Il dibattito innescato dalle esegesi di conio rabbinico di p. Innocenzo Gargano e da diverse repliche a sostegno o dissenzienti, pubblicate da Sandro Magister, ha permesso di dar risalto ad alcune voci in difesa della verità, tra cui quella di Silvio Brachetta. Precedente [qui].
Pubblico di seguito le sue osservazioni ancora una volta riprese da Sandro Magister [qui] in ordine a quelle che lo stesso Silvio definisce "le ultime elucubrazioni fantateologiche" del prof. Antonio Emanuele e al suo richiamo al teorema di Gödel contro la dimostrabilità logica della verità del dogma dell’indissolubilità del matrimonio. Secondo Emanuele il teologo che segnala l’errore è un fondamentalista. Ma Silvio Brachetta non tace e il dibattito si arricchisce.
Alla sua voce si aggiunge quella altrettanto incisiva e veritativa di Giuseppe Fallica [qui], la cui replica riporto a seguire.
Trovo interessante e condivisibile questa affermazione di Silvio su Facebook:
Pubblico di seguito le sue osservazioni ancora una volta riprese da Sandro Magister [qui] in ordine a quelle che lo stesso Silvio definisce "le ultime elucubrazioni fantateologiche" del prof. Antonio Emanuele e al suo richiamo al teorema di Gödel contro la dimostrabilità logica della verità del dogma dell’indissolubilità del matrimonio. Secondo Emanuele il teologo che segnala l’errore è un fondamentalista. Ma Silvio Brachetta non tace e il dibattito si arricchisce.
Alla sua voce si aggiunge quella altrettanto incisiva e veritativa di Giuseppe Fallica [qui], la cui replica riporto a seguire.
Trovo interessante e condivisibile questa affermazione di Silvio su Facebook:
...Gödel avrebbe fallito, se la logica venisse usata al modo di Emanuele. Se la teologia, cioè, coincidesse (solo) con un sistema razionale, al pari di quelli logici e matematici, sarebbe vero che “la verità esiste ma la sua esistenza non può essere completamente dimostrata con gli strumenti linguistici e logico-formali che usiamo correntemente per comunicare”. Mi ha stupito che Emanuele sia ricorso a Gödel, il quale accede sì a Dio, ma con la convinzione che, in un sistema logico coerente, si debba uscire da quel sistema per dimostrare almeno una proposizione elaborata in quello stesso sistema logico (teoremi d’incompletezza). Emanuele non comprende che la teologia intende proprio uscire dal sistema logico ordinario. Utilizza appunto strumenti “non convenzionali”, come giustamente nota Emanuele, che in matematica sono quelli di Gödel e in teologia sono quelli della Rivelazione. La Rivelazione, insomma, può essere paragonata ad un sistema logico superiore, ad una metalogica.
Matrimonio e divorzio.
Perché la Chiesa sa separare il falso dal vero
Perché la Chiesa sa separare il falso dal vero
Si sta rivelando sempre più oculata l’iniziativa di Sandro Magister, che ha dato spazio alle tesi esegetiche del padre Guido Innocenzo Gargano. Esse hanno fatto emergere, in numero e gravità, molti degli equivoci che si sono moltiplicati attorno al cristianesimo e alla teologia in epoca moderna.
Le ultime riflessioni a fare problema, in ordine di tempo, sono quelle del professore Antonio Emanuele, critico nei confronti padre Ruiz Freites, autore di un libro di replica alle affermazioni di padre Gargano. In particolare, il professore vede un «grande errore logico» in una frase del Freites: «La verità per definizione è oggettiva. La realtà soggettiva può corrispondere alla verità o può non corrispondere. In questo ultimo caso non si tratta di ‘verità soggettiva’, ma di errore, ed è un’opera di misericordia correggere chi sbaglia». Padre Freites riporta, né più né meno, la definizione di verità come l’«adaequatio rei et intellectus» (corrispondenza tra la realtà delle cose e l’intelletto) di San Tommaso d’Aquino.
Emanuele, in tal modo, commette la stessa leggerezza di padre Gargano: fa dire al testo quello che il testo non dice. Nel testo di Freites, infatti, non è presente nessun elemento logico o grammaticale che dia adito a pensare che egli voglia operare una qualche «dimostrazione». In realtà è vero, come pensa Emanuele, che la teologia sia anche una «dimostrazione», ma sembra ormai giunto da un pezzo il tempo di affermare con forza che la speculazione teologica non può essere ridotta ad un semplice esercizio di teoresi, come se il suo scopo fosse di andare dall’ignoto al noto, al pari delle scienze fisiche e naturali.
È vero, come scrive Emanuele, che «è logicamente sbagliato affermare che è falso tutto ciò che non è dimostrato vero», ma in teologia non c’è nulla che dev’essere dimostrato necessariamente, come invece avviene per le scienze umane. Dico “necessariamente”, perché il teologo è tenuto comunque alla dimostrazione. In teologia, però, non si dimostra qualcosa di cui non si sa nulla, ma qualcosa di cui - l’uomo di fede - sa tutto. Lo sa poiché, semplicemente, glielo ha detto Dio, rivelandosi.
La teologia, insomma, non ha nulla a che vedere con la costruzione di un «sistema razionale», come presume Emanuele. Non occorre costruire nessun sistema: c’è già, per chi crede. Il teologo, tutt’al più, può proporre argomenti razionali a supporto della fede. Potremmo anche chiamarle «dimostrazioni», tenendo presente, tuttavia, il carattere gratuito, non dovuto, di tale sforzo razionale. È quindi del tutto ovvio che il tentativo di Kurt Gödel sia fallito.
Viceversa, la Chiesa ha il diritto e il dovere di pronunciarsi sulle proposizioni errate, poiché non è nella posizione di dover raggiungere la verità, come fanno ad esempio i matematici o i fisici. È già nella verità, quanto alla salvezza. Di conseguenza individua infallibilmente il falso e lo segnala, separandolo dal vero. Non può esimersi dall’emettere il giudizio sulla fede. Questo sì è un assurdo logico: tacciare la Chiesa di fondamentalismo, a motivo del giudizio sulla fede.
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Silvio Brachetta
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Gentile Magister,
trovo scorretta la riflessione di Antonio Emanuele per alcuni motivi che ora le espongo.
Emanuele cita il passo degli Atti degli Apostoli inerente la disputa sulla opportunità della circoncisione dei non ebrei in attesa di battesimo, dicendosi sorpreso che lo Spirito Santo abbia introdotto una novità assente nella predicazione di Cristo. Eppure egli dovrebbe sapere dal Catechismo che la divina rivelazione non è terminata con l’ascensione al cielo di Gesù ma con la morte dell’ultimo degli apostoli, illuminati dallo Spirito Santo nella Pentecoste. Perché allora racconta questo suo stupore? Non lo dice, ma pare voglia accreditare implicitamente la nota eresia modernista (condannata dalla Chiesa) secondo cui la rivelazione continuerebbe nella storia della Chiesa, anche dopo la morte degli apostoli. Un’eresia smentita sia dal magistero sia dalla stessa storia ecclesiastica, perché mai nessun atto di un papa o di un concilio ha contraddetto una verità considerata tale prima di lui (ovviamente parlo delle verità dogmatiche e di quelle dichiarate definitive, non di ciò che è opinabile). Se fosse vera questa eresia storicistica, ovviamente anche un dogma come quello della indissolubilità matrimoniale potrebbe un giorno essere messo in discussione, ed è ciò che forse auspica Emanuele.
Riguardo invece alla sua critica di una frase di padre Freites, essa nasce da una interpretazione errata (certamente in buona fede) del testo. Cioè che il sacerdote consideri falso non esclusivamente ciò che contraddice il dogma, ma tutto ciò che non è compreso nel dogma. Ovviamente questo ultimo concetto è falso, ma non lo è ciò che intendeva Freites, e basta leggere il suo testo per averne conferma. Siamo certi invece, perché ce lo dice il magistero infallibile della Chiesa, che ciò che contraddice il dogma è certamente falso. Ciò che Emanuele sembra non avere chiaro è che noi conosciamo la verità (il dogma) e conosciamo il falso (tutto ciò che contraddice il dogma) non in base a una fallace elaborazione del nostro intelletto, ma perché Dio ci ha fatto dono di tale rivelazione. Spiegare dunque (citando Gödel) che il nostro intelletto non è logicamente in grado di indagare il vero e il falso, oltre a essere discutibile non serve assolutamente a nulla.
Emanuele addirittura chiosa la frase conclusiva di Freites (“è opera di misericordia correggere chi sbaglia”) come un concetto utilizzato nella storia per giustificare violenze e sofferenze inimmaginabili. Anche lì Emanuele dice e non dice ma pare essere vittima delle solite leggende nere sulla storia della Chiesa. Senza contare che dovrebbe sapere che quella frase di Freites non è una affermazione imprudente, ma addirittura la citazione del Catechismo circa le opere di misericordia spirituale (tra cui: ammonire i peccatori e istruire gli ignoranti), Catechismo che ogni cattolico è tenuto ad accogliere con un totale assenso di fede.
A conclusione del suo ragionamento è evidente l’intento di Emanuele di “emancipare” la pastorale dalla dottrina: concetto errato come insegna il magistero e come ha spiegato di recente il prefetto della congregazione per la dottrina della fede Müller. Ed è evidente anche il suo intento di far passare una visione relativista della dottrina, dimenticando che la vera teologia è solo quella che parte dalle verità di fede per approfondirle. Chi invece mette in discussione tali verità non sta facendo teologia ma solo filosofia religiosa.
Cordialmente,
Giuseppe Fallica
Voci laiche che, insieme alle nostre e a quelle di alcuni pastori ancora fedeli, si levano per custodire difendere la verità e testimoniarla non solo a parole.
RispondiEliminaNon soltanto sugli argomenti toccati dal sinodo, ma anche su molte altre affermazioni dogmatiche purtroppo oltrepassate o messe in discussione dalla gerarchia attuale.
RispondiElimina@ Sul Concetto di Verita', siamo tutti tomisti.
E'sbagliato pensare che il giusto concetto del vero sia quello espresso nella formula tomista, che risale in realta' ad Aristotele attraverso la mediazione di pensatori medievali minori, secondo la quale il vero si ha quando si realizza la "concordanza della cosa con il nostro intelletto"? Vediamo.
La terra gira attorno al sole perche' lo pensiamo noi o perche' in se' gira effettivamente attorno al sole? E' chiaro che gira perche' in se' gira, qualsiasi cosa noi si pensi di cio'. Girava anche prima che nascessimo. C'e' dunque un aspetto oggettivo (la cosa in se' o l'in-se' della cosa, la cosa nella sua natura) ed uno soggettivo nel conoscere (la cosa per noi, come sembra a noi, secondo la nostra convinzione). Per tanti secoli si e' ritenuto (a stragrande maggioranza) che il sole girasse attorno alla terra. Pero' non ci si accontentava di quello che i sensi ci sembravano far vedere, che cioe' fosse il sole a girare (ad essersi mosso, poiche' non lo vediamo mai muoversi). Indagando ulteriormente si e' scoperto non che i sensi ci ingannino ma semplicemente che sbagliavano nel trarre le dovute conclusioni da cio' che essi ci mostrano. Il nostro "per noi" andava rivisto e, in questo caso, capovolto. Adesso siamo sicuri che il nostro "per noi" coincide con lo "in se'", ossia che la natura della cosa indagata sia effettivamente quella della rivoluzione della terra attorno al sole.
La storia della conoscenza mostra una continua lotta tra il "per noi" e "l'in se'", la dura fatica per riuscire a determinare che cio' che sembra a noi sia effettivamente corrispondente alla natura delle cose, in tutti i campi. Eliminare il concetto della "concordantia" tra l'aspetto soggettivo e quello oggettivo del conoscere, cio' e' del tutto impossible. Si scade nel soggettivismo assoluto, o relativismo totale, una forma radicale di decadenza dello spirito, oggi purtroppo assai diffusa se non predominante. Tale deriva e' iniziata con Cartesio e ha subito una svolta decisiva con Kant, che poneva arbitrariamente ad unico oggetto sicuro della conoscenza la conoscenza stessa, con le sue categorie, a priori scisse dal regno delle cose in se', dalla realta' oggettiva esistente fuori di noi. Il "soggettivismo" del pensiero moderno i teologi di impostazione neomodernista ed i loro sodali cercano di applicarlo alle verita' della Rivelazione cristiana. Ma tale "soggettivismo" e' di per se' gia' del tutto inadeguato ad orientarci nella conoscenza della realta empirica, di tutti i giorni, nei confronti della quale noi siamo senza saperlo tutti aristotelici e tomisti perche' cerchiamo sempre la "concordantia" tra il nostro ragionare e "la cosa", quale essa sia, cui esso si applica. Ci serviamo continuamente senza saperlo del principio di causalita' e non contraddizione, e di quello di ragion sufficiente. Se non facessimo cosi', non solo non riusciremmo nemmeno ad uscir di casa, ma addirittura a pensare.
Segnalo la reazione di padre Zühlsdorf dopo aver letto nella lettera di indizione della giornata di preghiera per la cura del creato che, secondo Bergoglio, bisogna "implorare il perdono per i peccati commessi contro il mondo".
RispondiEliminahttp://benoit-et-moi.fr/2015-II/actualite/pardon-pour-les-peches-commis-contre-le-monde.html
Il mondo è forse diventato Dio?
La Chiesa sa separare il vero dal falso, ma quando è dalla più alta cattedra che ci giungono affermazioni che non si limitano a seminare confusione, realtà alla quale stento ad abituarmi, ma che "appiattiscono" la fede o addirittura contraddicono l`insegnamento della Chiesa che non è nato con il Vaticano II, come può sentirsi il semplice fedele che ha conservato qualche nozione anche solo di base o colui che "stuzzicato" dalle querelles interne alla Chiesa, su temi non secondari ma fondamentali, decide di approfondire, di andare alle fonti dell`insegnamento della Chiesa, dunque di Cristo?
Articolo di Magister : Da Perón a Bergoglio. Col popolo contro la globalizzazione
RispondiEliminachiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351113
Tre brevi citazioni.
1.Il "popolo" in cui papa Francesco vede l'avanguardia di una rivoluzione mondiale contro l'impero transnazionale del denaro è quello che lui stesso descrive come composto da "cartoneros, riciclatori, venditori ambulanti, sarti, artigiani, pescatori, contadini, muratori, minatori". Appartiene a questi – dice – il futuro dell'umanità. Grazie a un processo di loro ascesa al potere che "trascenda i procedimenti logici della democrazia formale".
2.si sono avvicendati al microfono l'uno dopo l'altro il brasiliano Leonardo Boff, teologo della liberazione convertitosi alla religione della madre terra, l'italiano Gianni Vattimo, filosofo del "pensiero debole", e l'argentino Marcelo Sánchez Sorondo, arcivescovo cancelliere delle accademie pontificie delle scienze e delle scienze sociali e gran consigliere di papa Bergoglio.
3. Applauditissimo e con al fianco un compiaciuto Sánchez Sorondo, Vattimo ha perorato la causa di una nuova Internazionale comunista e insieme "papista", con Francesco come suo indiscusso leader, l'unico capace di guidare una rivoluzione politica, culturale e religiosa contro lo strapotere del denaro, nella "guerra civile" in corso nel mondo che – ha detto – è travestita di lotta al terrorismo ma è in realtà la lotta di classe del XXI secolo contro la moltitudine di tutti gli oppositori al capitalismo.
L'assunto non sembra però del tutto convincente.
RispondiElimina@ L'ecologismo di Bergoglio fa regredire il Cattolicesimo all'animismo.
RispondiElimina@ Il filosofo Vattimo appoggia il Papa nella sua "rivoluzione"?
Il filosofo Vattimo e' filosoficamente un esistenzialista, uno dei tanti epigoni di Heidegger.
Ha teorizzato, assieme ad altri, il c.d. "pensiero debole", che sarebbe (a capirci qualcosa) il pensiero che non si occupa dei grandi temi della metafisica (che sarebbe morta) ma solo dell'attimo contingente, legato alla situazione, che gli fabbrica "il progetto" in base al quale vivere. Vivere edonisticamente, ovvio. Vattimo e' anche omosessuale dichiarato e convinto, in prima linea da anni nell'attivismo gay. "L'internazionale" da lui esaltata e' anche "arcobaleno". Come dice il vecchio proverbio: "dimmi con chi vai e ti diro' chi sei".
Sulla faccenda che tutte le religioni sono uguali, magari con qualcuna più uguale delle altre...
RispondiEliminaAllora l'ha detto per davvero:
https://www.facebook.com/197268327060719/photos/a.210315405756011.46173.197268327060719/825847650869447/?type=1&theater
Pasqualucci ha ben espresso qui sopra anche il mio pensiero. L'errore della filosofia moderna è il rifiuto del principio aristotelico-tomista della verità quale "adequatio intellectus et rei", di una verità oggettiva esistente "di per sé" e conoscibile, esplorabile, sia pure con sforzo. Perché il mondo è oggettivo, reale e razionalmente comprensibile. Di più, anche "buono", perché creato da Dio e quindi anche "razionale", perché espressione del "logos". Nel "nostro" Dio, contrariamente, ad esempio, di quello dell'Islam, che è volontarismo assoluto ("il fuoco è caldo ma potrebbe essere anche freddo, se Allah lo avesse voluto"), è Ragione, Creatore di un "kosmos" ordinato, razionale e, in quanto tale, conoscibile. Quando, giustamente, si attribuisce un'origine gnostica alla Rivoluzione, in tutte le sue sovversive forme, si è nel giusto: lo gnosticismo presuppone un mondo malvagio, irrazionale, caotico, che va redento dai "Perfetti". Anche con la violenza, se necessario.
RispondiEliminaPochi riflettono su quanto la scienza moderna abbia radici cristiane: solo una Weltanschauung che presuppone un mondo creato ordinato rende questo conoscibile ed esplorabile.
Ma il necessario punto di partenza è, appunto, l'oggettività dell'essere. Per semplificare, ancora Aristotele e San Tommaso.
Il ritorno a una filosofia "del senso comune", per dirla con Livi, alla filosofia perenne e alla legge naturale è il miglior antidoto contro lo storicismo, il relativismo, il soggettivismo che affliggono il mondo moderno e, purtroppo, anche la Chiesa.
Silente
su Vattimo
RispondiEliminahttp://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2000/06/04/vattimo-cosi-vivo-la-mia-omosessualita.html?refresh_ce
sottolineo e sottoscrivo, da G. Fallica
RispondiElimina"la vera teologia è solo quella che parte dalle verità di fede per approfondirle"
e da Silvio Brachetta
"In teologia, però, non si dimostra qualcosa di cui non si sa nulla, ma qualcosa di cui - l’uomo di fede - sa tutto. Lo sa poiché, semplicemente, glielo ha detto Dio, rivelandosi.
La teologia, insomma, non ha nulla a che vedere con la costruzione di un «sistema razionale».... Non occorre costruire nessun sistema: c’è già, per chi crede."
Auspico che queste verità base, che dovrebbero sgorgare da sè in chi è credente, quindi in chi si muove o si dovrebbe muovere solo nella Rivelazione,
e in quella crescere, senza sviare o cercare sempre "altro",
siano scolpite nei cuori, nelle menti e nelle penne di teologi in genere e specie sacerdoti, vescovi, cardinali e papi,
perchè è da troppo tempo che sono state perse di vista, con danno incommensurabile.
Vattimo......quello che raccolse le firme per impedire a Papa Benedetto di parlare alla Sapienza, poi, quando venne fuori il suo nome tra gli altri si arrabbiò pure....tanto per capire che testina, fa il trio con Odifreddi, D'Arcais e la gioia dei palindromi Asor Rosa, Heidegger era un'altra cosa, hai voglia pedalare, pure Habermas li straccia bellamente.
RispondiEliminaEh, già, ora se il VdR chiedesse di parlare alla Sapienza ( di cosa poi?) lo accoglierebbero con la fanfara e gli regalerebbero una laurea honoris causa in Scienze della Comunicazione.
RispondiEliminaRr