Oggi, venerdì, è il giorno dedicato alla Preghiera di Riparazione. Vi ricordiamo le preghiere, complete delle Litanie del Sacro Cuore, che [trovate qui].
Prosegue la devozione riparatrice dei cinque sabati per il Cuore Immacolato: potete leggere o scaricare da qui, la guida compilata da Don Marino Neri.
Aggiungo di seguito, come Lettura formativa per questa settimana, un altro testo tratto da “Il libro della mia vita” di Santa Teresa d'Avila, per rimanere e progredire nel clima di preghiera e di contemplazione in cui ci hanno introdotto i precedenti.
Santa Teresa d’Avila, “Il libro della mia vita”
CAPITOLO 19
(Vedi Precedenti: cap. 10 – cap. 11 – cap. 12 – cap. 13 – cap. 14 - cap. 15 e 16 - cap. 17 e 18)
Prosegue nello stesso argomento, iniziando la spiegazione degli effetti che opera nell’anima questo grado di orazione. Esorta vivamente a non tornare indietro e a non lasciare l’orazione, anche se dopo questa grazia si torni a cadere. Parla dei danni che in questo caso ne verrebbero. È molto importante e di grande consolazione per i deboli e i peccatori.
1. Dopo questa orazione e questa unione, l’anima rimane presa da grandissima tenerezza, tanto che vorrebbe struggersi in lacrime, non di pena, ma di gioia e si trova bagnata di lacrime senza accorgersene né sapere quando né come pianse, ma le dà grande gioia vedere quell’impeto di fuoco mitigato dall’acqua che, al tempo stesso, lo fa aumentare. Sembra, il mio linguaggio, arabo, ma è proprio così. Mi è accaduto, a volte, in questo grado di orazione, di trovarmi così fuori di me da non sapere se la gioia che provavo fosse un sogno o una realtà; ma, vedendomi immersa nelle lacrime che sgorgavano senza pena con tanto impeto e rapidità da sembrare piovute da una nube del cielo, capivo che non era un sogno. Ciò mi accadeva all’inizio, quando l’orazione durava poco.
2. L’anima resta così piena di coraggio che, se in quel momento la facessero a pezzi per Dio, le sarebbe di grande gioia. È l’ora delle promesse e delle decisioni eroiche, degli ardenti desideri, il momento in cui comincia a disprezzare il mondo, vedendone chiaramente la vanità. È avvantaggiata molto di più e in più alto grado che nelle orazioni precedenti e la sua umiltà è più grande, perché sa con certezza che non è dovuto ad alcuna sua diligenza il conseguimento di quella meravigliosa e straordinaria grazia, non essendo intervenuta né per acquistarla né per conservarla. Vede benissimo d’essere profondamente indegna perché, in una stanza dove entra molto sole, non vi è ragnatela che rimanga nascosta; la sua miseria è evidente. È così lontana dalla vanagloria che le pare impossibile averla, costatando con i propri occhi il poco o nulla che può fare, perché qui non c’è stato quasi neanche il suo consenso. Infatti sembra che, suo malgrado, siano state chiuse le porte a tutti i sensi perché possa godere meglio del Signore. Resta, così, sola con lui; che altro deve fare se non amarlo? Non vede né ode, se non con grandi sforzi: c’è poco di cui compiacersi. In seguito le si presentano innanzi con grande verità la sua vita passata e la gran misericordia di Dio, senza che l’intelletto abbia bisogno di andarne in cerca, trovando lì pronto di che mangiare e intendere. Riconosce di meritare l’inferno e, vedendosi punita con il paradiso, si scioglie in lodi di Dio. Anch’io vorrei farlo ora. Siate benedetto, mio Signore, che da una melma così sporca come sono io fate uscire un’acqua così limpida perché sia degna della vostra mensa! Siate lodato, o delizia degli angeli, per voler elevare tanto un così misero verme!
3. Questi vantaggi restano per qualche tempo nell’anima; essa ormai, sapendo chiaramente che i frutti non sono suoi, può accingersi a condividerli con altri, senza che abbia a mancarne lei. Comincia a mostrarsi quale anima custode di tesori celesti che desidera spartire con altri, e a supplicare Dio perché non sia la sola ad essere ricca. Comincia a giovare al prossimo, quasi senza accorgersene né far niente di suo. Gli altri però se ne accorgono, perché ormai il profumo dei fiori è talmente aumentato da far loro desiderare di starle vicino. Comprendono che è ricca di virtù, vedendo i frutti così appetitosi, e vorrebbero mangiarne con lei. Se la terra di quest’anima è stata zappata a fondo con fatiche, persecuzioni, mormorazioni e malattie – giacché pochi possono giungere a tale stato senza tutto questo – e se si è ammorbidita con il distacco assoluto da ogni umano interesse, s’imbeve tanto di acqua che difficilmente potrà più inaridirsi. Ma se è terra ancora attaccata al mondo e tutta ingombra di spine, come lo ero io all’inizio, e non è ancora esente da occasioni né grata quanto merita una grazia così eccelsa, torna a inaridirsi. Se il giardiniere non ci bada, e il Signore, per sua bontà, non torna a far piovere, potrete pur considerare perduto il giardino. Così mi è accaduto alcune volte e, certo, è una cosa che mi spaventa né potrei crederla se non ne avessi fatto esperienza. A conforto di anime deboli come la mia, dico che non devono mai disperare né cessare di confidare nella grandezza di Dio. Anche se, dopo essere state su una cima così alta qual è quella a cui il Signore le ha fatte pervenire in questo stato, tornano a cadere, non si scoraggino, se non vogliono perdersi del tutto, perché le lacrime ottengono qualunque cosa: un’acqua attira l’altra.
4. Uno dei motivi che mi hanno incoraggiato, pur essendo quella che sono, a obbedire all’ordine di scrivere ciò e a dar conto della mia spregevole vita e delle grazie che mi ha fatto il Signore – quando, invece di servirlo, lo offendevo – è stato questo. Certo, io vorrei avere grande autorità per essere creduta a tale riguardo e supplico il Signore che me la dia. Ripeto che nessuno di quelli che hanno cominciato a praticare l’orazione si perda d’animo con il dire: «Se ritorno a essere un peccatore, andare avanti nell’esercizio dell’orazione è peggio». Io credo che lo sia se abbandona l’orazione, senza cercare di emendarsi dal peccato, mentre se non l’abbandona, sia certo che essa lo condurrà al porto della luce. In questo subii molti assalti da parte del demonio; soffrii tanto da credere che fosse poca umiltà praticare l’orazione, essendo così peccatrice che, come ho già detto, tralasciai di praticarla per un anno e mezzo, o almeno un anno, perché del mezzo non mi ricordo bene. Continuare così non sarebbe stato altro – né altro era – se non mettermi io stessa nell’inferno, senza bisogno di demoni che mi ci facessero andare. Oh, Dio mio, che enorme cecità! E come riesce bene il demonio nel suo intento col gravare in questo la mano! Il demonio sa bene che per lui è perduta l’anima perseverante nella pratica dell’orazione, e che tutte le cadute a cui la spinge le sono d’aiuto, per la bontà di Dio, a farle spiccare poi un balzo più alto nel suo servizio; si può ben capire quanto gli importi evitarlo.
5. Oh, Gesù mio! Che spettacolo vedere come a un’anima caduta in peccato, dopo essere giunta qui, voi, per vostra misericordia, tornate a dar la mano sollevandola! Come si rende essa conto allora delle infinite vostre grandezze e misericordie e della propria miseria! È questo il momento in cui, riconoscendo la vostra magnanimità, si sente davvero annientare; il momento in cui non osa alzare gli occhi o li alza solo per vedere ciò che vi deve; il momento in cui si fa devota della Regina del cielo perché vi plachi; il momento in cui invoca i santi che caddero dopo essere stati da voi chiamati, perché l’aiutino; il momento in cui le sembra troppo quel che le date, perché sa di non meritare neanche la terra che calpesta; il momento di accostarsi ai sacramenti, per la fede viva che la anima nel vedere la virtù che avete in essi riposta, di profondere lodi perché avete lasciato per le nostre piaghe medicina e unguento tali che non le rimarginano solo superficialmente, ma le fanno sparire del tutto. Questo la riempie di stupore, e chi, Signore dell’anima mia, non ha da stupirsi di una misericordia così grande e di così accresciuto favore a compenso di un tradimento così ripugnante ed esecrabile? È solo perché sono perversa se, scrivendo queste cose, non mi si spezza il cuore.
6. Con queste lacrimucce che qui piango, date da voi, perché quando vengono da me sono acqua di assai cattivo pozzo, mi sembra di ripagarvi di tanti tradimenti commessi, sempre peccando e cercando di distruggere le vostre grazie. Avvaloratele voi, mio Signore: schiarite un’acqua così torbida, non fosse altro che per impedire che ad alcuno venga la tentazione di avventare giudizi, come ho fatto io, nel chiedersi perché, o Signore, lasciavate da parte tante sante persone che vi hanno servito e hanno lavorato per voi, educate nella religione e veramente religiose – non come me che di religiosa avevo solo il nome – e non facevate loro, come vedevo chiaramente, le grazie che concedevate a me. Ma capisco, o mio Bene, che voi tenete in serbo il premio per darlo loro tutto in una volta, mentre la mia debolezza ne ha bisogno subito. Ormai esse, da forti, vi servono anche senza ricompensa, e voi le trattate come gente intrepida e non interessata.
7. Ciò nondimeno voi sapete, mio Signore, che molte volte io vi ho implorato di perdonare chi mormorava di me, perché mi sembrava che avessero ragione da vendere. Questo accadeva, Signore, quando, per vostra bontà, mi sorreggevate perché non vi offendessi tanto e io già cercavo di allontanarmi da tutto ciò che mi sembrava potesse dispiacervi: appena feci questo, voi, Signore, cominciaste ad aprire i vostri tesori in favore della vostra serva, come se non aveste aspettato altro se non che vi fosse in me volontà e disposizione a riceverli, data la rapidità con cui prendeste non solo a darmeli, ma anche a volere che si capisse che me li davate.
8. Quando furono noti tali favori, si cominciò ad avere buona opinione di colei che non tutti avevano ancora capito quanto fosse colpevole, benché molti indizi ne trasparissero. Ma all’improvviso si cominciò anche a mormorare e a perseguitarmi e, a mio parere, ben a ragione. Pertanto non nutrivo inimicizia per nessuno, ma supplicavo voi di considerare quanto buon diritto ci fosse per farlo. Dicevano che volevo passare per santa e che inventavo novità, mentre non ero ancora arrivata a osservare bene la mia Regola, né al livello delle ottime e sante monache che erano nel monastero (né credo di poter mai raggiungere tale livello, se Dio, nella sua bontà, non farà tutto lui), anzi ero solo capace di togliere le buone usanze e introdurne altre che non lo erano; per lo meno facevo tutto il possibile per introdurle, e nel male potevo molto. Pertanto, non avevano alcuna colpa se mi accusavano. E non erano solo monache, ma anche altre persone, che scoprivano i miei veri difetti, perché voi glielo permettevate.
9. Una volta, mentre recitavo le Ore, quando già da qualche tempo ero soggetta a questa tentazione, giunsi al versetto che dice: Tu sei giusto, Signore, e retti sono i tuoi giudizi; cominciai a pensare che gran verità essa fosse; infatti, in questa e in ogni altra cosa di fede, il demonio non ha mai avuto il potere di tentarmi in modo da farmi dubitare che voi, mio Signore, siate la fonte di ogni bene, anzi, mi sembrava che quanto più una verità non seguisse un ordine naturale, tanto più fermamente la ritenessi tale e m’ispirava profonda devozione. Nella vostra onnipotenza erano racchiuse, per me, tutte le meraviglie che potevate fare, e in ciò – come ripeto – non ho mai avuto dubbi. Chiedendomi, poi, perché, con la vostra giustizia, potevate permettere che molte vostre serve fedeli – come ho detto – non avessero i doni e le grazie che facevate a me, pur essendo io quella che ero, mi rispondeste: «Tu servimi e non pensare ad altro». Fu la prima parola che udii da voi, pertanto ne rimasi tutta sbigottita. Siccome in seguito spiegherò – insieme ad altre cose – questo modo di udire, non ne parlo qui, per non uscire fuori dal tema in questione, da cui credo d’essermi già molto allontanata. Quasi non so quel che mi dico. Si degni la signoria vostra, figlio mio, di tollerare queste digressioni, perché quando considero fino a che punto Dio mi ha sopportato e mi vedo in questo stato, non fa meraviglia che perda il filo del discorso. Piaccia al Signore che le mie dissennatezze siano sempre queste e non permetta più che io possa contravvenire alla sua legge in un sol punto! Piuttosto mi annienti all’istante.
10. basta già a far vedere le sue grandi misericordie il fatto che ha perdonato non una, ma molte volte tanta ingratitudine. A san Pietro perdonò una volta, a me molte; e con ragione il demonio mi tentava a non pretendere una stretta amicizia con colui che trattavo così manifestamente da nemica. Che grande cecità, la mia! Dove potevo credere di trovare rimedio se non in voi? Che follia fuggire dalla luce per andare sempre inciampando! Che umiltà piena di superbia creava in me il demonio nell’allontanarmi dalla colonna e dal bastone che dovevano sostenermi per evitare una così grave caduta! Oggi mi faccio il segno della croce, perché non mi sembra di aver mai corso pericolo così grande come in questa insidia che il demonio mi tendeva con il pretesto d’insegnarmi l’umiltà. Mi suggeriva il pensiero che, essendo così perversa, dopo aver ricevuto tante grazie, non potevo accostarmi all’orazione; che mi bastava recitare le preghiere d’obbligo, come tutte, e se non facevo bene neanche questo, come potevo pretendere di far di più? Era segno di poco rispetto e di tenere in poco conto i favori di Dio. Era bene pensare e capire questo, ma il grandissimo male fu di metterlo in pratica. Siate voi benedetto, Signore, per essere venuto in mio soccorso!
11. Così credo che il demonio dovette cominciare a tentare Giuda, solo che con me il traditore non osava farlo tanto scopertamente, ma a poco a poco sarebbe riuscito a gettarmi nello stesso abisso in cui gettò lui. Stiano attenti a questo, per amor di Dio, tutti coloro che praticano l’orazione. Sappiano che il tempo che io trascorsi senz’attendervi, la mia vita fu assai più disperata; vedete un po’ che buon rimedio mi dava il demonio e che bella umiltà: una grande inquietudine nel mio intimo. Ma come poteva riposare la mia anima? La sventurata si allontanava dal suo riposo, avendo sempre presenti le grazie e i favori ricevuti e vedendo che i piaceri di quaggiù le facevano nausea. Mi meraviglio come potesse accadere tutto ciò. Speravo sempre: non lasciavo mai la speranza (per quel che ora ricordo, perché devono esser passati più di ventun anni) di decidermi a tornare all’orazione, ma aspettavo di essere del tutto libera da ogni peccato. Oh, com’ero mal incamminata con questa speranza! Il demonio me l’avrebbe data fino al giorno del giudizio, per portarmi poi dritta all’inferno.
12. Poiché, dunque, pur attendendo all’orazione e alla lettura spirituale – cose con le quali potevo conoscere la verità e il cattivo cammino che seguivo – e importunando spesso il Signore con lacrime, ero così perversa da non sapermi difendere, una volta allontanatami da queste pratiche e abbandonatami a passatempi, con molte occasioni pericolose e pochi aiuti, anzi oserei dire nessuno, tranne l’aiuto per cadere, che cosa potevo sperare se non quello che ho detto? Credo che abbia gran merito davanti a Dio un religioso molto dotto dell’Ordine di san Domenico, che mi aprì gli occhi: egli – come ritengo d’aver detto – mi fece comunicare ogni quindici giorni; e meno male che cominciai a tornare in me! Anche se continuavo ad offendere il Signore, poiché non avevo smarrito del tutto la buona strada, sia pure a poco a poco, cadendo e rialzandomi, avanzavo in essa, e chi non lascia di andare avanti nel cammino, anche se tardi, alla fine arriva. Perdere la strada mi pare non sia altro che abbandonare l’orazione. Dio ce ne liberi per quello ch’egli è!
13. È chiaro da ciò – e lo si noti bene per amore del Signore – che, quantunque un’anima giunga a ricevere da Dio così speciali grazie nell’orazione, non deve mai fidarsi di sé, né esporsi in nessun modo ad occasioni, potendo sempre cadere. Ci si badi bene, perché è molto importante; l’inganno che qui può tramare il demonio, dopo tali favori, sebbene la grazia venga certo da Dio, è servirsene da traditore ai suoi fini, rivolgendosi a persone non progredite in virtù, né in mortificazione, né in distacco dal mondo. Infatti, in questo stato non sono ancora tanto forti da potersi esporre, come più avanti dirò, a occasioni pericolose, per quanto abbiano grandi desideri e generose risoluzioni… È, questa, una valida dottrina, e non mia, ma insegnatami da Dio; pertanto, vorrei che ne venissero a conoscenza altre persone ignoranti come me. Ripeto che, quantunque un’anima si trovi in questo stato, non deve, fidandosi delle sue forze, uscire all’attacco, perché avrà abbastanza da fare per difendersi. Qui sono necessarie armi per proteggersi dai demoni, e l’anima ancora manca di forze per combattere contro di essi e schiacciarli sotto i piedi, come fanno coloro che si trovano nello stato di cui parlerò in seguito.
14. Ecco l’inganno con cui il demonio ci prende al laccio: quando un’anima si è tanto avvicinata a Dio da vedere la differenza tra i beni del cielo e quelli della terra nonché l’amore che il Signore le dimostra, per effetto di quest’amore sente nascere fiducia e sicurezza di non più decadere da quello stato di godimento. Sembrandole di veder chiaramente il premio celeste, ritiene impossibile lasciare una felicità, che anche in questa vita è così piacevole e soave, per cose spregevoli e vili come sono i piaceri del mondo. Con questa sicurezza il demonio le toglie la diffidenza che deve avere di sé; pertanto, come ho detto, si espone a pericoli e comincia, con lodevole zelo, a distribuire i suoi frutti senza misura, persuasa di non dover più temere di sé. Questa convinzione non nasce da superbia, perché ben comprende l’anima che da sé non può nulla, ma dall’abbandonarsi senza discrezione a troppa confidenza in Dio, non considerando che è un uccellino di primo pelo. Può uscire dal nido perché Dio la porta fuori, tuttavia non è in grado di volare, perché le sue virtù non sono ancora ben salde e manca di esperienza per accorgersi dei pericoli, né conosce il danno che le viene dal confidare in sé.
15. In ciò fu la mia rovina; per queste cose, come, d’altronde, per tutto, è necessario avere un maestro e trattare con persone spirituali. Credo, però, che, quando un’anima con l’aiuto di Dio raggiunge questo stato, se essa non lo abbandonerà totalmente, egli non cesserà di favorirla né permetterà che si perda. Ma qualora, come ho detto, dovesse cadere, badi, badi bene, per amore del Signore, che il demonio non la inganni con il farle lasciare l’orazione come faceva con me, per falsa umiltà; l’ho già detto e vorrei dirlo ancora molte volte. Confidi nella bontà di Dio che è più grande di tutto il male che possiamo fare, e quando noi, riconoscendoci colpevoli, vogliamo tornare alla sua amicizia, dimentica la nostra ingratitudine né ricorda le grazie che ci ha fatte e per le quali meriteremmo il suo castigo. Anzi, le nostre colpe lo inducono a perdonarci più presto, come gente di casa sua, che ha mangiato, come suol dirsi, il suo pane. Ricordino le sue parole e considerino ciò che ha fatto nei miei riguardi: mi sono stancata prima io d’offenderlo, che lui di perdonarmi. Egli non si stanca mai di dare, né le sue misericordie possono esaurirsi: non stanchiamoci di riceverle. Sia benedetto per sempre, e tutte le creature lo lodino! Amen.
Oggi e' il primo Venerdì , e' ancora presto , abbiamo ancora tanto tempo per fare un'opera buona :
RispondiEliminaTi adoro, o Croce Santa
Ti adoro, o Croce Santa,
che fosti ornata del
Corpo Sacratissimo del mio Signore,
coperta e tinta del Suo Preziosissimo Sangue.
Ti adoro, mio Dio,
posto in croce per me.
Ti adoro, o Croce Santa,
per amore di Colui che è il mio Signore.
Amen.
Recitata 33 volte il Venerdì Santo, il 2 Nov. e il 25 Dic.
libera 33 Anime del Purgatorio.
Recitata 50 volte ogni venerdì, ne libera 5.
Venne confermata dai papi Adriano VI,
Gregorio XIII e Paolo VI.