Non ci si poteva esimere dal ricordare ancora questa data, solitamente taciuta dai media, ma anche dalla Chiesa recente, tutta presa a scusarsi anche di essersi difesa: ha mutato la vita nel nostro Continente a quel tempo, e per i secoli a venire; e, insieme, ci lascia misurare con inquietudine quanto la situazione nelle nostre terre sia mutata oggi, e di segno opposto.
__________________________________________________________________(Battaglia di Lepanto, Andrea Vicentino, Venezia, Palazzo Ducale)
7 ottobre 1571: San Pio V, il Papa di Lepanto
Da Ludwig von Pastor, "Storia dei Papi. Dalla fine del medio evo", Desclée, Roma 1950, vol. 8, 1566-1572.
Con indescrivibile tensione aveva Pio V tenuto gli occhi rivolti
all’Oriente. I suoi pensieri erano continuamente presso la flotta
cristiana, i suoi voti la precorrevano di molto. Giorno e notte egli in
ardente preghiera la raccomandava alla protezione dell’Altissimo. Dopo
che ebbe ricevuto notizia dell’arrivo di Don Juan a Messina, il papa
raddoppiò le sue penitenze ed elemosine. Egli aveva ferma fiducia nella
potenza della preghiera, specialmente del rosario.
In un concistoro del 27 agosto Pio V invitò i cardinali a digiunare
un giorno la settimana ed a fare straordinarie elemosine, solo colla
penitenza potendosi sperare misericordia da Dio in sì grande distretta.
Sua Santità – così notificò ai 26 di settembre del 1571 l’ambasciatore
spagnuolo – digiuna tre giorni la settimana e dedica quotidianamente
molte ore alla preghiera: ha ordinato anche preghiere nelle chiese. Per
assicurare Roma da un’improvvisa irruzione di corsari turchi, il papa al
principio di settembre aveva comandato che si terminasse la
fortificazione di Borgo. Soltanto molto rare arrivavano notizie
sull’armata cristiana e pertanto alla Curia si stava in penosa
incertezza. Fu quindi come una liberazione l’apprendere finalmente ai
primi di ottobre l’arrivo della flotta della lega a Corfù.
Giunta ai 13 di ottobre la nuova che la flotta turca trovavasi a
Lepanto e che quella della lega si sarebbe messa in movimento il 30
settembre, non v’aveva dubbio che il cozzo era imminente. Il papa,
sebbene fermamente fiducioso della vittoria delle armi cristiane, ordinò
tuttavia straordinarie preghiere diurne e notturne in tutti i monasteri
di Roma: egli poi in simili esercizi andava avanti a tutti col migliore
esempio. La sua preghiera doveva finalmente venire esaudita. Nella
notte dal 21 al 22 ottobre arrivò un corriere mandato dal nunzio a
Venezia Facchinetti e rimise al cardinal Rusticucci che dirigeva gli
affari della segreteria di Stato una lettera del Facchinetti contenente
la notizia portata a Venezia il 19 ottobre da Giofrè Giustiniani della
grande vittoria ottenuta presso Lepanto sotto l’ottima direzione di Don
Juan. Il cardinale fece tosto svegliare il papa, che prorompendo in
lagrime di gioia pronunziò, le parole del vecchio Simeone: “nunc dimittis servum tuum in pace”. Si alzò subito per ringraziare Iddio in ginocchio e poi ritornò in letto, ma per la lieta eccitazione non potè trovar sonno.
La mattina seguente si recò a S. Pietro per nuova calda preghiera di
ringraziamento, ricevendo poscia gli ambasciatori e cardinali ai quali
disse che ora dovevansi fare nel prossimo anno gli sforzi estremi per
continuare la guerra turca. In quest’occasione egli alludendo al nome di
Don Juan ripetè le parole della Scrittura: “fuit homo missus a Deo, cui
nomen erat Ioannes”. (…) Tanto Colonna quanto il papa avevano chiara
coscienza di quanto mancasse ancora per raggiungere la grande meta
dell’abbattimento della potenza degli ottomani: ambedue erano così
concordi sui passi da intraprendersi che Pio V associò il suo
esperimentato ammiraglio ai cardinali deputati per gli affari della
lega, che dal 10 dicembre tenevano quasi ogni giorno coi rappresentati
di Spagna, Requesens e Pacheco, e cogli inviati di Venezia due sedute,
spesso della durata di cinque ore.
Sotto pena di scomunica riservata al papa tutto era tenuto
rigorosissimamente segreto, perchè il sultano aveva mandato a Roma degli
spioni parlanti italiano. Nelle consulte ordinate dal papa nei mesi di
ottobre e novembre era venuta in prima linea la provvista dei mezzi
finanziarii; ora trattavasi principalmente dello scopo dell’impresa da
compiersi nella prossima primavera. E qui solo malamente i
rappresentanti sia di Spagna, sia di Venezia potevano nascondere la
gelosia e avversione, che nutrivano a vicenda. Gli interessi particolari
dei due alleati emersero sì fortemente che venne messa in forse
qualsiasi azione comune. I veneziani volevano servirsi della lega non
solo per riavere Cipro, ma anche per fare nuove conquiste in Levante.
Filippo II, invece, avverso ad ogni rafforzamento della repubblica di S.
Marco, fece dichiarare dal Requesens che la lega doveva in primo luogo
muovere contro gli stati berbereschi dell’Africa, perchè questi
tornassero in possesso della Spagna. In questa proposta i veneziani
videro una trappola per impedirli dalla riconquista di Cipro ed esporli
al pericolo di perdere anche Corfù mentre la loro flotta combatteva gli
stati berbereschi pel re di Spagna. A Venezia ritenevasi ora sicuro che
Filippo II volesse trarre il maggior utile possibile nel suo proprio
interesse dalle forze della lega.
Non può dirsi con certezza quanto le lagnanze per ciò sollevate siano
giustificate. Per giudicare rettamente il re di Spagna va in ogni modo
tenuto conto del contegno della Francia, il cui governo fu abbastanza
svergognato da proporre al sultano subito dopo la battaglia di Lepanto
un’alleanza diretta contro la Spagna. Filippo II era perfettamente a
giorno delle trattative che la Francia conduceva non solo col sultano,
ma anche cogli ugonotti, i capi della rivoluzione neerlandese e con
Elisabetta d’Inghilterra. In conseguenza egli doveva fare i conti con un
contemporaneo attacco d’una coalizione
franco-neerlandese-inglese-turca. Non fu pertanto solo gelosia verso
Venezia quella che guidò il re cattolico. Del resto lo stesso Don Juan
confessò ch’era contro il tenore del patto della lega rinunciare alla
guerra contro il sultano a favore di un’impresa in Africa.
Di fronte al contrasto degli interessi spagnuoli e veneziani
Pio V continuò a rappresentare la concezione più vasta e sommamente
disinteressata: egli pensava alla liberazione di Gerusalemme, a
cui doveva precedere la conquista di Costantinopoli. Ma, come scrisse
Zúñiga all’Alba il 10 novembre 1571, un colpo efficace nel cuore della
potenza ottomana era possibile soltanto in vista di un attacco
contemporaneo e all’impensata per terra e per mare. Di qui i continuati
sforzi di Pio V per arrivare a una coalizione europea contro i Turchi.
Se a questo riguardo nulla era da sperarsi dalla Francia, che nel luglio
aveva mandato un ambasciatore in Turchia, egli tuttavia sperava di
guadagnare all’idea almeno altre potenze, prima di tutti l’imperatore,
poi Polonia e Portogallo. A dispetto di tutti gli insuccessi finallora
incontrati egli coi suoi legati e nunzi continuò a spingere sempre a
questa meta.
Pio V cercava di utilizzare al possibile a questo riguardo il più
leggero segno di buona volontà. Così prese occasione dalle frasi
generiche, con cui Massimiliano II assicurò di essere disposto ad
aiutare la causa cristiana, per dargli l’aspettativa da parte degli
alleati di un aiuto di 20,000 uomini a piedi e di 2000 a cavallo.
L’imperatore ringraziò ai 25 di gennaio del 1572 dell’offerta deplorando
di non potere subito decidersi in un negozio di tale importanza. A Roma
il duca di Urbino fece risaltare che c’era poco da sperare da
Massimiliano ed anzi nulla dai principi tedeschi, specialmente dai
protestanti. In un memoriale del papa del gennaio 1572 egli sostenne con
buone ragioni l’idea che la guerra dovesse condursi là dove esercito e
flotta potessero operare congiunte e dove «noi siamo padroni della
situazione», quindi principalmente colla flotta in Levante. Se i Turchi
venissero attaccati in Europa dall’imperatore e dalla Polonia, tanto
meglio; ma la cosa principale è che si attacchi tosto, perchè chi
semplicemente si difende non combatte; chi vuole conquistare deve andare
avanti risoluto.
La lega quindi si volga contro Gallipoli aprendosi così lo stretto
dei Dardanelli. Ma per tale impresa era incondizionatamente necessaria
una intesa della Spagna con Venezia, mentre invece i loro rappresentanti
da mesi altercavano a Roma nel modo più spiacevole. Quando finalmente i
veneziani fecero la proposta, conforme alle clausole del patto della
lega del maggio 1571, di far decidere dal papa i punti contestati, anche
la Spagna non osò fare opposizione.
Decise Pio V che la guerra della lega dovesse continuarsi nel
Levante, che nel marzo la flotta pontificia si riunisse con la spagnuola
a Messina e s’incontrasse con la veneta a Corfù, donde le tre forze
unite dovevano procedere secondo gli ordini dei loro ammiragli, che gli
alleati aumentassero, potendolo, le loro galere fino a 250 e
procurassero secondo la proporzione prescritta nel patto della lega
32,000 soldati e 500 cavalieri oltre alla corrispondente artiglieria e
munizioni e che alla fine di giugno dovessero trovarsi riuniti a Otranto
11,000 soldati (1000 pontifici, 6000 spagnuoli e 4000 veneziani).
Ognuno degli alleati doveva preparare vettovaglie per sette mesi. Queste
convenzioni vennero sottoscritte il 10 febbraio 1572.
Il 16 Pio V ammonì il gran maestro dei Gerosolimitani di tenere
pronte le sue galere a Messina. I preparativi nello Stato pontificio,
pei quali il denaro venne procurato principalmente col Monte della Lega,
furono spinti avanti sì alacremente che nello stesso giorno si potè
inviare ad Otranto 1800 uomini. A Civitavecchia erano pronte tre galere
ed altre là erano attese da Livorno. Il papa era tutto pieno del
pensiero della crociata: egli viveva e movevasi nel progetto, di cui fin
dal principio era stato da solo l’anima.
Per dieci anni, così si espresse Pio V col cardinale Santori, deve farsi guerra ai Turchi per mare e per terra.
La bolla del giubileo, in data 12 marzo 1572, concedeva a tutti coloro,
che prendevano essi stessi le armi o volevano equipaggiare un altro o
contribuire con denaro, le stesse indulgenze che per il passato avevano
acquistate i crociati; i beni di quelli, che partivano per la guerra,
dovevano essere sotto la protezione della Chiesa nè potevano venire
pregiudicati da chicchessia; tutte le loro liti dovevano sospendersi
fino al loro ritorno o a che ne fosse accertata la morte ed essi
dovevano restare esenti da ogni tributo.
Da una notizia del 15 marzo 1572 appare quanto la faccenda tenesse
occupato il papa: in questa settimana si sono tenute in Vaticano niente
meno che tre consulte in proposito. Per infervorare Don Juan, alla fine
di marzo del 1572 gli vennero mandati come speciale distinzione lo
stocco e il berretto benedetti a Natale. Con nuove speranze Pio V
guardava al futuro: buona ventura gli risparmiò di vedere che la
gloriosa vittoria di Lepanto rimanesse senza immediate conseguenze
strategiche e politiche a causa della gelosia e dell’egoismo degli
spagnuoli e veneziani, che dal febbraio 1572 disputarono sulle spese
della spedizione dell’anno passato. Tanto più grandi furono però gli
effetti mediati.
Quanto profondamente venisse scosso l’impero del sultano, risulta dal
movimento che prese i suoi sudditi cristiani. Non era affatto
ingiustificata la speranza d’una insurrezione di cui sarebbe stata la
base la popolazione cristiana di Costantinopoli e Pera, che contava
40,000 uomini. Aggiungevasi la sensibile perdita della grande flotta,
che d’un colpo era stata annientata con tutta l’artiglieria e
l’equipaggio difficile a surrogarsi.
Se anche, in seguito della grandiosa organizzazione dell’impero e
della straordinaria attività di Occhiali, si riuscì a creare un nuovo
equivalente, l’avvenire doveva tuttavia insegnare che dalla
battaglia di Lepanto data la lenta decadenza di tutta la forza navale di
Turchia: era stato messo un termine al suo avanzare e l’incubo della
sua invincibilità era stato per la prima volta distrutto. Ciò
sentì istintivamente il mondo cristiano ora respirante più agevolmente.
Di qui la letizia interminabile, che passò rumorosa per tutti i paesi.
«Fu per noi tutti come un sogno», scrisse l’11 novembre 1571 a Don Juan
da Madrid Luis de Alzamara; “credemmo di riconoscere l’immediato
intervento di Dio”.
Le chiese de’ paesi cattolici risuonarono dell’inno di
ringraziamento, il Te Deum. Primo fra tutti Pio V richiamò il pensiero
al cielo: nelle medaglie commemorative, che fece coniare, egli pose le
parole del salmista: “la destra del Signore ha fatto cose grandi; da Dio
questo proviene”. Poichè la battaglia era stata guadagnata la prima
domenica d’ottobre, in cui a Roma le confraternite del rosario facevano
le loro processioni, Pio V considerò autrice della vittoria la potente
interceditrice, la misericordiosa madre della cristianità e quindi
ordinò che ogni anno nel giorno della battaglia si celebrasse una festa
di ringraziamento come “commemorazione della nostra Donna della
vittoria”.
Addì 1° aprile 1573 il suo successore Gregorio XIII stabilì che la
festa venisse in seguito celebrata come festa del Rosario la prima
domenica d’ottobre. In Ispagna e Italia, i paesi più minacciati dai
Turchi, sorsero ben presto chiese e cappelle dedicate a Maria della
Vittoria. Il senato veneto pose sotto la rappresentazione della
battaglia nel palazzo dei dogi le parole: “nè potenza e armi nè duci, ma
la Madonna del Rosario ci ha aiutato a vincere”. Molte città, come ad
es. Genova, fecero dipingere la Madonna del Rosario sulle loro porte ed
altre introdussero nelle loro armi l’immagine di Maria che sta sulla
mezza luna.
___________________________________________________________________Segnalazioni:
_Imola Oggi ricorda la giornata, citando l'art.661 c.p., sull’abuso della credulità popolare, a proposito dell'ideologia coatta pro immigrazione di massa. Previste manifestazioni davanti alle Prefetture. (al link, maggiori dettagli)
_Un mio post sullo stesso tema di qualche anno fa: http://esperidi.blogspot.it/2013/10/anniversario-della-battaglia-di-lepanto.html
_Un articolo, trovato in maniera del tutto casuale, riporta un'intervista a uno studioso, dalle idee e storia personale assolutamente diverse da me, e dalla maggior parte dei lettori del sito, ma che arriva a conclusioni anche più nette delle nostre, basandosi sul principio di realtà.
Da Libero, Renaud Camus parla ormai apertamente di sostituzione di popoli, in un testo volutamente non tradotto in italiano dalla stampa sotto tutela.
Le Grand Remplacement, cioè la Grande Sostituzione.
Spiega perché e soprattutto come si sta compiendo una sostituzione
di popoli ai danni degli europei.
(per maggiori dettagli, cliccare sui links segnalati)
Non virtus, non arma, non duces, sed Maria Rosarii victores nos fecit!
RispondiElimina...per mezzo di virtus, arma et duces. :)
RispondiEliminaBuongiorno Mic, ti invito a leggere l'odierno commento di Galli della Loggia sui rapporti con l'Islam. Non credo sia casuale che venga pubblicato propio il 7 di ottobre
RispondiEliminahttp://www.corriere.it/editoriali/15_ottobre_07/difficile-rapporto-l-islam-3b968bea-6cb4-11e5-8dcf-ce34181ab04a.shtml
Dice bene lister. Oltre al Rosario, e ciò che esso rappresenta in una vita di fedeltà, occorrono virtus arma et duces, di cui la preghiera (e la fedeltà) è l'anima perché procede dal radicamento nel Signore.
RispondiEliminaLa vittoria è del Signore ma noi non possiamo sottrarci dalla battaglia che parte, innanzitutto, da noi stessi.
L'aver mandato una flotta tanto grande e tanto litigiosa ,in un periodo dell'anno dove di regola non si navigava, a combattere così lontano dalle coste siciliane fu già un miracolo.Poi la vittoria che mise fine all'assedio dei turchi alle coste italiane fu completa ma non indolore.Quando dopo Lepanto i capi delle flotte vittoriose si riunirono per decidere il da farsi si accorsero con sgomento di non aver la forza per continuare la guerra e dovettero tornare indietro.Altri tempi , altri uomini ed altro clero....Senza la forza straordinaria della preghiera e l'intercessione della Madonna non avremmo mai vinto.Bobo
RispondiElimina"Fate suonare le campane di tutta Roma, abbiamo vinto a Lepanto!"
RispondiElimina(San Pio V mentre era assorto in preghiera e non poteva sapere, per vie naturali, l'esito della battaglia)
Sinodo.
RispondiEliminaTra i 72 interventi dei padri di ieri mattina, qualcuno avanza proposte che prevedono non una soluzione univoca per la questione dei divorziati risposati, ma soluzioni variabili da chiesa a chiesa, e da cultura a cultura.
Nell'omelia durante la messa a Santa Marta il papa ha detto: “Dove c’è il Signore c’è la misericordia. E Sant’Ambrogio aggiungeva: ‘E dove c’è la rigidità ci sono i suoi ministri’. La testardaggine che sfida la missione, che sfida la misericordia”. Era il suo commento alle letture del giorno che gli ha fatto ribadire un suo concetto chiave: un monito ai padri sinodali?
'Hijos a morir hemos venido, o a vencer si el cielo lo dispone.No deis ocasion para que el enemigo os pregunte con arrogancia impìa:" Donde està vuestro Dios?" Pelead en Su Santo nombre porque, muertos o victoriosos, habréis de alcanzar la inmortalidad'. Don Juan de Austria a Lepanto.
RispondiElimina@ Japhet delle 9,52 -
RispondiEliminacosa vuol dire soluzioni variabili da chiesa a chiesa e da cultura a cultura? s'intende da nazione a nazione od anche da diocesi a diocesi, oppure da continente a continente?, visto che c'è la chiesa africana, la chiesa dell'America latina o teologia della liberazione, chiesa frammista europea?
Si potrebbe avere qualche chiarimento in merito?, grazie Japhet.
Ma l'avete sentita sulla TV La7 l'ultima di quel prete trentino (sembra che la curia lo abbia estromesso dagli incarichi) ""meglio un prete pedofilo che un prete omosessuale"" - ma cosa c'è rimasto dentro la Chiesa Cattolica di Cristo? Il Signore tramite gli Apostoli ci ha trasmesso una Dottrina ed una Fede, possibile che in questi ultimi decenni i seminari abbiano sfornato solo marciume ed immondizia?
RispondiEliminaMa non lo sapeva la vecchia gerarchia che se ad un palazzo tagli le colonne portanti, il palazzo crolla? ed ora stà crollando tutto - poi dopo questo sinodo.....
Ma non bastava il (mons.?) polacco omosessuale col suo amico? ogni giorno di male in peggio; Speriamo che il Signore provveda, e che che le nostre preghiere arrivino alla Sua Madre SS.ma.
sull'autodifesa legittima, Don Curzio Nitoglia scrisse questo:
RispondiEliminaDavvero il Cristianesimo equivale sempre a porgere l'altra guancia? Anche fino a permettere lo scempio dell'indifeso? Fino a farsi complici con gli oppressori?
http://doncurzionitoglia.net/2013/06/11/il-cristianesimo-equivale-a-porgere-laltra-guancia/
"Una piena adesione allo spirito del Vangelo non sopprime in noi il diritto alla legittima difesa (“vim vi repellere licet/è lecito respingere la forza con la forza”) e nel prossimo il diritto ad essere da noi amato, protetto e difeso contro tutte le minacce del male.
Chi può essere così incoerente da indurirsi, appunto per amore di Cristo, a consentire ad un bruto di uccidere un bambino, pur potendo impedire l’aggressione? È assurdo appellarsi a un Vangelo della non violenza, si tratterebbe della più ridicola e irritante caricatura del Cristianesimo. Quel che si dice del singolo, vale con più ragione dello Stato, che deve tutelare la vita, l’onore, i beni, la libertà dei cittadini contro ogni ingiusto aggressore, ricorrendo – se necessario – anche alla forza."
"In ciò la dottrina di S. Paolo esclude ogni dubbio: “I governanti non sono da temere quando si fa il bene, ma quando si fa il male. Vuoi non aver da temere l’autorità? Fa il bene […]. Ma se fai il male, allora temi, perché non invano essa porta la spada; è infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi opera il male” (Rom., XIII, 3-4). La mansuetudine evangelica non va confusa con la passività e arrendevolezza a coloro che vogliono il male del prossimo.
RispondiEliminaPerciò è a sproposito che si cita il Vangelo di Matteo (V, 39) “A chi ti picchia la guancia destra porgi anche l’altra” per negare la liceità dell’autodifesa. Il significato o lo spirito del versetto evangelico è quello che ci è dato dai Padri della Chiesa. Nel versetto precedente (V, 38) Matteo scrive: «Avete udito che fu detto ‘occhio per occhio dente per dente’». Vale a dire nella Legge antica, per non sorpassare i limiti della legittima difesa, si diceva che si poteva al massimo rendere pan per focaccia, ossia se ci era stato offeso un occhio si poteva rioffendere un solo occhio del prossimo, non entrambe né ucciderlo.
S. Agostino commenta «questa legge detta del taglione, mirava a contenere gli eccessi della difesa, che avrebbe potuto far passare dal legittimo all’illegittimo o sproporzionato. La legge del taglione mirava ad eguagliare la pena o la difesa all’offesa e faceva in modo che la persona lesa non trascendesse nella legittima difesa. Poneva dunque un limite all’ira affinché non divenisse sproporzionata. Non è colpevole chi vuole che sia punito giustamente chi lo ha offeso ingiustamente, ma siccome nel volere la pena facilmente ci si fa prendere dall’odio e dall’orgoglio, è meglio perdonare. Così la Legge antica non è contraddetta, ma perfezionata dalla nuova ed evangelica, la quale allontana il rischio di eccesso di legittima difesa ancor meglio della legge del taglione. Perciò se occorre sii disposto a perdonare, ma non ti ci devi sottomettere senza necessità. Infatti ciò potrebbe essere imprudenza e falsa umiltà e quasi un provocare Dio. Gesù stesso percosso rispose: “perché mi percuoti? E non porse l’altra guancia” (Io., XVIII). Il Vangelo qui non vieta il castigo del male e del reo il quale giovi a correggerlo, se fatto senza ira disordinata» (In Matth. V, 38)."
"In breve, la legge del taglione (Es., XXI, 24; Deut., XIX, 21; Lev., XXIV, 19) pur essendo buona in sé, poteva favorire i desideri di vendetta personale e esagerata. Gesù non la abroga ma la perfeziona invitando a perdonare le offese fatte alla nostra persona e ad abbandonare ogni spirito vendicativo o di difesa esagerata. Resta fermo il principio di legittima difesa “vim vi repellere licet cum moderamine inculpatae tutelae/è lecito respingere la forza con la forza, con una reazione proporzionata all’azione offensiva”. Gesù non proibisce che ci si opponga agli attacchi ingiusti, in maniera proporzionata. Per illustrare questo principio della legittima difesa senza eccessi, il Vangelo ci fornisce l’esempio parabolico e paradossale, da non prendersi alla lettera.
RispondiEliminaSan Tommaso d’Aquino nella Summa Theologiae (II-II, q. 64, a. 7) si chiede “se sia lecito uccidere per difendersi” e risponde che “dalla difesa personale derivano due effetti, il primo è la conservazione della propria vita; l’altro è l’uccisione dell’ingiusto aggressore. Orbene, questa difesa è lecita, poiché con essa si vuole conservare la propria vita, il che è una tendenza naturale in ogni ente vivente. Tuttavia se la reazione fosse sproporzionata all’aggressione o al fine della difesa: mantenere la propria vita, sarebbe illecita. Quindi, se per difendere la propria vita si usa maggiore forza del necessario, ciò è illecito. Se invece si reagisce con moderazione o proporzione al fine e all’aggressione da respingere, allora essa è lecita”.
Padre Tito Centi nel Commento alla Somma Teologica scrive “Pur affermando di amare il prossimo con somma generosità, Cristo e gli Apostoli non intendono considerare peccaminoso l’esercizio dei diritti naturali dell’amore verso se stessi e della conservazione personale”.
Quindi il cristianesimo non solo non nega la legittima difesa personale, ma neppure che la guerra e la pena di morte possano essere giuste, in quanto esse sono il diritto di legittima difesa applicato alle nazioni e alla Società civile che si difende dal delinquente il quale la distruggerebbe se lasciato il libertà[1] (S. Th., II-II, q. 40, a. 1)."
Maurizio Blondet, excellent comme à l'accoutumée :
RispondiEliminahttp://www.maurizioblondet.it/dite-quel-che-volete-ma-certe-foto-aprono-il-cuore/
varie news
RispondiEliminahttp://www.christianaid.org/News/2015/mir20151001.aspx
o
Bambini indottrinati dall'imam: "Siamo pronti a farci esplodere"
Emergono i dettagli delle indagini dell'antiterrorismo sull'islam radicale nel Triveneto. Non solo ostilità contro l'Occidente, ma vere e proprie istigazioni alla guerra santa.
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ci-armeremo-contro-voi-italiani-cos-limam-indottrinava-i-bim-1179524.html
http://messaggeroveneto.gelocal.it/udine/cronaca/2015/10/06/news/le-frasi-choc-l-algerino-espulso-1.12211794?ref=hfmvudea-1
http://www.ilgiornaleditalia.org/news/cronaca/869989/Ad-offendere-i-musulmani-e-anche.html
@Bernardino
RispondiElimina"Ma l'avete sentita sulla TV La7 l'ultima di quel prete trentino..."
per iscritto è qui.
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/prete-che-giustifica-pedofilia-se-mi-cacciano-predicher-bar-1179859.html
sostiene che capisce la pedofilia...motivando che sarebbero i i bambini che cercano affetto. Perchè adesso l'affetto sarebbe quello lì? E' pazzo.
Però non capisce casomai atti omosex tra adulti consapevoli e consenzienti.
E una bella macina al collo?
Ci vorrebbero un bel po' di scomuniche.
@bernardino
RispondiEliminasul sinodo, e sulle "(in)discipline familiari"
"cosa vuol dire soluzioni variabili da chiesa a chiesa e da cultura a cultura?"
significa relativizzare la Verità. I principi esigenti del Vangelo ora cambiano, secondo il vdr, a seconda della latitudine e dei "secondo me". Una cosa vera nella Fede per i Vescovi africani, per es., può non esser valida in terra tedesca.
Significa far a pezzi il Sacro Edificio della Dottrina con i "secondo me" piegandosi agli usi locali, come che NON esistesse una verità Rivelata valida sempre e dovunque, e a cui convertirsi comunque.
"...Nel 1967 Paolo VI, prima del viaggio apostolico in Turchia, aveva già restituito alle autorità turche un antico stendardo, preso al tempo della battaglia di Lepanto del 1571, che, da allora, si conservava nelle collezioni del Vaticano..."
RispondiEliminaL'articolo su Radio Vaticana dice "preso", anziché conquistato.
Quanto al gesto di Montini, non ci sono commenti.
http://it.radiovaticana.va/storico/2006/11/25/viaggio_del_papa_in_turchia_allo_studio_la_visita_alla_moschea_blu_di/it1-105511
Grazie, Josh, del post e di tutti i contributi successivi!
RispondiEliminaGrazie a voi e di tutti i contributi!
RispondiElimina@Baronio, sui gesti di Montini...allarghiamo anche la visuale:
RispondiEliminaSan Nikola Tavelić e Compagni furono martirizzati il 14 novembre 1391 dai musulmani in Terra Santa, per essersi rifiutati di abiurare la fede.
Paolo VI cita il loro caso in un'Omelia, questa del 21 giugno 1970:
http://www.vatican.va/holy_father/paul_vi/homilies/1970/documents/hf_p-vi_hom_19700621_it.html
vi si cita la Nostra Aetate.
estraggo:
"Narra la storia che Nicola Tavelić ed i suoi compagni furono martiri volontari, i quali, più che subire l’orrendo supplizio a loro inflitto, ad esso si esposero. [...]
La memoria diviene attualità, Noi stiamo a guardare. La storia diventa maestra. Pone un confronto fra queste lontane figure di frati idealisti, imprudenti, ma esaltati da un amore positivo [...]
Ed un secondo sentimento succede al primo con una domanda imbarazzante: ma allora dobbiamo inasprire i dissensi con la società che ci circonda, e aggredirla con polemiche e con contestazioni, che rompono i nostri rapporti col nostro tempo e che accrescono le difficoltà della nostra presenza apostolica nel mondo? È questo l’esempio che dobbiamo raccogliere da questi valorosi oggi canonizzati Santi?
No; noi non crediamo. A ben leggere nella loro storia e soprattutto nei loro animi, noi vediamo che non è uno spirito d’inimicizia che li spinse al martirio, ma piuttosto di amore, di ingenuo amore, se volete, e di folle speranza; un calcolo sbagliato, ma sbagliato per desiderio di giovare e di condurre a salvamento spirituale quelli stessi che essi provocarono a infliggere loro la terribile repressione del martirio. Questo è importante. È importante per il mondo della nostra così detta civiltà occidentale; il Concilio ce lo insegna.
Ed è importante anche per quel mondo islamico nel quale si svolse e si consumò la tragedia di S. Nicola Tavelić e dei suoi Compagni: essi non odiavano il mondo musulmano; anzi, a loro modo, lo amavano. E certo lo amano ancora, e quasi personificano nella loro storia l’anelito cristiano verso il mondo islamico stesso, che la storia dei nostri giorni ci fa sempre meglio conoscere, fortificando la speranza di migliori rapporti fra la Chiesa cattolica e l’Islam: non ci ha esortato il Concilio «a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, non che a difendere e a promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà»? (Nostra aetate, 3)
p.s.: nella Tradizione cattolica l'imprudenza (e dunque il martirio "cercato" e "provocato") non è indice di santità, ma del suo contrario. Per cui non si capisce l'omelia di Paolo VI, che accusa quei martiri di essere stati imprudenti e provocatori e anzi ostili al Concilio anzitempo e alla Nostra Aetate...
in pratica, quando l'islam ti martirizza, te la sei cercata ed è colpa tua!
Josh,
RispondiEliminastendiamo DEFINITIVAMENTE un pietoso e spesso velo su Montini, che meglio sarebbe stato per lui e per tutti se avesse accettato il suo essere, non si fosse fatto prete, e avesse vissuto la sua vita ritirato, discretamente, magari non immischiandosi neanche alla politica, così da fare anche lì più male che bene.
Rr
Caro Josh,
RispondiEliminadici benissimo.
Guarda cosa avevamo scritto qui:
http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2013/05/sui-martiri-cristiani-e-il-post-concilio.html
Caro Josh,
RispondiEliminaCerca Nicola Tavelic ed i suoi compagni, nella mente della Chiesa del Concilio il santo doveva dialogare, doveva cercare un nuovo lingguagio, come ha detto Bergoglio:
""La Chiesa deve rinnovare il proprio linguaggio. Non deve escludere ma abbracciare nuove realtà". La Chiesa ha bisogno di un linguaggio che deve essere rinnovato, "un linguaggio di misericordia". Anche nei confronti degli omosessuali la Chiesa deve "rinnovare il suo linguaggio. Non pietà ma rispetto delle persone"".
Io voleva vedere un catoprogressista davanti una situazione con possibilità di martirio...
Cerca il commento di Baronio:
Immagino che i mussulmani devono avere compreso la restituizione dello stendardo come una grazia di Alah. Un incentivo grande, ma molto grande incentivo per la jihad. Non solo per la recuperazione del stendardo, ma per il chiaro segno di debolezza di un Papa.
Oggi giorno della Battaglia di Lepanto è pure il compleanno di Vladimir Putin. Senza farne un santino, è l'unico che sta combattendo l'Isis, non si vergogna di parlare di valori cristiani e parla chiaro contro il gender. Buon compleanno Presidente!
RispondiEliminaISLAMICI AMPUTANO DITA A 12ENNE CRISTIANO PERCHÉ SUO PADRE SI CONVERTA: POI LO CROCIFIGGONO – Gli islamici di ISIS hanno amputato le dita di un ragazzo cristiano di fronte a suo padre, prima di crocifiggere entrambi. Il gruppo islamico stava cercando di costringere i cristiani siriani in un villaggio nei pressi di Aleppo a convertirsi all’Islam. Lo riporta Christian Aid Mission. Il bambino, 12 anni, era il figlio di un siriano che aveva ricostruito nove chiese nel paese. “Di fronte ai parenti e in mezzo alla folla, gli islamici hanno tagliate al ragazzino le punta delle dita, poi lo hanno picchiato, dicendo a suo padre che avrebbero fermata la tortura solo se lui, il padre, si fosse convertito all’Islam”.
RispondiElimina“Quando l’uomo ha rifiutato, i militanti ISIS hanno torturato lui e altri due membri della chiesa locale. I tre uomini e il ragazzo poi sono stati uccisi crocifiggendoli “. Altri otto operatori umanitari, tra cui due donne, sono stati poi giustiziati per essersi coraggiosamente opposti alle crocifissioni. Gli otto sono stati portati in una zona separata nel villaggio, e anche a loro è stato chiesto di convertitsi all’islam. Le donne, 29 e 33 anni, sono state stuprate davanti alla folla islamica convocata per guardare. Le donne hanno continuato a pregare durante il loro straziante calvario. Successivamente tutti e otto sono stati decapitati per essersi rifiutati di allontanarsi dalla loro religione. “Gli abitanti dei villaggi hanno detto che alcuni pregavano nel nome di Gesù, mentre altri pregavano il Padre Nostro”. “Una delle donne alzò gli occhi e sembrava essere quasi sorridente, mentre gridava, ‘Gesù!’” Anche i loro corpi sono stati poi appesi alle croci, dopo essere stati uccisi”. La sola cosa dubbia qui è la fonte, un centro americano di propaganda anti-islamica, ripreso da Magdi Allam.
Japhet, fosse anche dubbia la fonte, solo stavolta, sono cose successe di fatto migliaia di volte.
RispondiEliminahttp://www.maurizioblondet.it/perche-ce-fretta-di-mandare-i-nostri-tornado-contro-lisis/
RispondiEliminacara Mic, avevo letto l'altro giorno l'art. di Blondet ma stavo..centellinando le parole per riuscire a dire quel che volevo:-)
RispondiEliminacito questo passaggio da Blondet
"L’altra ipotesi, non necessariamente opposta alla prima, è che nel progetto di Washington, uno dei motivi per cui ha creato l’ISIS con questi caratteri di ferocia stupida contro i cristiani locali e contro i venerabili monumenti archeologici, era di creare nell’opinione pubblica europea la paura e l’odio che gli israeliani provano verso i musulmani; spingere gli europei ad entrare in quella guerra, coinvolgerli, impantanarceli, fare in modo così che siano sempre più dipendenti dall’ombrello armato della Superpotenza."
Non è peregrina la sua chiave di lettura...che è anche la mia. Anni fa in area israelitica si diceva chiaro e tondo che noi europei saremmo stati come loro, circondati dal terrorismo islamico, e per questo si parlava di palestinizzazione d'Europa.
Con una differenza ...non così piccola: se il nuovo stato isreliano creato sulla carta cacciando le popolazioni precedenti ha dato origine a risentimento nel mondo arabo e nelle popolazioni cacciate ed espropriate, noi europei in Europa stiamo in casa e non abbiamo cacciato nessuno, e chi viene in massa fa arrembaggio non in casa propria.
Così per un verso abbiamo una sionizzazione europea, e per altro verso una palestinizzazione, che altro non è che islamizzazione.
Ma tra 2 fuochi (che con i rispettivi alleati sono molti di più, Usa e Israel da un lato, islam di vari stati e tendenze usato come clava sulle nostre teste dall'altro), quella che deperisce è sempre l'Europa cristiana.
nel frattempo continuano le strategie, cfr. per es.
http://www.imolaoggi.it/2013/07/07/bat-yeor-eurabia-e-unideologia-politico-economica-e-di-sicurezza-pubblica-euro-araba/
Bat Ye'or dice anche delle verità, ma le pilota pure, non sono cioè neutrali. Così da volgerci tutti verso Usa e ISrael "affinchè siamo sempre più dipendenti dall’ombrello armato della Superpotenza." (Blondet)