Prologo
L’editore Effedieffe (Proceno di Viterbo) ha pubblicato nel settembre 2015 il Commento alle XXIV Tesi del Tomismo fatto da don Curzio Nitoglia[1] per introdurre i giovani allo studio della vera filosofia di san Tommaso, che è l’unico reale antidoto al veleno delle false filosofie della modernità[2].
Le XXIV Tesi come antidoto al veleno kantiano
La Chiesa ha voluto che si raccogliessero in una specie di ‘Sillabo’ le Tesi genuine della filosofia tomistica. ‘Le XXIV Tesi del Tomismo’ composte dal gesuita padre Guido Mattiussi e approvate dal Magistero ecclesiastico (S. Pio X e Benedetto XV) contengono l’essenza della dottrina tomistica genuina per combattere la modernità e i suoi frutti avvelenati.
“Il male dell’epoca moderna è una malattia dell’intelletto che si chiama agnosticismo” (S. Pio X), secondo il quale il trascendente, può anche esistere, ma è assolutamente inconoscibile. Se vogliamo guarire da tale male dobbiamo ritornare al realismo aristotelico/tomistico della conoscenza fattoci conoscere dalle XXIV Tesi del Tomismo.
Il realismo della conoscenza
L’intelletto umano è capace di conoscere la realtà, è un fatto evidente a tutti gli uomini forniti di retta ragione ed onestà intellettuale e morale. Spesso l’errore intellettuale ha un’origine pratica o morale, ossia ci si vuol sbagliare e non si vuol ammettere la realtà per non cambiar vita.
Il pensiero moderno è impregnato di soggettivismo, relativismo, agnosticismo. In breve è caratterizzato da una “contro-filosofia”, che o “divinizza” l’Io (rendendolo idealisticamente creatore della realtà col suo pensiero), oppure relativizza al massimo la possibilità della intelligenza umana di conoscere teoreticamente la realtà, di giungere alla verità e quindi in pratica impedisce all’essere umano di vivere da vir o da vero uomo, che è un “animale razionale” (Aristotele e S. Tommaso), il quale deve “fare il bene e fuggire il male” (Sal., XXXIV, 15 ).
Non si può dubitare di tutto. Infatti nel momento in cui dico di dubitare, implicitamente affermo che son certo almeno di una cosa: di dubitare.
La filosofia realista eleva il buon senso[3], comune a tutti gli uomini capaci di intendere e volere, a scienza filosofica, la quale si basa sulla convinzione che esiste una realtà oggettiva indipendente dal pensiero dell’uomo, il quale ha un’intelligenza che non lo inganna, ma coglie il suo oggetto senza deformarlo anche se non lo conosce totalmente e perfettamente.
Per cui la verità esiste e consiste nell’adeguamento dell’intelletto alla realtà. L’idealismo (il quale asserisce, per eccesso, che il pensiero/intuitivo e non raziocinante o l’Io creano la realtà); la sofistica, l’agnosticismo, lo scetticismo (che negano, per difetto, la capacità umana di conoscere la realtà) si servono pur sempre della loro ragione per esaltare o criticare la ragione umana come se l’unica ragione intuitiva o veramente ragionevole fosse la loro.
Come si vede vi sono sostanzialmente due correnti filosofiche la prima la quale sostiene - secondo il buon senso e la retta ragione - che esiste una realtà oggettiva e che la si può conoscere in quanto esiste in sé ed è posta davanti al soggetto conoscente; la seconda è sostanzialmente una (irrealismo) e accidentalmente composita: crede che sia il pensiero umano a porre in essere la realtà (idealismo); che l’uomo non abbia la capacità di conoscere la realtà (agnosticismo) e che debba dubitare di tutto (scetticismo).
Per diagnosticare e curare questo morbo nulla di meglio che la conoscenza della sana filosofia perenne di S. Tommaso d’Aquino, riassunta nelle XXIV Tesi.
Dopo aver capito i princìpi fondamentali di essa lo studente e l’uomo retto, che non vuole farsi distruggere la ragione e diventare una “pecora matta”, può passare a studiare direttamente la Somma Teologica dell’Aquinate, che è stata tradotta in italiano e commentata dai Domenicani d’Italia sotto la direzione di padre Tito Centi e pubblicata in latino/italiano in 36 volumi dal 1949 al 1975 dall’Editore Adriano Salani di Firenze e poi ripresa e ristampata dalle Edizioni Studio Domenicano di Bologna, che ne hanno fatto anche una seconda tiratura in 6 volumi solo in italiano.
I primi due Commenti alla XXIV Tesi
I primi Commenti alle XXIV Tesi, quelli del loro medesimo autore padre Guido Mattiusi, in italiano per le Edizioni dell’Università Gregoriana di Roma (1917), e, in francese, del padre domenicano Edouard Hugon (1922) per l’Editore Téqui di Parigi, ma sono oramai fuori commercio. Nel 1949 p. Tito Centi ne fece un brevissimo riassunto di una sessantina di pagine nel I volume di Introduzione generale alla Somma Teologica di S. Tommaso d’Aquino (Firenze, Salani, pp. 265-326), ora ristampata dalle ESD di Bologna in 36 volumi.
Genesi delle XXIV Tesi
Leone XIII con la Lettera al Generale dei Francescani del 13 dicembre del 1885 già insegnava: «L’allontanarsi dalla dottrina del Dottore Angelico è cosa contraria alla Nostra volontà, e, assieme, è cosa piena di pericoli. […]. Coloro i quali desiderano di essere veramente filosofi, e i religiosi sopra tutti ne hanno il dovere, debbono collocare le basi e i fondamenti della loro dottrina in S. Tommaso d’Aquino»[4].
Con la promulgazione del motu proprio “Doctoris Angelici” del 29 giugno del 1914, San Pio X imponeva come testo scolastico la Summa Theologiae di San Tommaso alle facoltà teologiche, sotto pena d’invalidarne i gradi accademici. Papa Sarto richiamava l’obbligo di insegnare i princìpi fondamentali e le tesi più salienti del tomismo (“principia et pronuntiata majora”)[5].
San Pio X incaricò nell’inverno del 1914 il padre gesuita Guido Mattiussi di “precisare il pensiero di S. Tommaso sulle questioni più gravi in materia filosofica, e di condensarle in pochi enunciati chiari ed inequivocabili”[6]. Partecipò al lavoro anche Mons. Giuseppe Biagioli, professore di teologia dogmatica presso il Seminario di Fiesole[7].
Nell’estate del 1914 il card. Lorenzelli, Prefetto della ‘S. Congregazione degli Studi’, presentò le XXIV Tesi compilate da Mattiussi e Biagioli a San Pio X, che le approvò il 27 luglio del 1914.
Benedetto XV impose a p. Mattiussi di scrivere su La Civiltà Cattolica un ‘Commento delle XXIV Tesi’, che fu poi pubblicato a Roma dall’Editrice Gregoriana nel 1917.
Il 7 marzo 1916 la ‘S. Congregazione degli Studi’ a nome del papa Benedetto XV stabilì che “Tutte le XXIV Tesi filosofiche esprimono la genuina dottrina di San Tommaso e son proposte come sicure (tutae) norme direttive”[8]. Tuttavia «il Papa, pur insistendo “doversi proporre tutte le Tesi della dottrina di san Tommaso quali sicure regole direttive”, non imponeva il dovere di abbracciarle con assenso interno. Evidentemente Benedetto XV non voleva dare alle XXIV Tesi un valore dogmatico, ma un valore di alta importanza disciplinare […], come la dottrina preferita dalla Chiesa»[9].
Inoltre il Magistero ecclesiastico, con papa Benedetto XV, il 7 marzo 1917 decise che «le XXIV Tesi dovessero essere proposte come regole sicure di direzione intellettuale. […] Nel 1917 il ‘CIC’ nel canone 1366 § 2 diceva: “Il metodo, i princìpi e la dottrina di S. Tommaso devono esser seguiti santamente o con rispetto religioso”. Tra le fonti indicate il ‘Codice’ addita il ‘Decreto di approvazione delle XXIV Tesi’»[10].
Sempre papa Giacomo Della Chiesa nell’Enciclica Fausto appetente die (29 giugno 1921) insegnava: «La Chiesa ha stabilito che la dottrina di S. Tommaso è anche la sua propria dottrina (“Thomae doctrinam Ecclesia suam propriam esse edixit”)».
Pio XI nell’enciclica Studiorum ducem (1923) ha ribadito l’insegnamento delle Encicliche di Leone XIII, S. Pio X e Benedetto XV. Per cui se per un atto di estrema bontà la Chiesa permette o tollera che si insegni lo scotismo e il suarezismo, è certo che la sua dottrina è quella di S. Tommaso: “Ecclesia edixit doctrinam Thomae esse suam” (Benedetto XV, Fausto appetente die, 1921).
Le conseguenze dell’allontanamento dalla metafisica tomistica
Allontanarsi dalla metafisica dell’essere come actus ultimus omnium essentiarum comporta un grave pericolo di conclusioni disastrose. «Il più piccolo errore intorno alle prime nozioni di essere ecc., produce conseguenze incalcolabili ricordava San Pio X, citando queste parole di S. Tommaso: “Parvus error in principio, magnus est in fine”. Se si rigetta la prima della XXIV Tesi, tutte le altre perdono il loro valore»[11]. Si capisce allora perché San Pio X insegna nella Pascendi (8 settembre 1907) e nel Giuramento anti-modernista Sacrorum Antistitum (1° settembre 1910): “Ammoniamo i maestri di filosofia e teologia che facciano bene attenzione a ciò: allontanarsi anche solo un po’ dall’Aquinate, specialmente in metafisica, comporta un grave pericolo”.
Il tomismo è la dottrina preferita dalla Chiesa e S. Tommaso è il Dottore Comune o Ufficiale di Essa, ma la Chiesa non impedisce che si insegnino altri sistemi filosofici non esplicitamente eterodossi (lo scotismo e il suarezismo), anche se mette in guardia dalle conclusioni pericolose che se ne possono trarre: “Al di sopra di tutti gli infruttuosi esperimenti (di apertura alla modernità) la Chiesa segue la sua strada e ci ricorda via via quello che realmente ci aiuta a non allontanarcene. Questo ha fatto approvando le XXIV Tesi. Se i problemi del momento (la nouvelle théologie) si van facendo sempre più gravi, questa è una ragione per ritornare a studiare e capire la vera dottrina di S. Tommaso intorno all’essere, alla verità, al valore dei primi princìpi dai quali si risale con certezza all’esistenza di Dio. […]. Si tratta dei princìpi direttivi del pensiero e della vita morale, tanto più necessari quanto più le condizioni dell’esistenza umana si fanno maggiormente difficili e richiedono certezze più ferme”[12].
Conclusione
È per questo motivo che invito caldamente a studiare il Commento alle XXIV Tesi del Tomismo di don Curzio Nitoglia (possibilmente assieme alla sua Breve vita di S. Tommaso per capire meglio la sua dottrina[13]) edito da Efffedieffe per poter poi abbeverarsi direttamente alle fonti tomistiche, che altrimenti - senza una previa introduzione - potrebbero risultare ostiche all’uomo moderno. Il buon filosofo è colui che conosce la realtà, giudica rettamente ogni cosa alla luce dei princìpi per sé noti e della Causa prima e ordina tutto ad Essa e specialmente la sua vita.
P. P.
___________________________
1. Pagine 238, euro 15.00.
2. Il libro si può richiedere a www.effedieffeshop.com o info@effedieffe.com; tel. 0763. 71. 00. 69.
3. Cfr. R. Garrigou-Lagrange, Il senso comune, la filosofia dell’essere e le formule dogmatiche (1909), tr. it. Santa Severa (Roma), Leonardo da Vinci, 2013.
4. I migliori manuali di filosofia tomistica in lingua italiana ancora in commercio sono i seguenti: Battista Mondin, Filosofia sistematica, 6 voll., ESD, Bologna; Sofia Vanni Rovighi, Elementi di Filosofia, 3 voll., Brescia, La Scuola; una breve introduzione alla filosofia di S. Tommaso è quella di CURZIO NITOGLIA, Filosofia tomistica accessibile a tutti, Molfetta (BA), Noctua, 2006; cell. 347. 822. 05. 72; posta@noctuaedizioni.it.
5. Acta Apostolicae Sedis, 1914, p. 338.
6. Tito Sante Centi, Introduzione generale alla Somma Teologica, Firenze, Salani, 1949, vol. I, Le XXIV Tesi, p. 269.
7. P. De Töth, Luci e splendori di sacerdozio, magistero e apostolato di mons. Dottor Giuseppe Biagioli, Fiesole, 1938.
8. AAS, 1916, p. 157.
9. Tito Sante Centi († 19 maggio 2011), Introduzione generale alla Somma Teologica, Firenze, Salani, 1949, vol. I, Le XXIV Tesi, p. 271.
10. R. Garrigou-Lagrange, La sintesi tomistica, Brescia, Queriniana, 1953, p. 400.
11. R. Garrigou-Lagrange, La sintesi tomistica, cit., p. 408.
12. R. Garrigou-Lagrange, La sintesi tomistica, cit., p. 411.
13. Effedieffe, Proceno (VT), pagine 238, euro 15.00. Quasi in contemporanea l’Editore Effedieffe ha pubblicato una Breve vita di San Tommaso d’Aquino. Per meglio capire la sua dottrina, scritta dal don Curzio Nitoglia (70 pagine, 8. 00 euro), che recensirò prossimamente. Anche questo secondo libretto può essere richiesto a www.effedieffeshop.com o info@effedieffe.com; tel. 0763. 71. 00. 69.
Infaticabile, don Curzio!
RispondiEliminaNon concordo che per curare il male delle mille parole deformate dalla fiumana del nostro tempo si versino ancora altrettante. Questa non è una fede semplice per i semplici. E fede? O solo parole? Si è manifestata queste parole in carita nella speranza della vita eterna? Non dalle parole prendiamo la strada, ma dagli esempi. Gesù, che è Dio lo sapeva, e dovete morire in croce. Ma noi ci resistiamo a morire altrettanto. Preferiamo controscrivere... Poveri noi.
RispondiEliminaAnonimo,
RispondiEliminaabbiamo bisogno delle parole per esprimere idee, concetti, sentimenti, ma anche la Realtà.
Il Signore, oltre ad essere la Parola vivente, cosa usava per predicare e per rivelarsi?
E la parola, il linguaggio, non è ciò che distingue l'uomo dagli animali?
La fede semplice non ha forse bisogno di parole?
E non c'è anche una complessità, da esprimere a parole, da parte dell'uomo che non si accontenta, perché il Signore lo ha fatto aperto all'Infinito?
Anonimo,
RispondiEliminaSan Tommaso allora ha perso tempo?
Ricordo che quando era sul punto di bruciare la Summa, Gesù stesso gli disse "Bene de Me scripsisti Thoma" ed Egli desiste'.
I Papi hanno eseguito, nel corso dei secoli, la sintesi tra la Fede studiata con alta speculazione e la fede semplice da proporre al popolo. Anzi, tutti i documenti papali hanno un linguaggio nettamente elevato.
Ma poi: che ce l'ha data a fare la ragione il buon Dio se non per usarla?
Se Egli l'ha creata ci sarà un motivo.