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domenica 12 luglio 2015

Don Elia. Ascolta figlio...

Ausculta, o fili, praecepta magistri…
(san Benedetto abate)

Nessun vantaggio per noi dal meditare la Parola del Signore e dal nutrirci del Suo Corpo e Sangue, se poi non ne viviamo nell’esistenza di ogni giorno; tanta grazia e degnazione nei nostri confronti deve pur produrre, con la nostra cooperazione, un effetto di santificazione: «Portate dunque un frutto degno della conversione» (Mt 3, 8). Ma com’è difficile riconoscere, momento per momento, la volontà di Dio! A seconda delle singole inclinazioni di carattere, oscilliamo dal lassismo più permissivo al rigore più scrupoloso, con tutto un ventaglio di atteggiamenti che, salvo quello equilibrato, sono espressione della nostra natura ferita o dei suggerimenti menzogneri del demonio. Quest’ultimo, con quanti sono avviati sulla via del bene, si trasforma spesso in angelo di luce per spingerli a rovinosi eccessi o in falso paraclito per giustificarne i cedimenti; una volta ottenuto lo scopo, in ogni caso, si manifesta per quello che è: implacabile accusatore.

Ecco perché ci è così necessario un maestro di vita interiore che ci insegni a discernere fra i movimenti dell’anima e ad individuarne l’origine: così potremo distinguere tra ciò che viene realmente da Dio e ciò che invece nasce dalla nostra psiche o è insinuazione del nemico. Sia ben chiaro: a nessun risultato potremo mai pervenire in questo campo senza aver dapprima conformato la nostra vita e i nostri atti all’universale volontà divina, valida per tutti in ogni circostanza ed espressa nei Comandamenti come la Chiesa li ha sempre spiegati e applicati. Ciò che la legge morale proibisce va escluso a priori dall’orizzonte delle possibili scelte e non dev’essere mai fatto da nessuno, per nessun motivo e in nessuna situazione; le nostre orecchie siano sorde a qualsiasi discorso “teologico” o “pastorale” che apra surrettiziamente spiragli all’immoralità, soprattutto in materia grave, se non vogliamo farci trascinare nel baratro dell’incosciente suicidio collettivo in cui si è gettata la società moderna.

La scelta della guida spirituale richiede a sua volta acuto discernimento; per questo è necessaria una preghiera insistente, pressante, offerta con forti grida e lacrime (Eb 5, 7), sostenuta da opere di carità e, se possibile, culminante in un pellegrinaggio: il Signore non farà mancare la Sua risposta. È evidente che tocca pure a ciascuno esprimere il proprio giudizio mediante l’esercizio della ragione e del sensus fidei: un direttore di coscienza che non sia cristallino nella sua fedeltà alla dottrina definita o manifesti cedimenti sul piano morale va subito scartato, a prescindere da qualsiasi altra considerazione; sarebbe come affidare la propria salute ad un medico incompetente. Certo, molti risponderanno che questa, oggi, è merce rarissima: ne convengo pienamente, ma proprio per questo rinnovo il mio invito ai sacerdoti a segnalarsi e i fedeli stessi a far loro conoscere la parrocchia virtuale. È anche possibile collaborare senza iscriversi sulla lista, ma offrendo semplicemente la propria disponibilità a ricevere persone della zona da me indirizzate.

Un’insidia particolarmente sottile, anche per sacerdoti molto sinceri e ben formati, è quella di cui ho dovuto prender coscienza io stesso nel corso degli anni. Non mi riferisco allo spontaneismo grezzo che impazza da decenni in parrocchie, associazioni e movimenti; chiunque abbia iniziato un vero cammino spirituale sa bene che, per la nostra natura corrotta, ciò che è spontaneo è l’egoismo e il peccato, mentre la virtù e l’amore richiedono una lunga purificazione e un paziente allenamento. Penso piuttosto a quell’illusione, così diffusa, che spinge a guardare subito alle vette senza prima aver risollevato la persona dal pantano della valle – in altre parole, senza averne prima verificato le condizioni morali e la vita di preghiera. Chiudere una ferita senza purgarla è il miglior modo perché l’infezione si diffonda fino a provocare la morte… in questo caso dell’anima. Senza aver almeno cominciato a correggere le cattive abitudini e a combattere vizi e peccati, non si va da nessuna parte nel mondo dello spirito, ma si nutrono soltanto orgoglio e presunzione. Non si affronta una scalata con le gambe rotte, né si attacca in prima linea se il nemico è nelle retrovie.

Un vero padre, in vista del loro bene, non risparmia ai suoi figli lotte e sudori. Va anzitutto bandita con decisione quella tenerezza morbosa – e in fondo egoistica e peccaminosa – che non fa maturare i piccoli e fa regredire i grandi, ma che nell’odierna società ha contaminato le relazioni di ogni genere o quasi. Una sana virilità incute generalmente timore, anziché infondere fiducia e sicurezza; ad attrarre è per lo più quella malintesa virilità violenta, propinata da cinema e videogiochi, che è piuttosto una reazione alla paura e alla frustrazione. Un atteggiamento fermo e deciso viene spesso percepito e giudicato come troppo rigido e severo da chi vorrebbe unicamente conferme che lo esimessero dal rimettersi in discussione; ma non per questo bisogna rinunciare – almeno con chi è abbastanza intelligente da accettarle – a porre esigenze morali e opportune proibizioni di quanto è dannoso. Ciò risulta più facile con i bambini, almeno con quelli non ancora troppo guastati dagli stessi genitori e dall’ambiente sociale; con i giovani e gli adulti è meglio mettere in chiaro le cose fin dall’inizio, per evitare di perdere tempo e di farne perdere.

Certo, non si può non tener conto del fatto che nella cultura attuale, dopo la demolizione della pedagogia tradizionale e l’imposizione di teorie educative aberranti, non si possono applicare tali e quali i metodi del passato, che sono improponibili alla nostra debolezza; bisogna tuttavia coglierne i princìpi ispiratori e le dinamiche metodologiche per adattarli con equilibrio alle necessità di oggi. Il ricorso ai vecchi trattati di ascetica, di primo acchito, provoca un’acuta e dolorosa consapevolezza delle altezze da cui siamo precipitati; ma, senza scoraggiarsi troppo presto, fa bene inoltrarvisi a poco a poco per distillarne almeno gli elementi essenziali, indispensabili per ricostruirsi una sana disciplina. Che parola desueta! Eppure qualunque sportivo vi si sottopone per poter sviluppare le proprie capacità fisiche e ottenere dei risultati… Se tenessimo alla salute dell’anima almeno quanto a quella del corpo, quali diete e privazioni non le infliggeremmo! «Il Regno di Dio soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono» (Mt 11, 12).

Cerca dunque un buon maestro per ascoltare i suoi precetti e, soprattutto, per metterli in pratica. In attesa di trovarne uno reale, puoi anche reperirne uno virtuale procurandoti il libro di un certo fra’ Semplice, intitolato Il setaccio, nel catalogo in linea delle Edizioni Segno; puoi altresì scrivere all’autore all’indirizzo di posta elettronica riportato dietro il frontespizio. Non sarà come aprire il cuore, di presenza, ad uno starec che ti legge nell’anima e ti risponde proprio quella parola che avevi bisogno di ricevere; ma per cominciare è già qualcosa… Se poi la Provvidenza vorrà, potrai fare la sua conoscenza o – se avrai pregato con tutto il cuore – trovare un angelo in carne e ossa vicino a casa tua, là dove Dio ti ha posto a far brillare la Sua luce in questo mondo tenebroso che Lo rifiuta, ma non sa di averne una nostalgia indicibile.

6 commenti:

  1. E' morto stanotte, dopo grandi sofferenze fisiche sopportate con fortezza cristiana, il card. Biffi, definito(anche dai pur distratti giornalisti odierni) "strenuo difensore dell'ortodossia"....

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  2. Così si è rivolto papa Bergoglio a vescovi, sacerdoti, religiosi, laici e movimenti:

    “Questa Cattedrale – dice infatti Francesco - è segno della Chiesa e di ognuno di noi: a volte le tempeste da fuori e da dentro ci obbligano a buttar giù ciò che abbiamo costruito e cominciare di nuovo."

    Anche se possono avere un accento di verità, come da taluni verranno recepite quelle parole è facile dedurlo, distruggere e annientare il passato e ripartire da zero, invece certe tempeste ci fanno capire la fragilità di quel che abbiamo costruito e ci incitano, se non obbligano, a ricostruire su fondamenta solide e sicure, quelle che ad esempio ci ha dato la Chiesa fedele a Cristo lungo i secoli, quelle di un passato che la tempesta postconciliare ha "buttato giù", ha rinnegato e sepolto sotto una spessa coltre di disprezzo.

    Bergoglio non ha detto solo quello, ma è quella frase che è ripresa dal giornalista neocatecumenale di Zenit, spero che in quanto tale avrà gradito il passaggio sulla comunione ecclesiale versus la divisione che vanità, superbia e ambizioni personali portano nella Chiesa.

    http://www.zenit.org/it/articles/francesco-ai-vespri-a-volte-meglio-buttar-giu-cio-che-si-e-costruito-e-cominciare-di-nuovo

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  3. Cercare un buon maestro, attraverso l''intercessione del Cuore Immacolato di Maria, che non ci può negare nulla, se siamo a Lei consacrati: questo è oggi più che mai necessario! Seguirò le sue indicazioni, caro Don Elia e sono certa, che quando il cielo vorrà, finalmente potrò incontrarlo. Pregherò Maria e farò conoscere la parrocchia virtuale a quanti più Sacerdoti incontrerò, anche quando andrò in vacanza all'estero, porterò con me tanti piccoli fogli con i dati della parrocchia virtuale e lo lascerò nelle Chiese che visiterò, affidandolo totalmente alle cure di Maria, affinché possa giungere nelle mani e al cuore di Sacerdoti, pronti alla buona battaglia della fede. Anni fa, fu proprio a tre immagini sacre e preghiere, che trovai sul banco di una piccola chiesetta, che iniziò la mia conversione e Maria si può ben servire delle nostre mani per arrivare dove noi non potremmo.

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  4. Questa notte la polizia di Israele ha provveduto all'arresto dei probabili autori dell'incendio della Chiesa della moltiplicazione dei pani sul lago di Tiberiade, Si tratta di almeno tre giovani, ebrei israeliani e attivisti di movimenti nazionalisti e di estrema destra. Il tribunale di Nazareth ha vietato di rivelarne per ora l'identita' (Liberation).

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  5. Donaci, o Padre,

    di non avere nulla di più caro del tuo Figlio,

    che rivela al mondo il mistero del tuo amore

    e la vera dignità dell'uomo;

    colmaci del tuo Spirito,

    perché lo annunziamo ai fratelli

    con la fede e con le opere.

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  6. Il mondo è competitivo.
    Ama vincere.
    Quando si vince, c’è chi perde.
    Vale in guerra, nel lavoro, nel gioco, nello sport che è gioco/guerra/lavoro…
    A volte vale nelle relazioni più prossime.
    In genere il vincitore è nella gioia, chi perde è umiliato. L’uno in trionfo, l’altro nella vergogna.
    Il vincitore non è stanco e non si lamenta; chi perde trova scuse: nella stanchezza o in colpe altrui.
    Il trionfo del generale romano di ritorno dalla guerra era indizio sicuro dell’essere in vita.
    Altri erano morti.
    Il trionfo del tifoso è spesso arrogante e irrispettoso dei vinti, non sono solo sconfitti ma umiliati.
    Gesù ha vinto il mondo. Ha vinto contro questa mentalità.
    Ha vinto lottando, ha vinto offrendo se stesso, ha vinto “mettendocela tutta”.
    Ma non ha umiliato il nemico: l’ha amato, cercando di far vincere anche lui!
    In questo sta la radice della grazia e la radice del peccato.
    La radice della grazia è nell’umiltà e nella verità.
    La radice del peccato è nella superbia e nella falsità.
    Ogni peccato ha una scusa: si può essere stati provocati, avere un bisogno, una ragione…
    La superbia no: sta a monte di ogni bisogno e giustificazione.
    Ogni falsità può essere utile a giustificare un peccato o a negare un dato di fatto.
    La verità interviene a smascherare la superbia come incapacità di farsi umile.
    Nel vincere, come nel perdere.
    Nel credersi “in diritto” di vincere e non nella necessità di amare persino il nemico.
    Nell’incapacità di un’umiltà che svapora la superbia, svapora il peccato, aprendo alla grazia.
    Che è l’unica vera vittoria. Quella che non dura fino alla prima sconfitta…
    Allora la virilità di chi non racconta palle, nemmeno sulla misericordia o sulla lotta, è umile.
    C’è una guerra, c’è un nemico.E’ dura. Bisogna avere coraggio, forza, pazienza, bisogna fare fatica.
    Non è vero che è tutto positivo. Non è vero che non ci sono problemi, persino tra i pastori.
    Ma la fortezza passa dall’umiltà. Ogni virtù passa da lì, per non cadere nella superbia.
    Anche nel combattere il nemico, senza umiltà si odia. Ma se si odia, non si ama.
    Senza amore non c’è verità: si può conoscere Dio studiandoLo, ma lo si ama imparando da Lui .
    Che è venuto a portare anche divisione, anche spada; ma amando i nemici.
    Ha vinto il mondo perché mite e umile di cuore.
    Ha offerto se stesso e vince perdendo agli occhi di chi considera la croce debolezza e stoltezza.
    L’anima mia esulta nel Signore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
    La Sua misericordia si stende su quelli che lo temono.
    C’è uniltà nel vincitore: teme Dio, non ritenendosi migliore di chi ha servito il nemico.
    E’ una grazia anche fare il bene. Nulla ci appartiene, ne’ le cose, ne’ i meriti, ne’ le soddisfazioni.
    Così, consacrati a Maria, colei che è l’umile, potremo cercare di non essere superbi.
    Così potremo lottare, vincere, ma non come il mondo, ma come colui che il mondo l’ha vinto.
    Potremo essere teastimoni del vangelo anche portando la divisione e non sciogliendoci nel mondo.


    tralcio

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