Il prof. Bernard Dumont, Direttore della Rivista francese di riflessione politica e religiosa, Catholica, ci ha inviato in anteprima il testo che segue, che sarà pubblicato sul prossimo N.129/Autunno 2015. Gli spunti di riflessione sono molti. (Un particolare ringraziamento al nostro traduttore).
Per approfondire, inserisco i link ad alcuni precedenti, nel blog, sulla questione del ritorno di alcune comunità Anglicane:
- Un interessantissimo articolo di Mons. Brunero Gherardini: “ANGLICANORUM CŒTIBUS”:Conversione o Trasloco? Osservazioni postume” [qui]
- Un altro caso di opposizione di Bergoglio a Benedetto XVI, evidenziato da Magister [qui] e da noi
commentato [qui]
- Gli errori e gli orrori modernisti inquinano anche l'Ordinariato Anglicano degli Stati Uniti [qui]
- Per l'Ordinariato inglese, Roma ripristina il calendario liturgico tradizionale [qui]
- La giurisdizione dell'Ordinariato personale cattolico statunitense si estende al Canada [qui]
- Nota informativa della Dottrina delle Fede sugli Ordinariati per Anglicani che rientrano [qui]
- Riforma Liturgica Anglicana in pdf e alcune notazioni su M. Davies [qui]
Dall’anglicanesimo al cattolicesimo
tratto da Catholica, N.129/Autunno 2015
tratto da Catholica, N.129/Autunno 2015
Dopo l’elezione di Jorge Mario Bergoglio al Soglio di Pietro, si sono sparse delle voci sull’opinione negativa che Francesco avrebbe della Costituzione apostolica Anglicanorum coetibus, promulgata nel 2009 da Benedetto XVI. Con questo testo, il papa tedesco ha creato un quadro giuridico che ha permesso l’ingresso di “gruppi di anglicani” nel seno della Chiesa di Roma, in piena comunione con essa, autorizzandoli allo stesso tempo a conservare elementi propri alla tradizione anglicana. Pur considerando apocrifa – per lo meno fino a nuovi accertamenti – la frase attribuita a Papa Francesco (“restare anglicani per amore alla missione”), essa è pur tuttavia la spia del fatto che alcuni prelati romani hanno giudicato l’iniziativa di Benedetto XVI – rimasta segreta per molto tempo – troppo marcata dallo spirito dell’“ecumenismo del ritorno”. Nel 2011 è stato creato, nel quadro fornito dall’Anglicanorum coetibus, l’Ordinariato personale di Notre-Dame de Walsingham, che ha permesso ad anglicani inglesi e gallesi di manifestare ormai la loro piena unità col Soglio di Pietro. Facendo ciò, essi hanno lasciato una Chiesa d’Inghilterra che, a partire dagli anni ’90, ha avuto la tendenza a seguire tutte le aperture imposte dai diktat postmoderni. Padre John Hunwicke, erudito conosciuto dagli oxfordiani e dai bloggers (liturgicalnotes.blogspot.com), è uno degli anglicani di fede cattolica che hanno fatto il grande passo. Dopo aver terminato gli studi superiori ad Oxford, nell’àmbito delle lettere e della teologia, Padre John Hunwicke ha esercitato il mestiere di professore di latino e greco per circa trent’anni al Lancing College. Sposato e padre di famiglia, inizialmente sacerdote in una parrocchia anglicana, è stato riordinato nella Chiesa cattolica nel 2012 e incardinato nell’Ordinariato di Nostra Signora di Walsingham.
John Hunwicke – Non sempre i cattolici si rendono conto del fatto che all’interno dell’anglicanesimo esistono molte comunità assai differenti le une dalle altre. Io sono stato educato tra gli anni ’40 e ’50 in una chiesa anglicana in cui si celebrava la messa tridentina in inglese. Sin da giovane ho trovato questo rito – con tutte le sue complessità, con i suoi vari strati provenienti da epoche storiche così differenti tra di loro – estremamente affascinante, e la liturgia è rimasta una delle mie grandi passioni all’Università. Non ci ho messo molto ad aderire alla fede cattolica integrale, compresa quella dei concili di Trento e del Vaticano I, e ho fatto il mio ingresso in una congregazione che esigeva al postulante di aderire formalmente a tali concili.
Quando sono andato ad Oxford, facevo la comunione tutti i giorni in una chiesa in cui si conservava e si praticava la fede cattolica tridentina completa. Dopo aver scoperto la mia vocazione al sacerdozio, sono entrato al seminario Saint Stephen’s House, conosciuto all’interno della Chiesa d’Inghilterra per il fatto che provvede una formazione sacerdotale cattolica, approfondita e senza ambiguità. Naturalmente, ciò avvenne prima che si producessero i cambiamenti successivi al Concilio. A scuola mi sono appassionato al latino. Anche al greco, ma ho sempre preferito il latino. Ad Oxford ho poi seguìto un córso intitolato Litterae humaniores (lingua, letteratura e storia greca e latina; filosofia antica e moderna), da cui ho ricavato un amore sempre più grande per la letteratura greca e latina; per ventotto anni ho insegnato queste materie in un liceo anglicano, il Lancing College e, se devo essere sincero, ho imparato di più insegnando agli altri che a scuola o ad Oxford! Ho sviluppato un gusto particolare per la pratica e l’insegnamento della traduzione al latino. Ciò mi è stato molto utile quando mi sono ritrovato, qui ad Oxford, a predicare il Sermone latino annuale dell’Università nella chiesa del Beato John Henry Newman, dalla sua cattedra. A Saint Stephen’s House, ho seguìto il córso di teologia di Oxford; mi ha appassionato particolarmente studiare il Nuovo Testamento. Le epistole di San Paolo mi hanno sempre affascinato.
Lei è stato riordinato sacerdote nel seno alla Chiesa cattolica nel 2012. Cosa l'ha spinto a restare nella Chiesa d’Inghilterra per poi uscirne?
I cattolici si domandano a volte perché io e quelli come me siamo restati nella Chiesa d’Inghilterra pur aderendo alla fede (romana) integrale. Nel seno dell’anglicanesimo vi è una lunga tradizione che vuole che si resti nella Chiesa d’Inghilterra per lavorare alla sua unità dall’interno. Questo progetto ha ricevuto molti incoraggiamenti negli anni ’60, quando la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana hanno intavolato un dialogo ufficiale con il fine esplicito di raggiungere la piena e intera comunione. Si direbbe che per questo vi fosse ancor più ragione di restare! Ma com’era possibile raggiungere l’unità, se le persone che più la desideravano lasciavano la Chiesa d’Inghilterra? Quel che noi – e tutti gli altri – non siamo stati capaci di vedere è che, mentre una Commissione internazionale composta di cattolici e di anglicani regolava con un certo successo le vecchie cause di dissenso scaturite dalla Riforma, si accusavano impercettibilmente delle nuove differenze. L’ordinazione delle donne al ministero sacerdotale, ed anche al vescovato, ci ha fatto finalmente comprendere che il processo che pensavamo ci avrebbe condotto tutti alla piena unità era divenuto, all’atto pratico, impossibile.
Forse quelli che non ci conoscono, compresi i cattolici “liberali”, ci considerano dei misogini che hanno abbandonato la Chiesa d’Inghilterra perché avevano dei “problemi” con le donne! Spero che le mie osservazioni mostrino chiaramente che noi non siamo dei protestanti divenuti cattolici perché non digerivamo l’ammissione delle donne al ministero; noi siamo dei cristiani che aderivano già pienamente alla fede dogmatica proposta dal Magistero romano e che sono finalmente rientrati nella piena comunione con il Soglio di San Pietro, quando è diventato chiaro che il nostro obiettivo, la piena unità, era diventato, in termini umani, irrealizzabile.
La costituzione Anglicanorum coetibus del 2009 autorizza la conservazione di “tradizioni liturgiche, spirituali e pastorali” della Chiesa anglicana all’interno della Chiesa cattolica. Che significa?
La gente si chiede qual è il “patrimonio anglicano” che noi avremmo apportato alla Chiesa cattolica! Vi è certamente un aspetto liturgico. La nostra disposizione più profonda è quella di adorare come cattolici e cristiani latini. Non La sorprenderà apprendere che il rito anglicano autorizzato da Roma ci permette di celebrare il rito tridentino – o quasi – nell’inglese sacro, ieratico, dell’epoca dei Tudor, con alcune (piccole) aggiunte tratte dal Book of Common Prayer, che abbiamo ereditato dalla Riforma. Inoltre, un sacerdote dell’Ordinariato è autorizzato a utilizzare tutte le “forme” del Rito romano permesse dal motu proprio Summorum Pontificum, come qualsiasi altro sacerdote della Chiesa latina; per quanto mi riguarda, salvo casi di bisogni pastorali particolari, dico normalmente la forma straordinaria, in latino ovviamente, ogni mattina. Accetto inviti a celebrare in tal forma da parte di gruppi che hanno difficoltà a trovare un celebrante, tanto in Gran Bretagna come all’estero. Accetto anche con sollecitudine inviti a dare conferenze o a predicare ai ritiri, in qualsiasi luogo purché mi siano pagate le spese del viaggio! Da quando sono pensionato, godo di un certo grado di libertà per muovermi. Ma credo che il “patrimonio anglicano” consista in qualcosa di più della liturgia. Nella cultura anglicana che ci siamo lasciati alle spalle, ci sono state delle figure imponenti come Edward Bouverie Pusey, John Mason Neale, Darwell Stone, Dom Gregory Dix, Eric Mascall, C. S. Lewis, Dorothy Sayers, le cui intuizioni, mi sembra, consentono di colmare un gran numero di lacune che si trovano nella teologia e nella cultura del cattolicesimo contemporaneo e moderno. Nei miei saggi e conferenze mi si sentirà citare spesso e diffusamente tali autori anglicani e altri ancóra, perché hanno scritto con un’ortodossia cattolica impeccabile, e con uno stile così raffinato! Il teologo domenicano inglese Aidan Nichols ha scritto un bel libro, La pantera e la cerva[1], che è in un certo senso un modello per gli ordinariati. Egli vi definisce alcuni degli autori che ho appena menzionato “i dottori esterni della Chiesa cattolica”. Ecco qual è secondo me il “patrimonio” che abbiamo messo nelle nostre valigie e portato con noi quando abbiamo cambiato nave!
L’Ordinariato personale di Nostra Signora di Walsingham è posto sotto il patronato del Beato Cardinal John Henry Newman (1801-1890), anch’egli anglicano convertito al cattolicesimo, beatificato nel mese di settembre 2010 da Benedetto XVI. In che cosa la sua personalità spirituale è preziosa per la Chiesa di oggi?
Negli anni ’60, il Beato John Henry Newman era considerato un “liberale” e persino “il padre del Vaticano II”; si tratta di un errore. Egli considerava il liberalismo il grande nemico e lo ha combattuto durante tutta la sua vita, prima all’interno della Chiesa d’Inghilterra e poi come cattolico. Il relativismo e l’indifferenza erano secondo lui degli errori gravissimi. Egli non fu molto influente sotto il pontificato del Beato Pio IX, quando il suo ex-collega anglicano, il Cardinal Manning, era arcivescovo di Westminster. Newman, contrariamente a Manning, non era un ultramontano(*), e aveva le sue riserve contro i concili! Può darsi conoscesse la storia della Chiesa meglio di quanto gli convenisse! Credo che ciò faccia di lui un esempio per i nostri tempi. Joseph Ratzinger ha criticato a giusto titolo gli anni ’60 per la visione eccessiva del papato che si è impadronita allora della Chiesa cattolica, vale a dire l’idea secondo cui il papa – in particolare se agisce col mandato di un concilio ecumenico – “può fare qualsiasi cosa”. Egli ha anche scritto delle pagine molto poco entusiastiche a proposito dei concilio, il che coincide col punto di vista di Newman, che pensava che il gran genio della Chiesa romana fosse la sua capacità di agire come una remora, ossia, una barriera contro l’innovazione. Si ha talvolta l’impressione di vivere di nuovo in un’epoca in cui il papato è esaltato al di là di ciò che il Vaticano I ha così mirabilmente definito, e che ci siano dei personaggi potenti e delle ricche conferenze episcopali che credono di poter manipolare il papato e la figura del Pontefice romano in modo da poter introdurre delle innovazioni corruttrici. Lo stesso Newman si era dichiarato pronto a contestare, in certe circostanze, lo statuto ecumenico del Vaticano I; chissà che non si riveli necessario ai nostri tempi discernere attentamente lo statuto esatto delle dichiarazioni sinodali o pontificali!
Le sue considerazioni attente sul vero e sul falso sviluppo dottrinale, la sua precisa dissezione, frase per frase, del Sillabo degli Errori e dello statuto magisteriale, paragrafo per paragrafo, hanno a mio avviso generato una norma di sottomissione e obbedienza ecclesiale radicata nella conoscenza profonda della storia della dottrina della Chiesa, unita a un metodo esegetico acuto. Chissà che per la Chiesa non sia un giorno di nuovo necessario trarre profitto dalla sua metodologia? Mi piace pensare che noi che stiamo negli ordinariati, nel nostro piccolo, siamo i guardiani del suo spirito; soprattutto visto che le intuizioni di Newman coincidono in modo molto netto con quelle del nostro amato fondatore, il Papa emerito Benedetto XVI.
(*) Ultra montes, ultramontani, coloro che stanno oltre i monti. Ultramontano non è nel Medioevo più che un concetto geografico, un modo, per lo più tedesco e francese, per definire tutto ciò che è italiano. Soltanto dopo la Riforma protestante, se non già dai tempi delle rivolte anticuriali di Filippo il Bello e di Lodovico il Bavaro, assunse un significato sostanzialmente politico che intercettava polemicamente il formarsi della moderna sovranità statale, giacché ultramontano, e finalmente ultramontanista, divenne il nemico pubblico che obbediva a Roma piuttosto che alla chiesa nazionale e al suo capo. Il senso politico dell'ultramontanismo entrò nel vocabolario cattolico quando, soprattutto in Austria, il cattolico romano divenne oppositore del giurisdizionalismo settecentesco. L'ultramontanista sarebbe ricomparso durante il Concilio Vaticano I come antagonista di tutto il mondo moderno. (Fonte: Vigiliae Alexandrinae)
Che tipo di relazioni intrattiene con i membri della Comunione anglicana, in particolare con quelli che La conoscono o che vivono vicino a Lei?
Sfortunatamente, le relazioni con i sacerdoti che erano nostri correligionari nella Chiesa d’Inghilterra non sono state sempre così buone come avremmo sperato. La nostra intenzione era quella di mantenere un ponte che essi potessero agevolmente attraversare, ma anche se un numero considerevole di essi continua ad unirsi a noi, la situazione non è quella che ci aspettavamo. Questo succede per delle ragioni personali. Molti di quelli che abbiamo “lasciato alle nostre spalle” hanno manifestato costantemente un immenso entusiasmo per l’Unità. Molte centinaia di sacerdoti avevano fatto sapere che se si fossero verificati certi avvenimenti, come per esempio l’ordinazione delle donne, essi avrebbero abbandonato la Chiesa d’Inghilterra. Ma in certi casi, essi non si aspettavano che ciò potesse succedere realmente; alcuni – credo – utilizzavano questa formula come minaccia indirizzata alla Chiesa d’Inghilterra per impedirle di procedere su un certo cammino; alcuni sono stati presi in contropiede dalla difficoltà di persuadere i loro fedeli a seguirli (i laici anglicani hanno spesso un attaccamento particolare per la loro chiesa parrocchiale e sono meno preoccupati per le considerazioni ecclesiali a più ampio raggio); alcuni sono rimasti implicati in situazioni domestiche irregolari. Penso che molti di loro provino un sentimento di colpa, il che li rende aggressivi nei nostri confronti. Quando una ricca confraternita anglocattolica, il cui gruppo di responsabili aveva fatto il suo ingresso nell’Ordinariato, ha cercato di fare una donazione di un milione di sterline, i membri che erano rimasti anglicani hanno reagito in modo deplorevole.
Qual è l’atteggiamento dei vescovi anglicani nei Suoi confronti?
L’accesso all’Ordinariato inglese è stato diretto da tre dei quattro “vescovi volanti” (il cui incarico era quello di occuparsi dei sacerdoti e dei fedeli reticenti ad accettare il ministero delle donne o dei vescovi il cui presbyterium includeva delle donne). E c’erano tre vescovi in pensione. Ma vi era inoltre un misterioso gruppo di una mezza dozzina di vescovi diocesani che, in riunioni segrete, avevano dato a dei rappresentanti di Roma l’impressione che avrebbero preso le redini di una secessione di grande portata in seno alla Chiesa d’Inghilterra. Quando Roma ha inoltrato la richiesta dell’Ordinariato, questi vescovi diocesani sono rimasti in silenzio. Non si può far altro che speculare su quelle che erano le loro motivazioni reali e sul gioco che avevano veramente fatto. Può darsi che anch’essi utilizzassero Roma per spaventare la Chiesa d’Inghilterra, per costringerla a offrir loro delle “condizioni” generose per restare. Ma in generale l’atteggiamento della gerarchia anglicana di fronte all’iniziativa romana è stato ostile. Un vescovo eminente ha affermato che avrebbe preferito vedere una delle sue chiese rasa al suolo piuttosto che vederla esposta all’Ordinariato! Sembra che i vescovi anglicani abbiano adottato collettivamente una politica concertata per fare tutto il possibile al fine di contrastare gli ordinariati nascenti.
Quali relazioni ha con i vescovi della Chiesa cattolica inglese?
Alcuni vescovi, in particolare quelli che sono stati nominati alla fine del pontificato di Benedetto XVI, sono stati estremamente positivi ed amichevoli. Il vescovo della diocesi dove risiedo è esemplare, oltre ad essere un vescovo dagli insegnamenti molto raffinati ed ortodossi e un buon pastore. Ma tra i vescovi cattolici esiste una tradizione di antipatia – che dura da varie generazioni – nei confronti degli anglicani cattolici in spirito. Dopo l’ordinazione delle prime donne sacerdote all’inizio degli anni ’90, sono stati fatti dei tentativi per permettere a alcuni gruppi parrocchiali anglicani di unirsi alla Chiesa cattolica. Il Cardinal Hume, allora arcivescovo di Westminster, arrivò persino a dire: “Forse è questa la conversione dell’Inghilterra per la quale abbiamo sempre pregato”.
Ma egli venne ben presto preso di mira dai suoi colleghi più parziali, e il tentativo venne crudelmente e volgarmente indotto al fallimento. Il Cardinal Ratzinger chiese: “Di cos’è che i vescovi inglesi hanno tanta paura?”. Questo è il contesto che ha portato agli eventi del decennio successivo, quando – nel 2009 – divenne chiaro che la Chiesa d’Inghilterra era determinata ad allontanarsi a un passo supplementare e definitivo dalla Chiesa cattolica, ammettendo le donne all’episcopato. Papa Benedetto decise di non ripetere l’errore consistente nell’associare vescovi inglesi ai suoi piani per mettere a punto una “soluzione congiunta”; l’intera pianificazione e la redazione sono state fatte nel segreto assoluto.
L’arcivescovo di Westminster e quello di Canterbury sono stati informati delle intenzioni del Santo Padre solamente poche settimane prima dell’annuncio pubblico. Essi hanno immediatamente rilasciato una conferenza stampa insieme; era difficile determinare quali dei due fosse più in collera e stravolto!
I vescovi cattolici inglesi hanno da tempo la reputazione di essere liberali e di costituire un’oligarchia autoreferenziae (il “circolo magico”). Si insinuava che la loro avversione per i vecchi anglicani cattolici in spirito derivasse dalla presa di coscienza del fatto che quei convertiti potenziali erano in realtà “più cattolici” che le loro signorie! Nel mio caso specifico, il fatto che io mi sia vigorosamente espresso in favore della forma straordinaria della Messa ha provocato un tentativo di impedire il mio ingresso come sacerdote nell’Ordinariato, che venne difatti ritardato di un anno. In un certo senso, i vescovi cattolici si sono attribuiti il diritto (che non era loro concesso dal testo della Costituzione apostolica che ha creato l’Ordinariato) di procedere a dei controlli e di opporre il loro veto nei confronti del clero che abbandonava la Chiesa d’Inghilterra per raggiungere l’Ordinariato. Non mi è mai stata data una spiegazione ufficiale del veto per iscritto, ma mi è stato comunicato verbalmente che i punti di vista liturgici che io ho espresso nel mio blog ne sono stati la ragione.
Cosa pensano i sacerdoti locali e i fedeli dell’Ordinariato?
Ci sono stati dei problemi di secondaria importanza nelle relazioni con il clero diocesano. Dei sacerdoti cattolici che da tempo davano assoluzioni generali (illecite) possono aver provato risentimento nei confronti dei convertiti dell’Ordinariato vincolati alla regola! I direttori delle scuole “cattoliche” hanno avuto delle difficoltà a comprendere i cappellani scolastici, ex-anglicani che volevano procurarsi dei tabernacoli e conservare il Santo Sacramento nelle cappelle della scuola. A volte i laici si lamentano di “tutto quel latino” (eppure ascoltano spesso il Kyrie in greco!). La vecchia consuetudine anglo-cattolica di cantare l’Angelus (che era loro completamente sconosciuto!) dopo la messa della domenica li lascia perplessi. Ma la mia impressione personale è che questi problemi iniziali siano in molti casi scomparsi nel giro di pochi mesi. A volte si ha ancóra l’impressione del fatto che la gerarchia cattolica preferirebbe che l’Ordinariato minimizzasse il suo carattere distintivo, mentre la politica ufficiale dell’Ordinariato è quella di incoraggiare l’uso del nostro proprio Ordo missae. Ma non esistono certamente problemi più seri.
Che ne pensa dei dibattiti che agitano attualmente il mondo cattolico? Non ha l’impressione di aver lasciato una situazione confusa per trovarne un’altra altrettanto confusa?
In un certo senso, i problemi che si osservano attualmente in seno alla Chiesa cattolica riflettono i problemi che noi abbiamo incontrato in quella d’Inghilterra. La nostra lunga battaglia contro l’ordinazione delle donne può servire a illustrare questo punto. Ogni provincia della Comunione anglicana gode di una completa “autonomia provinciale”, ed alcune province più liberali hanno autorizzato l’ordinazione delle donne, ed hanno in séguito costantemente espresso la loro “sofferenza” nell’osservare che le altre province non seguivano immediatamente i loro passi. La proliferazione di questa malattia era certamente più facile, perché ogni provincia poteva essere conquistata a parte: se il problema fosse stato quello di trovare un consenso attraverso la Comunione in tutto il mondo, le cose sarebbero state molto più difficili. Il Cardinal Marx ha rievocato i miei ricordi anglicani quando ci ha detto che, su questioni come la comunione alle persone divorziate “risposate”, la Chiesa tedesca sarebbe andata avanti da sola senza aspettare Roma. Noi ci siamo trovati in questa situazione: abbiamo già visto tutto questo! Il punto di vista teologico di Walter Kasper, secondo il quale la Chiesa locale avrebbe una priorità ontologica sulla Chiesa universale, è chiaramente elaborato per facilitare l’erosione della Verità a piccoli frammenti all’interno della Chiesa cattolica, processo che è riuscito molto bene nella Comunione anglicana. Il “cammino di penitenza” per i divorziati “risposati”, che gode del favore di alcuni cattolici eterodossi, mi ricorda la “disciplina” che si cercò di introdurre nella Chiesa d’Inghilterra e che consisteva nel sospendere dalla comunione questa o quell’altra persona per sei mesi. È inutile dire che questa “disciplina” è caduta ben presto in desuetudine. Oggi è comune e corrente vedere un vescovo divorziato “sposare” la moglie divorziata di un sacerdote! Ogni volta che qualche “pensatore” cattolico d’avanguardia suggerisce una vecchia idea che la Chiesa d’Inghilterra ha sperimentato mezzo secolo fa e che è già logora, il mio stato d’animo oscilla tra il fastidio e il divertimento cinico...
Qual è la Sua opinione sulla questione liturgica recentemente sollevata dal Cardinal Sarah, e sull’insegnamento continuo di Benedetto XVI sull’“arricchimento reciproco” delle due forme del Rito romano? La preoccupa la perdita di solennità nella liturgia?
Il suggerimento del Cardinal Sarah di includere nel Novus Ordo le preghiere tridentine dell’Offertorio è una cosa molto buona. Ciò costituirebbe una bella refutazione del punto di vista – espresso dai due estremi della Chiesa cattolica, tradizionalisti e liberali – secondo il quale il Novus Ordo costituirebbe una rottura dogmatica all’interno della Chiesa, un’apostasia definitiva dalle definizioni di Trento. Mi chiedo se la Congregazione per il Culto Divino è cosciente del fatto che l’Ordo della Messa redatto per gli ordinariati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede contiene esattamente le preghiere dell’Offertorio tridentino, così come la Praeparatio ai piedi dell’altare e il Vangelo finale. Un’altra misura importante sarebbe l’eliminazione progressiva delle preghiere eucaristiche alternative introdotte dopo il Concilio. La cortissima preghiera II, a torto associata al nome di Ippolito, è – da quel che posso testimoniare con la mia esperienza – molto utilizzata nella Chiesa cattolica, persino esclusivamente in certi luoghi. Questo avviene nonostante il fatto che l’Istruzione generale indichi chiaramente che essa è stata prevista per l’utilizzo durante la settimana. Nell’Ordinariato, il Canone romano è utilizzato obbligatoriamente – escludendo tutti gli altri – le domeniche e i giorni di festa; la preghiera breve II (di cui Louis Bouyer ci rivela che è stata concepita da lui e da Bernard Botte durante una cena in una trattoria di Trastevere) rimane confinata in un annesso ed è consentita solamente durante la settimana. Le altre preghiere eucaristiche non sono autorizzate per nulla nel rito dell’Ordinariato. Quando, per dispensare un confratello sacerdote, celebro secondo il Novus Ordo, utilizzo unicamente, senza derogare a questa regola, il Canone romano, qualsiasi sia il giorno della settimana.
Che ne pensa di Papa Francesco e del suo approccio alla liturgia? È una cosa buona per la Chiesa cattolica?
Numerosi tradizionalisti si sono inquietati per l’elezione di Papa Francesco. Risulta sempre più chiaro che si tratta di un uomo che ha un suo programma ben definito e che, per parlare schiettamente, non si preoccupa minimamente delle minuzie liturgiche. Non sembra vedere alcun problema nel fatto che i tradizionalisti si occupino della loro parte, e non sente certo il bisogno di sprecare le sue energie preoccupandosi per noi! Da quel che posso vedere io, l’uso della forma straordinaria si espande lentamente ma inesorabilmente nella Chiesa cattolica, e la risacralizzazione della forma ordinaria guadagna terreno. Sono ottimista! E sono assolutamente persuaso del fatto che gli ordinariati abbiano un vero e proprio ruolo da giocare in questo processo necessario.
Intervista a cura di Pierre Charles
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
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1. Aidan Nichols, The Panther and the Hind. A theological history of Anglicanism [1993], Bloomsbury/ T&T Clark, Londra, 2015.
2. Cfr. Louis Bouyer, Mémoires, Cerf, 2014, p. 199.
2. Cfr. Louis Bouyer, Mémoires, Cerf, 2014, p. 199.
Ho letto il commento di Gherardini che non conoscevo. Magistrale come sempre. Spontaneamente mi è balenato alla mente un pensiero. Kasper e' il grande eresiarca dei nostri tempi. Non solo vorrebbe dare la Comunione ai divorziati risposati ma - scrive Gherardini - a suo tempo (anglicanorum coetibus) era disposto a fare l'impossibile perché gli anglicani che volevano diventare cattolici estrassero tali. Se non è' un eretico costui ... chi lo è?
RispondiEliminaUn pensiero mattutino mi è balenato nella mente dopo aver letto l'intervento di Gherardini del 2011. Così come nell'ecumenismo molti, Kasper in testa (e con lui Bergoglio, non chiedono più di convertirsi (anzi la ritengono,superflua) ma pensano e realizzano un ecumenismo dove ognuno rimane dove è poiché non hanno il coraggio di pronunciare la parola conversione (forse per loro non ha più un significato) così costoro (Kasper e C.) nel campo della morale sessuale non hanno il coraggio di pronunciare la medesima parola conversione per i divorziati risposati, per i gai con compagno, per i conviventi. Non hanno il coraggio neppure di proporre di vivere la morale sessuale conformemente a quanto Cristo ha chiaramente insegnato. Costoro, che prima hanno sfasciato la ricerca dell'unità dei cristiani (percorrendo la strada che non porta da alcuna parte in quanto erronea) ora vogliono sfasciare la morale sessuale, l'importante e' che ognuno rimanga dove si trova, se poi vivono in una ostinata situazione di peccato pazienza. Per loro infatti è importante copulare prima, dopo e soprattutto a prescindere dal matrimonio come scrisse tempo fa il mastino. Infatti per Kasper e C. la parola morte, inferno, Paradiso, giudizio sono parole che credo che non se le ricordino più e forse non hanno non mai più pronunciato da tanto, proni come sono al neo paganesimo. Loro non sanno ne' confrontarsi ne' opporsi al neo paganesimo. Lo abbracciano solo. La loro posizione denota una profonda e grave crisi eucaristica. Cristo e' stato relegato in un angolo. Non lo annunciano più perché si vergognano. A differenza di S. Paolo che, come noi viveva in un mondo pagano, loro hanno paura di proporre Cristo e tutto ciò che la sua sequela comporta.
RispondiElimina"Kasper in testa, e con lui Bergoglio"…
RispondiEliminaQuando non si crede più in Dio, si comincia a credere a tutto ed all'incontrario di tutto, basta esprimere un proprio pensiero e farlo sembrare un assioma incontrovertibile ; è vero che se non puoi sconfiggere un nemico devi cercare di tenerlo il più lontano possibile, ma qui si tratta di Dio, non di un problema qualsiasi e le parole di Cristo non passeranno, così sta scritto......verba volant scripta manent, qualcuno ha definito WK Unno, nemmeno Germanico.....fate vobis.
RispondiEliminaKasper andava scomunicato e ridotto allo stato laicale e licenziato da ogni università o scuola cattolica 40 anni fa, ed i suoi linri messi all' i dice e bruciati. Ormai è tardi. Possiamo solo sperare nella/soluzione biologica.
RispondiEliminaRr
Bellissimo, Rosa, l'eufemismo "soluzione biologica" :) ma, purtroppo, non basta più.
RispondiEliminaOrmai, il danno è fatto e troppi proseliti ha generato...
Lister, per favore... Anche la cattività avignonese sembrava eterna. Anche l'Unione sovietica
RispondiEliminaAlessandro, l'eufemismo di Rosa era riferito a Kasper ed all'operato di Kasper era riferito il mio commento. I libri di costui esistono ed esisteranno e ad essi qualcuno potrà sempre attingere. Ammenoché non vengano bruciati come auspicava Rosa...
RispondiEliminaIl fatto è che i libri e le teorie di Kasper erano noti anche ai due papi precedenti. Ma non è stato mai ripreso, anzi ha rivestito cariche curiali di notevole prestigio e responsabilità. E il fatto che Giovanni Paolo II e Benedetto XVI abbiano espresso insegnamenti divergenti, ad esempio, sulle questioni presenti nella sua proposta al Sinodo che ricalca la sua posizione degli anni '70, mal si concilia con la sua posizione di rilievo.
RispondiEliminaEd ecco che si avvalora l'affermazione di Rosa:
RispondiElimina"Kasper andava scomunicato e ridotto allo stato laicale e licenziato da ogni università o scuola cattolica 40 anni fa".
Si tratta, quanto meno, di "omissione di atti d'ufficio".
Ma, per tutta risposta, di quei due, uno l'hanno fatto santo (!) e l'altro, qualcuno qui lo venera.
Lister,
RispondiEliminase, come alcuni di. noi pensano, il VdR non è un legittimo e lecito pontefice, tutti i suoi atti, inclusa la santificazione di GXXIII e GPII, sono illeciti e illegittimi. Io li avrei lasciati beati, rimandando " ai posteri l'ardua sentenza".
BXVI poteva scomunicare Kasper solo negli ultimi 8 anni, quando sembrava che Kasper si fosse dato una calmata. A scomunicarlo dovevano pensarci Paolo VI ( go figure!) e GPII.
I suoi libri bastava e basta non adottarli nei seminari, e sollecitarne ufficialmente, se non il rogo, la non diffusione, e promuovere invece quegli autori fortemente critici nei confronti di Kasper. Anche qui intervenire dopo 40 anni è un po' tardivo, e può sortire l' effetto contrario.
Basta non citarlo, per es. all' Angelus, e la coltre dell' oblio che ormai si stende su tutto ciò che è stato pubblicato 40,30,20 anni fa, avrebbe ricoperto le sue opere. Infine, lo si avvia alla pensione, non certo gli si da' l' onere e l' onore di far la prolusione, o come si chiama, presinodale.
Rr
speriamo di esser liberati al più presto da questa noiosissima turba di pericolosi falsificatori....
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