecco Cleto, terzo Papa, prima schiavo, poi libero, poi convertito anch’esso da San Pietro. Dopo dodici anni di Pontificato gli tagliarono la testa. Ecco Clemente, Vescovo. Deportato da Roma in Crimea, condannato al lavoro delle miniere, convertiva i suoi compagni. Gli attaccarono un’àncora al collo e lo buttarono in mare. Ecco Sisto, Pontefice sotto Valeriano. Proibita la celebrazione della Messa, la celebrava nelle Catacombe. Scoperto, volevano che rinnegasse; rifiutò. Allora, a piè dell’altare, lo decapitarono. Ecco Cornelio, suo successore. Prima esiliato, poi invitato a sacrificar agli idoli. Non volle. E gli tagliarono il capo. Ecco Cipriano, cartaginese. Era ricco, si convertì in età matura. Abbracciò la povertà. Fu Vescovo. Rampognava i pagani. Lo presero e lo accoltellarono. Morente, ringraziò i carnefici di procurargli «la felicità del martirio». Ecco Lorenzo, diacono, ucciso tre giorni dopo l’uccisione di Sisto. Lo bruciarono, sopra una graticola, lentamente. Moribondo, disse: «Ti ringrazio, Signore, di aprirmi la porta del Paradiso». Ecco Crisogono, maestro dei neo-convertiti. Li esortava alla pazienza nelle persecuzioni e li preparava al martirio; dopo due anni di prigionia lo decapitarono. Ecco i fratelli Giovanni e Paolo, ciambellani di Corte. L’imperatore Giuliano voleva che sacrificassero al dio Sole. Inorriditi rifiutarono. Allora l’Apostata, di nascosto, li fece ammazzare nella loro casa. Ecco Cosma e Damiano. Nati cristiani, esercitavano la medicina. Curavano i corpi con l’arte loro, le anime col Vangelo. Sopraggiunta la persecuzione di Diocleziano, «dopo essere stati tormentati con la prigionia, con le catene, con l’acqua, col fuoco, con le pietre, con le frecce», caddero sotto la spada. Quanta cristiana luce da tanto sangue!
«Questo radioso corteggio degli amici di Gesù, io lo vedo (dice Adolphe Retté nel saggio “Léon Bloy”) inginocchiarsi ai due lati del Tabernacolo; e ciascuno rende testimonianza, col suo martirio, e della Fondazione della Chiesa». La Chiesa militante, in procinto d’offrire all’Altissimo il Suo Sacrifizio sublime, ha chiesto aiuto alla Chiesa trionfante: alla Vergine Madre, a quei Santi che furono i primi seguaci di Gesù, ai Santi Martiri. Perciò, coadiuvata da tali intercessori, essa ha ferma speranza che la propria offerta non sia rifiutata da Dio. Tale la ragione per la quale la preghiera che segue dice così: «Dunque, questa offerta (Hanc igitur oblationem) di noi tuoi servi, e di tutta la tua famiglia (cioè di tutta la Chiesa), noi Ti preghiamo di accettare placato, e di disporre i nostri giorni nella tua pace, e di preservarci dall’eterna dannazione, e di comandare che noi siamo annoverati nel gregge dei tuoi eletti. Per Cristo Signor nostro. Così sia».
«Quell’igitur, quel «dunque» (osserva acutamente Georges Coyau) si direbbe che sottolinei la calma e certa serenità di un procedimento dialettico. Quel «dunque» è la sanzione del Communicantes. Quei membri della Chiesa, coi loro patimenti e col loro martirio, acquistarono ingenti meriti. La Chiesa militante se li applica. Il bilancio dell’una profitta all’altra, i tesori di quella profittano a questa. D’indigente che era, la Chiesa si sente arricchita. Prima timida, è diventata fiduciosa; e la sua preghiera, assume arditamente l’aspetto d’una conclusione logica».
«La quale offerta (dice la preghiera seguente) Tu, o Dio, dègnati, te ne preghiamo, di renderla, in tutto, benedetta, accolta, ratificata, ragionevole ed accettabile; affinché per noi, divenga il Corpo e il Sangue del dilettissimo Figlio tuo Signor nostro, Gesù Cristo». Tra qualche istante sarà pronunziato da tutta la Trinità, per le labbra del Sacerdote, un «fiat» anche più grande di tutti quelli che risuonarono, senza suono, durante la Creazione del mondo: e per quel «fiat» questo pane e questo vino, che stanno sull’altare, diventeranno, a un tratto, il Corpo, il Sangue, l’Anima e la Divinità di Cristo. Le parole del Sacerdote, di per sé puramente umane, e perciò impotenti o quasi, acquisteranno, nella Consacrazione, una sovrumana potenza: perché Dio, per esse, chiamerà se stesso; e la seconda Persona della Trinità non potrà non incarnarsi di nuovo, sotto le apparenze delle due specie e di nuovo non offrirsi ed essere offerta, come già sul Calvario. Formidabile grandezza del Sacerdote, quando è strumento di Dio! Louis Mercier, in “Le Rubis di Calice”, a questo proposito, così canta: Les mots qui consacrent l’hostie, Les mots qui consacrent le vin Passent votre immense harmonie, O millions de Séraphins! Car il sont interdits aux Anges, Les mots saints et mystérieux, Qui, prononcés par l’homme, changent Le corps des blés au Corps de Dieu! Di qui la preghiera del celebrante, sempre più umile e, al tempo stesso, sempre più calda e incalzante e tremante di commozione. Fa’ dunque, Signore, che questa oblazione sia benedetta (e vi fa sopra tre segni di croce), che sia approvata, che sia conveniente, che sia ragionevole e accettevole. «Essa sarà benedetta (dice Adolphe Retté, in “Louange de l’Hostie”) se non ho abusato delle grazie che mi furono elargite sì largamente, nonostante l’insufficienza del mio zelo. Essa sarà approvata se ho la convinzione assoluta che il fatto della sua perpetuità nella Chiesa corrisponde all’ordine stabilito da Gesù, quando istituì la Cena. Essa sarà infine conveniente e ragionevole, perché l’oggetto dell’imminente immolazione è il vivente Agnello di Dio, ossia Dio stesso, ossia la Ragione e la Sapienza increata». E questa nostra offerta, oramai perfetta, perché non mancante, mercé tua, Signore, di alcun requisito necessario, divenga per noi il nostro vitale nutrimento, non appena si sia trasformata, nel Corpo e nel Sangue di Gesù.
Giubilleo stratordinario della misericordia in arrivo !!!!
RispondiEliminaMa è vero che il papa ha indetto il giubileo straordinario per il cinquantesimo di chiusura del concilio vaticano II ?
RispondiEliminaPurtroppo sì ed ha rilasciato un'intervista fiume a tal giornalista messicana......mondiale Masty sul giubileo....
RispondiEliminaCosa non si fa per un po' di riflettori accesi...
RispondiEliminaRr
grande Rr, speriamo che qualcuno se ne accorga.
RispondiEliminaSentito cosa ha detto l'arcivescovo di Torino riguardo le assoluzioni (persino dell'aborto)?
Temo che non si tratti solamente di riflettori accesi.....Perche' siamo di fronte ad un giubileo della misericordia per ricordare la fine del CVII ma SOPRATTUTTO un giubileo della misericordia che inizia subito dopo la chiusura del Sinodo sulla famiglia. Un sinodo che a questo punto non potra' che essere tarato sulla misericordia e dunque sul tentativo sempre piu' evidente di divaricare dottrina e pastorale. E cosi' i padri sinodali meno convinti saranno indotti, anche in vista del Giubileo, ad ammorbidire il proprio atteggiamento. E gia' si possono immaginare le dotte articolesse che attaccheranno quei sacerdoti (alla Burke, per intenderci) che si ostineranno nel loro ottuso dogmatismo, che verranno vieppiu' esposti al pubblico ludibrio perche' incapaci di cogliere i segni dei tempi. E il giubileo sara' l'apoteosi della Chiesa 2.0, della nuova Chiesa che a 50 anni dalla fine del CVII prende il largo, sulle ali di quei principi che fino a pochi anni fa erano esattamente l'opposto di quelli non negoziabili. Un meccanismo perverso e perfetto per sancire, tramite la presenza a Roma di masse popolari sudaticce e festanti, la fine della Chiesa Cattolica che aveva al centro Cristo, e la nascita della nuova Chiesa con al centro l'uomo ed i suoi desiderata.
RispondiEliminaEssendo che Bergoglio ha annunciatio un anno straordinario di misericordia per il 50° anniversario della chiusura di Vaticano II...
RispondiEliminapropongo che promuoviamo un anno di evangelizzazione dei Modernisti, chiamandoli alla penitenza, alla conversione, e all'umiltà e se non le vogliano, alla auto-dimissione...
Osservatore
Ric, non essere così pessimista. Gli africani e i polacchi non molleranno. Mai.
RispondiEliminaSe c'è una cosa che, dopo due anni di episcopato romano, apprezzo di Bergoglio e' l'aver manifestato il presentimento della morte. Ne parlarono anche Paolo VI un anno prima di morire e Giovanni Paolo I a conclave non ancora formalmente terminato. Ed anche Giovanni Paolo II in trittico romano.,le parole del,vdr sulla sua non lontana dipartita sono da prendere molti sul serio. Quest'uomo ci si sta preparando. Che Dio lo illumini.
RispondiEliminaA quell'età la dipartita è senz'altro vicina . Quando lo vedo ridere , ecc...sento molta pena . Ha ragione , Mirabelli , mi impegno anch'io a pregare per lui , finora non l'ho fatto e me be pento .
RispondiEliminaRIC,
RispondiEliminaIl suo primo anno era tutto un accorrere a Roma, tutta una serie di eventi ed avvenimenti per l' Anno della Fede- sparita la fede, esploso il personaggio.
Il suo secondo anno ha visto: le persecuzioni ed uccisioni dei cristiani in MO, il casino( scusate la parola, ma ci sta) del Sinodo, sempre più voci critiche e dubbi crescenti.
Per cercare di salvare mediaticamente parlando il terzo entrante anno- che' solo il mediaticamente conta ormai, purtroppo- gli spin dottor americani han tirato
fuori il Giubileo, memori del successo dell' ultimo (dimenticando che GPII aveva un vero carisma personale, non aveva bisogno, lui, degli spin dottors) un po' come Obama s' e' " inventato" Selma.
Da qui a dicembre, c'è il Giovedì Santo a Rebibbia(altre critiche dei tradì), l' estate con quelle
teste calde in Ucraina, Medio Oriente( Hamas, Netanyahu, Isis) e poi il Sinodo. E non è detto vada così come temi, perché come l' ho pensato io che è una trovata pubblicitaria, a maggior ragione l' avran pensato cardinali e vescovi.
Quindi...preghiamo il Signore che illumini i nostri
pastori, a cominciare da Scola che se ha detto e fatto quel che scrivono i giornali milanesi...
Rr
Riflettori o deflettori? A me pare che si voglia spostare l'attenzione di tutti dal vero nodo della questione, ovverosia, col sinodo ottobrino, l'apertura totale della chiesa a qualsiasi tipo di persone, siano o meno in stato di grazia......tanto tana libera tutti, l'inferno è una assurda bugia e il paradiso una assurda follia come cantava monsieur Pelù.
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