E il Verbo si fece carne… Gli fu messo nome Gesù (Gv 1, 14; Lc 2, 21).
Non è dunque con uno sguardo dal basso che possiamo comprendere l’essere umano, né tanto meno risolvere la terribile crisi morale e spirituale in cui si dibatte l’uomo moderno, il quale, quanto più si dimena nella ragnatela mortale in cui le sue stesse idee lo hanno catturato, tanto più vi si avviluppa fino allo sfinimento. È a Gesù che bisogna portarlo: ma non a quello strano e ridicolo personaggio che gli presentano da decenni e che non interessa più nemmeno ai bambini, bensì al Cristo reale con la Sua parola vigorosa e la Sua esigente misericordia. Una persona sensata non sa che farsene di qualcuno che, da un lato, ti ricorda sì che certe azioni sono peccato, invitandoti ad essere buono, ma dall’altro ti scusa sempre e comunque perché ti perdona anche se non sei pentito e non ne senti alcun bisogno… Perché complicarsi la vita così? Tanto vale fare a meno della religione, specie se si tratta di una religione che cambia precetti e dottrine ogni cinquant’anni.
Gesù: è la forma affettuosa e familiare di un nome dal significato sovrumano. Il Signore è salvezza: Egli stesso è Dio e, al contempo, la salvezza da Lui concessa a chi Lo riconosce Salvatore e, con l’aiuto della Sua grazia, cambia vita, abbandonando il cammino di prima e imboccando un nuovo sentiero, quello dei Suoi comandamenti. Tutti e dieci quelli del Decalogo, beninteso, come da Lui interpretati nel santo Vangelo e portati a compimento nel duplice precetto della carità (cf. Mt 22, 36-40); come spiegati e insegnati dalla Chiesa in duemila anni di costante Magistero guidato dallo Spirito Santo (cf. Gv 16, 13-15). L’insegnamento morale non arriva – come sostiene qualcuno – soltanto dopo l’annuncio della fede, ma va proposto fin dall’inizio con l’annuncio stesso, dal quale è inseparabile. Che senso avrebbe proclamare che il Figlio di Dio ha espiato i peccati degli uomini con la morte di croce, senza identificare chiaramente i primi e spronare i secondi a rinunciarvi?
Di fatto, oltretutto, quel dopo non arriva mai. I santi Comandamenti di Dio non sono più insegnati; il catechismo – si ripete ai candidati in quel sistema di indottrinamento che sono i corsi diocesani di formazione – deve essere un gioco; a Messa bambini e ragazzi devono andare solo se ne hanno voglia. Ma quel teatrino cui è ridotto il santo Sacrificio, al massimo, funziona fino ai dieci anni; passata quell’età i ragazzini scappano inorriditi o, se vi rimangono obbligati, provano a rendere più sopportabile la noia con lazzi e facezie che è bene non sentire e tanto meno ripetere. Ciononostante i buoni catechisti, grazie alla deformazione mentale indotta dai corsi diocesani, si affannano a cercare nuovi modi di coinvolgerli, industriandosi ad arricchire il teatrino di ulteriori trovate che, nelle loro intenzioni, dovrebbero lasciarli senza fiato. Fortuna che, adesso, c’è anche il disco di Francesco, ultima pop star del momento…
Così questa società un tempo cristiana, priva di guida e di luce, sprofonda inesorabilmente in una barbarie peggiore di quella antica. Prima dell’avvento di Cristo la civiltà, sia pure afflitta dal male di gravi errori e abusi, trasmetteva tuttavia alle nuove generazioni quanto il lume della ragione le consentiva di riconoscere. Ora, a scuola, si insegna a dividere i rifiuti e ci si profonde sui sistemi di riciclaggio; si direbbe che non ci fosse di meglio da offrire ai giovani, i quali poi – giustamente – detestano gli adulti e, nella loro invincibile diffidenza, si rinchiudono nel loro mondo virtuale, che peraltro è fabbricato da quegli stessi adulti che, pur detestati, funzionano da distributori di articoli di consumo. In una solitudine invalicabile e in una realtà retta da una selvaggia legge di sopravvivenza, le speranze del nostro futuro affogano la propria disperazione in droga, alcool, pornografia, impurità, sregolatezza e pratiche occulte… Lo sappiamo da decenni, ma che possiamo farci? «Non possiamo mica – mi disse una volta un genitore – tenerli sotto una campana di vetro». Piuttosto che prendere il tempo di parlare con loro, continuate a regalare cellulari.
Come il vecchio Diogene, anche noi, oggi, cerchiamo l’uomo. Quello contemporaneo, nella sua torva quanto stolta autoesaltazione, non sa più chi è; al massimo, pensa di essere un derivato della scimmia. La parabola della civiltà moderna, dopo aver espulso Dio dalla vita e dal pensiero, si conclude miseramente con la negazione dell’uomo stesso, in un’orgia di nichilismo irrazionale. In un contesto simile, il Bambino che è appena venuto al mondo va immediatamente eliminato: è un tacito rimprovero e una minaccia inerme. Novelli Erode si accaniscono contro il presepio e quel poco che resta di pubblico nella tradizione cristiana. Ma quell’esserino innocente e puro, nuovo inizio della storia umana, ci tende ancora le mani sorridente, conoscendo fin troppo bene i nostri cuori di pietra. Sarà dura risalire la china, ma quel Piccolo è Dio – e nulla Gli è impossibile. Colei che L’ha generato ne è la prova vivente e ce Lo porge ancora con smisurato amore, perché, nonostante le bestemmie, ci è pur sempre Madre.
Grazie, don Elia!
RispondiEliminaCi benedica e ci dia notizie.
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